Ritorno nella Valle II

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LauraHeller
view post Posted on 29/9/2011, 16:10 by: LauraHeller
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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Capitolo Quarto

“Una serata interessante”



Ian entrò in camera di sua sorella, dopo aver bussato diverse volte.
Laura Sakurakoji, una bella ragazza di diciassette anni, aveva ereditato il viso di sua madre e gli occhi del padre.
I capelli, di un caldo castano ramato, erano lisci e lunghi sino alla cinta, con una riga sul lato sinistro dell’ovale perfetto.
Vestiva dark come Tomo.
Era legatissima ad entrambi i suoi fratelli, ma la sua predilezione andava al violinista.
“In quale accidenti di pianeta ti trovi, svampita?” le chiese Ian nervoso “Sono tre ore che ti chiamo!”
Laura si tolse le cuffie, rivelando le grandi iridi azzurre di ugual colore.
Non disse una parola, ma la domanda era implicita.
“Mi serve un favore.” le disse il fratello “Stasera, mamma e papà sono a teatro e Tomo sarà quasi di certo alle prove con la sua band. Mi serve che mi lasci casa libera.”
“Ma tu sei fuori!” esclamò la ragazza “Dove vuoi che vada? Ti ricordo che sono ancora minorenne! Senza contare che, se viene a saperlo il babbo, ti frigge a puntino e ti butta in pattumiera dopo averti mordicchiato le orecchie da Dumbo!”
“Puoi andare da Eriko.” propose Ian “Siete compagne di scuola, no?”
“Ma che due palle!” si lamentò Laura “Quella è da manicomio. E’ stata bocciata tre volte e sta sempre a dipingersi le unghie in modo lugubre e manieristico…”
“Mani…che?” ripeté l’attore “Come cazzo parli?”
La sorella scosse la testa, alzandosi dal letto:
“Non ci penso neanche ad andare a casa delle Hijiri. Ma puoi chiedere a Tomo di portarmi con sé. Per fortuna, lui non è egoista quanto te…”
Ian annuì.
“Qualcuno mi ha <evocato>?” chiese il violinista bussando piano alla porta aperta.
I capelli lunghi e scuri, bagnati, ricadevano su un accappatoio di colore rosso.
“Calzi a fagiolo.” disse Laura “Ian vuole abbandonarmi sotto un ponte per potersi portare a letto sua santità. Se prometto di non rompere, mi concedi di venire con te?”
Tomo divenne pallido.
“Certo...” balbettò.
“Ok!” tagliò corto Ian “Problema risolto! Grazie!”
Gli schiaffò un bacio rude sul capo e uscì dalla stanza, lasciando i fratelli piuttosto tesi e perplessi.
“Domani ho compito di letteratura inglese” si lamentò Laura “e sono costretta ad andare a sentire le prove di tre sfigati…”
Tomo abbozzò un sorriso, pensando che almeno Masashi avrebbe trascorso una piacevole serata.
La giovane figlia di Miro lo guardò dritto negli occhi antracite:
“Non puoi continuare così. Sei evidentemente a pezzi e anche la storia di mollare i corsi di musica classica per non incontrare più Kaori è una cosa che considero alla stregua di una follia. Tu sei nato per la marsina: hai in mano un violino da prima di saper leggere e spero con tutto il cuore possa rivedere le tue scelte.”
Tomo si passò una mano sul viso.
“E’ tardi.” disse con voce appena udibile “Ho fatto male le mie mosse. Ha ragione Chizu: non si gioca a far gli amici. Il rischio è di restar tali per sempre. Kaori mi vedrà sempre e solo come il <fratellino simpatico> di Ian.”
Laura annuì:
“Ma è anche vero che Ian se la sta facendo sotto. La sua ragazza è poco incline al letto e il dialogo fra loro langue. Cosa che non può dirsi di te e lei. Tutta la scuola parla di una vostra reciproca simpatia. L‘unica a non saperne nulla è proprio quell‘idiota della Hayami.”
“Non fomentare le miei illusioni.” mormorò Tomo sedendosi sul letto della sorella “Ti assicuro che non c’è nota che suono che non sia dedicata a lei. Kaori è la mia ispirazione.”
La sorella appoggiò il mento al palmo della mano, cogitabonda.
“Mettiti carina, stasera.” le disse il ragazzo cambiando discorso “La tua presenza sarà gradita…”
Laura socchiuse gli occhi chiari, assumendo l’ espressione tipica di suo padre quando non è del tutto convinto.
“Beh,” disse “se dici che val la pena, mi tiro su un poco…”
“Brava.” la elogiò Tomo mettendole una mano sulla testa “Sono convinto che il tuo futuro sentimentale sarà meraviglioso, perché sei bella, saggia e molto intelligente.”

***


Tomo e Laura entrarono nel garage di Masumi, attirando l’attenzione dei due Hayami.
Il violinista si scusò subito per l’<invasione di campo> e sua sorella, quale buon proposito della sera, pensò bene di andare subito a posizionarsi in un angolo del box.
“Buonasera.” bofonchiò la giovane un poco imbarazzata.
Con il suo libro di letteratura inglese tra le braccia, si accovacciò sul pavimento per leggere.
Masashi rideva come un forsennato.
“Ma che è successo?” chiese Masumi, il cui self control era degno da Oscar “Dobbiamo suonare o no, stasera?”
“E’ ovvio.” rispose Tomo, aggrottando le scure sopracciglia “Ma non potevo lasciarla in casa.”
Si tolse gli occhiali da sole a specchio e armeggiò con la Gibson Les Paul Custom del compagno di band.
“E perché <non potevi lasciarla>?” l’interruppe Hayami sempre più nervoso “Ha bisogno della baby sitter?”
Sakurakoji gli spiegò che Ian e Kaori si accingevano a trascorrere una serata romantica nella paterna dimora e che proprio il fratello gli aveva chiesto di <prendere in carico> Laura e i suoi libri di letteratura inglese.
“Cazzo…” sottolineò il front-man “Allora, devi essere a pezzi…”
“Non succederà nulla tra loro.” dichiarò Tomo deciso “Tu, piuttosto, gioca a fare il figo. Comincia a farti vedere interessato. Credo che Laura stia diventando appetibile a parecchi.”
“Bene.” ridacchiò Masumi “Ora ho anche un ruffiano. Sono proprio a cavallo.”
E imbracciò la chitarra che Tomo gli porgeva.
Diede un sorso alla birra che aveva lasciato sulla cassa e si dispose a suonare: la partitura passata ai compagni era un suo originale.
“Fantastico.” disse Sakurakoji “Ricordo di averla sentita al ballo di Halloween: testo e musica pregevoli.”
Masumi ringraziò rinfrancato: come nella buona tradizione rock, il pezzo si presentava con una alternanza di ritmi forsennati e arpeggi appena abbozzati, ma graffianti.
Accordati gli strumenti, cominciarono a suonare.
Laura, dapprima concentrata sul libro di inglese, prese a guardarli già a metà dell’esecuzione.
Ad un certo punto, il figlio di Maya non riuscì più a reggere il fuoco incrociato costituito da due occhi azzurri e indagatori.
Si fermò, pertanto, poco prima del termine della partitura.
Tomo lo fissò con sorpresa:
“Che succede?”
“Facciamo una pausa. Sto suonando da schifo.” rispose secco il cantante.
“Scusami,” gli disse Sakurakoji “capisco il tuo stato d’animo. Vedo di mandarla in una saletta attigua. Magari, potrebbe andare in camera tua o di Masashi.”
“No…!” esclamò l’altro “Ci sono le sue foto…Se ne accorgerebbe…”
“Ma che intenzioni hai, allora?” chiese Tomo “Fatti sotto, no? Comincia ad approcciarla.”
“Mentalmente,” disse sottovoce Masumi chiamandolo in disparte “vedo ancora in lei la bimbetta antipatica che mi tirava per la maglietta. E’ ancora così giovane...”
“Suppongo, quindi, che non desideri neppure baciarla.” sottolineò Sakurakoji, prendendolo palesemente in giro “Se lei andasse con un altro, a questo punto, non costituirebbe un problema per te. Sei piuttosto infantile, lo sai? Non capisco da che cosa nasca questo tormento amoroso, se non hai idea di cosa fare…Laura non ti ha detto di No. Semplicemente, non sa un tubo di ciò che senti.”
“Non farmi la predica!”
Ma Masumi non poté aggiungere altro, ché la sorella di Tomo li aveva raggiunti.
“Siete proprio una schiappa.” commentò lasciandoli di sasso. Si rivolse ad Hayami:
“Avrai sbagliato almeno cinque stupidissimi accordi. La carriera di mio fratello è rovinata, mentre tu sei già defunto in partenza.”
Il ragazzo si rammentò del perché le stesse antipatica nell’infanzia.
“Sai fare di meglio, forse?” le chiese infastidito.
“Ci puoi scommettere.” rispose prontamente Laura “Noi Sakurakoji abbiamo talento e passione, dalla nostra. Tu, forse, hai talento, ma la passione non sai dove stia di casa. Se permetti, mancando di quella, non toccherai mai il cuore delle persone che vengono a sentirti. Una buona esibizione non è <solo> tecnica.”
Tomo scosse la testa.
Ancora non credeva che sua sorella potesse trattare Masumi in modo così severo e diretto.
Si era allontanata quasi violentemente da entrambi i figli di Elizabeth.
La differenza di età, che prima costituiva uno stimolo e un incentivo al suo desiderio di crescere e maturare in fretta, era diventato all’improvviso un elemento pesante e quasi ingestibile.
Così aveva iniziato a vivere l'età sua, ignorando del tutto quei ragazzi che conosceva da sempre e meglio di chiunque altro.
Non c'era aspetto del carattere dei due fratelli Hayami che le fosse ignoto.
Poi, Laura si era scoperta grande davvero.
E Masumi, che mai l'aveva persa di vista per tutto quel tempo, se ne era innamorato perdutamente.
La giovane donna si mise ad arpeggiare il pezzo scritto da lui.
L'impugnatura della chitarra, pensata ad hoc per un mancino - sia Masumi che Tomo lo erano - era del tutto sbagliata, ma, stranamente, i suoni che uscivano da quello strumento avevano un che di nostalgico e commovente.
La voce della ragazza, calda e bene impostata, era classica e, come tale, suscitava una qualche emozione negli ascoltatori.
Masashi le fece un breve applauso di approvazione.
"Non studiavi al liceo femminile Sasahara?" le chiese l'altro Hayami passandosi una mano sui rasta color dell'oro.
"Certo." sottoscrisse Laura "Voglio fare ciò che mi rappresenta meglio e cioè scrivere. La musica, di per sé, non mi interessa."
Masumi la guardò con sfida:
"Se scrivere è il tuo mestiere e pensi che nei miei pezzi non ci sia anima, metti insieme tu una canzone. Io ti darò la musica. Ti prometto che, se anche non dovesse rientrare nel mio standard, la suonerò ad ogni concerto."
Tomo scosse la testa.
"Non scriverà mai un pezzo rock. Vuoi sapere che cosa ascolta di solito?" disse ridacchiando.
"Vediamo..." la prese in giro Hayami "qualche idol dolce e romantico?"
Laura si piazzò tra Masumi e il violinista:
"Sentimi bene, rasta del cazzo, io ascolto i Beatles, i Queen e i Pink Floyd. Gli Iron Maiden e i Nirvana. Ti basta per capire perché la tua musica mi fa vomitare?"
Sakurakoji si passò una mano dietro al collo.
"Laura," disse picchiettando sulla sua spalla "direi che possa bastare. Grazie a questa felice e sincera<esternazione>, sono certo di essere cacciato a calci dalla band..."
Masumi Hayami aveva continuato a guardare la figlia di Miro per tutto il tempo.
"Allora..." mormorò serio "non mi resta che augurarti buon lavoro. Hai una settimana di tempo per metter giù un testo."
Armeggiò con la borsa ed estrasse un cd:
"Ecco la musica su cui devi lavorare. Vuoi anche una partitura?"
La mano del ragazzo rimase sospesa a mezz'aria, ché gli occhi azzurri di Laura divennero due fessure.
"Me ne bastano cinque, di giorni, per scrivere un pezzo più decente del tuo."
"Allora, va bene." convenne Masumi "Ci ritroviamo io e te, qui, tra cinque giorni esatti. Se non dovessi soddisfare le mie aspettative, accetterai ogni mia condizione. Così, finalmente, vedremo se sei questo grande talento o solo una presuntuosa."
La giovane Sakurakoji si congedò per andare al bagno.
Tomo portò una mano agli occhi, mentre Masashi, al culmine dell'entusiasmo, applaudiva in segno di approvazione.
"Ce l'hai fatta, finalmente!" esclamò quest'ultimo "E' stato geniale darle un aut aut. Senza contare, poi, quell'<accetterai ogni mia condizione>! Eri strafigo, mentre lo dicevi!"
Masumi si appoggiò con la schiena alla parete, facendosi scivolare sino al pavimento:
"Mi ci vuole un cordiale."
Sakurakoji si piegò sulle ginocchia per guardarlo dritto negli occhi.
"Mia sorella" disse piano "non ha ancora diciotto anni. Di che <condizioni> parli, Hayami? Spero tu non voglia saltare subito alle <conclusioni>. Anche se ti ho detto di <farti vedere>, non significa che devi fare più di quanto ti competa."
Non c'era rimprovero, nella sua voce, ma, di certo, traspariva preoccupazione, fors'anche un po' di angoscia:
"Conosco bene Laura. Anche se è brava a parlare, non ha idea di <certi aspetti> della vita. Il sesso le è del tutto sconosciuto."
"Stai tranquillo." disse subito Masumi "Non intendo forzarla. Voglio solo metterle su un po' di strizza. Magari, se mi mostro deciso, finisce per guardarmi con occhi diversi."
"Bravo." lo lodò Tomo "Ma la sindrome della crocerossina non attacca in soggetti come mia sorella. Dovrai fare il conduttore ad ogni costo, se vuoi arrivare al suo cuore."
Sistemò la sua Jibson J 200 all'interno della custodia, quindi l'occhio cadde su un vecchio violino appoggiato alla parete.
Non sapeva cosa lo aspettava.
Non sapeva se Ian e Kaori erano ancora a casa Sakurakoji.
Si era mostrato deciso.
Aveva detto ai suoi amici che era certo non avrebbero concluso granché, ma ora era preda di un sottile tormento.
Se la Hayami si fosse concessa a suo fratello, avrebbe dovuto considerarla <perduta> per sempre, dal momento che ragazze con quel carattere danno anima e corpo a chi ispira loro fiducia e desiderio.
Pregò silenziosamente gli dèi che quell'evento nefasto non si verificasse.
"Che stupido sono." mormorò "Loro stanno insieme. Prima o poi, ciò che temo diventerà realtà."
Laura, dietro di lui, ne lesse i pensieri.
"Andiamo." fece piano "Se ti può consolare, sono solidale con il tuo dolore. Anche a me piace un tizio che non mi vede neppure."
Tomo fu molto stupito delle sue parole:
"E da quando?"
Sua sorella svicolò.
"Sono stufa di questo branco di sfigati. Vai subito a recuperare la moto." disse perentoria.
Il tragitto verso casa fu piuttosto lungo, ché tutti i semafori ai crocicchi si facevano rossi al loro passaggio.
Tomo guidava senza troppa convinzione e con l'angoscia nel cuore.
Cui s'aggiungeva la rivelazione di Laura.
Masumi avrebbe reagito malissimo alla notizia di saperla innamorata di qualcuno.

***


Ian e Kaori stavano cenando a casa Sakurakoji.
Il più grande dei figli di Miro, impeccabile in giacca blu sulla camicia candida e senza cravatta, si era adoperato in cucina perché la sua compagna vedesse in lui l'uomo che riteneva di essere diventato.
Tutto fu perfetto: il vino, le candele, la musica in sottofondo.
Parlarono della loro vita, del fatto che Kaori, già diplomata al Conservatorio, avrebbe iniziato a tenere corsi di canto nel suo stesso istituto e, nel contempo, avrebbe tentato la carriera di interprete lirica.
Ian, invece, era in ambasce per la prima de I Quattro Cavalieri.
Dacché Masashi Hayami e Shizuka Kaikei avevano ritrovato il manoscritto di Iro Sakurakoji, la tragedia del figlio di Ichiren andava in scena ogni anno insieme a La Dèa Scarlatta.
Quello che, fino a pochi mesi prima, era stato il ruolo di Miro, ora, con tutta probabilità, sarebbe passato a Ian: Masashi Hayami junior permettendo.
Terminata la cena, Ian invitò la fidanzata a ballare.
C'era un'atmosfera molto bella e rilassata e Kaori si sentiva tranquilla, fino a che il suo fidanzato, dapprima timidamente poi con insistenza, prese a baciarla sulle labbra e sul collo.
Anche le sue mani non stavano ferme e percorrevano con tenera sensualità la schiena della giovane donna.
Ella, più che ricambiarlo, pareva subirne il timido assalto.
Ian notava che Kaori era tesa, ma imputava la cosa alla inesperienza e al fatto che, essendo da soli e al sicuro da occhi indiscreti, avrebbero certamente concluso qualcosa.
Per lo meno, egli si aspettava che fosse così.
Poi, l'espressione annichilita della giovane Hayami si trasformò in rifiuto.
Le piccole mani si appoggiarono al petto di Sakurakoji con convinzione, così da allontanarlo.
"Che succede?" chiese il ragazzo scostandosi.
"Scusa, caro, ma io non me la sento di andare oltre." rispose Kaori.
"Va bene." disse Ian.
Benché avesse pronunciato quella frase con freddezza, il suo cuore era in tumulto.
"Solo," riprese "visto che non mi desideri e non vuoi stare con me, gradirei sapere in che cosa consista il nostro <fidanzamento>."
"Ma io ti amo, Ian." dichiarò subito la sua compagna "E' ovvio che desideri starti accanto e amarti, ma c'è qualcosa che ancora mi blocca. Stammi vicino, te ne prego. Abbracciami come tu solo sai fare. Io non capisco me stessa, ma sono certa di voler vivere con te."
Sakurakoji la prese tra le braccia e la strinse, comunicandole conforto e comprensione.
Sapeva che Kaori non era tipo da mentire su una cosa tanto importante e ciò, in un certo senso, ebbe a confortarlo, ma il <rifiuto> bruciava sottopelle e, soprattutto, la mancanza di una spiegazione plausibile.
Decise di indagare:
"E' già un anno che stiamo insieme. Non credo di essere un ragazzo inaffidabile. Ti ho dato, forse, motivi di preoccupazione?"
"Hai un sacco di ragazze che ti girano intorno, questo e certo." rise Kaori "Ma mi fido di te."
"E, allora?" l'incalzò Ian, ben sapendo di mentire "Che cosa c'è che non va? Non sei una moralista. Per lo meno, non è come tale che ti sei presentata a me, dacché ci conosciamo."
"Certo che no." sottoscrisse la cantante "Sei il primo ragazzo che mi piace davvero, il primo di cui possa dirmi innamorata. Tu, invece, pur essendo più giovane, hai già collezionato una serie di relazioni."
"Tutte senza importanza!" si affrettò a chiarire Ian "Pensavo fosse appurato. Ma non devi preoccuparti del fatto di non essere mai stata con un uomo. Io non potrei mai farti del male."
I suoi incredibili occhi azzurri indugiarono su quelli di lei, che ne cercò le labbra.
I muscoli di Kaori, prima tesi per trattenere la veemenza del suo compagno, parvero rilassarsi di colpo ed Ian pensò di aver segnato un punto importante a suo favore.
Si tolse la giacca e adagiò la ragazza al divano, baciandola sempre più appassionatamente.
Quando ella iniziò ad assecondarlo, giunse una telefonata al cellulare.
Era anonima e veniva dal telefonino di Laura per ordine preciso di Tomo.
I due fratelli minori di Ian erano sotto casa e avevano notato che le luci si erano spente di colpo. Temendo il peggio, Sakurakoji aveva chiesto alla sorellina di far partire la chiamata.
"Ma pensi possa servire a qualcosa?" fece Laura sconcertata "Ian è uno stallone, tu lo sai bene!"
"Vai alla cabina del telefono!" le chiese il ragazzo "Prendi questo panno e mettilo sul ricevitore. Imita la papera sdentata, capito?"
"Che...cosa?" balbettò l'altra "Ma io mi vergogno!"
"Dobbiamo assolutamente prender tempo!" esclamò Tomo.
Laura, gli occhi azzurri sgranati, ubbidì.
Ian recuperò il cordless di fianco al divano.
Si era scostato a stento da Kaori ed ella, alzatasi, gli disse piano che sarebbe andata in bagno.
Transitando in corridoio, notò che la camera di Tomo era aperta ed entrò titubante.
Il violino che aveva usato fino a che il suo Maestro non gli aveva ceduto il suo prezioso Stradivari era adagiato in un angolo della stanza.
Alle pareti, c'era una gigantografia di Karajan, ma anche un bel poster dei REM e molte foto di lui bambino.
Si stupì di vederne una sua.
Era ancora un bimbetta di cinque-sei anni e sgambettava sull'altalena, sospinta da Masashi senior.
Kaori si piegò sulle ginocchia e prese il violino di Tomo.
"Non riesco proprio a capirti." mormorò tra sé.
Accarezzò con attenzione lo strumento tirata a lucido: vide le impronte dei polpastrelli del suo proprietario sul braccio confondersi con le sue e ne fu turbata.
Il suo sguardo, poi, corse ad un blocco per appunti aperto sulla scrivania. Lo girò con un dito per leggere ciò che vi era scritto:

“Ho consumato i miei occhi,/invano./ Tutto è perduto/financo il tempo./Mi perdo/ nell’inutilità fluttuante di un pensiero fisso/che non è mai stato sogno,/ma dolore pulsante/reale/che devasta./ Amo la donna che non mi ama.”

"Cosa fai qui?" chiese il ragazzo entrando.
La Hayami trasalì visibilmente. Si raddrizzò, tirando su una bretella del vestito che era scivolata inavvertitamente.
"Scusami, stavo andando in bagno." provò a giustificarsi.
"Conosci bene questa casa." disse Tomo freddo "E, di certo, la mia stanza non ha l'aspetto di una toilette."
“Io ero curiosa…” balbettò la ragazza.
“Perché ficcare il naso nelle cose di un uomo che non ti interessa?” chiese allora il giovane figlio di Miro.
Era furente.
Vederla con quell'abito leggero gli dava alla testa.
Immaginò anche la reazione di suo fratello davanti ad un simile spettacolo, reazione che, di certo, non era stata diversa dalla sua.
Doveva per forza averle messo le mani addosso.
Tomo si tolse i guanti e li lanciò sul letto.
Ancora una volta, Kaori fu assalita dal dubbio penoso che i pensieri d’amore di Tomo fossero rivolti a lei.
"Che diamine ci fate a casa?" chiese Ian entrando in camera.
Laura, che gli era corsa dietro, prese la parola con prontezza:
"Sono le due di notte ed io, domani, ho compito di letteratura inglese!"
"Le prove" le fece eco Tomo "sono finite oltre un'ora fa. Non potevamo continuare a girare in moto. Fuori, tra l'altro, si congela."
Sia lui che Laura, nonostante il casco, avevano il naso arrossato.
Ian guardò l'orologio.
"E' vero, scusami." disse "Non mi ero accorto del tempo che passava."
Abbracciò Kaori:
"Accompagno la mia donna a casa."
Quando furono usciti, senza udire una parola, Tomo si chiuse in camera affranto.
Ormai non c'erano più dubbi.
Tutto era andato.

CONTINUA!...



Edited by LauraHeller - 30/9/2011, 20:30
 
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