Romantico fogliame, - racconto semiserio -

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 21/3/2011, 17:08
Avatar

Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

Group:
Administrator
Posts:
17,641
Location:
The Dark Side of the Moon

Status:


L’importanza di chiamarsi “pianta”




Le verdi tappezzerie sono parte essenziale della nostra casa.
Sia che viviamo in un condominio di dodici piani sia che no - nel caso in cui il fato benevolo ci abbia assegnato una dimora singola o, tutt’al più, una casa all’interno di un piccolo contesto abitativo - una pianta vivrà sempre con noi.
Chi ritiene di avere il pollice arido preferirà, per induzione, il sempiterno cactus, simbolo della vita coriacea e tenace, che se ne fa un baffo di edere urticanti e piante infestanti.
Un cactus è per sempre (altro che diamante!).
Se proverete a farlo fuori, egli risorgerà.
E’ una promessa (oltre che una minaccia).
Ma noi donne, nella nostra pretesa di portate armonia intorno a noi, non diremo mai ad amiche, parenti, conoscenti di avere il pollice arido.
Naturalmente, ci dipingeremo sempre come amabili creature: fiori purpurei sbocciano sotto i nostri piedi, rigogliosi - i fiori - al pari dei cespugli che ciondolano dai nostri balconi.

Ho da fare una precisazione, prima di andare avanti nella mia dissertazione di sapore primaverile.
Non so un tubo di piante, di alberi e affini, se non l’essenziale.
E questo può sembrar strano, visto che ho sempre ritenuto di essere nata sotto il segno del cavolo e per spontanea autogenerazione di Geena.

Le piante, dunque, esprimono vita e vigore nelle tiepide stagioni; morigeratezza e <seccume> nei lunghi (mah) mesi invernali.
Tuttavia, c’è una pianta - un albero, a dire il vero - che mi ispira più tristezza delle altre.
Tale è il PINO.
A parte il nome, che sa tanto di sfigato nato negli Anni Settanta (come me, obviously), questo romantico, malinconico alberone, ad un certo punto, perde tutto.
Anche gli aghi.
E’ un inno alla bancarotta.
Non ha fogliame, il poveretto, ma solo aculei destinati a reggere coriacee dimore aracnidee.

Una pianta che non vorrei mai sul mio balcone è quella che, secondo l’etichetta, reca il nome di “primura veris”.
E’ la prima a fiorire, assieme alle margherite gialle, e la prima ad andarsene.
“Un tvionfo di colove fittizio,” direbbe Geena “una esplosione con conto alla vovescia annesso”.
Si nasce tarati.
Ne acquistai una, la settimana scorsa, per contentare Franz e la recente passione artistica del fanciullino (dipingere fiori in multicolor, fogliame incluso). Oggi, è già l’ombra di se stessa: le foglie hanno contorni marroni e c’è del “giallino” da ovetto sbattuto sui pochi petali rimasti.

Le rose.
Stronze.
Inaccessibile selva di spine, ancora più dolorose di quelle dei cactus.
C’è solo una cosa che può batterle per sempre ed è un parassita di cui non dirò il nome.
Si legge sui testi di botanica: consigliato posizionare il cespuglio in loco areato e soleggiato.
C’è un perché.
Il parassita cui ho accennato agisce nell’ombra - stronzo! -. Il sole lo uccide, il vento lo trascina via. Non è un vampiro, ma la modalità di azione è del tutto simile. Esso costruisce attorno a foglie e boccioli una sottile tela, che impedisce la fioritura completa e lo sviluppo delle gemme.
Ecco perché, nonostante il sole sia deleterio per i colori brillanti delle rose, è preferibile che i rovi siano posizionati alla sua luce diretta.

Io ho un cespuglietto di rose nane coloro rosso metallizzato.


Chi viene dalle mie parti resta stupito del gran numero di gerani “appesi” ai balconi.
Il geranio è come Umberto Bossi: una icona padana. E, come Umberto Bossi, non serve a un tubo. Anzi, nel caso delle zanzare mantovane, è addirittura un deleterio richiamo.
Una leggenda confermata da più parti racconta che la citronella allontana le corazzate alate.
Ma, come specificato, di leggenda trattasi. Una volta, ebbi ben quarantacinque piante di geranio sul mio più angusto terrazzo. Ne avevo sopra e sotto il muretto di mattoni rossi. Non avevo bisogno di tende parasole: c’erano gli arbusti di cui sopra.
Ebbene, per ogni metro quadro, ho calcolato un numero di dodici zanzare: un inferno ronzante e urticante, oltre che un pungente e ributtante odore di citronella.
Mangiare in quel contesto arboricolo non è possibile, anche in presenza delle tradizionali macchine da vivisezione per zanzare: avete presente quella griglia assassina che attira gli insetti alla luce e, poi, li arrostisce con una scossa elettrica?
Ebbene, quando non restano attaccate al neon assassino (sono impulibili :sick:), i cadaveri delle zanzare svolazzano mestamente sulle portate che avete adagiato sul tavolino lì accanto.
 
Top
0 replies since 21/3/2011, 17:08   62 views
  Share