Incontri, FF ispirata a GnK

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view post Posted on 25/11/2011, 14:29
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Stregone/Strega quasi professionista

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Buona giornata a tutte!
Dopo la pausa seguita a Masquerade, ho provato a scrivere una nuova storia. Contrariamente alla prima, sto tentando di formulare capitoli più lunghi ma, essendo ancora agli inizi, posterò molto più lentamente.
Ho deciso di iniziare subito perché, partendo dalla fine del capitolo del mese scorso (con Sakurakoji e Maya alle prese con le prove), volevo provare ad allietarmi la lunga attesa invernale prima della pubblicazione del prossimo capitolo da parte della Miuchi.


Come al solito, spero che il risultato vi piaccia.
Però siate pazienti perché in due settimane ho scritto tre capitoli e dunque andremo molto molto piano..

A chiunque avrà la voglia ed il coraggio di seguirmi...

__________________________________________________

CAPITOLO 1

Le prove erano finite da qualche minuto.
Kuronuma si era complimentato con loro per il pathos che erano riusciti a dare alla scena.
Maya Kitajima l’aveva ascoltato, ma la sua mente era fissa al ricordo degli occhi sofferenti di Sakurakoji. Rammentava le frasi che lui le aveva rivolto e aveva ancora nel cuore il dolore per la freddezza con cui l’aveva trattata da quando aveva avuto l’incidente.
Dalla mattina in cui era scesa dall’Astoria, si era inizialmente trovata in un sognante limbo in cui la vita di tutti i giorni le giungeva attutita. La sua mente ed il suo animo erano concentrati a ricordare e a scolpire nella memoria i dolci momenti che aveva vissuto sulla nave ed al porto.
Ricordava il momento in cui aveva deciso di dichiarare il suo cuore al signor Hayami ed aveva iniziato a recitare le parole di Akoya. Vi aveva infuso tutto l’amore di cui era capace, aveva abbracciato la sua giacca alla luce del sole nascente come avrebbe voluto abbracciare lui, era riuscita ad accarezzarlo guardandolo negli occhi. Vi aveva scorto quello che sembrava stupore. E speranza. E tanto calore.
In quel momento le era sembrato che l’ultimo velo, l’ultima fragile maschera dell’uomo fosse caduta. Infatti l’aveva abbracciata, forte l’aveva stretta a sé.
Era stupita. Il signor Hayami l’aveva abbracciata perché era stato spinto dall’atmosfera? Era solo quello? Questo si era domandata prima che lui, con voce vibrante, le chiedesse di restare abbracciati. Le sue calde mani le carezzavano dolcemente la schiena. Sentiva il suo respiro affannato tra i capelli. Dolci brividi correvano lungo il suo corpo. Sentiva il tessuto dei pantaloni dell’uomo sfiorarle le gambe tanto erano vicini.
Si era rifugiata con il volto in fiamme nel suo ampio petto. Aveva alzato le piccole mani e si era aggrappata con forza alla sua schiena. Sembrava non essere più in grado di reggersi da sola. Sembrava aver perso ogni energia.
L’uomo che aveva scoperto di amare, dopo aver passato un terzo della sua breve vita pensando che fosse un essere odioso, la stava abbracciando e le stava togliendo il respiro.
Neanche il rumore della gente che si era spinta sul ponte sembrava smuoverlo, lui sempre così attento alle apparenze, anche e soprattutto quando si trattava di lei.
L’amava? Era possibile che il signor Hayami ricambiasse i suoi sentimenti?
Non lo sapeva, ma in quel momento voleva solo restare tra le sue braccia, di nuovo, sempre.
Come era caldo il suo abbraccio: sembrava accoglierla e proteggerla.
Era tornata a casa! Sentiva il veloce battito del cuore dell’uomo: era ipnotico.
Aveva sentito le sue braccia lasciarla, lo aveva visto allontanarsi imbarazzato ed appoggiarsi alla balaustra del ponte. Ricordava di esserglisi affiancata. L’uomo aveva iniziato a raccontarle con voce calma di una villa in cui si rifugiava quando voleva stare da solo. Le aveva narrato del mare che batteva sugli scogli, dei granchi che combattevano con le onde, della bianca sabbia su cui andava a passeggiare e del cielo stellato che accompagnava le sue notti solitarie.
Avrebbe voluto chiedergli se ci era mai andato con la sua fidanzata, ma l’unica cosa che era riuscita a fare era domandargli vagamente se ci fosse andato sempre da solo.
Il signor Hayami l’aveva scrutata per qualche attimo e poi aveva risposto semplicemente:
“Sì, sempre da solo” – per poi chiederle – “Ti andrebbe di accompagnarmi un giorno?” Vorresti venire con me?”
Maya ricordava quanto velocemente si era girata verso di lui con gli occhi spalancati e brillanti dall’emozione. L’aveva visto con una mano alla bocca come se avesse voluto rimangiarsi quello che gli era appena sfuggito.
“Sì, se non la disturbo ne sarei lieta”.
L’aveva guardata come se non potesse credere alle sue orecchie, come se non avesse mai potuto sperare in una sua risposta positiva. Infatti le aveva subito chiesto:
“Ma sei sicura? Lì ci sarò solo io!”
“Sì, se non la disturbo vorrei venire con lei!” – aveva confermato Maya. La giovane donna non sapeva dove avesse trovato il coraggio di rispondergli in tal modo. Fino a qualche ora prima si stava disperando perché le sembrava impossibile che il signor Hayami potesse provare dell’affetto per lei come donna e ora aveva accettato il suo invito a passare del tempo da soli, si erano abbracciati, si erano scambiati delle brevi e dolci carezze.
Sicuramente quella notte non tornerò a casa. Sicuramente!
Gli si era avvicinata e aveva appoggiato dolcemente il capo sulla sua spalla. L’uomo l’aveva guardata esterrefatto.
Quante volte gli aveva visto sul volto gli occhi spalancati dallo stupore nelle ultime ore? Tante! Troppe. Si era resa conto di come il signor Hayami non avesse mai dubitato del suo odio. Era stata veramente una ragazzina fino a qualche settimana prima: al sentimento di amore che aveva scoperto, aveva risposto con più aggressività del solito ed il risultato era stato solo allontanare il signor Hayami dalla verità.
Erano scesi dalla nave e, mentre andavano incontro alla realtà, l’uomo le aveva chiesto di aver fiducia in lui, ché sarebbe passato del tempo senza che loro potessero vedersi.
Come poteva deluderlo?
Avevano incontrato la signorina Shiori, che si era sorpresa di vederli insieme ed era svenuta. Nessuno aveva più badato a lei, tranne il signor Hayami che l’aveva accompagnata fuori per procurarle un taxi.
Lì avevano visto anche Sakurakoji: sarebbe dovuta tornare con lui, ma non poteva, non voleva tornare a casa senza chiedere al signor Hayami di aspettarla.
Era corsa nella struttura portuale come una forsennata, l’aveva inseguito fino al corridoio dell’infermeria, l’aveva chiamato ed egli si era girato. Era volata tra le sue braccia, l’aveva implorato di aspettarla ché era ancora inadatta a stargli al fianco, conosceva solo la recitazione, non il suo mondo, non la vita fuori dal palcoscenico.
Il giovane l’aveva abbracciata ancora, fortemente. Ancora una volta le sue braccia l’avevano accolta e l’avevano rassicurata.
Solo dopo era tornata da sola a casa ed alla realtà. Alla realtà dell’incidente di Sakurakoji, alla realtà dello spettacolo a rischio senza il suo Isshin, alla realtà della sua freddezza nei suoi confronti.
Non credeva che la ritenesse responsabile, come a volte si sentiva lei stessa. Ma allora, si interrogava, quale poteva esserne la causa?
Lo guardava di sottecchi, mentre il ragazzo riceveva i complimenti da parte degli altri attori. Con loro manteneva l’atteggiamento di sempre, quindi il problema era solo lei.

“Kitajima!” – si voltò al richiamo di Kuronuma.
“Sì? Mi dica.” – concentrandosi sullo sguardo pensieroso del regista.
“Penso che dovreste chiarirvi. Vedo che Sakurakoji si sta impegnando per rendere al meglio nel suo Isshin, ma a volte non riesce a dimenticare se stesso, né a sfruttare i sentimenti che ha nel cuore per capire meglio il suo personaggio.”
“Signor Kuronuma… ma come? Cos’è successo?” – chiese Maya, già temendo la risposta dell’uomo, sempre tanto attento alle vicende dei suoi giovani collaboratori.
Infatti lo sguardo di Kuronuma si fece acceso: “Come, non te ne sei accorta? Sakurakoji si è reso conto che ami un altro.” – si interruppe, per vedere l’effetto che facevano le sue parole sulla ragazza. Vide i suoi occhi allargarsi e farsi umidi.
Allora è vero! E’ come pensavo! Ma il suo cuore avrà ceduto veramente al suo nemico?
“Come pensavo…” – riprese – “Sii franca con lui, vedrai che comprenderà. Magari ci vorrà un po’ di tempo, ma alla fine capirà quello che senti.” Qualche lacrima corse lungo le pallide gote dell’attrice.
“Mi spiace, non volevo farlo soffrire, ma è più forte di me. Non posso vincere contro il mio stesso cuore. Ci ho provato, mi creda. Ma è stato straziante!”
Gli occhi dell’uomo si addolcirono di fronte a quella genuina manifestazione dei suoi sentimenti. Con voce paterna ed appoggiandole una calda mano sulla spalla, le disse:
“Questo dillo a lui, non temere. E vivi i sentimenti che hai nel cuore, vivili tutti! La gioia, il dolore, la consapevolezza di questo nuovo sentimento, la trepidazione nell’incontrare gli occhi della persona amata, il senso del distacco, l’angoscia ed il timore di non rivederla. Vivi e supera anche il senso di colpa che provi verso Sakurakoji. Vivi tutto. Tutto ti aiuterà a rendere viva la tua Dea Scarlatta.” La sua voce era confortante, sembrava un gentile balsamo per i timori che aveva provato in quegli ultimi giorni.

Maya voltò di nuovo lo sguardo verso Sakurakoji e vide che il ragazzo li stava osservando.
Kuronuma lo chiamò vicino e quando si approssimò li informò che per loro le prove: quel giorno finivano lì. Avrebbero avuto il resto del pomeriggio libero. Potevano sfruttarlo come meglio credevano, disse mentre lanciava un’occhiata d’intesa alla sua prima attrice.
L’uomo si allontanò a passo lento, tornando dagli altri della compagnia. In cuor suo sperava che i due ragazzi riuscissero a chiarirsi: per lo spettacolo, ma anche e soprattutto per loro.

Rimasti soli ed in disparte, i due si studiarono in silenzio, ancora incapaci di superare con schiettezza il muro che li separava. Provavano imbarazzo e non sapevano se lasciar correre o chiarire subito.
Sakurakoji si era reso conto che anche Maya stava soffrendo. Aveva visto la pena nei suoi occhi quando la evitava. Tuttavia era ancora troppo addolorato.
Come poteva non ricambiarlo dopo tutti i momenti tristi che avevano condiviso? Era sempre stato dalla sua parte! L’aveva sempre appoggiata! Come poteva invece abbracciare in modo tanto appassionato il signor Hayami che l’aveva sempre osteggiata e disprezzata?! Cos’era successo su quella nave? Erano queste le domande assillanti che gli affollavano la mente. Voleva sapere ed allo stesso tempo ne temeva le risposte.

Maya si volse verso di lui.
“Dobbiamo parlare. Ti prego!” – disse solo, le mani strette al petto, gli occhi rivolti a lui, non più timorosi. Era Maya, eppure era cambiata. Da cosa dipendeva quel cambiamento? Forse, dopotutto, era giunto il momento di sapere.
Sakurakoji sospirò. Un sospiro di rassegnazione. Maya lo percepiva. Sembrava essersi arreso dopo una lunga battaglia.
“Va bene, parliamo.”
“Grazie… che ne diresti di andare alla sala da tè qui di fronte?”
“Va bene, andiamo.” – rispose meccanicamente.
Maya si incamminò, facendo attenzione a non superare il lento andamento del ragazzo.
I suoi movimenti erano ancora stentati: non erano passate nemmeno due settimane dall’incidente ed i medici avevano parlato di una prognosi di tre mesi.
Con la coda dell’occhio osservava il viso scuro del suo partner. Chissà se sarebbero riusciti a risolvere quella faccenda?
Con cautela attraversarono la strada ed entrarono nella sala da tè di fronte al Kid’s Studio. Si accomodarono ad uno dei tanti tavolinetti vuoti riparati da alti separé.
A quell’ora il locale era pressoché vuoto. Non avrebbero subito interruzioni.
 
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view post Posted on 25/11/2011, 17:08
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Sicuramente, Tenshina, è un piacere leggerti ed è un piacere aspettare i tuoi capitoli. Postare più lentamente mi offre, oberata di lavoro come sono, la possibilità di gustare ogni parola.
Grazie a te di dar fiducia a questo spazio forumistico. Il tuo lavoro è ben protetto ed apprezzato!
 
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view post Posted on 25/11/2011, 17:12
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Grazie della fiducia Laura. Spero di riuscire a suscitare ed a mantenere vivo l'interesse.
 
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view post Posted on 1/12/2011, 16:17
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CAPITOLO 2
Masumi Hayami se ne stava seduto sorseggiando il suo caffè amaro. Lo sguardo attento era fisso fuori dalla finestra. Osservava con interesse l’ingresso del Kid’s Studio.
A metà pomeriggio era letteralmente fuggito da Villa Takamiya con il pretesto di un impegno di lavoro a cui i suoi collaboratori non erano in grado di far fronte. Guidando per le strade di Tokyo era giunto in quella sala da tè.
Il desiderio, il bisogno quasi fisico di vederla anche solo da lontano erano divenuti insopportabili. Nella sua mente tornavano insistenti le immagini dei dolci momenti che aveva passato con Maya sull’Astoria.
I teneri occhi dell’attrice, la modesta grazia dei suoi atteggiamenti, la dolcezza dei suoi sorrisi. Tutto egli ricordava.
I giorni che erano trascorsi dopo il rientro in porto erano stati segnati da una serie di decisioni che dalla crociera erano derivate.
Era stato cieco e sordo al richiamo del cuore della ragazza. Come aveva potuto confondere il dolore del suo sguardo con il disprezzo che tanto temeva?
Dopo aver compreso, tutto era sembrato talmente chiaro e limpido da non permettere più nessuna titubanza, nessun tentennamento, nessuna incertezza.
Aveva incontrato Shiori, le aveva parlato confidando nella sua maturità. In fondo quale donna avrebbe voluto sposare un uomo che non l’ama? Invece la sua fidanzata aveva reagito nel modo peggiore: aveva tentato il suicidio nel bagno dell’hotel, un luogo pubblico.
Questo non aveva fatto altro che farlo additare dalla sua famiglia come unico responsabile del suo insano gesto.
Avrebbe dovuto prevederlo. Si era comportata come negli episodi che avevano coinvolto Maya. Shiori aveva saputo del suo interesse per l’attrice tramite l’ombra del suo ammiratore e aveva subito tentato di allontanarla da lui con mezzi infantili, ma inizialmente efficaci. Solo la caparbietà ed i sentimenti di Maya gli avevano aperto gli occhi. La stessa infantilità l’aveva portata a non riflettere minimamente alle conseguenze del suo gesto, se non nella misura in cui lo stesso poteva tenerlo legato a sé.
In tutto ciò, suo padre si era dichiarato pienamente soddisfatto di come Masumi aveva gestito la faccenda: il nonno della sua ex-fidanzata si era dichiarato disponibile perfino a cedergli il comando del gruppo industriale pur di saperlo al fianco della nipote!
Come poteva tenere in così scarsa considerazione il bene della donna?! Nei suoi panni, Masumi avrebbe fatto di tutto per allontanarlo e convincere la giovane che non era l’uomo adatto a lei.
Gli eventi erano precipitati quando si era reso conto del collasso nervoso in cui versava Shiori. Se la vedeva ancora davanti agli occhi: stesa nel letto della sua camera avvolta nella penombra, intenta a distruggere tutte le rose scarlatte che era riuscita a recuperare. E aveva ancora nelle orecchie la risata soddisfatta del padre quando si era congratulato con lui per i risultati raggiunti nell’operazione. Come poteva pensare, quell’uomo, che avesse fatto tutto di proposito?
In quella lunga notte passata al computer aveva riflettuto. Si sentiva in colpa per come Shiori si era ridotta, ma allo stesso tempo, non poteva e non voleva tradire il proprio cuore e quello di Maya. Sicuramente non poteva ora che sapeva.
Si era quindi risolto a lasciare la sua casa! Era giunto il momento di staccarsi dalla famiglia Hayami. Per quello che aveva progettato era ancora troppo presto, ma non poteva fare altrimenti. Doveva muoversi in modo tale da non far sospettare nulla a suo padre.
Era andato dai Takamiya. Sotto gli occhi sconvolti della tata e del vecchio “imperatore” aveva scosso Shiori, le aveva tolto di mano tutte le rose, imprecando contro gli stolti che l’avevano accontentata.
“Possibile che non capiate che se è in questo stato è colpa vostra? Non l’avete forse sempre accontentata?! Non è in grado di sopportare un benché minimo dispiacere perché non ha mai dovuto affrontare la vita!” - si era rivolto in questo modo al vecchio capostipite, sottolineando che non avrebbe sposato sua nipote per avere il ruolo di capo del gruppo Takamiya, lui non era come suo padre! Non avrebbe messo in gioco la certa infelicità sua e di Shiori.
Da quel giorno era passata una settimana. La sera rientrava in albergo, la mattina discuteva con Mitsuki in merito ai suoi impegni lavorativi. Solo successivamente si recava a Villa Takamiya.
Lì, tra quelle fredde mura austere, si intratteneva con la sua ex-fidanzata come non aveva mai fatto fino a quando erano stati uniti. Occupavano il tempo parlando della realtà che li circondava: Masumi voleva farle capire che il mondo in cui vivevano entrambi era privilegiato. Proprio per questo non dovevano darlo per scontato, né approfittarsene ai danni del prossimo. La spronava a capire quali attività potevano entusiasmarla: aveva scoperto che era particolarmente portata nell’organizzazione degli eventi. Quindi cosa le impediva di dedicarvisi a tempo pieno? Avrebbe avuto modo di uscire dall’isolamento che si era auto-imposta. Avrebbe conosciuto persone nuove, fatto esperienza, avuto delusioni e gioie e avrebbe finalmente vissuto.
Shiori aveva ripreso appetito, il colorito era tornato quello normale e delle cicatrici ai polsi restavano solo dei lievi segni rosa.
Con tutti questi stimoli anche la sua indole sembrava divenuta più solare, nonostante egli continuasse a mettere bene in chiaro che non ci sarebbe stato nessun matrimonio.
Takamiya stava apprezzando il lavoro che svolgeva con sua nipote e non gli aveva più nominato le nozze: Masumi sperava nella sua ragionevolezza e nell’affetto che l’uomo nutriva per la giovane donna.
Sperava che presto avrebbe potuto lasciare quella casa con il benestare di tutta la famiglia Takamiya. A quel punto avrebbe dovuto fare i conti solo con suo padre, ma per allora la sua strategia sarebbe già stata definitiva.

Ed eccola! Finalmente l’aveva vista…
Tutto il resto era scomparso. Stava attraversando la strada con occhi preoccupati: cosa la rattristava? La tensione ed il desiderio gli attorcigliavano le viscere. Era vestita semplicemente, come al solito: un corto gonnellino ed una delle sue larghe felpe. Eppure la sua sola visione bastava a scaldargli il sangue facendoglielo correre vorticosamente nelle vene e ricordandogli il calore dei loro abbracci.
Si posizionò meglio sul divanetto, prendendo in mano la tazza del caffè ormai tiepido. Tremava d’aspettativa. Maya l’avrebbe visto dalla vetrina? Sarebbe entrata?
Perdendosi in quelle domande notò che la ragazza stava seguendo qualcuno. Tentò di mettere a fuoco: era Sakurakoji!
Affilò lo sguardo: gli occhi si trasformarono in sottili lame d’acciaio. Si chiese come mai Maya avesse quell’espressione tanto preoccupata in sua compagnia. Si disse che forse erano le conseguenze dell’incidente che la ragazza temeva.
Velocemente cambiò il posto su cui sedeva con il divanetto di fronte, in modo da nascondersi ai loro occhi nel caso lo avessero sorpassato, visto che lo schienale era abbastanza alto per mascherarlo.
Fortunosamente si sedettero nello spazio dietro al suo. Con noncuranza appoggiò il dorso e si accinse ad ascoltare.
Gli dispiaceva non rispettare la riservatezza dei due, ma gli occhi inquieti di Maya non lo abbandonavano. Voleva capire.
Li sentì ordinare due tè, verde per Sakurakoji, aromatizzato al bergamotto per Maya.
Si accinse ad ascoltare il loro silenzio. Sembravano persi nei loro pensieri. Come era possibile che nessuno dei due trovasse il coraggio di affrontare l’argomento che tanto li angustiava?
Sentì Maya prendere la parola.
“Come stai?” – chiese semplicemente, con voce quasi tremante.
Sembrava una domanda innocua, eppure Sakurakoji continuava a mantenere il silenzio.

Yuu Sakurakoji non si era ancora ripreso dallo shock che aveva subito guardando Maya abbracciata al signor Hayami. Non riusciva a capire cosa fosse successo per trasformare il peggior nemico della ragazza nella persona con cui sembrava più in confidenza.
Ammetteva che c’era sempre stato un rapporto particolare tra i due, ma era più vicino all’odio che a qualsiasi altro sentimento. Quando li aveva visti al porto, abbracciati in modo tanto intimo, era corso via e, mentre ripensava all’accaduto, aveva avuto l’incidente.
Al risveglio aveva scoperto di dover stare tre mesi fermo: rischiava di mandare a monte lo spettacolo più importante della sua carriera. Solo grazie all’appoggio di Kuronuma era riuscito a rivisitare Isshin. Dall’incidente, tuttavia, non era più riuscito a guardare Maya negli occhi. Il suo cuore soffriva e fuggiva il confronto.
Quel giorno aveva raggiunto il fondo.
Kuronuma li aveva invitati a recitare parte del finale della Dea Scarlatta “sfruttando i sentimenti che erano nei loro cuori”. Mai interpretazione era stata più sofferta.
Aveva avuto migliaia di spine che gli circondavano il petto. Si era sentito tradito e deluso. Ed era ancora più arrabbiato perché, nonostante tutto, sapeva che Maya non gli aveva mai promesso nulla. Forse il suo era solo un problema d’orgoglio. Si interrogava su questo, mentre andava con la ragazza alla sala da tè di fronte.
All’interno vi era un’atmosfera calda ed accogliente, musica leggera a volume moderato.
Si sedettero ad un tavolino vicino all’ingresso: in fondo il locale era semi-deserto e non temevano orecchi indiscreti.
Ordinarono, ma restarono in silenzio. Sinceramente non sapeva cosa dirle, ma si rendeva conto che dovevano chiarirsi.
La stava osservando mentre teneva gli occhi bassi. Sembrava leggermente smagrita. Perfidamente si chiese se non fosse a causa sua.

“Come stai?” – i suoi pensieri furono interrotti dalla sua lieve domanda.
Attese qualche secondo chiedendosi se risponderle oppure affrontare direttamente il problema che li aveva condotti fino a quel punto.
Si sentiva combattuto: alla fine la curiosità ed il dolore ebbero la meglio.
“Vi ho visti!” – si fermò, osservando il volto abbassato della ragazza che si alzava di scatto – “Al porto, vi ho visti!”
I grandi occhi castani si spalancarono ed un’espressione sofferente fece capolino nel fondo delle sue iridi.
“Allora è come temevo…” – sospirò solamente la giovane, ammettendo di fatto che non c’era nessun errore di valutazione e prendendo qualcosa dalla tasca.
“Perché? Cosa è successo su quella nave? Cosa ti ha detto quell’uomo?”
L’accenno al signor Hayami sembrava sputato fuori quasi con disprezzo, come fosse veleno. Sakurakoji si accorse che lo sguardo di Maya si fece, per un attimo, stranamente duro.
“Il signor Hayami ed io abbiamo parlato. Semplicemente. Non è successo altro.”
“Bugiarda! Lo stavi abbracciando!” – l’esplosione d’ira ed il tono accusatori l’impietrirono.
“E’ vero, ma non è successo altro.” – continuava a ribadire la ragazza.
“Sakurakoji, tu per me sei un caro amico.” – iniziò la giovane dopo un attimo di silenzio – “Il più caro. Per questo mi dispiace che tu l’abbia dovuto sapere in questo modo. Avrei preferito parlarne con te, ma poi hai avuto l’incidente e c’erano le prove…”
“Dirmi cosa Maya? Che preferisci un uomo maturo in procinto di sposarsi a me?”
“NO! Non è così!” – piccole lacrime iniziarono a fare capolino tra le ciglia della ragazza. Il tono sembrava pregarlo di ascoltarla.
“Non piangere e parla, una buona volta!” – forse aveva alzato troppo la voce, ma era difficile controllarsi.
La vide asciugarsi il viso con il dorso della piccola mano stretta in pugno, quella che aveva precedentemente tratto dalla tasca.
“Mi spiace, ma io non ti ho mai mentito! Ti ho sempre considerato solo un amico. Se ti ho lasciato intendere altro, me ne scuso. Mi avevi detto che mi avresti aspettato e io ti avrei fatto avere la mia risposta. Ci ho provato! Ho provato a dimenticare ma non ce l’ho fatta!”
“Quindi non è vero neanche che sei innamorata del tuo fantomatico ammiratore, no? Era una scusa anche quella?” – il tono ormai concitato.
Maya scosse il capo, tornato basso.
“No, certo che no!” – la vide alzare lo sguardo e fissarlo negli occhi – “Niente è mai stato una scusa. Io ti voglio bene, Sakurakoji. Ma non riesco ad andare oltre. Ti ho chiesto di aspettare la mia risposta perché sapevo che il mio era un amore irrealizzabile ed ho creduto di poter provare qualcosa di più per te. Ma non ci sono riuscita!”
“Vorresti farmi credere che preferisci quell’uomo a me?! Lui ti ha umiliata in pubblico! Ti ha sempre osteggiata! Ha fatto fallire la compagnia della tua maestra!”
La vide respirare profondamente. Sakurakoji capiva che forse aveva esagerato, ma negli ultimi giorni si era arrovellato la mente con tutte quelle domande… e ora aveva rotto gli argini.
“E’ vero!” – rispose – “E’ vero! Ma ogni volta che mi ha umiliata abbiamo avuto il giusto interesse di pubblico e critica ed è stato grazie al signor Hayami se sono tornata alla recitazione dopo la morte della mamma” – altro sospiro – “E comunque non stiamo parlando del signor Hayami. Stiamo parlando delle mie mancanze e dei tuoi sentimenti. Ti sto chiedendo scusa per non averti risposto prima e averti messo nella condizione di avercela con me.”
La vide appoggiare sul tavolo quello che aveva tenuto in mano fino ad allora.
“Ti sto dicendo che non posso considerarti in modo diverso dall’amico che sei stato finora. E questo non dipende né dal signor Hayami, né dall’ammiratore delle rose scarlatte!” – concluse.
Sakurakoji l’ascoltava mentre guardava il piccolo ciondolo brillare abbandonato sul tavolo. Sentiva il tono concitato della ragazza e vedeva i suoi occhi brillare di determinazione.
“Non posso fare altro. Non posso fare altro che questo e impegnarmi nella Dea Scarlatta. Solo questo! Pur non potendo ricambiare i tuoi sentimenti continuo a ritenerti il mio migliore amico. Non pretendo che tu capisca le mie ragioni. Ti prego solo di non giudicarmi.”
Sakurakoji la osservava e non capiva come aveva potuto non accorgersi che Maya fosse maturata tanto. Non era più solo l’adolescente che adorava i dolci, aveva in sé una consapevolezza che non aveva mai colto. O forse, più probabilmente, non aveva mai voluto vederla.
Ricordò le parole che il signor Hayami gli rivolse quando l’aveva interrogato sul suo pensiero relativo alle anime gemelle. “Ci si accorge di aver incontrato la propria anima gemella perché ci si rende conto di quanto si è stati soli fino a quel momento” – gli aveva risposto l’uomo. Ricordava di aver scorto nel suo sguardo la stessa consapevolezza che ora vedeva in quello di Maya. L’unica differenza era che all’epoca aveva notato anche un fondo di tristezza che non aveva compreso, in fondo l’uomo era fidanzato!
Si rese conto che Maya era maturata senza di lui. Sul palcoscenico e nella vita, la ragazza stava compiendo passi da gigante. La vedeva sostenere il suo sguardo in attesa del suo verdetto. Non abbassava i suoi fieri occhi. Avrebbe affrontato tutto!
Sakurakoji si arrese per l’ennesima volta quel giorno. Di fronte a quel coraggio, di fronte a quell’orgoglio e a quella muta preghiera si arrese.
Prese il piccolo ciondolo e sempre osservandolo le disse:
“Ci vorrà del tempo Maya, non ti prometto che potrò tornare ad avere con te lo stesso rapporto che avevamo prima, ma ti posso promettere che sarò all’altezza delle tue aspettative sul palco!”
Lente e calde lacrime tornarono a scorrere sulle sue guance.
“Grazie Sakurakoji!” – disse solo – “Grazie!”
Senza dire altro, il giovane si alzò e con lenta andatura uscì dal locale.

Edited by tenshina - 1/12/2011, 18:40
 
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view post Posted on 1/12/2011, 20:48
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Spero che Sakurakoji sia onesto...Nell'originale miuchiano lo è...(ti prego, mantieniti fedele, tesoro!).

Bando alle ciance.
Molto bella e garbata la descrizione di Masumi: la sua sottile malinconia, quel caffè amaro che la fa da protagonista in due scene ed emblematico del suo turbamento.
Questa ff promette molto bene.
Sai quanto adori il latente sensualismo e, qui, ce n'è in abbondanza e distribuito in modo incantevole.
Mi piace la descrizione del sangue che fluisce nelle vene, mi piace la tensione che, pur non descritta, riesci a far intravedere.
Grazie e...posta presto!
 
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view post Posted on 2/12/2011, 17:03
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Spero cara Laura di riuscire a buttar giù un capitolo a settimana (spero dico perché ho appena finito la brutta del terzo, quindi non è che sia molto avvantaggiata).
Sakurakoji sarà onesto e fedele all'originale, non riesco a vederlo infido.
Ti ringrazio per l'analisi sempre molto accurata e favorevole che fai dei miei capitoli. Mi commuovo ogni volta!
Spero di continuare senza deluderti!
 
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view post Posted on 2/12/2011, 20:43
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E' un piacere leggerti, davvero. Ormai, ti parrà strano, leggere un testo chiaro e ben fatto è cosa rara. Alla qualità, come penso tu abbia capito, tengo molto. E' come la bellezza fisica. Colpisce di primo acchito. Poi, viene l'innamoramento vero, quello legato alle emozioni che solo la riflessione sa ispirare.
In questo forum scrivono poche persone. Ma molto talentuose. Grazie a te, quindi, di onorarci con la tua presenza.
 
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view post Posted on 7/12/2011, 14:22
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Ed eccomi di ritorno... prima del ponte.
Ti ringrazio Laura per le parole di incoraggiamento che mi riservi.
Questo è il capitolo che è alla base della fanfiction. Ho 'visto' Maya e Masumi ad un tavolo di un bar e ho cercato di contestualizzarlo.
Il prossimo capitolo è ancora nella mia testa. Spero comunque di riuscire a postarlo entro venerdì prossimo, complici i due giorni di riposo di questa settimana.
Grazie ancora!

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CAPITOLO 3


Masumi aveva ascoltato tutto con il cuore in gola. Avrebbe voluto aiutare la sua ragazzina, ma non poteva! Quelle erano situazioni che doveva affrontare e risolvere da sola. Si era dovuto trattenere quando Sakurakoji l’aveva accusata di preferirgli un uomo maturo: per anni si era detto che non poteva sperare di veder ricambiato il proprio amore anche per quel motivo. Era stato sul punto di aggredirlo quando le aveva ricordato che stava per sposarsi: doveva essere stato come un pugnale affilato nel giovane cuore della ragazza.
Aveva resistito e aveva guadagnato un’immagine forte della sua ragazzina. L’aveva ascoltata accusarsi ed allo stesso tempo difendersi. L’aveva sentita rispondere con determinazione ed esporre le sue posizioni. Era veramente diventata una donna.
Il suo cuore era scoppiato d’orgoglio nei confronti della ‘sua’ Maya (poteva chiamarla così?! Vi erano ancora talmente tanti interrogativi da risolvere, tante cose non dette!).
Aveva sentito Sakurakoji capitolare ed andarsene. Se non fosse stato che era innamorato di Maya, l’avrebbe anche potuto apprezzare, ma troppe volte aveva dovuto sopportare i suoi atteggiamenti esageratamente amichevoli nei confronti dell’attrice.
L’aveva visto uscire lentamente in strada e si era aspettato di vedere Maya seguirlo verso gli studi. Invece la giovane era rimasta seduta alle sue spalle e ogni tanto si lasciava sfuggire qualche singhiozzo, ognuno dei quali lo colpiva nel profondo.
Decise di palesarsi. Voleva incontrarla: averla lì, a pochi centimetri, gli rendeva vana ogni resistenza.

Maya osservava Sakurakoji allontanarsi e nel frattempo ripensava alla conversazione che avevano avuto. Alla fine era stata veramente colpa sua se aveva avuto quell’incidente. Egli non l’aveva incolpata, ma la sorpresa nel vederla abbracciata al signor Hayami doveva essere stata tale da distrarlo dalla guida.
Piangeva Maya. Di sollievo, perché finalmente non c’erano più segreti con il ragazzo e poteva ricominciare a guardarlo dritto negli occhi senza timore. Di tristezza, perché non sapeva se sarebbe stata in grado di ricostruire il rapporto di amicizia con lui. Di malinconia, perché ripensava, sempre, ai momenti che aveva vissuto con il signor Hayami e ne sentiva la mancanza.
Ogni tanto si lasciava sfuggire un piccolo singhiozzo. Era più forte di lei: in fondo lì era sola e poteva sfogarsi senza che qualcuno gliene chiedesse la ragione.
Guardava fuori dalla finestra ed osservava il traffico frenetico sotto il grigio cielo che prometteva pioggia da un momento all’altro.
Un sospiro.
“Signor Hayami, cosa starà facendo in questo momento? Dove sarà?” – chiese a voce sommessa.
“Sono qui, con te.” – si sentì rispondere da una calda voce che era troppo simile a quella che ricordava nei suoi sogni. Lentamente Maya voltò il capo verso l’origine di quel dolce suono e lo vide seduto di fronte a sé: la camicia scura, l’abito chiaro, la cravatta cobalto, gli occhi dello stesso colore. I biondi capelli gli incorniciavano il bel volto e le labbra ben disegnate erano piegate nel caldo sorriso che rare volte gli aveva visto sfoggiare.
“Devo essere proprio stanca se adesso ho anche le allucinazioni!” – continuò la ragazza, come se stesse parlando al nulla.
“Che tu sia stanca lo posso ben immaginare, ma non sono un’allucinazione!”
“E mi risponde pure…” – Maya avrebbe preferito continuare ad osservare con pazienza quell’immagine tanto attraente, ma si costrinse a voltare lo sguardo verso l’esterno. Avrebbe sofferto meno quando l’illusione sarebbe sparita.
Con la coda dell’occhio lo vide allungare una grande mano a prenderle la sua, poggiata sul tavolo. Sentì il suo calore, quello che aveva cercato nei suoi ricordi.
“Non sono un’illusione, Maya. Sono io, veramente!” – lo sentì insistere.
Maya alzò finalmente il capo dal palmo della mano su cui l’aveva tenuto appoggiato fino ad allora. Guardò meglio nella direzione del signor Hayami ed osservò il suo sguardo. Effettivamente un’allucinazione non poteva rendere in modo tanto perfetto le migliaia di sfumature d’azzurro che costituivano i suoi occhi, né poteva riprodurre quel tono di voce. Con circospezione iniziò a credergli.
“Signor Hayami?” – chiese titubante.
“Sì…” – rispose l’uomo.
Le labbra della ragazza si schiusero in un dolce sorriso abbagliante.
“Signor Hayami!” – esclamò, finalmente convinta.
“Sì!” – confermò di nuovo lui.
“Volevo tanto vederla! Pensavo di dover attendere ancora ed invece… è qui, di fronte a me. Sono felice…”
Masumi non credeva alle sue orecchie. Pur ricordando la notte e la mattina sull’Astoria, ancora non si abituava ad ascoltare parole d’amore dalla bocca della sua ragazzina. Si dichiarava felice di vederlo. Allora le era mancato.
“Ti sono mancato?” – il sorriso sembrava illuminargli tutto il volto.
“Signor Hayami… non ho fatto altro che pensare… sperare che fosse tutto vero, che non fosse solo un sogno. Non è stato un sogno, vero?”
“No, Maya, non è stato un sogno. Ci siamo veramente incontrati. Abbiamo dato uno sguardo veloce ai nostri cuori e ci siamo trovati.” – con le dita continuava ad accarezzarle dolcemente il polso. Sentiva i brividi che la percorrevano, mentre Maya sembrava non avvedersene. Aveva visto le sue guance imporporarsi quando si era resa conto che in quel momento, di fronte a lei, c’era il vero Masumi Hayami, non un parto della sua fantasia.
“Come stai? Ero qui dietro, ho ascoltato la tua conversazione con Sakurakoji. Non preoccuparti. Vedrai che capirà!” – cercò di consolarla.
“Sì, lo spero anch’io. Tuttavia sono felice perché ho messo in chiaro la questione una volta per tutte. Almeno ora non ho più colpe di cui rendere conto. Kuronuma aveva ragione. Dovevamo chiarirci!”
“Kuronuma?” – chiese Masumi interessato. Si domandava che ruolo avesse avuto il regista in quella faccenda.
“Sì, questo pomeriggio il regista mi ha suggerito di chiarirmi con Sakurakoji. Secondo lui, Sakurakoji aveva capito che ero… ero…” – Maya distolse lo sguardo imbarazzata. Riusciva a parlare in modo tanto tranquillo con il signor Hayami da non rendersi conto di star quasi per dichiarargli ancora i suoi sentimenti. Si era bloccata in tempo per evitare il rischio di metterlo in imbarazzo, ma l’uomo non sembrava aver colto il messaggio visto che insistette:
“… eri?”
“… ero coinvolta con un’altra persona!” – concluse Maya tutto d’un fiato.
“Ah!” – e sorrise con soddisfazione. Il suo virile istinto possessivo era stato sollecitato dall’implicita affermazione di Maya di essere coinvolta con lui. Tuttavia si chiese fino a che punto Kuronuma sapesse o pensasse di sapere. Si ripromise di incontrarlo: doveva scoprirlo.
“E a te, come stanno andando le prove invece?” – chiese l’uomo, cambiando repentinamente argomento.
“Direi abbastanza bene!” – stentava a seguire il filo del discorso del signor Hayami – “Il signor Kuronuma mi sembra abbastanza soddisfatto soprattutto dopo…” – ed ecco ancora un’interruzione. Le guance le si imporporarono. L’uomo continuava ad osservare incantato le sue reazioni. Com’era spontanea la sua ragazzina. Nella sua innocenza e sincerità non era in grado di tenergli nascosto nulla. Ancora si chiedeva come aveva fatto a non capir prima i suoi sentimenti. Con il senno di poi si rese conto che avrebbe potuto comprendere mesi addietro quei tenui segnali che inconsapevolmente gli lanciava.
“Dopo?” – lo doveva ammettere: Masumi adorava ancora stuzzicarla. Vederla in imbarazzo, con le gote arrossate, gli faceva venire in mente pensieri che ancora non era il momento di condividere con lei.
“Dopo la crociera!” – concluse Maya sorseggiando il suo tè nascosta dietro la tazza ad osservare le reazioni dell’uomo.
Il signor Hayami appariva rilassato e non aveva lo sguardo severo o sarcastico che gli era proprio. Quel giorno, come nella loro gita sull’Astoria, sembrava guardarla con dolcezza e tenerezza. Si chiedeva se si sarebbe mai abituata a quelle nuove sensazioni e a quella nuova realtà. Alla sua ammissione, vide le sue labbra piegarsi in un sorriso più ampio ed i suoi occhi, quei favolosi occhi che racchiudevano tutta la volta stellata, si unirono alle labbra.
“E lei… e lei come sta signor Hayami?”
Lo vide appoggiare il mento sul palmo della mano e guardarla con interesse.
“Sto bene, Maya. Finalmente sto bene!” – si interruppe per qualche secondo, osservandola, poi continuò – “Sei impegnata questo pomeriggio?”
Sempre tenendo gli occhi fissi sul suo volto, Maya scosse il capo: “No! Non ho impegni. Il signor Kuronuma ci ha dato il pomeriggio libero.”
“Che ne diresti di passare del tempo con questo affarista senza scrupoli?”
E come poteva dirgli di no, quando le rivolgeva quello sguardo tanto ammiccante?!
Annuì leggermente e continuando lo scherzo asserì:
“Giovane presidente Hayami, devo prendere le mie cose allo studio.”
“Non c’è problema. Tu avviati pure, ti aspetto fuori.”
La vide alzarsi svelta e precipitarsi in strada. Si alzò dal tavolino lasciando una generosa mancia al locale solo quando la vide entrare nella sala prove.
Fuori la temperatura si era leggermente abbassata. Decisamente l’inverno si stava avvicinando. Indossò l’impermeabile che aveva appeso al braccio e ne alzò il bavero. Era indeciso se accompagnarla in auto o fare una passeggiata a piedi, ma quando la vide uscire, dopo pochi minuti, senza un soprabito, con un sorriso a mezza bocca salì in auto, mise in moto e le si accostò.
“Ragazzina!” – l’apostrofò scherzosamente, mentre le apriva lo sportello dell’auto – “Non dovrebbe andare in giro vestita in modo tanto leggero. E’ novembre dopotutto, no?”
“Giovane presidente Hayami” – iniziò Maya proseguendo nel tono canzonatorio – “non si preoccupi! Sono in grado di badare a me stessa. E mi pareva che avessimo appurato che non fossi più una ragazzina!”
Maya si era accomodata sul morbido sedile dell’auto ed erano partiti, apparentemente senza meta.
“Ah già! L’avevamo appurato, vero?” – e con noncuranza, come a sottolineare le sue parole, le riprese la mano e gliela strinse.
Quella mano tanto calda, morbida, ma allo stesso tempo forte e tenace, le trasmise dei brividi lungo il braccio fino al collo accendendole di nuovo, come sempre, le guance. Si sarebbe mai abituata all’effetto che quell’uomo aveva su di lei? Come aveva fatto a confonderlo con l’indignazione?
A guardarlo, mentre guidava con indifferenza per le strade affollate di Tokyo, non sembrava preso da forti passioni. Solo gli occhi non avevano smesso di brillare da quando l’avevano incontrata. Con questi pensieri l’attrice si rilassò, appoggiandosi allo schienale del sedile ed abbandonando la sua mano in quella dell’uomo.
Masumi, che aveva atteso di vedere la sua reazione, pensò soddisfatto che Maya si stava abituando velocemente alla sua presenza.
Mentre guidava, la osservava di tanto in tanto volgendo lo sguardo dalla sua parte. Ancora gli sembrava impossibile averla tanto vicina, di fianco a sé. L’abitacolo dell’auto era saturo del suo dolce profumo, ma quello che più l’inquietava era che, probabilmente, se qualcun altro fosse salito non l’avrebbe neanche colto. Non l’aveva ancora abbracciata, eppure si sentiva addosso il suo calore e la sua essenza. Fece appello a tutto il suo autocontrollo, ma non resistette alla tentazione di intrecciare le dita con quelle di lei, in una stretta unione di mani.
Al semaforo rosso successivo, guardandola negli occhi e con calma lentezza, si portò la mano alle labbra depositando un leggero bacio su quella bianca pelle delicata. Ne assaporò brevemente il calore, per poi riabbassarla.
I loro occhi non si erano abbandonati un solo istante. Maya aveva avvertito il cambiamento nella stretta ed aveva atteso impaziente quel bacio tanto delicato quanto affamato: aveva visto il fuoco ardere negli occhi del signor Hayami e avrebbe voluto tuffarcisi.
Quando ripresero la marcia, la giovane tentò di allentare la tensione: “Dove stiamo andando?”
“Lo vedrai…” – era sempre stata tanto roca la sua voce? Ed erano sempre stati tanto luminosi i suoi occhi? Concluse che finché il suo cuore fosse stato in grado di battere, quell’uomo l’avrebbe sempre sconvolta nel profondo.
Dopo qualche minuto in cui teneva silenziosamente lo sguardo volto all’esterno con la mano pigramente unita a quella del signor Hayami, Maya si riscosse e, guardandolo con occhi gioiosi, esplose:
“Io so dove stiamo andando!”
“Ah sì? E come fai a saperlo?”
“Perché ci sono stata tante volte da quando me l’ha fatto scoprire!”
Ancora una volta si guardarono e Masumi ebbe la certezza che veramente Maya aveva intuito dove stessero andando.
 
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view post Posted on 8/12/2011, 20:41
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Mi piace molto la "triade" di pensieri di Maya! E'assolutamente plausibile! Adoro la descrizione particolareggiata degli stati d'animo, come anche delle scene che fanno loro da contorno!
Per non parlare della bellezza delle mani che si intrecciano! Wow! moolto sensuale! E la voce di lui??? me la sono immaginata!!! :neuro: Spero proprio che tu possa postare presto il seguito.
 
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view post Posted on 21/12/2011, 18:43
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Innanzitutto permettetemi di scusarmi per il ritardo... purtroppo avevo scritto tre capitoli e quindi ho logorato ben presto il vantaggio che mi ero tenuta.
Spero di riuscire a postare in futuro nel modo più costante possibile.
Laura ti ringrazio come sempre del commento che mi lasci dopo ogni capitolo... spero di riuscire a sviluppare dei contenuti interessanti anche in futuro.

E ora... il Planetario.

PS: Non posterò piu' fino ad anno nuovo, ma penso che i contenuti del capitolo siano abbastanza romantici... quindi Buon Natale e Felice Anno Nuovo!!!

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CAPITOLO 4

Arrivarono al Planetario dopo qualche minuto. A malincuore Masumi dovette lasciare la mano di Maya. Spense l’auto, uscì e le aprì lo sportello. Le tese la mano con galanteria e la ragazza gli sorrise di rimando. Vide che la giovane gradiva quelle piccole attenzioni. Anche quelli erano piccoli segnali del fatto che non la considerasse più come una ragazzina: ora non doveva più nascondersi dietro quel falso pretesto perché non doveva più proteggere se stesso dai suoi sentimenti: Maya lo ricambiava.
Entrarono insieme nell’atrio della struttura e si avvicinarono alla postazione del custode per acquistare i biglietti. Lasciando stupefatto Masumi, il vecchio si rivolse con cordialità a Maya e, solo successivamente, lo salutò con un vivace “Ah! Sei qui anche tu Masumi?!”
Si rese conto che effettivamente Maya doveva esser divenuta una cliente abituale del Planetario. La guardò in modo interrogativo: si chiese da cosa dipendesse la sua passione per le stelle. Per lui aveva rappresentato la fuga da una realtà troppo dura da accettare, ma per Maya?
Non dovendo attendere l’inizio dello spettacolo successivo vista la familiarità che entrambi avevano con il vecchio, le poggiò una mano sulla spalla accompagnandola nella buia sala. Appena entrati, come la prima volta, si fermarono in un angolo lontano dal resto del pubblico, occhi puntati al cielo.
Masumi ricordava che anni prima Maya era rimasta talmente impressionata da vacillare di fronte allo spettacolo dell’infinito universo. Ora lo osservava rapita: Masumi poteva scorgerne la sagoma davanti a lui, talmente vicina che avrebbe potuto abbracciarla. Ne vedeva il viso alzato e gli occhi spalancati. Si domandò se avrebbe potuto osare…
Non aveva ancora finito di formulare il pensiero che, come in un sogno, la vide muoversi all’indietro e appoggiare dolcemente la schiena al suo petto. Piano la sentì sussurrare:
“Ogni volta che venivo qui, immaginavo di essere insieme a lei…”
“Maya…” – solo questo fu in grado di risponderle l’uomo, mentre le cingeva la vita con le braccia ed affondava il volto nei suoi capelli avvicinando pericolosamente le labbra alla vena pulsante del suo collo appena sotto l’orecchio. Poteva sentire i brividi che la scuotevano dolcemente ed il respiro che per un attimo era mancato. La capiva: anch’egli dovette trovare appoggio nel muro retrostante. Tutto il loro mondo era racchiuso in quell’abbraccio in cui solo il loro respiro frammentato ed il battito sconnesso dei loro cuori avevano importanza.
Dopo lunghi ma brevi momenti in cui l’uomo assaporò il suo dolce profumo e la giovane donna, unite le mani a quelle di lui, sentì l’effetto del suo respiro tra i capelli, delle sue labbra così vicine al proprio collo e del calore del suo abbraccio, Masumi le chiese:
“Perché vieni qui?”
Come era calda e roca la sua voce! Giunse inattesa e desiderata. In un sussurro, Maya rispose:
“Perché ci sono venuta con lei la prima volta, signor Hayami… e perché ho iniziato a pensare a lei in modo inaspettato sotto una volta celeste…” – Maya ricordava ancora quando si era rifugiata nei boschi per diventare Jane, ricordava lo sconcerto quando il suo pensiero era corso inconsapevolmente al signor Hayami. Allora non aveva capito. Per troppo tempo… non aveva capito!
“Quando è successo Maya?” – chiese il giovane.
“Mi sembra che sia passato tanto tempo… invece… stavo provando Jane nei boschi.”
“Oh Maya… Maya…” – sospirò, lasciando un tenero bacio sulla curva del suo collo.
Restarono in quel modo per tutta la durata dello spettacolo. In quel caldo abbraccio, entrambi pensarono al desiderio di incontrarsi che avevano provato nelle ultime settimane. Sembrava talmente incredibile che si ritrovassero insieme al Planetario dopo che entrambi avevano sofferto tanto per quell’amore apparentemente irrealizzabile.
La volta stellata cantava insieme ai loro cuori: i colori irreali, le stelle pulsanti, il rincorrersi delle costellazioni.
Le luci si accesero scoprendoli ancora vicini. Loro malgrado si sciolsero dall’abbraccio aspettando che tutti gli spettatori uscissero. Quando la sala si svuotò, scelsero un paio di sedute d’angolo e si accomodarono con gli occhi che brillavano. Il braccio dell’uomo, adagiato sullo schienale della poltrona, presto si appoggiò sull’esile spalla della ragazza traendola a sé. La sua arrendevolezza continuava ad incantarlo. Naturalmente Maya si rilassò al proprio fianco, appoggiando delicatamente il capo nell’incavo del suo braccio. La mano di lui prese ad accarezzarla, mentre l’altra corse al suo volto. Con dita delicate tracciò disegni invisibili sulle guance e sul mento. A volte si arrischiava a sfiorarle le labbra. Maya osservava il suo sguardo fisso sulla sua bocca. Vedeva i suoi occhi che si erano fatti più cupi: l’avrebbe baciata? Non osava chiedere, sicché si godeva le sue carezze che le donavano sensazioni che non aveva mai provato. Mentre erano intenti in quella dolce esplorazione di sguardi, si sentiva il volto in fiamme.
Dopo pochi minuti le luci soffuse si spensero per lasciare spazio nuovamente allo spettacolo della Via Lattea. Nel buio la ragazza distingueva solo la sagoma confusa del signor Hayami. A volte ne scorgeva il profilo, più spesso capiva che la stava guardando. In quei momenti le sovvenne un ricordo che aveva sepolto nella sua memoria. Per qualche attimo si chiese se fosse o meno il caso di chiedergli la ragione di quelle sue parole. Era titubante perché non voleva rattristarlo, ma ciononostante voleva sapere. Alzò una piccola mano fino ad appoggiarla sulla serica stoffa della sua camicia, all’altezza del suo petto. Immediatamente colse la tensione dei suoi muscoli. Era stato per il suo tocco? Non fece in tempo a darsi una risposta che il signor Hayami le chiese con sollecitudine:
“Cosa c’è?”
In un sussurro, quasi timorosa della sua risposta, Maya chiese:
“Quando l’incontrai dopo il suo fidanzamento con la signorina Shiori, lei mi disse che la volta con me sarebbe stata l’ultima in cui avrebbe visitato il Planetario. Perché?”
Attese qualche minuto. Sembrava che l’uomo stesse cercando le giuste parole.
“Perché? …” – sospirò – “Perché con quel fidanzamento dicevo addio a te ed alla speranza di essere amato per quello che ero. Neanche le stelle avrebbero potuto aiutarmi come avevano fatto nella mia infanzia. Quel pomeriggio con te sarebbe stato l’ultimo che avrei concesso al vero me stesso…”
Masumi lasciò in sospeso la frase osservando gli occhi della ragazza farsi più grandi e teneri nella penombra. Come avrebbe voluto baciarla lì, in quel momento, subito! Ma non era tempo. Non poteva ancora rischiare!
Vide una lacrima scintillare sulla sua guancia. La seguì un flebile sussurro:
“Signor Hayami…”
Il suo raziocinio si stava sgretolando. Lentamente l’uomo avvicinò il volto a quello della ragazza e con un lieve bacio asciugò quella lacrima solitaria e salata.
“Non temere, Maya. Ora siamo qui! Tutto si risolverà, vedrai. Ti fidi di me?”
“Si.” – un singhiozzo, più che una parola. Maya gli si avvicinò e Masumi la strinse a sé.
Il volto di Maya si nascose nel petto dell’altro, quello di Masumi si posò sul suo capo, mentre di tanto in tanto vi depositava dei baci leggeri.
Quando alla fine lo spettacolo giunse al termine, dovettero risolversi ad alzarsi e ad abbandonare quel rifugio sicuro.
Tenendosi per mano salutarono il vecchio custode e si avviarono mesti all’uscita. Entrambi erano consapevoli che il tempo a loro disposizione stava scadendo. Maya sarebbe tornata a casa e vi avrebbe trovato Rei. Masumi doveva tornare al suo ruolo ed alla sua fredda e solitaria camera d’albergo.
Erano in ansia: non sapevano quando si sarebbero rivisti e già sentivano la reciproca mancanza. All’uscita trovarono la pioggia ad attenderli: i nuvoloni che avevano caratterizzato quel tardo pomeriggio avevano evidentemente mantenuto la promessa.
Senza una parola Masumi si tolse l’impermeabile e riparò entrambi fino all’auto che raggiunsero silenziosamente. L’uomo comprendeva la tristezza della giovane perché era anche la propria. Fino a quando non si sarebbero rivisti quegli attimi l’avrebbero aiutato a sopravvivere alla sua grigia quotidianità.
Saliti in macchina, si avviarono verso la dimora della ragazza. Il silenzio nell’abitacolo era palpabile. Come potevano essere passati dalla gioia vissuta al Planetario a quella sorta di tensione mista a tristezza era semplice da spiegare: era la paura della separazione, quell’infido timore che coglieva i cuori innamorati. Entrambi volevano rassicurazioni, ma nessuno dei due voleva mutare il ricordo degli attimi appena vissuti.
Con le mani sempre unite, arrivarono di fronte allo stabile dove la giovane attrice condivideva il modesto appartamento con la sua amica. Che strazio sciogliere le dita da quelle dell’uomo! Che pena aprire lo sportello e scendere nella pioggia! Che dolore dover rientrare in casa…
Maya salì le scale e si avvicinò alla porta. Ormai pioveva a dirotto, tanto che il signor Hayami aveva insistito per farle indossare il suo impermeabile. Sentiva il suo calore ed il suo profumo misto all’odore delle sigarette che spesso gli aveva visto in bocca. Si strinse in quell’indumento mentre cercava invano le chiavi nella sua borsa. Come mai non le trovava? Perché non le vedeva? Solo allora si rese conto che stava piangendo e che le lacrime stavano offuscandole la vista. Con una mano cercò di asciugarsi il volto, continuando a restare davanti a quella porta chiusa.
Dall’auto Masumi l’aveva vista scendere con il cuore in pena. Se l’era sentita strappare via. L’aveva osservata salire le scale e fermarsi di fronte al portone. Perché non entrava e si attardava sotto la pioggia? Solo quando l’aveva vista portarsi una mano al volto aveva compreso: stava piangendo, stava soffrendo per la loro separazione.
Masumi corse. Corse fuori dall’auto; corse attraversando la strada; corse salendo le scale.
Arrivò dietro la ragazza trafelato ed ora che l’aveva tanto vicina poteva vedere le sue piccole spalle scosse dai singhiozzi. Appoggiò un gomito allo stipite della porta, sopra la testa della giovane. Con l’altra mano le sfiorò la spalla.
“Maya…” – chiamò solo.
La vide fermarsi e girarsi nel suo mezzo abbraccio. I suoi grandi occhi marroni erano ora fissi in quelli zaffiro di lui.
“Signor Hayami… mi dispiace… io…”
“Sshh… non serve che ti scusi… lo so! Io provo lo stesso!” – il volto dell’uomo sembrò abbassarsi, ancora occhi negli occhi.
La mano che era posta sulla sua spalla si spostò sulla sua guancia, tenendole fermo il volto. Il pollice sfiorò leggermente il labbro inferiore. Tante gocce di pioggia bagnarono il volto ed i capelli della ragazza, ma ella non se ne curò. Solo quella mano importava. Solo quel viso. Solo quegli occhi.
Infine le labbra si unirono in un bacio tenero e soffice. Tanti piccoli baci si depositarono su quelle labbra, ai loro angoli. Maya tremava. Aveva bisogno di appoggiarsi. Mise entrambe le mani sul suo petto, mentre il braccio di lui le cinse la vita e la strinse forte.
La chiamava per nome tra un bacio e l’altro, con lo stesso bisogno di un assetato che cerca una sorgente d’acqua. Maya socchiuse le labbra incantata e Masumi provò ad insinuare la punta della sua lingua. Fu come se qualcuno l’avesse accesa. Le labbra della giovane l’accolsero, le sue braccia si alzarono, le mani gli cinsero il collo, le dita passarono tra i suoi biondi capelli.
Entrambe le braccia di lui la strinsero alla vita. Frenetiche carezze la soggiogarono. Quelle mani scorrevano lungo la sua schiena e la stringevano, appagandola.
“Signor Hayami…” – sospirò Maya in un attimo di distacco.
Rallentando il ritmo dei loro baci, l’uomo l’apostrofò:
“Il mio nome, Maya. Dillo!” – come era supplichevole la sua voce. Sembrava pregarla.
“Ma… Masumi.” – provò Maya all’inizio e poi, più convinta – “Masumi!”
Sembrava assaporare il suono che il nome del suo amato aveva alle sue orecchie.
“Masumi” – ripeté ancora con un’inflessione sensuale che infiammò definitivamente l’uomo. Masumi si rendeva conto che probabilmente Maya era stata inconsapevole, ma sentirla pronunciare il suo nome con un tale desiderio nella voce l’aveva travolto. Letteralmente la divorò di baci ed ogni risposta appassionata della donna era combustibile per la sua fiamma.
Masumi non sentiva la camicia bagnata a contatto con la pelle, non sentiva le gocce di pioggia che stillavano dai suoi capelli, non sentiva il freddo che gli si insinuava nelle ossa: solo le labbra della giovane contavano, i suoi sospiri, il suo nome sulla sua bocca, le sue piccole mani che gli carezzavano le spalle, il suo corpo che si stringeva forte a lui.
Quanto tempo era passato? Minuti? Ore? Non lo sapeva. Sapeva solo che non avrebbe mai, mai voluto smettere. Invece, piano, dovette allentare la sua presa su di lei tenendola sempre vicina al suo cuore. Maya immaginava che da lì a poco avrebbero dovuto salutarsi. Si accoccolò nel suo petto.
“Sei tutto bagnato! Perdonami Masumi!” – quanto le piaceva chiamarlo per nome e rivolgerglisi in modo tanto familiare.
“Ah! Ah!” – la sua risata beffarda – “Ragazzina… mi sento andare a fuoco. Non sento la pioggia!”
La vide arrossire d’imbarazzo e le poggiò un fuggevole bacio sulla punta del naso.
Con occhi dolci, le disse che per il momento dovevano separarsi:
“Ho rotto il fidanzamento con Shiori” – le rivelò – “ma non è ancora ufficiale. Devo sistemare le cose con mio padre. Quindi ora ci separiamo, ma non lo saremo ancora per molto. Fidati di me, amor mio!”
“Dillo ancora…”
“Amor mio…”
“Ancora…” – sospirò.
“Amor mio… com’è semplice, ora che so!” – un ultimo bacio – “Rientra ora e non temere. Ci vedremo presto. Non posso stare senza di te a lungo. Non potevo prima e trovavo ogni pretesto per venire a prendere i tuoi insulti… pensa adesso cosa potrei fare per venirmi a prendere i tuoi baci!”
Come aveva immaginato la vide arrossire ancora di più. Quanto amava la sua ragazzina.
Con l’eco della sua risata nelle orecchie, Maya rientrò nella casa buia.
Si diresse nella camera da letto stretta all’impermeabile di Masumi.
Masumi. Masumi.
Lo ripeté come un mantra. Di fronte allo specchio, con le dita alle labbra gonfie dei suoi baci pensò che non aveva sognato. Era tutto vero.
Tolse l’impermeabile per farlo asciugare vicino alla piccola stufa.
Fece una breve cena, un bagno veloce e si rifugiò in camera: Rei l’aveva chiamata avvisandola che avrebbe fatto tardi.
Nella stanza trovò ancora quell’indumento ormai asciutto. Non resistette alla tentazione di indossarlo per sentire ancora il suo profumo.
Si addormentò avvolta in quella stoffa, immaginando che fossero le braccia di Masumi a stringerla come aveva fatto poche ore prima.

Edited by tenshina - 23/12/2011, 10:02
 
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view post Posted on 23/12/2011, 22:14
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Wowwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwww!
Tenshina, che splendore!!! Questo capitolo è veramente da brivido! E' così che deve essere, sì! Fantastico! Non ci possono essere scene di cruda sensualità, tra i due bradipi, ma una grande passione che si esprime in gesti che, comunque, hanno il potere di accendere!
Brava, mi piace immensamente! Ci rileggiamo l'anno prossimo, allora!
Un abbraccio e Buon Natale!!!
 
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view post Posted on 17/1/2012, 13:22
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Grazie Laura per i tuoi commenti!!!
Mi scuso per il ritardo cronico...
Ho scritto il nuovo capitolo che inizia a presentare la situazione di personaggi che ancora non avevamo visto.
Spero di far rincontrare presto Maya e Masumi.

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CAPITOLO 5
Il tragitto che lo ricondusse in albergo gli sembrò infinito. La sua mente era fissa ai momenti che aveva vissuto in quel pomeriggio. Quando aveva lasciato Villa Takamiya aveva sperato di scorgere Maya, ma mai avrebbe creduto di poterla avere tanto vicino. Come quando avevano passato la notte al tempio tanto tempo prima, la sentiva ancora addosso, ne aspirava la fresca essenza e ne assaporava il calore. Riusciva ancora ad immaginarsela tra le braccia nel bacio infuocato, il primo, che si erano scambiati: rendersi conto che anche Maya, nella sua inesperienza, aveva mostrato desiderio nei suoi confronti gli accendeva il cuore.
Fino alla crociera aveva dovuto soffocare e trattenere i suoi sentimenti perché pensava che la ragazza lo disprezzasse. Quando aveva scoperto che Maya lo ricambiava aveva sentito sprigionarsi la passione dal fondo del cuore dove l’aveva relegata fino ad allora, ma ancora non poteva permettersi di esprimerla: Maya era ancora così giovane ed inesperta che non poteva certo manifestarle tutti gli aspetti dirompenti dei suoi sentimenti per lei. Doveva procedere per gradi. Questo per lo meno era il suo intento. Quando invece quella sera l’aveva sentita abbandonarsi ai suoi abbracci ed ai suoi baci provocandole risposte appassionate, aveva capito che anche la donna provava con la medesima intensità quei sentimenti dolci e roventi.
Giunse in albergo e salì in camera dopo essere passato in portineria a controllare che non ci fossero messaggi.
S’infilò sotto la doccia calda e ripercorse con le mani i tratti di pelle che la sua ragazzina aveva sfiorato sopra gli abiti con tanta tenerezza ed arrendevole passione: il petto, il collo, le spalle, i capelli, il volto. Sentì prorompere ancora una volta il desiderio di stringerla a sé ed averla vicino. Restò qualche altro minuto ad ascoltare lo scrosciare dell’acqua per poi infilarsi un accappatoio in morbida spugna blu e dirigersi verso la camera da letto.
Si volse indeciso verso l’ampia vetrata che dava sulle luci della città ai suoi piedi: doveva calmarsi. Difficilmente avrebbe avuto sonni tranquilli quella notte: si immaginava rigirarsi nel letto con un unico pensiero ad inondargli la mente. Osservò la città, quelle frenetiche luci abbaglianti che nulla sapevano del suo cuore, nulla potevano per chetarlo e che, nonostante questo, oscuravano le stelle che, invece, per tanti anni erano state il suo unico conforto e che quel giorno erano divenute lo scenario di un ricordo che sarebbe rimasto indelebile nel suo cuore.
Si volse verso il frigobar e si versò un whisky con ghiaccio. Si adagiò sul letto, la schiena contro la testata e si accinse a sorseggiarlo.
Cercò di far vagare la mente su altri pensieri che non fossero ‘Maya’. Gli venne in mente Kuronuma: si ripromise d’incontrarlo. Doveva scoprire cosa sapeva o cosa pensasse di sapere. Magari avrebbe avuto modo di incontrare Maya…
Ecco! L’ho rifatto… Ragazzina… mi avevi rubato il cuore, ma ora sono tuoi anche tutti i miei pensieri.
Cercò di far correre i suoi pensieri a suo padre: l’uomo era ancora convinto che avrebbe sposato Shiori. Doveva decidere quanto far durare quella farsa. Era indispensabile, per il suo progetto, che il vecchio non sospettasse nulla almeno fino alla definizione dell’erede artistica di Chigusa Tsukikage. Si ripromise di parlarne con Hijiri: era l’uomo adatto a sorvegliare gli affari di suo ‘padre’ senza destare sospetti.
Infine, inghiottendo l’ultimo sorso del liquore ambrato, fece correre il suo pensiero a Shiori: quel giorno l’aveva vista particolarmente bene. Sperava che forse non sarebbe dovuto passare molto tempo prima di riuscire a lasciarla decidere da sola del proprio destino. Appoggiò il bicchiere vuoto sul comodino, si tolse l’accappatoio indossando un paio di boxer neri. Si stese, sapendo che i suoi sogni avrebbero avuto un’unica protagonista. Sperò solo di ricordarli l’indomani.

Rei tornò a casa che era ormai passata la mezzanotte. Il suo capo aveva insistito per offrire la cena a tutti i dipendenti del locale. Era stata una giornata piena di eventi ed ora era stanca morta. Aveva dovuto faticare parecchio per strascicare i piedi su per le scale. Aprì il portone d’ingresso e trovò la casa immersa nelle tenebre. Considerando l’ora tarda se l’aspettava: Maya si stava impegnando al massimo nelle prove e tornava a casa sempre stremata. Lo spettacolo dimostrativo si sarebbe svolto da lì ad un paio di settimane e tutti sapevano quanto fosse esigente Kuronuma. Inoltre, c’era stato l’incidente di Sakurakoji ed aveva notato che i loro rapporti si erano inspiegabilmente raffreddati. Rei poteva ben capire che l’amica tornasse a casa e non avesse voglia di fare altro che rifugiarsi nel riposo del sonno. Almeno a casa non voleva pensare e l’unico modo era lasciarsi cullare dall'oblio.
Si preparò una tazza di tè e la sorseggiò con calma seduta al kotatsu. Passato quel breve momento di relax, riordinò la cucina e, dopo aver steso per alcuni secondi i muscoli delle membra, si diresse silenziosamente nella piccola camera che condivideva con la giovane attrice.
Il tatami, scorso da un lato, proiettò una lama di luce sul futon di Maya: la ragazza era crollata dal sonno senza avere tempo neanche di infilarsi sotto le coperte. Si sarebbe raffreddata! Senza indugio le si affiancò e la spronò ad infilarsi sotto. Solo allora si avvide che non indossava il solito pigiama colorato, ma un lungo impermeabile di colore grigio. Vista la lunghezza delle maniche e l’ampiezza del capo, non era sicuramente della sua taglia. Chissà chi gliel’aveva dato quella sera: sapeva che aveva piovuto molto e Maya in certi frangenti era una sprovveduta, ma non riusciva proprio ad immaginare chi potesse averla soccorsa e perché l’indossasse ancora. Era proprio un mistero.
Sperava di incrociare la ragazza la mattina successiva per indagare in merito. Con questo proposito si stese nel suo futon e si addormentò pesantemente.
La mattina fu svegliata dalla luce del sole che attraversava le leggere tende della stanza. Si tirò su dal letto voltando lo sguardo dalla parte della sua compagna: Maya si era già alzata. Girò lo sguardo per la stanza, ma non vide il capo d’abbigliamento da nessuna parte.

In quel mentre, Maya era arrivata al Kid’s Studio ed aveva indossato gli abiti per le prove. Alcuni suoi compagni di lavoro erano arrivati e stavano ordinando il set per le scene del secondo atto, come da indicazione del regista. Diede una mano e poi si appartò in un angolo a riflettere, in attesa dell’arrivo del signor Kuronuma che avrebbe segnato l’inizio effettivo delle prove.
Con gli occhi persi nel vuoto, seduta su una sedia pieghevole di fianco ad una delle casse che costituivano il set, il mento appoggiato al palmo della mano, così come l’aveva trovata Masumi (Masumi!!) il giorno prima, ripercorse gli ultimi eventi.
Fin da quando si era svegliata, il suo cuore non aveva fatto altro che ballare: danzava al ricordo di Masumi che l’abbracciava e la baciava; sobbalzava quando le sovveniva il pensiero dei suoi occhi roventi; perdeva un battito se rievocava la sua roca voce che la chiamava. Non poteva ancora credere che fosse veramente successo. Se prima, il solo fatto che il signor Hayami ricambiasse i suoi sentimenti le sembrava impossibile e doveva richiamare alla mente tutti i suoi ricordi alla ricerca di conferme, ora, il rendersi conto che Masumi l’aveva baciata, abbracciata, accarezzata, chiamata con un tale bisogno la rendeva euforica.
A tutto questo doveva naturalmente aggiungere la sua rivelazione finale: aveva interrotto il suo fidanzamento. Era la conferma di cui necessitava. Non sapeva perché non fosse ancora ufficiale, ma non le importava. Gli aveva assicurato di aver fiducia in lui e non l’avrebbe deluso. Chissà per quanto tempo l’uomo l’aveva attesa… cos’erano ora quei pochi giorni che ancora li separavano? Inoltre le aveva promesso che si sarebbero presto rivisti… e Masumi manteneva sempre le sue promesse!
Quando quella mattina si era svegliata, si era resa conto di indossare ancora il suo impermeabile: che stupida era stata! Si era addormentata pensando a lui e Rei doveva averla colta in quel modo. Ricordava vagamente di averla sentita rientrare.
Si era fatta una doccia veloce, aveva infilato l’impermeabile in una grande busta e se l’era portato dietro. Quando avrebbe visto Masumi gliel’avrebbe restituito.
“Kitajima!” – il corso dei suoi pensieri fu interrotto dalla voce perentoria e burbera del regista che la reclamava – “Vogliamo iniziare o vuoi continuare a sognare ad occhi aperti ancora per molto?”
“Sì, signor Kuronuma. Arrivo!” – la ragazza si diresse velocemente verso gli altri riuniti intorno all’uomo. Con uno sguardo fugace colse un leggero sorriso di benvenuto sulle labbra di Sakurakoji. Non era molto, ma almeno non sfuggiva più il suo sguardo come aveva fatto nelle ultime settimane.

Shiori si era svegliata di buonora anche quella mattina. Ora stava passeggiando in giardino in attesa che arrivasse Masumi.
Gli era grata per i suoi sforzi. Aveva capito i suoi errori ed aveva imparato la lezione. Non si può costringere qualcuno a ricambiare i propri sentimenti, né lo si può manipolare secondo i propri fini perché quello che si ottiene è mera apparenza, ipocrita facciata, un pozzo senza fondo di bugie, incertezze, senso di colpa e dubbio.
Da quando si era ferita, Shiori aveva pensato che Masumi l’odiasse per quello che aveva fatto a Maya Kitajima. Invece l’uomo, fedele al suo animo nobile, l’aveva aiutata a scuotersi dallo stato di shock in cui era caduta. Scontrandosi con suo nonno e la sua tata aveva fatto in modo che riaprisse gli occhi al sole ed alla vita. Da quel momento aveva avuto modo di parlare spesso con Masumi: praticamente tutti i giorni. Ora che non voleva più compiacerla, ma che si mostrava per la vera persona che era, lo trovava ancora più affascinante. Nonostante le sue colpe, non la trattava con sufficienza e più volte si era scusato di non essere stato sincero con lei. Non avevano più parlato del matrimonio, ma a Shiori andava bene così. Non era più un desiderio che voleva esaudire perché aveva capito che sarebbe stata tutta una menzogna. Preferiva attendere d’incontrare una persona che la capisse e condividesse i suoi stessi interessi, piuttosto che sposare un uomo affascinante la cui mente, il cui cuore, il cui animo erano pieni e saturi di un’altra donna. Masumi non l’aveva mai ammesso, forse per non destabilizzarla, ma la donna aveva capito che il suo ex-fidanzato non era solo il fan più devoto di Maya Kitajima, ma ne era anche follemente innamorato. Lo capiva da come il suo sguardo si perdeva nel vuoto quando pensava che lei non lo notasse, lo capiva dalla tenerezza con cui ne aveva parlato il giorno in cui aveva interrotto il loro fidanzamento.
L’aveva capito anche prima di quel momento, ma il suo orgoglio ed il senso di possesso le avevano impedito di rinunciare a qualcosa (o qualcuno) che voleva. Come poteva farsi battere da quell’insulsa ragazzina? aveva pensato.
Invece quella giovane, senza ricchezze né qualità particolari che non fosse il suo talento per la recitazione, con la sua semplicità e purezza d’animo, l’aveva battuta su tutta la linea.
Tale era stata la vergogna, riconoscendo gli infimi intrighi che il suo istinto incontrollato l’aveva indotta ad architettare, che quando aveva capito di aver perso aveva tentato invano di togliersi la vita. Fortunatamente aveva fallito anche in quel frangente, altrimenti Masumi avrebbe dovuto far fronte ad uno scandalo irreparabile.
Era arrivata vicino al laghetto delle carpe. Osservava i pesci che pacificamente nuotavano appena sotto il pelo dell’acqua: i loro colori cangianti alla bianca e pallida luce di quel giorno autunnale facevano quasi assaggiare un preludio di primavera. Un leggero alito di vento le scostò i neri e lucenti capelli, mettendo in mostra il bel viso dall’incarnato alabastrino. Gli occhi neri come il carbone si volsero verso l’ingresso del giardino, cercando di spingere lo sguardo oltre i cancelli di fattura tradizionale in legno che lo delimitavano. Fu in quel momento che sentì arrivare il rombo silenzioso dell’auto di Masumi. Attese qualche minuto il suo arrivo, ma sembrava tardare. Chissà cosa l’aveva trattenuto.

A metà mattinata Kuronuma osservava soddisfatto l’evolversi delle prove: da come si impegnavano i due protagonisti dedusse che il pomeriggio libero che aveva concesso loro aveva dato i suoi frutti. Sembravano più rilassati e molto più concentrati sul copione di quanto non apparissero i giorni precedenti. Aveva notato anche un leggero distendersi dei rapporti tra i suoi due attori: saluti accennati e sorrisi fuggevoli.
Fu durante un cambio di scena che venne chiamato da un suo assistente: c’era la segretaria del presidente della Daito Art Production in linea e voleva parlare con lui.
Cosa mai poteva volere?! Interrogandosi in tal senso, si diresse verso l’apparecchio telefonico posto ad un angolo del corridoio.
“Parla Kuronuma.” – disse solo.
“Buongiorno signor Kuronuma. Sono Mitsuki Saeko, la segretaria personale del signor Hayami della Daito Art Production. Il signor Hayami vorrebbe fissare un appuntamento con lei. Mi potrebbe dire quando sarebbe disponibile?” – la voce all’altro capo del telefono era pacata e professionale come la ricordava. Immaginava la giovane donna dai lunghi capelli lisci seduta alla scrivania con la penna in mano e l’agenda degli impegni pronta davanti a sé.
“Buongiorno signorina Mitsuki. Può dire al signor Hayami che avrei piacere di incontrarlo al solito posto domani dopo le prove… alle 21.00.”
“La ringrazio a nome del signor Hayami per la disponibilità. Sarà sicuramente presente.”
Riattaccò la cornetta telefonica ed appoggiò una spalla alla porta pensieroso. Masumi Hayami non era solito chiedere appuntamenti! I loro incontri erano stati quasi sempre ‘casuali’. Si chiese cosa potesse averlo spinto ad una richiesta del genere. Osservò Maya con intenzione: che avesse a che fare con le conclusioni che aveva tratto? Ma, comunque, cosa mai poteva volere da lui Masumi Hayami?

Masumi si era svegliato quella mattina con una nuova energia: l’aver rivisto Maya e l’aver trovato conferme di quello che era stato sull’Astoria gli davano la forza per affrontare le prove che ancora l’attendevano: Shiori e suo padre.
Come tutte le mattine chiamò Mitsuki per tenersi aggiornato sulla situazione della Daito. A fine telefonata le disse della sua esigenza di avere un appuntamento con Kuronuma. La donna gli assicurò che avrebbe provveduto a fissargli un incontro e che poi gli avrebbe comunicato il luogo e l’ora.
L’uomo si diresse verso la villa dei Takamiya a metà mattinata. Arrivò all’ingresso con il sole che splendeva pallido nel cielo. Il pesante cancello in legno si aprì per farlo passare: guidò l’auto fino al parcheggio riservato agli ospiti.
Scese senza il solito soprabito, ma non sentiva il freddo ché sapeva a chi l’aveva dato e quel pensiero bastava a riscaldarlo.
Era appena entrato nella tenuta salutando amichevolmente il maggiordomo quando vide venirgli incontro il vecchio Takamiya con sguardo grave. Si chiese cosa fosse successo per farlo rabbuiare a quel modo: il pensiero corse subito a Shiori.
“Masumi ho bisogno di parlarti! Puoi venire nel mio studio?”
“Certo signore. Ma… Shiori sta bene?”
Lo sguardo del vecchio si fece sereno per un attimo, per poi tornare grave.
“Sì, grazie. Shiori sta bene, potrai vederla più tardi. Non è lei che mi preoccupa al momento.”
Entrambi entrarono nell’ampia stanza dominata dall’antica scrivania in mogano intarsiato. Le pareti erano quasi interamente rivestite da alti scaffali pieni di volumi rilegati in pelle dall’aspetto pregiato. Alcuni vecchi cartigli con motti d’impatto di personaggi di rilievo nel Giappone Antico erano appesi nei punti in cui le librerie si interrompevano.
Il vecchio si accomodò alla sedia dietro la scrivania osservando con fare assorto il giardino tradizionale che si vedeva al di là della finestra. Passarono alcuni minuti prima che si decidesse a parlare e passò quasi un’ora prima che Masumi riuscisse a lasciare la stanza con sguardo sereno ma fermo.
Si diresse verso il giardino dove sapeva che Shiori lo stava attendendo.
 
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view post Posted on 16/2/2012, 17:00
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Dopo lunga attesa sono in grado di postare il prossimo capitolo.
Introduco un personaggio "nuovo". Spero vi piaccia.
Sono andata velocemente nella correzione, quindi spero di non aver lasciato strafalcioni di varia natura linguistica.
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CAPITOLO 6
C’erano due persone che in quel momento stavano percorrendo le strade di Tokyo a bordo di un’auto con autista in direzioni opposte.
Su una vi era Chigusa Tsukikage, adagiata sul sedile posteriore. Aveva in volto un’espressione pensierosa. Era andata ad assistere alle prove di Ayumi e quello che aveva visto l’aveva lasciata interdetta. La ragazza era stata superlativa come al solito nel seguire le indicazioni del regista anzi, in certi casi, aveva fatto di meglio rivelando la profonda sensibilità interpretativa di cui aveva già dato mostra. Ma in tutto lo scenario che le si era prospettato dinanzi, vi era qualcosa di stonato e, pur con tutta la sua esperienza, non era riuscita ad individuarlo. In compenso aveva notato una strana complicità tra la stessa attrice ed uno dei fotografi che aveva visto spesso anche nella Valle dei Susini. Se il loro rapporto si fosse approfondito, lo spettacolo ed Ayumi ne avrebbero guadagnato di certo.
Volse lo sguardo fuori dal finestrino osservando passivamente i pedoni che si affaccendavano lungo i marciapiedi gremiti. Si stava dirigendo verso il Kid’s Studio: voleva far visita anche all’altra sua allieva, quella dalle mille maschere, quella che non recitava ma che viveva con il personaggio per istinto. Si chiese come sarebbe stata la sua interpretazione.
Era da quando le due ragazze avevano lasciato la Valle che se lo domandava. All’epoca aveva notato un cambiamento nell’animo di Maya: la ragazza era combattuta, il suo cuore era lacerato da un sentimento nuovo. Chissà come era diventata ora.
Arrivarono davanti allo stabile. Genzo fermò l’auto e si affrettò ad aiutare la signora in nero a scendere. Come al solito era accompagnata dall’immancabile ed elegante bastone ed il passo era fiero ed orgoglioso. Incedeva dominante verso la sala prove chiedendosi cosa avrebbe visto al di là di quelle porte.

Dall’altra parte della città, un uomo di vent’anni più anziano percorreva con soddisfazione le strade della città diretto verso il quartiere residenziale antico. A bordo di una delle ammiraglie a disposizione delle sue società, pensava a come la sorte lo avesse favorito in quegli ultimi anni. Finalmente.
Aveva incontrato una donna che per il bene ed il futuro del figlio era sottostata ai suoi ordini per quello che restava della sua vita. Certo, era morta in seguito all’incendio che aveva danneggiato parte di villa Hayami, ma almeno aveva salvato l’abito della Dea Scarlatta. E gli aveva lasciato un figlio che lui stesso aveva provveduto a crescere ed educare come gli sarebbe stato più utile. Ogni tanto aveva colto un moto di ribellione nello sguardo del ragazzo, ma aveva fatto in modo di spegnerlo in modo definitivo: il falso rapimento ed il suo rifiuto di pagare il riscatto avevano fatto ben capire a Masumi che doveva piegarsi al suo volere. Era suo padre a tirare i fili del suo destino. Nessun’altro.
Non poteva che guardare con soddisfazione ai risultati raggiunti fino ad allora.
Il gruppo Daito era divenuto uno dei più potenti in Giappone, con imprese diversificate in ogni settore, dai trasporti alle produzioni teatrali. Suo figlio seguiva tutto con molto acume e pochi scrupoli, così come gli aveva insegnato.
Aveva contrattato il matrimonio con la nipote di quel vecchio rammollito di Takamiya che si fregiava del titolo di “imperatore”: dalla più tenera età aveva messo in guardia Masumi dalla falsità degli adulatori. Con quel matrimonio, la Daito sarebbe diventata il più grande gruppo industriale del Giappone moderno. Aveva notato delle blande resistenze nel comportamento del figlio, ma alla fine tutto era servito a far cedere il vecchio: non poteva che congratularsi con Masumi per come aveva gestito tutta la faccenda. Aveva fatto innamorare la cara nipotina, l’aveva minacciata di rompere il fidanzamento ed alla fine era capitolato di fronte all’offerta della presidenza dell’intero gruppo in anticipo di anni su quelli che erano i suoi progetti.
Infine, la messa in scena della nuova Dea Scarlatta era ormai prossima: mancavano due settimane per lo spettacolo dimostrativo. Non vedeva l’ora di assistervi. E non vedeva nemmeno l’ora di vedere sconfitta la donna che aveva amato e che l’aveva sempre rifiutato, preferendogli un artista fallito che non era stato nemmeno in grado di accettare il suo amore. Voleva vedere il suo sguardo irato quando avrebbe capito che Ayumi avrebbe ceduto i diritti di rappresentazione alla Daito Art Production, ossia a lui, Eisuke Hayami, il suo eterno avversario!
Sì, la vittoria era vicina e sarebbe stata schiacciante. Aveva conosciuto l’altra candidata: si era spacciato per un simpatico vecchietto ed aveva anche dovuto sforzarsi parecchio. La ragazza era risultata ingenua all’inverosimile. Poteva capire come mai Masumi l’avesse aiutata in quegli anni: sicuramente gli ricordava il se stesso da bambino. Nonostante questo, però, non le avrebbe permesso di mettergli i bastoni tra le ruote. Doveva rimanere un’illusione nostalgica nella vita del figlio.
In quel momento stava andando a casa del futuro consuocero. Voleva assicurarsi che i preparativi del matrimonio procedessero senza intoppi come aveva ordinato. Non voleva sorprese, quindi non si sarebbe affidato alle sole rassicurazioni della segretaria di suo figlio.
Arrivò alla tenuta dei Takamiya che era quasi ora di pranzo. Venne accolto cordialmente dal vecchio padrone di casa ed insieme si diressero verso il giardino dove trovarono Masumi e Shiori che discutevano cordialmente seduti sotto un sobrio gazebo.
Era più di quanto avesse osato sperare: l’atmosfera tra i due era distesa e serena. Suo figlio doveva essersi messo l’animo in pace ed aver considerato che poteva benissimo sposarsi se avesse guadagnato il posto di prestigio che gli era stato promesso. Masumi si alzò per accoglierli e tutti si accomodarono in attesa che fosse servito il pranzo all’interno.
Eisuke chiese a Shiori come si sentisse ed ella cinguettò che grazie a suo figlio si stava riprendendo completamente.
“Non penso ci saranno ritardi per il matrimonio!” – concluse.
“Ahah! Ottima notizia!” – la sua risata sguaiata contrastava con lo sguardo grave di Takamiya ma non se ne avvide.
Furono avvisati che il pranzo era servito. Tutti si ritirarono nella sala imbandita. Il pasto procedette in modo pacato.

Masumi era silenzioso e rispondeva solo quando richiesto lasciando che il colloquio fosse gestito interamente dai due anziani. Raramente lanciava occhiate pensierose al signor Takamiya e mai aveva rivolto lo sguardo verso suo padre, il cui atteggiamento considerava quanto meno indelicato: non aveva mostrato un minimo di rispetto rivolgendosi a Shiori ed aveva trattato suo nonno con fare superiore, come se entrambi fossero alla sua mercé. Fino a quel momento il suo sentire nei confronti di Eisuke era dominato dall’odio, che solo in rare occasioni era sopraffatto da un malato affetto filiale. Quel giorno, invece, il disprezzo era prevalso su tutto. Vedeva quel vecchio che si comportava da padrone in casa del suo ‘amico’ e lo osservava ridere soddisfatto quando riceveva le informazioni che si aspettava di udire.
Durante quel pranzo si era sentito soffocare più di una volta: era tentato di fuggire, ma non poteva. Doveva continuare quel gioco: per Maya, per Shiori e sì, anche per se stesso.

Chigusa Tsukikage non capiva. Era entrata silenziosamente nella sala prove avvolta nella penombra ed era rimasta folgorata dalla scena a cui aveva assistito. Si era appoggiata all’elegante bastone come se avesse potuto cadere da un momento all’altro. Maya stava interpretando Akoya con una freschezza, una luce, una magia che non avvertiva da quando l’aveva interpretata lei stessa tanti anni prima sotto la direzione del suo amato Ichiren.
Come era potuta cambiare a tal punto l’interpretazione della ragazza in quei pochi mesi?! Se lo chiedeva e l’unica risposta che trovava era che anche la ragazza doveva aver trovato la sua anima gemella.
Genzo, posizionato al suo fianco, si avvide della costernazione della donna. Le si avvicinò silenzioso e le chiese se non si sentisse bene.
Lo guardò, gli occhi che brillavano.
“Genzo! E’ arrivata!” – sostenne con forza.
“Chi, signora? Chi è arrivato?” – le chiese in modo sommesso.
“La nuova Dea Scarlatta è giunta. Guardala Genzo! Se reciterà in questo modo allo spettacolo dimostrativo, il Giappone intero si inchinerà ai suoi piedi. Più nessuno oserà contrastarla” – lo disse in tono lieve. Non voleva certo essere udita da orecchie indiscrete.
Lentamente si avvicinò alla postazione di regia. Nella scarsa luce poteva scorgere il volto soddisfatto di Kuronuma: poteva ben capirlo.
“Allora… come le sembra l’interpretazione di Maya?”
“Signora…” – l’uomo si voltò verso di lei e restò in silenzio per qualche secondo, indeciso su cosa rispondere e sorpreso di trovarsi di fronte la grande attrice – “Beh… che dire?! Ci sono sempre margini di miglioramento, ma penso che siamo vicini al risultato finale!”
“Sì… lo penso anch’io. Non ricordo di averla mai vista recitare con quella luce negli occhi. Certo, ogni sua interpretazione è stata un piccolo capolavoro ed un tassello importante per la sua maturazione artistica, ma… quello che ho visto qui oggi va al di là di tutto!”
“Non capisco…” – tentò di chiedere delucidazioni sul suo punto di vista.
“Come, non ha capito? Maya non sta recitando! O meglio, sta recitando con il suo partner di scena, ma veramente ha provato e prova questi sentimenti!”
“Lo immaginavo…” – se anche l’insegnante se n’era resa conto voleva dire che l’uomo aveva colto nel segno. Ma aveva indovinato anche l’oggetto del suo amore? Era veramente possibile che fosse ‘lui’?
“Noto comunque che Sakurakoji non si è tirato indietro nella sfida. Avrebbe potuto costituire un problema un’interazione imperfetta tra i due protagonisti.”
“Ha ragione… fino a ieri c’erano molte più frizioni. Sembra, tuttavia, che abbiano trovato un punto d’incontro. Tutta la rappresentazione ne sta traendo vantaggio: perfino gli altri attori si muovono in modo più armonico sulla scena ora che Maya e Sakurakoji hanno trovato il loro ritmo, ma questo dovrebbe saperlo meglio di me.”
“Bene! La ringrazio per avermi fatto assistere a parte delle prove. Non dica a Maya che sono passata. Non vorrei turbarla a pochi giorni dalla rappresentazione di prova.”
“Sì, signora Tsukikage. Arrivederci in teatro allora.”
“Certamente…”
E, silenziosamente come era giunta, se ne tornò nella casa che il Presidente dell’Associazione Nazionale per lo Spettacolo le aveva messo a disposizione.
Era veramente molto stupita. E curiosa. Stupita nell’aver visto la sua allieva maturata tanto e curiosa di conoscere a chi doveva un tale cambiamento.

A prove ultimate, Maya Kitajima e Yuu Sakurakoji si diressero verso i rispettivi camerini. Era stata una giornata intensa. Soprattutto per Sakurakoji si stava rivelando fisicamente e psicologicamente faticoso.
La frattura all’arto lo impediva e tutti gli altri muscoli erano maggiormente sollecitati in ogni movimento. Mentalmente, invece, il pensiero di Maya era predominante ed incessante. Il dolore era vivo, pulsante.
Solo due settimane prima pensava che il loro fosse un destino comune, invece aveva dovuto aprire gli occhi di fronte all’evidenza di quel sentimento che non era corrisposto e non lo era mai stato. Era dura, anche e soprattutto per il suo orgoglio. Come aveva potuto essere tanto cieco da confondere la gentilezza di Maya con l’amore? Alla fine era questo il tarlo che gli scavava nella mente.
Uscì dalla sala prove che era ormai buio. Attraversò la strada ed entrò nel locale dove il giorno prima la ragazza l’aveva posto di fronte alla realtà. Si accomodò ad uno dei tavoli, silenzioso e solitario.
Già da diversi minuti era seduto a quel divanetto, con la mente altrove, quando una tazza fumante gli fu appoggiata di fronte.
Con stupore alzò lo sguardo incrociando un paio d’occhi neri che lo scrutavano gioiosi.
“Ho sbagliato? Pensavo volessi il solito tè verde….” – gli disse la giovane proprietaria di quegli occhi. Era carina. La ricordava indaffarata dietro il bancone le poche volte in cui era andato nel locale accompagnato da Maya. Si rese conto che la ragazza stava aspettando la sua risposta.
“No… non hai sbagliato. Solo… mi sono stupito perché non avevo ancora ordinato.”
“E’ difficile non ricordare le tue abitudini. Per questo mi sono arrischiata.” – e lo guardò significativamente.
Sakurakoji si rattristò subito: certo, le sue stampelle. Non poteva passare inosservato.
“Immagino non sia facile non notarmi quando vado conciato in questo modo” – ed accennò alle due stampelle appoggiate al suo fianco.
La risata argentina della giovane cameriera lo colse di sorpresa e lo stranì ancora di più.
“Scusa… ma mi hai fraintesa. Non mi riferivo certo alle tue stampelle…”
“E a cosa allora?” – le chiese curioso.
“Se te lo rivelassi, poi dovrei ucciderti” – gli rispose con sguardo fintamente minaccioso mentre pronunciava quella nota battuta.
“Ahah…” – una risata, la prima dopo giorni in cui il suo sguardo ed il suo volto erano stati dominati dai suoi cupi pensieri – “E va bene… allora come potrei fare per sapere perché ti ricordavi della mia ordinazione tipica?”
La giovane gli lanciò uno sguardo furbo.
“Se te ne andasse, potremmo parlarne davanti ad un panino ed una birra.”

Ecco! Di sicuro l’aveva stupito.
Sayuri lo guardava, notando come l’espressione del bel viso passasse dalla curiosità, alla sorpresa, alla tristezza.
“Ne sei sicura? Non sono di gran compagnia in questo periodo!”
Di certo Sakurakoji (era così che si chiamava, giusto?) si riferiva alla scena di cui era stato protagonista il giorno precedente.
La giovane bruna aveva visto tutto, come anche aveva notato la tristezza della sua accompagnatrice subito tramutatasi in gioia repressa quando era stata raggiunta da un bell’uomo alto.
“Mmmh… sì… ne sono moderatamente certa. Se a te va, naturalmente. Eheh… lungi da me obbligarti col ricatto.”
E proruppe in una seconda risata cristallina che sembrò incantarlo.
Lo sentì ridere di rimando.
“Va bene, va bene. Se ne sei convinta, chi sono per impedirtelo?” – scherzò – “Quando sei libera…?”
“Sayuri… il mio nome è Hojo Sayuri. Ti andrebbe domani sera dopo il lavoro…?” – anche la ragazza lasciò in sospeso la frase in attesa di conoscere il suo nome completo.
“Yuu… mi chiamo Sakurakoji Yuu.”
“Ottimo… Yuu. A domani allora.” – lo salutò svelta, che il proprietario del locale era uscito dal retro e la stava osservando incuriosito.

Sakurakoji tornò a casa in qualche modo sollevato e colpito. Si sentiva strano. Dopo le ultime settimane passate a rimuginare sulla scena di cui era stato spettatore e la notte trascorsa a rigirarsi nel letto ripassando mentalmente il dialogo avuto con la sua partner di scena, la conversazione avuta con Sayuri ed il suo approccio tanto schietto quanto poco giapponese l’avevano sorpreso.
La ricordava, in piedi di fianco al suo tavolino: il vassoio rotondo tra le braccia, il bianco grembiule che fungeva da divisa sopra un leggero maglioncino a collo alto, i lunghi e lisci capelli neri che formavano una lucente cortina sulle sue spalle e, infine, un paio d’occhi scuri quanto il carbone ma che brillavano tanto da sembrare diamanti.
Ancora non la conosceva, ma voleva che il giorno successivo arrivasse presto.
Quasi non si rendeva conto di aver accantonato il pensiero di Maya.

Nello stesso momento un Masumi Hayami ben diverso da quello euforico della sera precedente faceva il suo ingresso nella sua suite d’albergo.
Era stato a casa dei Takamiya per tutto il pomeriggio dopo che l’amato genitore l’aveva lasciato. Era andata meglio di quanto si aspettasse, ma la giornata che l’attendeva si sarebbe rivelata cruciale.
Mentre si infilava sotto la doccia, ripercorse mentalmente gli avvenimenti che si erano verificati prima e dopo l’avvento del vecchio Eisuke.


 
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view post Posted on 27/2/2012, 17:31
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Stregone/Strega quasi professionista

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CAPITOLO 7
Masumi ricordava quando l’imperatore l’aveva convocato nel suo studio quella mattina.
“Tuo padre verrà a pranzo quest’oggi.” – un annuncio che poteva segnare la fine dei suoi progetti. Sicuramente Eisuke voleva informarsi di prima mano sul matrimonio ed il giovane non avrebbe potuto sostenere che i preparativi procedevano come dovevano in presenza di Shiori e di suo nonno che ben sapevano quali erano le sue intenzioni – “Molto probabilmente vorrà informarsi su come procedono i preparativi per le nozze.”
Il vecchio si interruppe un istante, per poi proseguire:
“Masumi, sai che considero tuo padre come uno dei miei più cari amici…”
“Sì, signore. Non le chiedo nulla in proposito!” – il tono di Masumi lasciava trasparire tutta la sua determinazione.
“Non interrompermi, ti prego. Quello che volevo dire è che non ho apprezzato il suo comportamento in seguito al gesto sconsiderato di Shiori. Da amico, mi sarei aspettato contrizione e preoccupazione per le sue condizioni.” – si interruppe brevemente e guardandolo dritto negli occhi proseguì – “Quello cioè che ho visto in te. Quell’uomo invece è stato solo dominato dall’ambizione. Non credo di poter continuare a considerarlo una persona vicina.”
Masumi osservava ed ammirava l’orgoglio con cui quell’uomo anziano riconosceva di essersi sbagliato nel giudicare una persona che fino ad allora aveva considerato amica. Lo ascoltava con attenzione. La voce stentorea e chiara, la postura eretta ed orgogliosa. Tutto riportava alla mente le nobili figure dei samurai: i candidi capelli e l’abito tradizionale erano solo un contorno coerente.
“Tu, invece, hai osato sfidare la mia autorità, ti sei presentato in casa mia e, contravvenendo ai miei ordini, hai fatto sì che mia nipote tornasse ad essere la giovane di prima. Anzi… posso dire che il suo volto non è mai stato tanto sereno. E’ merito tuo se ora è in questo stato. Ed è merito tuo il fatto che io abbia aperto gli occhi. Avevi ragione: se tu non l’ami, il matrimonio non ha ragione di essere celebrato. Sinceramente, la fusione delle due società era solo una naturale conseguenza. Pensavo che accontentarla l’avrebbe resa felice, ma il matrimonio non è un giocattolo. Ti ringrazio per tutto.”
“Signor Takamiya, è solo mia la colpa della situazione che si è venuta a creare. Avrei dovuto essere più determinato fin dall’inizio, ma avevo sinceramente pensato di poter ricambiare i sentimenti di Shiori.”
“Non mi hai capito Masumi. Il mio ringraziamento non si concretizza in queste semplici parole che ci siamo scambiati. Stamane ho parlato con mia nipote e abbiamo convenuto che ti sosterremo di fronte a tuo padre nei modi e nei tempi che tu riterrai più opportuni. Ho visto che con noi hai tenuto a precisare che la cerimonia non si sarebbe fatta, mentre quel vecchio è convinto che tutto proceda per il meglio. Ne deduco che tu abbia un motivo particolare. Non voglio che Eisuke tratti mia nipote come merce di scambio. Per questo ti sosterremo.” – Masumi aveva notato il tono di disprezzo che Takamiya utilizzava ogni qualvolta nominava suo padre. Era veramente triste constatare la solitudine che Eisuke Hayami era riuscito a ritagliarsi nella vecchiaia. Pur con tutto il rancore ed il disprezzo che il giovane covava nel cuore, non poteva soffocare il senso di pietà che sorgeva di fronte a tutto questo.
“Signore, veramente, non ho parole.” – i due uomini si fronteggiarono silenziosi, amaramente consapevoli di quanto fossero vere le considerazioni che si erano scambiati sul conto del vecchio generale. Quanto doveva essere stata dura per il vecchio Takamiya ammettere che l’amico di una vita puntava alle sue società piuttosto che a rinsaldare i legami che già li univano!
Avevano lasciato lo studio e Masumi aveva raggiunto Shiori in giardino, dove sapeva che lo stava aspettando.

L’aveva trovata in riva al laghetto, in morbidi abiti invernali. Guardandola, doveva ammettere che il signor Takamiya aveva ragione: sembrava più vera e più serena di quanto non lo fosse quando l’aveva conosciuta. Il sorriso con cui l’aveva accolto gli aveva riscaldato l’animo e fatto dimenticare che di lì a poco avrebbe dovuto incontrare suo padre.
“Buongiorno Shiori. Scusami per il ritardo, ma mi sono fermato a parlare con tuo nonno.”
“Immaginavo, infatti. Penso ti abbia aggiornato sulle novità…”
Masumi l’aveva guardata cercando di scorgere malanimi nascosti. Quello che vide, tuttavia, era stato solo un volto sereno ed uno sguardo limpido.
“Sì, e devo ringraziare anche te con lui.”
“Non te ne curare. Anzi, scusami se mi permetto e non sei obbligato a rispondermi, ma… cosa hai intenzione di fare con tuo padre?”
L’uomo aveva studiato pensieroso la risposta da darle. Non voleva che pensasse che non si fidava di lei, ma non voleva neanche rivelarle tutto il piano che stava architettando con Hijiri.
“Devo assicurarmi che mio padre non sospetti nulla almeno fino all’assegnazione dei diritti di rappresentazione de La Dea Scarlatta… per allora sarò pronto a muovermi e a contrastare i suoi attacchi.”
Shiori osservava il suo volto indurito dagli occhi di ghiaccio.
“Perché?” – gli aveva chiesto – “Non è solo perché aveva fissato il matrimonio quando tu ancora non volevi saperne, giusto? Non può essere solo questo!”
Un lungo sospiro. Masumi aveva pensato che non sarebbe riuscito a trattenere l’odio per suo padre se avesse raccontato tutto ciò di cui era stato vittima.
“Non posso raccontarti tutto, ti sconvolgerebbe inutilmente. Sappi solo che per mio padre la Dea Scarlatta non è solo un affare, ma è stata un’ossessione per trent’anni. Nel suo nome ha distrutto tutto quanto gli è capitato tra le mani: la grande Chigusa Tsukikage perché non voleva cedere alla sua corte; mia madre che si è sacrificata per i suoi cimeli; il mio affetto per quello che credevo un padre. La Dea Scarlatta ha rappresentato il modo per portare a termine la mia vendetta!”
Mentre parlava si era reso conto che la sua voce era divenuta fredda e dura come il marmo: lo capiva anche dallo sguardo preoccupato di Shiori.
“Vedi? Non sarei stato un buon marito per te. Non sono l’uomo buono che ti aspettavi che fossi.”
Aveva visto il suo sguardo addolcirsi: – “Ma tu sei buono. Sei solo stato ferito. E l’hai capito bene anche tu, non è vero? Hai parlato al passato quando hai nominato la vendetta. Qualcosa deve averti fatto cambiare idea.”
Una risata aveva accolto le sue parole.
“Accidenti, devo stare attento a come parlo… mi sono scoperto troppo!” – aveva cercato di svicolare Masumi, ma la donna aveva insistito.
“E’ per lei, vero?”
Non avevano più parlato di Maya e Masumi non aveva interesse a proporre quell’argomento perché lo riteneva ancora ad alto rischio. Doveva averlo visto incerto perché la giovane donna con un sospiro si fece coraggio ed aggiunse:
“Puoi anche rispondere sinceramente, sai? Sembra strano anche a me, ma dopo aver superato lo shock, ho capito molte cose. Sono stata onesta con me stessa e, grazie a te, ho aperto gli occhi. Quella ragazza ha tanto sofferto e non aveva certo bisogno di dover far fronte anche ai miei intrighi. So che non sono attendibile, ma ti prego di fidarti: non ho più nulla contro di lei. Anzi, vorrei avere l’occasione di scusarmi.”
Lo aveva guardato dritto negli occhi senza indecisione e senza la timidezza che le era solita. Masumi aveva deciso che forse poteva arrischiarsi a metterla al corrente di parte dei suoi sentimenti.
“Non devi più angustiarti.” – le lunghe ciglia bionde inizialmente abbassate a velargli lo sguardo si erano pian piano alzate fino a scoprire gli occhi cobalto – “Abbiamo stabilito che ognuno di noi due ha avuto la sua parte di colpa in tutta questa vicenda. Non credo che la signorina Kitajima sia arrabbiata con te. Penso si sia angustiata perché temeva di essere considerata disonesta.”
Si era arrestato un attimo, pensando a come chiudere il discorso relativo alla vendetta nei confronti del padre.
“Il proposito di vendicarmi resta. Credo solo che abbia assunto una valenza funzionale. Mio padre vuole i diritti di rappresentazione. E’ matematicamente certo di ottenerli nel caso sia Ayumi Himekawa ad aggiudicarseli, mentre vuole che io distrugga Maya Kitajima, così come lui ha distrutto Chigusa Tsukikage, nel caso in cui quest’ultima non voglia cederli alla Daito, cosa abbastanza certa. Se riuscissi a strapparglieli, non avrebbe più motivo di voler distruggere il suo genio.”
“La tua non è solo ammirazione! Tu l’ami!”
Non era stata una domanda e l’uomo l’aveva semplicemente guardata senza dissentire. A cosa valeva ormai negare? Aveva visto che Shiori non era più ossessionata dal matrimonio, né da Maya. Anzi, sembrava sinceramente interessata a scoprire la verità e capire quali erano le parti in quel gioco senza esclusione di colpi.
“Masumi, pensi sia possibile farmi incontrare la signorina Kitajima? Devo anche scusarmi con il suo regista. Non ho intenzione di crear danni, veramente. Voglio aiutarti, scusarmi e conoscerla meglio. Deve essere speciale ed io l’ho considerata in modo affrettato.”
Aveva atteso qualche secondo prima di rispondere affermativamente a quella richiesta.
“Tieni presente che la rappresentazione dimostrativa si avvicina. Bisogna fare attenzione a non distrarre i protagonisti dalla messa in scena. Questi sono giorni cruciali!” – nel frattempo aveva valutato la possibilità di far assistere Hijiri all’incontro.
“Non è mia intenzione creare scompiglio. Anzi, penso che parlando con il signor Kuronuma io possa risolvere alcuni dei problemi che io stessa ho creato.”
“Va bene. Quando vorresti andare?”
“Prima possibile, se vuoi anche domani. Potremmo andare agli studi ed attendere fino a quando non avranno un momento libero.”
“Credi sia meglio andare insieme? Io penso che affrontare il dialogo privatamente possa farti maggiormente onore. In fondo è stata tua l’iniziativa, non trarresti alcun beneficio dalla mia presenza.”
“Ma non vuoi vederla? Non posso credere che lei ti odi veramente! Perché non le dici chi sei?”
“Voglio vederla, ma ancora è troppo presto per rischiare.” – Rischiare di farsi vedere insieme, rischiare di dichiarare i propri sentimenti: non voleva dirimere le interpretazioni equivoche a cui la sua frase poteva portare.
Si erano lasciati con l’intento di rivedersi l’indomani mattina. Come al solito, sarebbe andato a casa sua dopo aver sbrigato gli impegni lavorativi e si sarebbero recati insieme al Kid’s Studio.
Masumi avrebbe aspettato fuori che Shiori parlasse con Maya e Kuronuma.
Mentre si dirigeva verso il letto della suite, il giovane prese il cellulare e chiamò Hijiri.
Gli raccontò per sommi capi che Shiori sarebbe andata a parlare con Maya. Gli chiese di recarsi al Kid’s Studio in incognito, almeno per controllare da lontano che non si verificassero spiacevoli inconvenienti. Si diedero appuntamento per l’indomani, nel pomeriggio.
Si ricordò anche che in serata avrebbe dovuto incontrare Kuronuma.
Sì, l’indomani sarebbe stata una giornata piena e avrebbe dovuto passare ancora del tempo senza poter vedere la sua ragazzina.
Non poteva incontrarla con Shiori perché non era più sicuro di poter fingere indifferenza… ed aveva paura di mettere Maya in una situazione difficile.
Si stese a letto e continuò a rimuginare su tutto fino a quando il sonno non lo reclamò.
 
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view post Posted on 15/3/2012, 18:30
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Ed ecco il nuovo capitolo... spero vi piaccia.

CAPITOLO 8
La mattina successiva, Masumi era impegnato con Hijiri per definire la strategia nei confronti del padre: le operazioni di salvaguardia del patrimonio personale, la creazione di un gruppo societario che si sarebbe occupato di gestirlo e le varie clausole della dichiarazione di rinuncia del proprio cognome.
Nel mentre, Shiori discuteva animatamente con la tata. La vecchia domestica non capiva come la donna fosse tanto tranquilla di fronte alla prospettiva che il matrimonio fosse annullato. Come poteva lasciar correre un affronto del genere da parte di quel bastardo?!
La giovane era sconvolta ed arrabbiata per i termini ed i toni con cui la tata le si stava rivolgendo.
“Come puoi esprimerti in questo modo? Non ricordi come ero ridotta? Credevo che anche tu fossi d’accordo con mio nonno e con me!”
“Io penso che quell’uomo ti abbia usato. Prima accetta di sposarti e poi, a poche settimane dalle nozze, si tira indietro. E tu! Povera cara… stavi morendo di disperazione!” – la donna aveva alzato il volume della voce. Stava rasentando la crisi isterica.
Fortuna che dovrei essere io quella mentalmente labile…
“Tata… tata…” – provò ad interrompere lo sproloquio, ma rinunciò ad usare un tono di voce calmo. Occorrevano le maniere forti – “TATA! Calmati! Non vedi come sto bene? Masumi non è per me. Ti posso assicurare che ha fatto la scelta giusta per entrambi. Io sto cercando di conoscermi con il suo aiuto. Sto scoprendo lati di me che non credevo di avere. Tutto grazie a lui. Renditi conto che se non avesse posto la parola ‘fine’ ci saremmo ritrovati legati in un matrimonio infelice. Sono convinta che abbia agito correttamente, quindi smettila!”
“Signorina… io non sono del tutto convinta…”
“Dovresti invece. Anche il nonno è d’accordo. Come puoi non vedere quanto io stia bene ora?!”
“Ma io lo vedo, signorina. E’ per questo che prima non ho mai detto nulla. Solo… io penso stia perdendo una buona occasione…”
“Tata… non sarei al punto in cui sono ora se avessi perseverato con quel programma.” – la voce aveva assunto un tono accorato che, forse, nell’arco della sua vita non era mai riuscita ad esprimere – “Ho ancora molto da fare. Devo trovare la mia strada nel mondo.”
Con un sospiro la vecchia cedette.
Per la prima volta, Shiori prestava attenzione ai pensieri degli altri e li valutava. Prima dell’incidente avrebbe semplicemente dato ragione alla tata lasciandosi guidare. Ora, invece, pensava con la sua testa, si metteva nei panni della donna ed esponeva le sue ragioni.
Certo… stava soffrendo. Molto. Non poteva negare che la perdita di Masumi non le arrecasse dolore. Ma era sincera quando sosteneva che sarebbe stato peggio sposarsi. Non voleva rivivere lo sconforto che aveva subito sua madre di fronte ai continui tradimenti di suo padre. Masumi era un uomo più sincero e ligio al dovere, ma quale donna avrebbe voluto che suo marito le fosse fedele per dovere? Immaginava una vita solitaria. Tutto il tempo possibile suo marito l’avrebbe passato fuori casa, lontano da lei. Un semplice prolungamento del fidanzamento. Non voleva un futuro del genere. Avrebbe trovato un uomo che l’amava.
Si vestì in modo informale: un morbido paio di pantaloni in lana ed un pullover a collo alto. Raccolse i fluenti capelli in una coda e si avviò verso l’atrio. Quando incontrò Masumi, lo vide sorprendersi. Si lasciò sfuggire un sorriso: non era abituato a vederla in quella veste.
Si diressero verso la sala prove. L’uomo parcheggiò e le augurò buona fortuna. La donna scese e si avviò verso l’ingresso con passo incerto. Più si avvicinava e più temeva le reazioni di Kuronuma e Maya. Era la prima volta che usciva di casa dopo quello che lei era solita chiamare ‘l’incidente’ ed era la prima volta che incontrava persone che non fossero quelle di casa, Masumi a parte. Cercò di farsi coraggio ed entrò nell’ampia sala.
Si trovò di fronte l’abituale stanza semibuia, con poche fonti luminose sparse tutt’intorno. Vide Maya e Sakurakoji al centro: entrambi erano presi dalla scena che stavano provando. Kuronuma li osservava con sguardo critico. La giovane attrice aveva il volto illuminato dal suo amore per Isshin. Si stava dichiarando:
“Ti prego… abbandona il tuo nome ed il tuo passato! Diventa solo mio! Cosa sono età e posizione sociale, se non possiamo stare insieme?”
Osservandola vide il volto dell’amore. Cercò allora di ricordare. Pensando a Masumi, aveva mai avuto quell’espressione negli occhi? Quella dolcezza? Quella gioia? Non aveva bisogno di pensarci molto: la risposta era inequivocabilmente negativa. Nella sua vecchia vita il suo sguardo era gioioso quando Masumi la lodava perché ne agognava l’approvazione e l’attenzione come era abituata ad avere. Ora aveva aperto gli occhi. Erano passate solo due settimane da quel disgraziato giorno e ora, dopo essersi ripresa, era rinata. Aveva avuto salva la vita, Masumi la stava aiutando e stava cercando di conoscersi per capire cosa voleva veramente.
Alla fine era stato un bene fermare la corsa inarrestabile verso l’altare.
Si sedette su un piccolo sgabello e si godette semplicemente lo spettacolo per quello che era: una rappresentazione di vita, non una vetrina per la società, non sola finzione.
Hijiri l’osservò mentre entrava silenziosa nella sala. Aveva immaginato che avrebbe interrotto le prove pretendendo attenzione come era solita fare, invece la vide sedersi in disparte ed attendere. Forse, dopotutto, era veramente maturata.

Quando le luci si accesero, Shiori vide Kuronuma chiamare a sé Maya e Sakurakoji per alcune modifiche che avrebbero dovuto apportare alla scena.
Con circospezione si avvicinò al gruppetto ed attrasse l’attenzione dell’uomo. Il regista si voltò sorpreso di vederla, mentre Maya spalancò gli occhi.
“Signorina Takamiya, a cosa debbo l’onore della sua visita inattesa?”
“Mi scuso se non ho avvisato prima, ma vorrei poter parlare privatamente con lei e con la signorina Kitajima.”
Dopo aver usato il tono pungente nel suo benvenuto, Kuronuma la scrutò con attenzione e, avvedendosi di quanto fosse seria, accennò un lieve movimento di assenso avviandosi verso una delle salette adiacenti.
Girandosi aveva lanciato uno sguardo di sfuggita a Maya e la vide sorpresa da quella visita improvvisa. Era un’altra conferma di quanto già sospettava.
Si accomodarono intorno ad un tavolo: Maya vicino al suo regista sembrava indecisa sull’atteggiamento da tenere, ma il suo sguardo era limpido come al solito.
“Ho voluto parlarvi, oggi, perché voglio scusarmi per il comportamento villano di cui siete stati vittime. Non avevo il diritto di farvi una simile proposta, né tanto meno di pensare che avreste potuto piegarvi ad un simile accordo. Capisco la rettitudine del vostro animo e mi rammarico di non averla colta prima.”
Shiori tacque, in attesa del responso dei due che aveva di fronte. Entrambi sembravano stupiti della piega che avevano preso gli eventi. Certo non si sarebbero mai aspettati quella brusca inversione di tendenza.
Vedeva Maya aspettare che Kuronuma prendesse la parola.
Kuronuma restò in silenzio per qualche istante e poi si pronunciò:
“Bene! Non speravo di poter ascoltare queste parole dalla sua bocca. Penso di parlare anche a nome di Maya nel dirle che apprezziamo il suo gesto.”
“Grazie a voi per la comprensione.” – volse lo sguardo verso Maya – “E ora, vorrei chiedere se è possibile scambiare due parole con la signorina Kitajima.”
Vide Kuronuma chiedere silenziosamente a Maya il suo benestare. La ragazza assentì lievemente con un breve cenno del capo e venne lasciata sola.
Shiori l’aveva osservata per tutto il tempo notando come fosse rimasta rigida sulla sedia pur conservando un comportamento irreprensibile. Non poteva essere altrimenti, visti gli episodi che avevano caratterizzato i loro trascorsi:
“Con lei, signorina Kitajima, mi devo scusare anche per il mio comportamento in almeno altre due occasioni.”

Maya ascoltò le sue parole e non sapeva cosa aggiungere. Masumi le aveva detto che il loro fidanzamento era stato rotto: non sapeva interpretare le parole della signorina Shiori, né riusciva a fidarsi completamente.
Cercò di mantenere un’espressione neutra: voleva capire se aveva altro da aggiungere.
“Mi spiace di essermi comportata in modo subdolo con lei” – continuò infatti – “Mi è difficile ammetterlo, ma né sul fatto dell’anello né nel caso dell’abito lei aveva colpa alcuna.”
“Io… non so cosa dire. Non mi aspettavo un simile riconoscimento da parte sua.”
“Lo immagino. Il punto è che, indipendentemente dall’immagine che davo di me, ho scoperto di non avere l’animo buono che credevo di avere e ho assunto comportamenti di cui mi pento molto.”
Maya l’osservò con attenzione. Effettivamente sembrava sincera e non le stava chiedendo altro che il perdono per averla messa in situazioni imbarazzanti che considerava già risolte.
“La ringrazio per le sue parole e posso assicurarle che da parte mia non vi saranno recriminazioni di sorta.” – la guardò dritto negli occhi con l’intento di evitare che ci fossero fraintendimenti.
La signorina Shiori si rilassò impercettibilmente e, con una voce dal tono più dolce, la ringraziò aggiungendo:
“Voglio che lei sappia che il fidanzamento tra me ed il signor Hayami è stato cancellato.”
Maya l’osservò stupita. Perché le stava dicendo questo?
“Perché me lo sta dicendo?” – chiese infatti.
Alzandosi le rispose: “Perché non credo che lei lo odi.”
Uscì dalla stanza con quelle lapidarie parole e Maya si chiese quanto effettivamente la signorina Shiori avesse capito dei suoi sentimenti.

Fuori dal Kid’s Studio, Masumi attendeva ricevendo messaggi tranquillizzanti da Hijiri. Vide Shiori uscire dal palazzo con un bel sorriso stampato in volto.
“Mi accompagneresti dal parrucchiere, per favore? Ho voglia di cambiare. Poi non occorre che mi aspetti. Tornerò con un taxi.” – gli disse con fare spigliato. Sembrava di buonumore.
“Posso dedurre che l’incontro non è andato male?”
Un lieve sorriso enigmatico aleggiò sulle sue belle labbra.
“No, è andata molto bene. Avevi ragione. La signorina Maya Kitajima è veramente una persona di buon cuore.”
“Bene” – disse solo, chiudendo la conversazione.

Il resto della giornata Shiori lo passò girando per negozi in cerca di abiti sobri che andavano dallo sportivo all’elegante.
Tornò a casa con il nuovo taglio, indossando alcuni dei nuovi capi: una morbida gonna diritta in lana scura ed un maglioncino a collo alto. I corti capelli carezzavano la stoffa appena sotto l’orecchio. Suo nonno la vide e se ne rallegrò.

Masumi invece dedicò il tempo libero al suo lavoro e ad Hijiri.
Inoltre doveva prepararsi all’incontro con Kuronuma. Non sapeva ancora come intavolare il discorso: il regista era sempre stato un soggetto sopra le righe e non sapeva come approcciarlo in quel determinato frangente per scoprire le informazioni di cui necessitava. In tutta calma si diresse verso il piccolo chiosco che faceva da teatro ai loro brevi incontri.
Quando arrivò l’uomo non c’era ancora e ne approfittò per ordinare il solito breve pasto. La sera era fresca, leggere nubi si addensavano nel cielo buio della sera. Sembrava che il tempo volesse volgere al peggio.
Chiacchierò amabilmente con il padrone del chiosco di vari argomenti finché non furono interrotti da un leggero colpo di tosse. Masumi si volse e si trovò di fronte Kuronuma, le mani in tasca, la solita giacca marrone sopra la camicia chiara, lo sguardo imbronciato.
“Buonasera, signor Kuronuma. Venga, si accomodi e mi faccia compagnia!”
“Giovane presidente Hayami…” – lo salutò – “Sono felice di vederla! Oggi è venuta a trovarci anche la sua fidanzata!”

Kuronuma voleva sapere perché l’aveva convocato. E come mai si era verificato quel repentino ravvedimento da parte della signorina Takamiya. Mentre si recava all’incontro aveva riflettuto bene su come muoversi e aveva concluso che avrebbe provato a spingere Masumi Hayami verso la verità. Forse giocando a carte scoperte e con un pizzico di provocazione nella voce sarebbe riuscito a venire a capo di quel mistero. Per questo disse subito che la signorina Takamiya era andata alla sala prove.
“Come mai?” – si sentì chiedere invece.
“Come, non lo sa? Non credo che la sua fidanzata non la tenga informato!”
“Non sarebbe la prima volta… e comunque non ha più alcun obbligo morale nei miei confronti!”
“Non capisco…” – Kuronuma era sconcertato. Cosa voleva dire quell’uomo con quell’affermazione?
“Tutto a tempo debito… non vorrà farmi scoprire le carte tanto facilmente?!” – e chiuse la frase con una delle sue solite risate.
“Certo che no! Lo sanno tutti che i suoi piani sono diabolici quanto imperscrutabili. Ma allora perché ha voluto vedermi?”
“Mh? Al solito… volevo sapere come vanno le prove. E cosa ha pensato dell’incontro di oggi.” – lasciando quindi capire che sapeva tutto.
“Sono stato positivamente colpito dall’atteggiamento contrito della signorina Takamiya, la sua fidanzata. Non mi aspettavo delle scuse da parte sua. Anche Maya ne è rimasta colpita, anche se non so cosa si siano dette quando sono rimaste da sole.”
“Già… chissà di cosa avranno parlato! Delle prove invece cosa mi dice?”
“Beh… mi sembra che le prove procedano per il meglio.”
“Anche dopo l’incidente di Sakurakoji? Immagino che per lui non sia affatto facile!”
“Che cosa in particolare? Recitare con una gamba fratturata o accettare che Maya Kitajima ha una relazione con un altro uomo?” – vide Masumi bloccare a mezz’aria la mano con cui stava portando alle labbra il bicchierino di sakè.
“Maya Kitajima avrebbe una relazione con un uomo, dice?” – chiese riprendendo a bere – “Mi sembra strano! Ha sempre pensato solo al teatro…”
Kuronuma aveva notato il suo tono esitante. Forse, dopotutto non era tanto lontano dalla verità.
“Le posso assicurare che le cose stanno così. E, ora che il clima tra i due sembra essersi rasserenato, non posso che dirmi soddisfatto. Non ho mai visto quella ragazza essere tanto espressiva.”
Vide il giovane abbassare lentamente le palpebre. Piegando leggermente le labbra concluse:
“Allora meglio per voi, giusto?”
“Come mai non mi chiede nulla sull’uomo con cui Maya ha una relazione? E’ stato sempre molto interessato alla sua vita!”
“Lei dice?” – e, guardandolo dritto negli occhi ribadì – “sono un uomo fidanzato: forse mi sono interessato troppo alle vicende di quella ragazzina!”

Gli costava caro il sacrificio di chiamarla ‘ragazzina’ con altre persone, ma doveva sapere. Chiese infatti a Kuronuma:
“Dalle sue parole lascia intendere che, se io le chiedessi informazioni in merito, lei sarebbe in grado di fornirmele. Ho capito bene?”
“Ahahah! Ma non era completamente disinteressato? Comunque sì, ho le mie convinzioni a tal proposito e sono convinto che si rivelerà una sorpresa per tutti, per alcuni potrebbe essere addirittura uno shock. Guardi Sakurakoji…” – concluse il regista in tono allusivo.
“Beh, certo. Essere rifiutato sarà stata dura per lui.” – non riuscì a trattenere una sfumatura di sarcasmo ché ancora non aveva digerito tutti gli approcci del ragazzo nei confronti del suo amore.
“Più che altro, è rimasto talmente sorpreso da aver avuto l’incidente quella stessa mattina. Chissà cosa deve aver visto al porto quando è andato prenderla. So che anche lei era su quella nave. Ha visto qualcosa?”
Masumi ebbe la certezza. Kuronuma sapeva. Non avrebbe fatto affermazioni e domande tanto circostanziate altrimenti.
Gli sorrise – “No, non ho visto nulla!”
“Ma è proprio un mistero. Comunque, come le dicevo prima, Maya da me non ha nulla da temere: non ho alcun interesse a vederla diversa da come è ora…”
Kuronuma l’aveva guardato con intenzione. Sembrava volersi accertare che il suo interlocutore recepisse il messaggio.
Masumi si alzò dalla panca con un “Ottimo!” e gli augurò la buona serata lasciandolo solo nei suoi pensieri.
Si diresse verso l’automobile e prepotente tornò il pensiero di Maya nella sua mente. Erano passati solo due giorni da quando si erano visti e sembrava essere passata un’eternità. Voleva vederla! Voleva stringerla! Voleva baciarla!
Decise di andare da lei. Forse già dormiva e si sarebbe dovuto accontentare di osservarne la finestra buia, ma almeno non aveva nel cuore l’angoscia provata l’ultima volta che aveva atteso sotto casa sua: quella sera di tanti mesi prima aveva dovuto dire addio al suo sogno. Ora invece era di nuovo tra le sue mani e stava per realizzarlo.
Mentre guidava pensieroso verso l’indirizzo della giovane donna iniziò a piovere.
 
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