| Modesto Opilione Vagando soltanto col favor delle tenebre da un anfratto all'altro della mia spelonca, sostava alla luce del giorno in una stasi pressoché imperturbabile. Non un porcellino di terra, non un pesciolino d'argento in sporadico transito nei suoi paraggi lo smuovevano dal suo contatto, a sette zampe, col gres beige a righe millimetriche. Ed io, stolto bipede, maldestro nelle mie pozioni indigeste, ancor meno nelle mie incomprensibili traiettorie disegnate, designate alla rimozione di resti organici e inorganici, non capivo il perché di una vita priva di scopo, di rischio, d'odio e d'amore. In vero, Natura oppone ingannevoli apparenze a chi la osteggia. Finché una scopa non lo rinvenne, bloccato per sempre e irrimediabilmente nell'angusta - ahimé, anche per lui fin troppo angusta - intercapedine voluta dal caso, incorniciata da tre sacchi straripanti di cenci a riposo. Forse egli aveva amato la Terra assai più dell'Homo sapiens sapiens più saggio e saccente mai partorito, finendo per cadere nel triste baratro solitario d'una indegna depressione: derubato del proprio suolo, esiliato dal proprio bosco, prigioniero di quattro pareti ripide e violente - contaminate da molecole di antimuffa, da polveri sottili, dall'arsenico e dal cadmio - senza futuro alcuno se non il ritorno alla materia. Quel che a stento raccolsi, ora qui rammento, non senza una lacrima. Né ipocrita benevolenza invoco, quale complice dello scempio.
Edited by LauraHeller - 16/6/2017, 09:52
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