Posts written by LauraHeller

view post Posted: 22/12/2016, 07:45 A Christmas Carol - Fanfictions

Epilogo



Mi svegliai.
Ero ancora nel mio studio, sprofondato nell’unico conforto della mia esistenza grama: la poltrona in morbidissima pelle.
Avevo sognato.
Prima la signora in nero, poi mio padre, poi il Maestro suicida.
Per fortuna, era finito tutto. Ed era ricominciata la routine.
Tuttavia, quella morbidezza, pur artificiale, stavolta mi avvolgeva le spalle alla stregua di un abbraccio. Non recava calore, certo: soltanto solitudine e tristezza.
E, tra le altre cose, sentivo un certo appetito.
Di nuovo, mi sovvenne il sapore dei fagioli dolci: di taiyaki ne avrei mangiati a josa.
Ricordai che c’era un chiosco, poco distante, in uno dei tanti anfratti tradizionali a ridosso dei palazzoni borghesi. Mi alzai quasi di scatto con l’intento di recarmici e di bere, dopo aver mangiato i biscotti, abbondante sakè.
Sentii le rotelle stridere sulla moquette e la cosa mi diede quasi un senso di liberazione, come quando l’auto sgomma e s’avvia verso strade deserte, libere da ingorghi. Adoravo quella sensazione.
Le scale. Le scale!
Feci i gradini a due a due.
Ottanta piani senza ascensore ed ero di nuovo fanciullo.

“Corri, Masumi, corri!”
La mamma mi sorride dal piano di sotto, bocca generosa e occhi stretti di giapponesina magra.
Sta lavando il pavimento: non sono ancora il figlio di Eysuke, allora? Forse, non lo sarò mai: il professore, infatti, ha detto che ho un brillante futuro, davanti, anche se sono il figlio di una donna sola.
“Quante scale di palazzoni dovrai ancora lavare, mamma?”
“Quante credi ne servano per renderti l’uomo che meriti di diventare?”

Occhi ancora più stretti, eloquenti.
Lo so bene cosa intende: un figlio non chiede di venire al mondo. È il frutto della volontà di un uomo e di una donna. Il minimo che costoro possano fare per renderlo un individuo degno è dargli il meglio.
Solo, non vorrei vedere la mamma così dimessa, con le ginocchia piegate da un lavoro che la vuole serva.
“E tu, mamma?” le domando “Non meriti anche tu qualcosa di meglio?”
“Io ho te.” Mi risponde “Sei tu il mio meglio.”


La scena evaporò davanti ai miei occhi: ero nell’atrio freddo, dabbasso.
Con la mente, percorrevo già la strada. Dal pensiero all’azione e la mia mano sollevava la tendina quadra del chiosco.
“Buona sera, signore.”
Una testa piccola e lucida si rivolse a me con un aperto sorriso.
“Oh,” mi riconobbe “il piccolo Masumi! Non più tanto piccolo, certo…”
E mi invitò con un cenno della mano a sedere per poi versarmi del sakè.
“Lei aveva un chiosco davanti alla scuola elementare.” Mormorai stupito “Come ha fatto a riconoscermi dopo tanti anni?”
Additò i capelli chiari e gli occhi azzurri, ma non lo ascoltai più.
Da tempo, non avevo più provato un piacere così forte e intenso: il profumo di casa mi avvolgeva, mi confortava come nessun’altra cosa.
Poi, l’uomo tacque, limitandosi a servirmi.
Riaprì la bocca solo per chiedermi:
“E quella ragazza? L’hai sposata, vero?”
Di chi stava parlando?
“Ma, sì,” continuò “quella piccoletta insolente cui hai regalato le caramelle il giorno della fiera al tempio…Come sai, sposto il chiosco lì una volta al mese.”
“Lei sta bene.” Risposi con voce appena udibile “E gliela saluterò senz’altro.”
“E’ una ragazza senza peli sulla lingua.” La lodò l’oste “Una così è da tenere cara: non sta con te per interesse.”
Io annuì sopraffatto.
“E se le dicessi che sta con un altro uomo?” mi accinsi a confessare poco dopo, lo sguardo basso sul bicchierino già vuoto.
“E’ impossibile.” Ridacchiò l’uomo “Ti rispondeva a tono, ma si capiva lontano un miglio che amava te e solo te.”
Un altro colpo inferto all’altezza del cuore.
Deposi una banconota sul tavolo di legno e, dopo aver ringraziato, uscii. La nevicata continuava, abbondante, mentre incedevo sempre più a fatica lungo la viuzza per raggiungere la strada principale.
E già il lampeggiare dell’albero di natale tornava a disturbarmi le pupille.
Inquadrai la mia auto, nel posto riservato ai dirigenti e mi ci diressi.
Un’ora dopo, era già aperta campagna.
Pur nell’oscurità della notte, mi figuravo nitidamente i contorni degli abeti e i fianchi sensuali dei monti dalle vette aguzze come seni di adolescenti.
E mi immaginavo lei, nei panni di Akoya, che sorride in modo incantevole.
Come avrebbe reagito vedendomi lì, dopo tutto quel tempo? Io che, in tasca, recavo ancora la copia virtuale della lettera che non le avevo mai dato?


“Buon natale, Hayami-san e bentornato a casa!”
Ci sono storie che nascono per arrivare più o meno consapevolmente ad una conclusione.
La consapevolezza non è per tutti e può succedere che, fino all’ultimo istante della vita, non si comprenda il senso di ciò che si è vissuto.
Io sono nato per essere lì quel giorno, nella Valle.
“Perché mi guardi così?” le domandai sfuggendo il suo sguardo.
“Come ti guardo?” chiese lei, a sua volta, maliziosamente “Ti guardo come ti ho sempre guardato. I miei occhi non sono mai cambiati: da sempre, vanno in cerca di te.”
Un altro colpo bene assestato al cuore.
Mi sentii alla stregua di una donnicciola alle prime armi. Odiavo sentirmi così con lei: da sempre, riusciva a rivoltarmi come un calzino.
“Non sei cresciuta affatto, chibi-chan.” Ammiccai sarcastico e, nel mentre, mi guardai intorno, in cerca di lui.
Dov’era? Di solito, le stava dietro come un cane ammansito dal suo osso polposo.
Lei comprese il mio pensiero in un lampo.
“Sono sola, qui, oramai da tanto tempo.” Spiegò.
Ma non era vero. Io sapevo che Sakurakoji recitava con lei, in quella sottospecie di bettola che chiamavano “Il nuovo teatro della Luna”.
Perciò, finsi disprezzo, ma in realtà bramavo di abbracciarla e soffocarla coi baci mai dati.
“Mi prendi in giro, chibi-chan?”domandai “Da quanto tempo hai preso l’abitudine di menare per il naso il prossimo. E me, soprattutto? Io ti ho sempre apprezzato per la tua onestà.”
Lei mi sorrise dolcemente:
“Non ha mai smesso di seguire i miei passi, è così? Nulla è cambiato, a dispetto del tempo andato e di tutto il resto…”
“Non posso farne a meno.” Confessai tutto d’un fiato. “Fa parte di me. È il mio posto nel mondo: badare che nulla ti accada. In tutti questi anni, mi è bastato saperti al sicuro, seppur in mani d’altri.”
“Quelle mani non sono mai state quelle di Sakurakoji.” Disse lei arrossendo “Abbiamo condiviso pensieri, ma mai sentimenti. Quelli, Hayami-san, erano rivolti a lei solo.”
“Davvero?”
Finsi di stupirmene, ma sapevo d’un tratto che non era così, che per tutto quel tempo io avevo atteso il tempo giusto.
“Pensi sia stato necessario aspettare così a lungo?” le chiesi pur sapendo che la risposta era ovvia.
“E’ il tempo giusto.” Mi lesse nel pensiero.
“Cosa hai fatto per tutto questo tempo?” indugiai prendendole la mano.
Camminavamo sotto i fiocchi di neve, addentrandoci piano lungo il sentiero boscoso. Era tutto rosa.
Ed era la nostra vita.
“Sai, Maya, ho fatto un sogno strano.” Confessai a bruciapelo “Ho visto la signora in nero, mio padre e Ichiren Oozachi.”
“Sono stati i messaggeri.” Mi rispose sapientemente “Coloro che avevano il compito di ricondurti a casa.”
Respirai a pieni polmoni l’aria intorno a me, sentendomi libero.


Fine

view post Posted: 7/12/2016, 11:43 A Christmas Carol - Fanfictions

Capo Terzo

“No, padre, lasciami in pace, per favore: io non sono come te.”



Mi svegliai di colpo, gli occhi fissi sul quadro che raffigurava mio padre.
Pensai fosse normale, ma, a ben vedere, non avrei dovuto essere lì. Tutto era iniziato in ufficio, non nel salone di villa Hayami.
Di nuovo ricordi.
“Masumi, se non aggredisci il tuo prossimo, nessuno imparerà a temerti e ad avere rispetto della tua posizione! Tu sei mio figlio e, come tale, erediterai un impero. Non puoi avere questo atteggiamento: dovevi massacrare tuo cugino. Adesso, non hai più il tuo regalo di Natale e, per di più, la famiglia di mio fratello ride di te. Sei una mammoletta senza spina dorsale!”
Ero così arrabbiato.
Mi aveva dato del frocio, quel vecchio maledetto.
Essere buoni è essere froci?
E che ha contro i froci? Lui, pur avendo le palle, è sterile come una terra deserta. E ha finito per inguaiare me, adottandomi.
Non posso perdonare la sua espressione indegna. Non mi faccio fare la morale da uno così.

“Tu sapevi di avere ragione.”
Ero sconcertato.
Il quadro davanti a me parlava? La bocca di Eysuke si stava muovendo e rivolgendosi a me?
No, era tutto nella mia mente, eppure udivo la voce di mio padre in modo molto nitido.
Dov’era finita la signora in nero?
Per quanto indigesta come il resto del mondo, era sempre più gradevole rispetto al mio patrigno.
“Le radici del susino scarlatto avvizzirono, nel corso degli anni.” Proseguì lui “Fu colpa di un amore non corrisposto. Ci sono uomini che, quando vedono profilarsi l’ombra di un antagonista all’orizzonte, reagiscono nel modo che non ti aspetti: distruggono in modo folle ciò che follemente hanno creduto di amare.”
Non avevo fatto lo stesso io?
Avevo scritto a Maya, quella sera. Mi ero dimenticato di quel particolare per nulla irrilevante. Avevo deciso, in uno dei miei tanti lampi di lucidità, di mandare a puttane la bella vita di facciata verso la quale stavo tragicamente avviandomi.
Poi, la rabbia e il frastuono mi avevano travolto: sapevo di fare la cosa sbagliata, ma ho perseverato come un’auto in discesa e senza freni.
“Maya,” le avevo detto nel foyer, proprio davanti alla corona di rose scarlatte a lei destinata. E già la sagoma di Sakurakoji si stagliava dietro di lei e davanti a me.
“…ho…”
Ma il verbo mi morì sulle labbra, mentre reggevo scioccamente una lettera che non le avrei più dato.
Abbassai piano la testa, dandole la colpa, com’ero solito fare per giustificare il mio fallimento esistenziale.
In che cosa ero dissimile da mio padre?

Nel momento in cui realizzai l’indigesta immedesimazione, provai ribrezzo acuto, grave.
Come una spada di Damocle, mi figurai una corda pendere dalla trave principale del tempio shitoista dedicato alla dèa scarlatta.
Non c’era nessun impiccato.
Non ancora.
Meglio porre fine alla vita che emulare Eysuke.
Fu il pensiero che mi traversò la mente, ben più potente del fastidio iniziale.
“È uno spreco.”
Era una voce senza corpo a parlarmi.
Io mi giravo, ora, a destra e a manca, senza trovare posa, senza scorgere nessuno.
Nel Medioevo si pensava che i suicidi vagassero per l’inferno senza testa.
L’inferno dei cristiani si trova, tra l’altro, al centro della terra.
Quale funesta profezia: i morti, se era vero, camminavano insieme ai vivi.
“Uno spreco totale.” Ribadì la voce “Di bellezza; di arte; di talento, anche.”
Un brivido mi colpì la schiena come certe correnti gelide in una stanza oscura, d’inverno.
Dove anche le braci spente del camino comunicano freddo e tristezza.
“Io avevo tutto. Anche l’amore di anime. Una filosofia creata apposta per i sentimentali come me. E c’era una donna che mi stava dietro e mi corrispondeva in tutto e per tutto. Non ero che un vecchio, ma lei mi amava ed era scandalosamente giovane e bella. Come poteva amare me? Capivo che la mia vecchiaia era supplita dal genio dell’artista e ringalluzzii alla grande. Al punto che quel fuoco inestinguibile finì per non bastarmi più.”
“Lei è il… Maestro?” chiesi titubante facendomi largo con gli occhi tra le tenebre fitte, che mi cingevano in ogni dove e mi impedivano ogni percezione del colore.
“Cosa importa?” fece di rimando “Non bastano i capelli color del grano e gli occhi di cielo a comunicarti quanto siamo simili, io e te?”
“Non capisco perché è qui.” Dissi scioccato.
Mi figuravo un morto di fianco e non vederlo materialmente mi terrorizzava nel profondo.
“Ancora non lo sai?” domandò ironico “Quante altre persone hai incontrato, questa notte? Ancora non hai capito cosa sta accadendo, ragazzo?”
“E’ tutto un sogno. Che senso vuole che abbia?”
“Qualcuno, in Occidente, ha scritto che i sogni sono un riflesso del nostro vissuto. Io non ho mai creduto nelle profezie, ma ci sono segni inequivocabili cui dare ascolto. Sei al tuo rendez- vous, ragazzo. È il tuo punto di non ritorno e, dopo questo, c’è il prolungamento della tenebra. Come ti senti ora, con accanto la sagoma di un impiccato? Tu non mi vedi, ma sai che sono qui, che non me ne sono mai andato, che sono appeso per sempre a questa trave. Senti il criccare del legno sotto il peso morto del mio corpo?”
“Non lo sento.” Mentii.
“Come hai detto,” dissi dopo averci riflettuto un istante “si tratta di una filosofia. Non c’è nulla di oggettivo. È una corazza che ti sei costruito intorno per difenderti o ammazzarti.”
“E in cosa sei dissimile da me? Mi domandò lui.
“Io non voglio ammazzarmi.” Risposi.
E mentii ancora.
view post Posted: 29/11/2016, 16:24 A Christmas Carol - Fanfictions
Grazie, Fiordi, sono onorata che tu mi rilegga! :wub:

Capo secondo

“Lo spirito della dea della luna”



Era vestita di nero?
Mi ero posto la domanda per un decimo di secondo, ma era una cosa molto stupida da pensare, visto che Chigusa Tsukikage non aveva mai indossato abiti a colori.
“No, è tutta una mia fantasia. Sono in ufficio: adesso mi sveglierò.”
“La fantasia è figlia dei rimorsi, talvolta.” Disse ridacchiando come era solita fare.
“Lei è sottoterra da anni, ormai. E tornerà da dove è venuta tra qualche istante.”
“Non crede che io esista?” mi domandò perplessa.
Non aveva più l’aria canzonatoria di prima:
“Eppure, lei è vissuto nel sogno d’amore condiviso, laggiù, nella Valle scarlatta. Lei ha visto.”
“Non so a cosa si riferisce.” Arrossii “E non parlo col mio subconscio o con qualunque cosa lei rappresenti.”
Ella scosse il capo:
“Ma non capisce che è nato tutto da questo? Il dolore che prova, il fatto che non riesce a dimenticare né Maya né la sua vita passata. Il peccato la sta perseguitando anche adesso. Ma, a differenza di suo padre, la sta tormentando da vivo. E dev’essere un’ atroce sofferenza.”
“Sto benissimo come sto.” Bofonchiai infastidito, ma il pensiero di Maya si fece dilagante, assoluto come solo il suo pensiero sapeva essere.
La immaginai nella Valle dei Susini, con lui.
E la gelosia sovvenne ancora, imperiosa.
“Quel ragazzo le vuole molto bene.” Mi disse Chigusa guardandomi dritto negli occhi “E ci sono donne, a questo mondo, che, pur conoscendo l’amore di anime, sanno essere felici anche senza concretarlo: a Maya questo riesce bene perché ha il teatro. Lei, invece, signor Masumi, non ha nulla, ad eccezione del suo lavoro di imprenditore, che non deve gratificarla molto, se non riesce neppure a tollerare la visione di un albero di natale lampeggiante.”
Mi dava enormemente fastidio.
Lui – Sakurakoji – le era stato accanto sino all’ultimo come Isshin e, ora, per quel che ne sapevo, stava con lei, nei dintorni di Nara, in quella che fu la casa del Maestro Oozachi.
Aveva lasciato il teatro patinato anche lui.
Il mio collaboratore ombra mi aveva raccontato che avevano aperto un piccolo teatro all’aperto, attivo solo in primavera e in estate.
Poi, non avevo più voluto sapere niente.
Avevo intimato ad Hijiri di non dirmi quel che facevano: quel tanto bastava per rendermi lei e lui – i due innamorati sulle scene e, ora anche nella vita! – odiosi.
Ero diventato come lui.
Il generale Millepiedi aveva finito per divorare anche le radici del mio susino.
“Vuole davvero vivere così?” mi domandò Chigusa, distogliendomi dai pensieri cattivi e da quel tarlo della gelosia che, costante, mi rodeva all’altezza del petto “Senza amore, circondato solo da gente interessata…Il suo amore non merita, forse, un’altra chance?”
Nel mentre, la sua sagoma s’era fatta più evanescente, fino a scomparire del tutto, lasciandomi addosso, però, una sensazione di calore, non dissimile da quella provata nella Valle la prima volta che ci ho messo piede.
Non era lei, no.
Era l’amore per Maya, mai venuto meno.
Il pensiero corse alla Valle dei susini: ci vidi me e lei quel giorno in cui, casualmente, le nostre anime si erano incrociate.
Quella sensazione di calore data dalla pelle nuda non era venuta mai meno. Più la sentivo e più mi faceva male. Era una ferita aperta, anzi, di più: ché, quando la pelle apre al sangue, il dolore si fa blando e sopportabile, mentre, se serpeggia dentro, hai come la sensazione che faccia male tutto il corpo.
Fa male il cuore.
Fa male persino la pelle, sì.
Come aveva potuto Maya rifarsi una vita con quel ragazzino?
Non ero abbastanza per lei?
La storia che io stavo con Shiori non reggeva: ormai, tutto il mondo sapeva che la nostra era una relazione di facciata, dettata da interessi commerciali reciproci, oltre che dal mio senso di colpa nei confronti di colei che avevo reso una perfetta mentecatta.
Shiori Takamiya aveva perso, insieme al senno, ogni bellezza e attrattiva: viveva in un sanatorio, come i malati di peste del secolo scorso. Io andavo a trovarla ogni tanto, giusto per lavarmi la coscienza o, forse, per prendermi quella dose di veleno che mi spettava in quanto responsabile del suo decadimento.
Di fatto, quindi, ero un uomo solo e Maya avrebbe potuto benissimo starmi accanto o, comunque, scegliere di non mettersi con quel ragazzo.
Erano passati anni, ma il pensiero di loro due insieme mi uccideva ancora.
view post Posted: 25/11/2016, 20:35 Venditori di balle in azione - Allnews
Io non scrivo più di politica, l'ho detto.
Non dico parolacce, non bevo perché, essendo molto magra, non reggo l'alcool. Difficilmente insulto.
E, tuttavia, è un periodo storico in cui pare ce la mettano tutta per trasformare i pacifici in tetri scaricatori di porto. La presunzione della classe politica è tale da mutare nel profondo il carattere di tanti di noi, nonché il nostro modo di porci.
Stanno rubandoci il futuro.

Alla mia generazione regalano una precarietà costante che rende quieti, per non dire passivi.

Alla generazione che segue la mia, regalano qualche euro, ma il lavoro diventa sempre più chimerico. I voucher, certo, dovrebbero far felici.

Quanti vaucher "prendi" al mese?
Sai, si cambiano dal tabaccaio.

Quanti figli hai?
Uno.

Non ho figli.
Non me li posso permettere.


Poi, certo, c'è il fertility day, quello coi manifesti belli: ci sono dei biondi in primo piano, inneggianti all'orologio biologico
Tic tac tic tac.
Domanda: gli ariani dei manifesti sanno che per fare un figlio bisogna mantenerlo?
Sanno che una baby sitter costa minimo otto euro l'ora alla mamma precaria o pagata in voucher?
Sanno che un nido è un lusso?
Sanno che un pasto della scuola materna costa cinque euro e venti cent al giorno?
Sanno quanto costa una confezione di latte per neonati? E i pannolini? E gli alimenti per lo svezzamento? E le creme contro le irritazioni? E un passeggino?
Mio figlio sta crescendo, ma non è passato molto tempo da quando usava tutta questa roba.
Quest'anno abbiamo affrontato le spese inerenti i libri e il corredo scolastico di I media.
Questo perché, anche se sei bravo, il diritto allo studio ha comunque un costo.
Salato.
Quindi, se hai voglia di leggere un libro, fattela passare.

Ci sono scuole in cui i libri non si usano più.
E' la scuola digitale celebrata da Renzi, la scuola che... basta avere un tablet della Apple e una connessione wi-fi per creare cultura! Cultura!!!

Così succede che già i proff non contano un cazzo per quanto sono stati svalutati dal sistema politico e i ragazzi...beh, i ragazzi usano il tab e la connessione per giocare.
Se non ti seguono, non è colpa della droga informatica, ma tua: sei un insegnante che non sa tenere la classe, dicono...

Il referendum.
Votiamo no, vi prego.
Non lasciamo che questi individui strappino per sempre la Costituzione dei padri, che è costata sangue agli italiani delle precedenti generazioni.
Vogliono risparmiare cinquanta milioni di euro all'anno, ma ne spendono altrettanti AL MESE per mantenere le loro campagne militari.

Campagne che gli italiani non hanno voluto o di cui non sanno nulla.

VERGOGNA!

Lavoro e pace.
Questo cerchiamo.
view post Posted: 25/11/2016, 20:12 A Christmas Carol - Fanfictions
Pubblico questa ff breve - un capitolo a settimana - che Vi accompagnerà fino a Natale.

Buone feste a tutti!


A Christmas Carol
- Buon Natale, Hayami-san! –




Era una notte d’inverno, avara di neve come da tempo succedeva.
Niente ombrelli con le fragole.
Niente dolcetti natalizi mangiati all’ombra di un piccolo chiosco tradizionale.
Niente di niente.
Perché, da tempo, ormai, era così.
Mitzuki mi aveva portato una tazza di caffè bollente ed era andata via da una diecina di minuti.
Ero sopraffatto dal silenzio. Fuori di me e dentro di me tutto taceva, procurandomi un senso di quieta solitudine.
Si dice che i dannati vivano l’inferno già sulla terra. Il mio, invero, non era che un limbo. Non avevo idea che si trattasse solo di una fase di passaggio e che, presto o tardi, il mio cuore avrebbe ripreso a pompare sangue e fiamme insieme.


Capo primo

“Il fuoco cova sotto le ceneri”



Mi appisolai sulla poltrona di pelle, abbracciato da una artificiale morbidezza.
L’ultima cosa che avevo guardato era stato l’albero di natale digitale del palazzone di fronte: la stella posta sulla sommità aveva fastidiosamente lampeggiato per tutto il pomeriggio.
Verso le cinque, ero stato tentato di chiamare uno degli uomini assegnati alla sicurezza perché sparasse contro quel dannato coso. Poi, avevo udito Mitzuki augurare buon natale alla sua assistente e, così, ho desistito. In fondo, i comuni mortali meritano una parvenza di normalità e sparare ad una insegna luminosa non costituiva nulla del genere.
“Ma sì, contentatevi delle vostre cazzate.” Avevo detto puntando il mobile dei liquori, ben rifornito come sempre.
Il sonno, dunque, mi aveva colto nel bel mezzo di questi pensieri infelici – no, più che infelici, fastidiosi.
Appena chiusi gli occhi, fui catapultato a casa di mio padre.
Il camino era spento. Nessun addobbo. Niente che richiamasse il Natale.
Stavo proseguendo con successo la felice tradizione inaugurata dal generale Millepiedi: niente festa, niente felicità. Solo lavoro. Il quadro del patriarca Hayami, piazzato sopra il camino, era lugubremente avvolto dalle tenebre.
Inarcai le sopracciglia ironicamente, riducendo la bocca a una piega beffarda.
“Buon Natale, vecchio, dovunque tu sia.”
All’inferno, soggiunsi tra me e me.
Erano passati tre anni dacché lei era salita sul palcoscenico.
Il suo spettacolo dimostrativo, in una fredda cornice novembrina, era impresso nella mia mente.
A ben pensare, aveva smesso di nevicare quell’anno.
La scienza suggeriva che era colpa dei cicloni tropicali e del clima impazzito. I mistici sparavano la loro tirando in ballo punizioni divine e altre amenità.
Lei si muoveva leggiadra tra le macerie, creando armonia in mezzo al caos. Era divina, sì. Divina come nessun’altra avrebbe potuto essere. Neppure la creatura più aggraziata sarebbe riuscita nell’intento di comunicare la genuinità di Akoya. Lei, sì.
Lei, ordinaria come tante.
Straordinaria come poche.
Io avevo perso ogni cosa, insieme a lei: la mia anima, tutto ciò che era riuscita a restituirmi dopo il nostro primo incontro.
Ed ero tornato vecchio dentro.
Trentatré anni e una fidanzata pazza da cui, mio malgrado, non ero più riuscito a staccarmi.
Eppure, tra le tante cose lasciate indietro, ce n’era una che mi era rimasta stupidamente impressa ed era il sapore dei taiyaki che mangiammo insieme alla prima di Hellen Keller, quando lei se la stava facendo sotto pensando che Ayumi l’avrebbe surclassata.
Alla fine, però, fu lei a surclassare Ayumi.
Ed io fui suo. Per sempre.
Per colpa di quei fagioli dolci e di quella coca-cola che, messi insieme, simulavano la cenetta che non consumammo mai.
Ricordo ogni particolare.
Anche il sibilo della linguetta di metallo, le bollicine, tutto.
Avevo pensato tutte quelle cose senza distogliere lo sguardo dal quadro che raffigurava Eysuke.
“Io non temo i fantasmi.” Dissi a voce alta “Se anche uscissi da quel quadro, ora, ti scaraventerei contro il mio odio.”
Ricaddi sulla poltrona che avevo dietro.
Eppure, c’era qualcosa che mi rendeva inquieto: i suoi occhi – quelli di Eysuke – erano nitidi, pur nell’oscurità, come se non avessero mai smesso di scrutarmi, di leggermi dentro.
Distolsi lo sguardo per rivolgerlo alla finestra: le domestiche non avevano tirato le tende. Nella mia testa, per qualche sciocco, inspiegabile motivo, mi figuravo l’albero di natale lampeggiante che avevo lasciato al centro di Tokyo.
Cosa c’era fuori?
Da non crederci: un fiocco di neve transitò davanti ai vetri lucidi.
Poi un altro. Poi un altro ancora.
Forse che era finita l’acidula avarizia degli dei?
La fioccata che seguì mi stupì profondamente, al punto da indurmi a lasciare la poltrona per arrivare alla grande finestra.
Fu lì che quasi mi mancò il fiato. Il mio riflesso sui vetri non restituiva la mia immagine, ma un’altra.
La sua.
Quella di Maya.
“E’ l’altra metà della tua anima, quella che vedi.”
Fu una coltellata alla schiena.
“Sensei?...”
Mi girai piano, ma non vidi nulla, tranne ciò che intesi vedere.

CONTINUA LA PROSSIMA SETTIMANA!



:xmas2:
view post Posted: 22/11/2016, 16:46 Trump, Tramp, Tromph - Allnews
Berlusconi non ha creato muri. Penso, addirittura, che questo biondastro sia anche peggio! Berlusconi, nel vergognoso tentativo di racimolare voti a destra e a manca, ha tracciato la strada, come pertinentemente hai detto tu, a coloro che, oggi, stanno governandoci. Ha stretto alleanze con la lega, ma non ha mai fatto politica xenofoba manifesta. Ha stretto alleanza coi vecchi dc e fatto l'occhiolino ai socialisti sopravvissuti al craxismo. Insomma, un bel minestrone teso solo a fare il proprio interesse.
Tramp non ha nulla da desiderare. E' un evasore fiscale, questo è certo, ma non ha mai rischiato né rischia il carcere. Se sta dove sta è solo perché è un tronfio: la Casabianca non è che uno dei tanti "trofei" sulla sua credenza.
La scelta americana, del resto, sarebbe stata comunque un disastro e ad Hillary riconoscevo - e riconosco - il solo merito d'essere donna.
view post Posted: 17/11/2016, 07:30 Trump, Tramp, Tromph - Allnews
Ho scritto che non parlerò più di politica, ma...Aristotele mi ha bacchettato nella notte. Il maestro dice che l'uomo è un animale politico, ergo non posso prescinderne.
Non potendo, però, parlare di politica stricto sensu per l'ignoranza delle cose che contraddistingue qualunque "comune mortale" della mia risma, dirò di parrucchini, di femmine e d'altro.
L'America, che si è sempre spacciata per la paladina della democrazia, è in mano al discendente di quegli usurpatori che privarono gli indiani d'America della loro terra.
Sembro quasi Salvini, se mi esprimo così, ma è un dato di fatto. Gli europei stanziati in America, a scapito degli autoctoni, poi divenuti americani, sono usurpatori dei beni altrui.

I parrucchini.
C'eravamo arrivati prima noi. Non bastava averlo a qualche km di distanza. Ora ci tocca vederne la versione bionda oltreoceano.
Ed è infestante, perché i canali che bazzico di solito - quelli di allnews - rimandano il suo faccione tirato e rubicondo 24 h su 24, dandomi dolore di stomaco perenne.
Sua moglie.
Bellissima, extracomunitaria, più tirata di lui. Sempre zitta, come si confà alle first lady di un uomo di destra: di doti non comuni, se l'ha, le tiene ben nascoste per non far sfigurare il first man, l'uomo che non deve chiedere mai, tanto meno a una donna.
Le donne che son state con lui o che hanno ricevuto apprezzamenti sulla loro forma fisica rammentino che da uno con questa faccia non ci si può sentire offese.
Amen.

trump-donald

view post Posted: 24/10/2016, 15:28 La teoria del tutto - CINETECA, Televisione, Teatro, Fumetti, I nostri VIDEO!
Segnalo questo film che mi pare interessante e sarà trasmesso dalle reti Mediaset domani sera alle 21.10. Si tratta di La teoria del tutto, del 2015, dedicato all'astrofisico Stephen Hawking, che io adoro da sempre e seguo con interesse. Naturalmente, in questo caso, passa in secondo piano il fatto che venga dato dalle tv berlusconiane. :)

locandina



E' la storia di un genio che, nonostante la malattia, riesce a vivere una vita degna di questo nome ed è, come tale, un esempio per tutti. Oggi, settantaquattrenne, è la dimostrazione vivente di come la lotta senza quartiere e l'amore possano davvero fare miracoli.


view post Posted: 20/10/2016, 15:54 Onde evitare... - Fanfictions

Seconda Parte



Si vive per l’amore.
Si fa di tutto per abbracciare quel po’ di felicità che, si spera, tocca in sorte ad ogni individuo all’atto di venire al mondo.
Io ho fatto le mie scelte per questo ed ora, nella solitudine di questi luoghi, posso dire d’essere felice.
Mio padre mi è venuto dietro.
Il paradosso delle storie, talvolta, è questo. Ciò per cui decidi di modificare il corso della vita, alla fine, è trascinato con te in un turbine di novità inatteso.
Sperato, in precedenza, con ostinata disperazione.
Ed ora lì, realizzato. Tutto quel soffrire – anni di bocconi al veleno – perde di senso. Diventa immotivato e, come tale, frustra non poco. Ti chiedi: non potevamo arrivarci prima?
Vedere mio padre, seduto davanti alla distesa dei susini scarlatti, immerso nella stessa nebbia della dea, mi pare un assurdo materiale. Se, prima, ce l’avevo con lui per tutto ciò che mi aveva imposto, oggi, invece, ce l’ho con lui per questo suo essersi finalmente convinto.
Fosse diventato così prima, diavolo d’un vecchio, avrebbe coronato il suo sogno con la sensei. Certo, anche la mia storia, leibnizianamente, sarebbe mutata di corso: forse, non avrei incontrato lei, che riempie la mia esistenza di aria come di vita in genere.
La vedo, nella sua naturale semplicità, camminare lungo il corso del fiume, nei panni di chi le ha dato fama e sicurezza. In fondo, la storia della dèa è una vicenda positiva, che infonde speranza ad ogni amante deluso. Quel carico tenero di sicurezza, a fronte della disperazione prodotta dai conflitti interni ed esterni a noi, è un balsamo benefico per chiunque lo faccia entrare nel proprio cuore, nella propria coscienza.
Non è una favoletta romantica poter dire che c’è qualcuno al quale siamo destinati a ricongiungerci nell’eterno ritorno al mondo. I filosofi antichi lo avevano intuito e così anche i mistici che vissero su queste terre. Lo dissero più volte, insegnandolo nelle scuole, come per le strade, come nei templi.
La frenesia dei giorni, l’inno perenna a Mammona, sono capaci di far perdere il senso di quanto appreso. Ed è triste, poi, risvegliarsi desiderosi di vivere quanto si credeva dimenticato. Perché, se il Fato non ti pone innanzi subitaneamente l’altra parte di te, allora, l’infelicità è assicurata. Andare raminghi nel mondo in cerca di essa è il minimo.
Io amo. Rendo grazie agli dèi o a chi per loro per questo stato, oggi, di grazia, un tempo precluso a causa delle colpe di mio padre, su di me ricadute come ombre terribili e nefaste, foriere di altra disperazione. Al peggio, davvero, se non vi si appone un freno mentale, non c’è mai fine.
Amo la donna che ho davanti, che è qualcosa di più di uno strumento per trarne godimento. Lei mi comprende.
Lei <sa> il mio dolore.
Lo comprende nel profondo.
Lo ha vissuto.
Ha visto il rifiuto stampato sui volti, riservato da questo sciocco contesto sociale, a chi nasce differente, a chi non ha o ha meno.
Abbiamo rotto insieme questo stato di cose e, nel vortice, come dicevo, è finito anche il mio diffidente, cattivissimo genitore. Il generale millepiedi sta alla corte degli dèi anche lui, adesso. Ha sciolto i lacci che lo tenevano avvinghiato all’inferno e per fortuna. Pare che il momento clou si sia consumato quando la mia ombra si è presentata a casa sua con un fascio di cartellette sottobraccio.
“Piacere,” gli avrà detto “io sono il suo legittimo erede.”
Un perfido erede. Quello che, essendo ufficialmente morto, si introdurrà capillarmente, mafiosamente, nel sistema della società, influenzando il cartello tutto.
Io non sono fatto per queste cose, lui sì. Uno che è disposto a farsi ammazzare pur di dimostrare fedeltà imperitura non può essere incapace di affrontare il boja.
Stranamente, a quelle parole, mio padre deve aver reagito in modo improprio. O, semplicemente, deve aver preso coscienza che era giunto il momento di tirare i remi in barca.
Il momento delle iene era arrivato, ma il suo era finito.
Sono convinto che il mio ex collaboratore non deluderà le aspettative. Curerà a dovere gli interessi di tutti, della mia donna, in primis.
Io me ne starò qui, con lei di fianco, a godere le mollezza che il benessere mi ha consentito di avere pur in questo nulla. Un nulla assolutamente non gravoso.
Nel momento in cui sono morto, ho realizzato di essere vivo.

FINE

view post Posted: 19/10/2016, 16:14 Perché non scriverò più di politica... - Allnews
Non sono ancora pronta a fare scuola, pur insegnando da un decennio e passa. Ci sono cose che, purtroppo, riesco a fare solo in cattedra. Mi avevano chiesto di entrare in politica, ma, francamente, ne ho troppa nausea per considerare anche solo un istante questa ipotesi.
view post Posted: 19/10/2016, 16:12 Il tempo dopodomani - Venditori di Almanacchi
Ufficialmente iniziato il periodo del grigio stabile, che proseguirà per tutto l'adorato novembre! :wub: Difficilmente, vedremo il cielo, ma sarà bellissimo accoccolarsi tra le coperte e guardare le ultime foglie cadere dai rami degli alberi!
view post Posted: 19/10/2016, 16:02 Onde evitare... - Fanfictions

Onde evitare…



Onde evitare fraintendimenti, dirò che la scelta di lasciare casa – quella casa – è stata dettata da un intento reale.
Il problema degli uomini è che, il più delle volte, s’arenano davanti alla realtà: nell’arco di pochi giorni, avevo cambiato idea tre o quattro volte, pensando a me, pensando a lei, pensando all’altra.
Niente di più.
L’atto pratico pare essermi precluso, la disperazione è nuovamente a un passo.
Pensare di vivere così, tra una moglie pazza e le quattro mura di un ufficio, mi crea raccapriccio. Per non parlare del tedio perenne, insopportabile. Piuttosto morire, sì morire. Come il protagonista di una commedia teatrale a sfondo tragico.
Quel pensiero mi aveva colto così, d’improvviso: era una sorta di intuizione selvaggia, bizzarra e mi diede un’euforia fuori misura.
Fissai da lontano il mio collaboratore, la mia ombra, quasi invidiandolo. Lui, per quanto morto, poteva scivolare in ogni anfratto in virtù della sua condizione. Negli ultimi tre anni, era stato più vicino a lei di quanto non lo fossi stato io. Uomo fortunato, libero grazie al suo nulla di vivere la mia stessa vita. Essere l’ombra di qualcuno equivaleva, in un certo modo, ad essere quel qualcuno.
Qualche giorno fa, preso da una sorta di raptus, ho persino provato ad ammazzarlo: mi ha detto - scherzando, si è giustificato – di volersi prendere lei, la donna che regge il mio cuore. Prendere definitivamente il mio posto come donatore di rose scrlatte, come fan numero uno, come suo uomo – di lei!
L’abbia detto o meno per scuotermi è una certezza comunque rada, ché, quando si è nelle mie condizioni, si sospetta di chiunque ed anche di più. Si può diventare potenzialmente assassini. Non avrei creduto mai di reagire a quel modo. Certo, in mano non avevo che quel dannato tagliacarte, che gli ho lanciato contro. Poteva essere qualsiasi cosa: un vaso, un sasso. Il mio intento era palesemente omicida. E avrei anche potuto scaricargli addosso il caricatore di il caricatore della colt che tengo nel cassetto, un gingillino per collezionisti che, da qualche tempo, tengo pronto nel cassetto.
“Che cosa sta pensando, signore?” mi domandò lui ed io, con sincerità:
“A te e alla tua condizione, a mio modo di vedere assai gradevole.”
“Un uomo senza stato né esistenza, signore?”
Ora pareva incupito perché, inutile dirlo, c’era rimasto secco anche lui. Quel mio atto di violenza non se lo aspettava di certo.
Vedi, Hijiri, che non era prevedibile? Che non sono prevedibile?
Il fatto era che io non riuscivo più ad intenderne gli intenti.
“Mi sei fedele, è così?” gli chiesi all’improvviso.
“Fino al giorno della mia morte, signore.”
Quanta odiosa deferenza! Eppure, quando mi appellava signore o quando chiudeva ogni frase con quello stesso titolo, pareva dannatamente sincero!
“Allora, sarai tu a farti carico del fardello della mia vita.”
“Signore?”
Gli occhi piccoli di lui divennero fessure.
Davvero, non capiva?
“Mi hai detto che, fino ad oggi, hai copiato ogni cosa di me. Ti lascio tutto: i miei affari, la mia esistenza vegetativa, tutto. Sarai il mio nuovo me, nella mia famiglia e nel mondo. Mio padre si fida di te quanto di me: è, di fatto, l’unica nota positiva che io gli riconosca.”
“Non credo di capire.” Balbettò spiazzatissimo.
“Sto per morire. Ufficialmente. Scriverò a mio padre, intercedendo per te: sarai tu, da oggi, il responsabile dell’esecutivo della Società.”
“Che dice, signore?”
“Credo tu mi abbia inteso benissimo.” Risposi “Del resto, sono già in pratica fuori dalla mia famiglia. Mio padre non ha alcuna idea di quello che sto facendo.
view post Posted: 17/10/2016, 20:29 In memoria di Ernesto Guevara - Filosofia, storia, religione
Rino, anche qui siamo in piena lunghezza d'onda. :wub: Io credo nell'uomo Guevara, in ciò che ha rappresentato per tante generazioni. Quel che fa qualche ignorantucolo di destra non mi tange. So che farebbe rivoltare nella tomba persino un mito, ma pazienza. Di strumentalizzazioni vili e volgari è pieno il mondo, purtroppo. :(
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