| Tra gondole e coriandoli riappare invisibile la forza di gravità combinata al motore solare che scaldando l'aria la obbliga a componenti di movimento non nulle sul piano orizzontale. Cadono gli orologi, cedendo rammolliti al tepore creativo, stesi come panni su rami di alberi rinsecchiti come radici protese verso il cielo, scivolano i fogli del calendario, piegati in quattro a formare sottili cataste destinate all'archivio del tempo o, al limite, a qualche maldestro involucro, quale riparo dalla polvere.
Scorrono gli elettroni impazziti da una parte all'altra del globo, dentro e fuori di esso, alcuni nel caos ordinato tentano di ricordarci che i macigni vaganti nello spazio sono tanti, quasi quanto le palline di lardo nei salami. E quanti saranno i salami? Tanti, sono tanti, milioni di milioni, come le stelle, come i pesci di Apelle, mai stufi di venire a galla ad ammirarne le solite brutture sferoidali a base di epiteli di uccelli sedicenti ruspanti e invece allevati come nelle Auschwitz di certe memorie storiche.
I salami cadrebbero come pere cotte dagli alberi scottati dall'esplosione di una supernova, di una bomba H e, finiamola, per molto meno: per l'improvvisa fiammata che certi calendari sudamericani recitano, il mondo profumerebbe per millenni di lardo fritto, attirando finalmente gli innumeri buongustai galattici che da secoli, invano, si presentano alla nostra vista a bordo di piatti volanti (le posate sono dentro o dovremmo offrirle noi?) ritornandosene a bocca (?) asciutta nei remoti anfratti dello spazio.
Questi salami non saranno mai cotti abbastanza e proseguiranno nella loro stagionatura, alla fine non c'è mai peggio.
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