Capo quinto
“Signor Hijiri.” Disse lei, la piccola bocca che esprimeva già entusiasmo.
Ero il suo unico collegamento con il donatore e lo sapevo: ciò nonostante, me ne stupivo ogni volta. Repentinamente, era tornata nel suo corpo insignificante, deponendo la maschera più pesante che si fosse mai vista.
Io le andai incontro per evitare che si facesse male, lì in mezzo alle macerie. Ma la sua felicità nell’avvistarmi mi prevenne e così accadde l’inevitabile: stramazzò tra i calcinacci, finendo per ferirsi il ginocchio.
“Il suo sostenitore se la prenderà con me.” Le dissi dopo averla raggiunta a grandi passi.
Mi chinai per osservare la ferita, quindi le diedi il braccio perché potessimo raggiungere insieme la panca lì vicino. Estrassi da un piccolo necessaire un cotton fiock imbevuto di disinfettante, quindi attaccai un cerottino. Il tutto avvenne nell’assoluto silenzio. Si sentiva solo lei che respirava piano.
“Non vedo l’ora di incontrarlo.”
Io avevo alzato la testa pochi istanti prima che pronunciasse la frase: intercettai uno sguardo nuovamente perso. Il suo pensiero era nuovamente altrove. Quando pensava a Masumi Hayami, Maya non era più Maya. Era quella Maya, l’altra metà dell’anima di Hayami.
“Credo sia lo stesso per lui.” Sorrisi condiscendente “E’ una persona eccezionale, come lo è lei, del resto. Due persone così non possono non incontrarsi felicemente.”
La vidi arrossire: da quando capiva le allusioni sessuali? Il copione del capolavoro scomparso stava davvero cambiandola. O la sofferenza.
“Che cosa si aspetta da Izu?” chiesi curioso. Volevo constatare dove giungeva la sua nuova visione della vita, più smaliziata e aperta.
“Aspettarmi?” ripetè “Non mi aspetto nulla, signor Hijiri. Io …attendo solo di vivere ciò che non ho ancora vissuto. Nessun telefilm, nessun copione può rendere l’idea di ciò che mi attende. Quell’esperienza sarà solo mia e non so proprio come andrà.”
Si martoriava le piccole dita, aveva il viso arrossato.
“Il donatore” riprese “è un uomo adulto ed io ho solo diciannove anni. Per molto tempo, ho ritenuto di essere inadatta, ma, per qualche strano motivo che proprio non riesco a cogliere, io ho destato la sua attenzione. Basta questo per inebriarmi.”
Ora era di nuovo Akoya.
“Perché io? Tra tante attrici di talento, lui ha scelto me e mi ha eretto a sua musa. Lui non è un’artista: è un mecenate e, come tale, ha saputo comprendere la mia arte. Gliene sarò grata in eterno.”
Ridacchiai un po’ amaro: com’era possibile che fosse passata dall’odio atavico all’amore appassionato in un lasso di tempo tanto breve? Il vero miracolo della storia l’aveva compiuto Shiori Takamiya, che aveva restituito a Maya l’immagine di una ragazza gelosa.
“Per molte persone, non esiste arte senza amore e viceversa.” Stavo dicendo, mentre una folata di vento gelido e, con essa, una sensazione di paura si impadronì di me.
Non eravamo soli.
Nitidamente, avevo udito avanzare qualcuno. Qualcuno che era impedito e, con fatica estrema, si reggeva ad un bastone.
Mi levai in piedi e vidi davanti a me Eysuke Hayami.
Ero senza occhiali, motivo per cui Maya s’avvide con chiarezza del mio stupore. Non era l’atteggiamento di chi non conosce chi ha davanti, anzi.
“Il signore della bibita in lattina!” esclamò la ragazza con semplicità.
Eysuke mi passò vicino senza dirmi nulla. Non un cenno di saluto. Pareva reggermi il gioco.
“Che ha fatto, signorina?” domandò a Maya allarmato “Le prove esigono, forse, che si faccia male? Non stia a sentire Chigusa Tsukikage: il suo apprendistato è finito da un pezzo e lei è un’attrice completa.”
La stava lodando. E sinceramente, anche.
Maya era arrossita di piacere:
“Non sarebbe dovuto uscire con questo freddo.”
“Smettila di preoccuparti per lui” pensai.
Diedi uno sguardo all’anziano: che faccia aveva! Non poteva essere falso fino a questo punto. Era felice quanto Maya di averla incontrata. Ma, allora, perché? Perché obbligare suo figlio a un matrimonio senza amore, quando una nuora come la Kitajima avrebbe costituito la scelta per lui più congeniale? Poteva la ricerca dei soldi giungere a questo punto?
“Siamo pari, allora.” le disse Eysuke “Lei si è ferita e io mi sto raffreddando.”
Si guardò intorno:
“Vedo che è sola.”
Non ero nessuno: forse, l’aveva con me perché le avevo impedito di farsi male.
No, non era questo: stava cercando Masumi.
“Non sono sola. C’è qui uno dei miei amici più cari.” Disse Maya con semplicità.
“Capisco.” Disse Hayami sedendosi accanto a lei “Venga con me a prendere un tea, vuole? Rammento che, qui vicino, c’è quel negozio di dolci in cui mi ha portato tempo fa.”
Il viso di Maya divenne chiaro d’improvviso: com’era prevedibile, consentì e, datogli il braccio per sostenerlo, lasciarono l’area delle prove. Un cenno di saluto da entrambi e restai solo col mio carico di inquietudini e perplessità. Cosa accidenti poteva volere il vecchio da lei? Cosa intendeva chiederle?
Non potevo fare niente.
L’unica cosa che pensai di fare fu di chiamare Masumi per avvertirlo. A quell’ora, doveva essere in ufficio. Speravo ci fosse.
Inforcati gli occhiali, seguii la strana coppia.
Dopo cinque minuti sedevano nel locale indicato da Maya: avevano scelto un tavolino appartato ed Eysuke era di spalle. Dalla mia posizione, non potevo vederne l’espressione, ma sentivo tutto ciò che si dicevano.
Si scambiarono convenevoli. Qualche frase puerile di Maya indusse Hayami a sorridere. Nessuno di loro, però, andava al dunque. Lei, ingenuamente, voleva chiedergli perché fosse andato a cercarla; lui voleva domandarle se sapesse qualcosa di Masumi.
A volte, pensavo tra me, Maya sconcerta: non ti è mai passato per la mente che la persona che hai davanti sia la più interessata al mondo, la più corrotta che ci sia? Che sia lì punto per farti del male e non per mangiare un parfait al cioccolato che gli darà il mal di stomaco?
Era così finto! Io non lo vedevo materialmente, ma me ne figuravo i lampi di cattiveria dipinti nei piccoli occhi. Che a lei sfuggivano! Dannazione, Maya, in sette anni, non eri cresciuta per niente!
“Signore, mi scuso se le riformulo la domanda:” cominciò lei “come mai è venuto a cercarmi? Ravviso tristezza e preoccupazione.”
Eysuke, però, non rispondeva ancora, il cucchiaino del parfait era ancora al suo posto, così come il cameriere glielo aveva servito:
“Sono un padre in ansia. Molto in ansia.”
Maya tacque in attesa che egli completasse il suo pensiero. Una domanda, di certo, aveva preso forma nella sua testa. Di che paternità stava parlando? E come poteva essere posta in relazione a lei?
“Ho un figlio.” Spiegò il vecchio “Un figlio che non ha mai destato in me particolari preoccupazioni. Molti…lo direbbero il figlio ideale. È in salute e risponde esattamente alle mie aspettative. Lui è il mio erede.”
“Avevo capito che era una persona benestante.” Arrossì Maya.
“Gli ho insegnato tutto quello che so.” Riprese Eysuke “E, adesso, non so più dove sia né cosa stia facendo.”
“E’ scomparso…?” chiese l’attrice con partecipe preoccupazione.
“Così sembra.” Le rispose l’altro.
Finalmente, estrasse il cucchiaino per poi riaffondarlo nella crema al cioccolato che iniziava a sciogliersi.
Lei gli pose le domande di rito: com’era possibile? Nessuna notizia? Il cellulare spento?
Eysuke rispondeva a monosillabi: per me era del tutto palese che volesse chiederlo a lei. Non ero certo di restarmene lì, impassibile. Conoscevo il vecchio: sarebbe esploso, prima o poi, vomitandole in faccia la sua verità, annessi e connessi. L’avrebbe sconvolta.
“Lei è una ragazza davvero incredibile.” Disse Eysuke “Vive ingenuamente, come se nulla potesse ferirla e si adopera per non ferire gli altri. Io ho sempre pensato, vedendola sul palco, che fosse un genio: il vero genio ha il potere di cambiare il mondo. L’ho detto a mio figlio: è come una rivoluzione copernicana. Ineluttabile. Né prevede si possa tornare indietro.”
Il visetto di Maya era interrogativo:
“Io, un genio? Lei è troppo buono, signore. Non credo di esserlo: io recito perché non c’è nulla al mondo che ami di più.”
“Eppure, signorina, quanti cambiamenti ha prodotto…lei non se ne avvede neppure. Cambiamenti positivi, ma anche devastanti.”
“Signore?...”
Era venuto fuori.
Adesso avrebbe iniziato la sua lunga orazione: lo avrebbe fatto in modo cortese, ma uccidendola. Il veleno degli scorpioni è lento.
Mi alzai dal mio tavolo e gli andai alle spalle: Maya, adesso, mi vedeva, ma non lui.
“Maya…” dissi volutamente per attirare la sua attenzione.
“Hijiri.” Disse a sua volta Eysuke “Sei pregato di andartene.”
L’ordine era perentorio. Mi gelò letteralmente.
“Signore, io…”
“Voi due vi conoscete?” chiese Maya.
“Ci conosciamo.” Rispose per me il vecchio “Da lungo tempo, anche. Hijiri è un mio dipendente ed è il più stretto collaboratore di mio figlio.”
“Dipendente?...stretto collaboratore?” ripeté la ragazza.
Finalmente, avevo fatto uno più uno: la conclusione era univoca.
“Lei è… se lui è…”
Eysuke annuì. Mi ero avvicinato di più, ora potevo vederne l’espressione: non era trionfante, no. Era quasi costernata.
“Il generale millepiedi sono io.”
“Il signor Hayami?...” chiese lei con tono appena udibile.
Dov’era la tua voce, Maya?
Era spenta, come era finito l’entusiasmo di trovarti di fronte uno dei tuoi più accaniti fan.
“Sono io.” ribadì Eysuke “E ti prego, ti imploro di dirmi cosa sai di mio figlio.”
“Signore, io le ho detto che…” provai a intromettermi.
“Sta’ zitto.”
Era incredibile come Eysuke realizzasse una sorta di bipolarismo, in quel frangente: a lei snocciolava contenuti come se temesse di ferirla. A me si rivolgeva con toni al limite della scortesia. Non mi aveva mai ingiunto di tacere. Forse, perché io stesso ero sempre stato servile e mai astioso.
Adesso, però, c’era in gioco una situazione che mi stava a cuore come fosse mia.
Non potevo tacere.
“Non starò zitto. Sono io il referente del signor Masumi.” Dissi con fermezza “Le ho già detto che suo figlio è regolarmente in ufficio e nessun affare viene trascurato, nonostante la situazione inerente la signorina Shiori.”
Maya, all’udire quel nome, ebbe uno scatto involontario.
“Io voglio sapere perché ha lasciato la mia casa.” Sibilò Eysuke “Il vero motivo, Hijiri. Se non lo sai tu, saprà dirmelo lei, non credi?”
“Signore…” si intromise Maya “non so risponderle, io non so niente.”
“Non sta mentendo, Presidente” rincarai aspro “e lei lo sa bene.”
Lo sguardo che la ragazza mi lanciò mi spaccò il cuore in due:
“Signor Hijiri, che cosa sta succedendo al signor Masumi? Me lo dica, per favore?”
Era così accorata! Il tono di chi ama con passione e senza interesse alcuno. Davvero, teneva solo a che egli stesse bene. Di Eysuke Hayami, invece, non poteva dirsi lo stesso.
“E’ in salute, stia tranquilla.” Risposi “E sta lavorando molto, anche in relazione alla situazione della sua…fidanzata. Non sta bene e…”
“Ti ho detto di tacere!... “ sibilò il vecchio “E’ a me che devi dare conto, non a lei, che è la fonte, seppur involontaria, di tutto questo.”
Prese la piccola mano di Maya, che abbandonò il cucchiaino sul tavolo, schizzando di panna il centrino bianco.
“Non l’ho con lei materialmente: la mia stima è sincera e credo ne sia consapevole anche lei. Tuttavia, sono accadute alcune cose che mi hanno allarmato. Una di queste è legata al prossimo matrimonio di mio figlio, temo compromesso per sempre.”
Venne fuori, senza che io potessi aggiungere altro, il discorso di Shiori e della sua malattia. Poi, l’inevitabile rimando alla posizione sociale e al senso del dovere.
“Lei” disse anche Eysuke “è sempre vissuta liberamente. Non ha padre e, da qualche anno, neppure una madre. Le sue condizioni sono tali da consentirle un modo di vivere sereno. Chi appartiene, invece, al mio ambiente ha delle regole da seguire: seguire il cuore, una volta su tre, non è consentito. Se lo avessi fatto, non sarei il magnate che sono adesso. Se non avessi visto giusto, non avrei adottato Masumi per farne il mio erede.”
“Lei …” provò a dire Maya “ha sempre parlato con una certa…ammirazione della signora Tsukikage. Rammento mi disse di averla sempre trovata affascinante, inarrivabile quasi, nel ruolo della dèa scarlatta. In questo, non ho visto l’atteggiamento di un semplice fan…”
“Il fatto di avere ammirato Chigusa non mi ha distolto dal motivo per cui ho creato la Daito: produrre il capolavoro scomparso e portarla alle stelle. Arricchirmi per esso.”
La ragazza scosse il capo:
“No, non lo credo. Io so che lei è una persona di buon cuore e mi è sempre parso di percepire, dietro il suo viso, un alone di sofferenza: la sofferenza di chi ha il cuore spezzato.”
Eysuke tacque.
“Dunque…” fece piano “non sai nulla di mio figlio, è così? Non stai mentendo? Nessun progetto?”
“Solo uno.” Rispose Maya con semplicità “E non ha a che vedere con l’immediato futuro. Ho intenzione di vincere la mia competizione per la vita e, poi, lo incontrerò.”
L’anziano strinse gli occhi.
“Ho bisogno di sapere perché questi sette anni di mistero. Perché si è nascosto dietro la maschera del donatore di rose scarlatte? Da Lande Dimenticate, sono a conoscenza della sua identità. La mia visione di lui ne è uscita sconvolta: ho realizzato ci fosse amore, salvo poi capire, a mia volta, che l’amore può essere vissuto in modo diverso da quello canonico. Lui, infatti, si è fidanzato con la signorina Shiori. Sono giunta a pensare che la sua stima si limitasse all’arte, prima di salire su quella nave.”
“Maya, per favore…” dissi “E’ del tutto inutile spiegare. Ci sono cose che non potranno mai essere comprese del tutto da chi non ha mai vissuto l’amore sincero e disinteressato…”
Mi rivolsi a Eysuke:
“Le chiedo scusa per la durezza, signore, ma credo che la conversazione debba terminare qui. Per la buona riuscita di questo spettacolo, la pregherei di evitare di turbare Maya in altro modo.”
“Voglio vedere la dèa scarlatta quanto te.” Rispose Hayami “Non era mio intento turbarla in alcun modo. Sembrerà strano, forse, ma sono in ansia per Masumi: fino ad oggi ho sempre avuto il controllo su tutto e, adesso, mi pare di stringere aria tra le mani. Devo sapere tutto ciò che può essere utile per darmi una risposta.”
“Suo figlio non sta tramando nulla.” Dissi io fermo “Mi stupisce che ne metta in dubbio l’onestà. Non le ha detto, forse, di riguardarsi? Tra voi non sussiste alcun legame di parentela, ma il signor Masumi sente comunque di avere delle responsabilità nei confronti del suo anziano genitore. È un cuore buono, scaltro negli affari, un po’ meno nelle questioni private, temo.”
La conversazione languiva. Il vecchio Asakura si palesò alla stregua della morte, la faccia incavata e ossuta:
“Andiamo, signore?”
Eysuke si mise in piedi autonomamente, come se la conversazione gli avesse conferito un barlume di vitalità alle gambe.
Se ne andarono via, dimenticando di pagare come cortesia imponeva agli uomini che invitassero una qualsiasi signora a consumare una bevanda in un locale pubblico.
Maya, solitamente svanita, si avviò alla cassa col borsellino a fiori in mano. Io le fui dietro in un istante:
“Lasci, faccio io.”
Ella negò col capo senza aprire bocca e depose due monetine sul bancone: non attese neppure il resto e uscì nell’oscurità dell’autunno incalzante.