Scene dal "suo" matrimonio, - racconto semiserio sulle mie nozze -

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TOPIC_ICON6  view post Posted on 6/2/2011, 21:40
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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Scene dal Suo Matrimonio



Nell’ormai lontano anno del Signore 2..., c’era una sola cosa che Geena invidiasse alla famiglia <di oscure origini> del mio futuro marito.
Era una sorta di maniero, vecchio di un paio di secoli, appartenuto al padre ormai defunto di A.
Ha una particolarità.
Situato in una zona a strapiombo, pare <tuffarsi> direttamente in acqua.
Per questioni di privacy, non dirò quali acque.
Ma non sarà difficile, per chi mi conosce, individuarle.

Geena oscillava tra l’inferno e il paradiso.
Da un lato, la <disgrazia> di vedere la propria figlia sposata ad un essere <socialmente inferiore>; dall’altro, l’<opportunità> di vedere finalmente la propria figlia sposata a un <qualunque> essere del pianeta.
E così fu deciso.
<lei> lo decise.
Visto che non aveva trovato di meglio per quel periodo infame dell’anno - e si guardava bene dal dire che il maniero era gradito alquanto - tutta la scena del matrimonio fu creata nella sala grande.
Si stupì, vista la struttura, del tetto basso e dubitò di poter indossare la sua scarpa tacco dieci.
Geena, per la cronaca, misura circa 180 cm senza artifizi berlusconiani (e vi assicuro che non c’è trucco).

Vedete, ella è quel che si dice “una donna inguardabile”.
Nel senso di “inavvicinabile” per un uomo comune.
A vent’anni - primi anni ‘70 - era di una bellezza mortale e, per quanto si dica “mater semper certa”, non si capisce bene perché abbia messo al mondo un figlio uguale a lei e, qualche tempo dopo, una figlia “poco” uguale a lei.
Come se la Schiffer avesse partorito la piccola fiammiferaia, insomma.
Così è (stato).


Il mio stato di esaurimento raggiunse livelli parossistici il giorno delle nozze.
Preceduto da un mese di tormenti fisici e mentali, nuotavo nel vestito da sposa che Geena aveva scelto per me.
Il mio ex, poi, <aleggiava> via cavo e via web.
Una rottura di balls incredibile e con la benedizione di Geena, ovviamente.

Volevo sposarmi in tailleur.
Ebbi, invece, un abito in pizzo di Bruxelles a metà tra lo stile impero (romano) e lo stile medioevo (fiorentino).
Mia madre lo riteneva un tributo necessario, per onorare le molteplici origini della nostra allargatissima famiglia.
Per fortuna, riuscii - a dispetto dei trini - ad ottenere un vestito semplice, con una scollatura quadrata che metteva in evidenza spalle, braccia e punto vita.
Il velo non lo volevo, ma l’ebbi.
E si rivelò una benedizione nel momento in cui, con orrore, la parrucchiera si accorse che, al posto delle margheritine, i fiorai (scelti dalla <consuocera inferiore> di Geena) ci avevano recapitato dei minuscoli<garofanini> bianchi.
Ero incerta se piangere o ridere.
Mi infilzarono il velo tra i capelli acconciati a chignon (una codina miseranda aveva dato origine a un numero incalcolabile di riccioli scarlatti), ma almeno gli addobbi mortuari erano invisibili.
Mia madre scelse una mise nero pece: pantalone, giacca e top in seta. Per fortuna, i capelli biondissimi <spezzavano> quell’enorme macchia scura che si muoveva tra le pareti immacolate della casa.

A. non voleva <il prete>.
Auspicabile - vista la sua sostanziale <agnosticità>- il sindaco o chi per lui.
Geena, però, pur essendo non praticante - ma pur sempre (ex) moglie di un praticantissimo - optò per tre (3) sacerdoti.
Tutti monsignori, tutti suoi amici.
Uno insegna tutt’ora in un prestigioso conservatorio e l’altro - dice <lei> - si è fatto prete perché, quando avevo quindici anni, l’ho rifiutato.
Capirete il trauma.
Dalla possibilità di accasarsi con me al seminario la strada è breve, no?
Il terzo officiante era un uomo anziano <del posto>, tirato fuori dal frigorifero per l’occasione.
Sì, insomma, un po’ come facevano i russi ai tempi di Krushev.
E noi, si sa, siamo tutti rozzi comunisti, in famiglia. Padre cattolico incluso.
Ma torniamo un attimo alla vestizione.
Penso di essere stata l’unica sposa di questo folle mondo - orfane escluse - ad essere aiutata dal proprio padre. Fu lui a occuparsi dei cinquanta (50) bottoni damascati che chiudevano l’abito nuziale.
Geena era impegnata ad indossare una delle sue maschere affrante e a darsi il rossetto.
Le doleva la pancia.
All’una e trenta il pranzo non le era ancora stato servito e il matrimonio era fissato per le 14.30.
In pratica, in quel primo pomeriggio freddissimo di primavera, la macchina era già parcheggiata nel parco sotto casa, io trasudavo liquidi per l’emozione del gran giorno e <lei> dibatteva con la sua amica dottoressa se mangiare il petto di tacchino o prendere semplicemente un maalox (plus), restando a digiuno.
Il mio cellulare (con cover bianca per l‘occasione), nel mentre, era preso d’assalto dai messaggi dell’ex.
Scesi finalmente nell’atrio e mi accolse il sorriso festante di uno dei numerosi fratelli di A., il minore, che si chiama Yuri.
Bello.
Bellissimo.
Mia madre mi disse, con la sua bella voce discreta, che almeno <l‘autista> era dell’altezza giusta (io mi ero scelta il più nano della cucciolata).
Ribattei che le scarpe tacco dieci non avrei saputo neppure portarle ed ella si lagnò che MAI, mai nella storia della sua giunonica famiglia, si era vista una sposa indossare un tacco di soli tre centimetri e uno sposo col rialzo di cinque!
Blablablablablabla….
Non ci fu verso.
Che mio marito fosse bello e atletico non faceva testo.
Era un <tappo>.
Punto.


- The Ceremony -
(mentre scrivo, mi viene - non so perché - in mente la parola "cemetery")

SPOILER (click to view)
E’ d’uopo aprire una digressione sull’abito dello sposo.
Fui io ad accompagnare A. per l’acquisto.
E, se avessi potuto, avrei fatto lo stesso per il mio vestito: mi sarei portata dietro lui, piuttosto che mia madre e la sua corte di saltimbanchi.
Con buonapace di tutti gli utilizzatori di antisfiga di questo mondo.
Nella città in cui vivo, c’è un “Outlet” - di cui non dirò il nome - assai famoso.
Se legge, Rino capirà di cosa si tratta.
In esso confluiscono prodotti di marca a prezzi concorrenziali. E, tra quelli che recano difetti minimali, anche gli abiti usati una volta soltanto per le ben note sfilate milanesi.
Ebbene, noi optammo per uno di questi. Gli stilisti di moda famosi che vestono gli sposi si contano sulle punte delle dita e noi ci gloriammo di spendere poco e di ottenere il massimo effetto possibile.
Un gessato blu scuro con cravatta, camicia, calzini, cintura ci costò meno di seicento euro.
Ritocchi agli orli inclusi.
A. possedeva splendidi gemelli abbinati al fermacravatta.
Erano appartenuti al babbo.
Le scarpe le acquistammo - sempre di marca - nello stesso posto in cui prendemmo il vestito.
Per darvi una idea, il mio abito da sposa in pizzo di Bruxelles, che mi dava un aspetto vagamente (de)cadente, rigorosamente nuovo, era costato a mio padre circa 3.500,00 euro.
Scarpe ed accessori esclusi.
Per quelli, calcolammo - Geena nascose gli scontrini fiscali - circa 1000 euro.
Mi mancava solo una cosa: gli orecchini.
Io non ho i buchi alle orecchie.
E me ne vanto.image


Arrivammo nel luogo convenuto, parato ad altare ed a luogo di bivacco postcerimonia.
Il tempo era discreto.
Raggi di sole malaticcio (ho appena detto che era discreto?) riscaldavano le pareti del maniero ricoperto, a tratti, di edera urticante.
Geena scese dal suo fuoristrada con aria trionfale, schifando l’edera scorta all’ultimo minuto alla destra della portiera nera.
Dice da sempre di essere allergica.
E, se lo dice lei, potete ben crederci: è allergica al 75 % circa degli esseri viventi - umani o inanimati - di questo globo.
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Per dare alla famiglia un tocco da star(S), chiese ed ottenne che ogni membro della truppa guidasse la propria auto.
Quindi, ricapitolando:
- io ero sola, seduta sul sedile posteriore dell’auto di Yuri, mio prossimo cognato;
- mio fratello V. e la sua compagna, definiti da Geena “disubbidienti” e “girotondini”, arrivarono insieme;
- mio padre arrivò solo;
- mia madre arrivò sola;
- i miei nonni adottivi arrivarono separatamente dalla Valle (e, dal loro “fresco” aspetto, desunsi che avevano percorso a piedi parte buona parte dell’Altopiano).
Vabbé, il resto dei miei numerosi e variopinti parenti non conta.
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SPOILER (click to view)
Digressione: il maniero ha un giardino di una certa “importanza”, in cui campeggiano sculture d’ogni sorta: ma, a differenza di quelle di Gio, quelle che si vedono da queste parti non sono bronzee, ma scalpellate direttamente dalle Cime di Lavaredo.
Pura roccia dolomitica.
Altrettanto dura, eh…


Bon.

Scendendo dall’auto, pestai il piccolo strascico col tacco a rocchetto e sentii “strap”.
Mia madre, che si era liberata dall’edera urticante, ma consapevole di non potersi liberare dei numerosi individui che la circondavano, corse a “guidare” il mio vestito.
Nel mentre, rivolse un sorriso a labbra strette al fotografo dai capelli rossi che aveva il compito di immortalare SOLO me.
“Perché non ridi?” le chiesi io “Ti si è crepata la dentiera?”
E lei:
“Ho ancova il mal di stomaco.”
Mia madre, se interessasse a qualcuno, ha la “erre” moscia.
Non solum, sed etiam.

Per entrare nel maniero, c’è una scalinata artistica molto bella e suggestiva, ricoperta anch’essa di edera urticante.
Composta di sette (7) gradini.
La famiglia di A., composta di sette (7) persone, attendeva, composta sulla predetta scalinata.
E, come da ordine della “consuocera inferiore“ - ma pur sempre padrona di casa - ogni figlio/a occupava un gradino.
A seconda dell’altezza, ovviamente.
Alché l’immagine risultava alquanto singolare.
Mi strappò un sorriso per nulla aggraziato vedere la madre di A. sul gradino più alto.
Ella aveva un duplice scopo:
- far percepire agli astanti che il ruolo di capofamiglia, defunto il marito, era passato a lei;
- fungere da faro che illumina nelle lacustri tempeste.

E il vestito, in tal senso, faceva la parte del leone.
Sartina provetta, la suocera se ne era cucito uno per l’occasione. Preventivando che vi fossero “almeno” diciotto gradi, si era scollata per bene.
Il preventivo, però, si era rivelato una bufala e, pertanto, fu costretta a ricorrere ad uno scialle di fortuna.
Con bordo in capretto nero che, sul giallo oro del vestito lungo, faceva “una sicura impressione”.
Di sicuro, si percepiva la parentela con i caprai della malga vicina.

Geena, con la sua bella voce discreta, esclamò che parevano i Sette Nani, ma, guardandomi, non si sentì di darmi della “Biancaneve”.
Mi prese sottobraccio, invitando Franz senior (il mi babbo) con la coda dell’occhio azzurro a fare altrettanto.
Sicché risultò che stavano conducendomi a passo fiero in galera.

Attorniata dai “nani” e dalle cugine (in)festanti di Geena, feci il mio ingresso nel maniero.
I tre officianti attendevano col sorriso di circostanza a “32 denti” stampato in faccia.
Non chiesi mai a Geena quale compenso avesse loro versato per renderli tanto radiosi.
Per dirla tutta, non tutti avevano trentadue denti.
Il “giovane” Krushev, ad esempio, era carente nel settore.

Comunque.
Dopo avermi “deposto” (avete letto bene: DEPOSTO) tra le braccia di A., che attendeva nel luogo adibito ad altare, Geena e Franz andarono a sedersi.
Geena tirò fuori il fazzoletto sin da subito.
Ma non per commozione. Il rimmel di colore blu elettrico le dava semplicemente fastidio.
Mi chiesi, vista la mise nero pece, perché avesse optato per quel colore, ma, scorgendo le unghie - blu elettrico anch‘esse - capii perché.

Il matrimonio procedette bene fino alla predica.
Il coro con cui cantavo da quasi due decenni faceva, per dirla con Gio, la sua porca figura.
Il Maestro, che è l’amico di tutta una vita, era indubbiamente più commosso di quanto non lo fosse mia madre.
Dicevo della predica.
Penso che sacerdoti di una certa età dovrebbero fare due cose: limitarsi all’insegnamento e allo studio delle Scritture o fare lunghe passeggiate in montagna.
Perché, quando vengon messi in condizioni di parlare a ruota e senza schema alcuno, sparano cazzate incredibili.
Una di queste - bufala pazzesca, tra l’altro - fece girare i marun a mio padre e a mia madre.
Specialmente a quest’ultima, che si convinse definitivamente della sostanziale “bifolchità” del futuro genero.
“Mi ricordo” mormorò ispirato padre Krushev, preposto al ruolo di predicatore “di quando Laura ed A. venivano a nascondersi nei locali della Chiesa del villaggio. Erano così carini insieme.”

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Ora.


Che fossi in qualche modo originaria di “quel” villaggio che aveva menzionato e in cui egli era stato parroco per cinquantasette anni era indiscutibile.
Ma A., di certo, non lo era.
Ed io, di certo, non avevo MAI frequentato “quella” Sacrestia.
E A., di certo, non aveva MAI frequentato “alcuna” Sacrestia.
Eppoi, diciamocela tutta, due persone di trent’anni “gongati“ (da “gong“, suono onomatopeico), che vivono sole, hanno bisogno di nascondersi in una Sacrestia?
A. prese a ridere come un forsennato.
E fragorosamente.
Le lacrime uscivano copiose dai suoi begli occhi verdi ed io lo imitai, mio malgrado.
Il rimmel (il mio era nero) si rivelò non essere waterproof.
Geena ci fissava scandalizzata, mentre il fotografo rosso di capelli, la guardava preoccupatissimo come in cerca di conferme.
Scattare o non scattare?
Questo “era” il problema.

Da quel momento in poi, “tratto il dado” o “buttato il dado in pentola”, provai a fregarmene e a godermi la cerimonia.
Scambio di anelli, promesse nuziali.
Tutto fu perfetto.
Un tocco di americanismo alla Beautiful fu proprio la recita di promesse scritte di pugno dalla sottoscritta, tutte incentrate sul concetto: “Non so se durerà, ma spero di sì.”

A., che è un chimico, lesse, invece, quelle canoniche e mia madre - schifatissima - si domandò se sapesse “leggeve” in italiano.
“Sbagliò due o tve volte e, nonostante la giovane età, mostvava sevi pvoblemi di pvesbiopia.”
Questo il suo commento postumo.

Firmammo, poi, il “contratto nuziale“.
Una sequela di autografi infinita.
Perché, mentre A. aveva due (2) testimoni, io ne avevo cinque (5).
All’ultimo minuto erano stati aggiunti alla lista - indovinate da chi…- mio fratello e mia cognata.
Poiché si era deciso - indovinate da chi… - per la separazione dei beni, le firme furono doppie.
E, nel caso delle persone della mia famiglia, ottuple :lol: (abbiamo tutti, cognata inclusa, quattro nomi a testa e senza virgole).

Ma poteva procedere “bene” fino in fondo?
Noooo.
Se Geena non è propriamente il diavolo, le corna ce le mette comunque.
Al momento del ringraziamento, “era necessario” mostrare al mondo quanto talentuosa (e sprecata in quel consesso di bifolchi) fosse la figlia minore nell’ arte del bel canto.
E chiese al mio Maestro di suonare l’Ave Maria di Gounod.
Bene.
Feci anche questo.
Mi esibii.
SPOILER (click to view)
Che figura di cacca...


E, mentre la madre di A. piangeva senza ritegno, io mi perdevo la faccia adorante dello splendido “nano” che avevo appena sposato perché concentrata sulle note e sulla faccia di Geena che, virtualmente, mi dirigeva.

SPOILER (click to view)
Che figura di cacca...


Mi ricordo ancora quel suo ditino indice alzato a mo’ di bacchetta, manco fosse stata Riccard(a) Muti.
:of:
“Esibizione superba.” disse con la sua bella voce discreta a fine cerimonia “Mia figlia ha studiato col Maestro A… “
E la suocera, candidamente:
“E chi è?” :ph34r: :ph34r: :ph34r:

I matrimoni - è ben noto - sono una occasione per vedere persone che, grazie al cielo, non si vedranno più per tutta la vita.
Insomma, spesso si contano - tra gli invitati - individui di cui non ci frega una sega a bancomat. :shifty:

Anche il mio “matriaggio” non fece eccezione.

La cena al maniero fu preceduta, un mese prima del gold event, dall’invio delle partecipazioni e queste comportarono, nel caso della famiglia H. S., un autentico censimento. :of:
Gli invitati, in numero di venti (20) “dal lato di A.”, erano contro(s)bilanciati in modo spropositato “dal mio lato“.
“Solo” 347 persone “dimoravano” sul lato sinistro della sala. :ph34r:
Sul lato destro, quello dello sposo, campeggiava “il nulla”.

Le 347 persone erano le cugine disseminafigli di Geena, i nonni, una bisnonna, i monsignori e una caterva di illustri colleghi di lavoro del babbo e della mamma. C’erano poi tre dei quattro fratelli di Geena, tutti con compagne e figli e suoceri al seguito.

Il fratello maggiore di Geena, uomo cupo dai molti volti e dai folti capelli, si era rifiutato di lasciare gli atri muscosi del Lago Maggiore per trasferirsi - anche solo per un giorno - sul Lago concorrente.
Mah.
Non che me ne fregasse una sega vistalago… :pz: :acca:

Il servizio fotografico si svolse nei dintorni e all’interno del maniero.
Una delle torri più antiche, agibile a differenza delle altre, immortalò l’unico bacio postsponsale.
La suocera novella avrebbe voluto qualcosa di “naif“, tipo una posa col capretto ignudo, scuoiato - lo ricordo in caso di dimenticanza - per farsi lo scialle di fortuna, ma io avevo declinato il cortese suggerimento.

Geena non sorrise mai.
Il dolore di stomaco l’afflisse tutta la sera, anche mentre si nutriva abbondantemente. :shifty:

Vi accennavo, nella puntata precedente, ai botti di capodanno.
Ora, avrete dedotto, in qualche modo, che i miei sponsali ebbero luogo nei primi giorni di maggio.
Oi bottòi“ ebbero luogo per precisa disposizione del capretto nero o, forse, per onorare la sua tragica scomparsa.
La madre di A., dotata di grande senso dell’umorismo e di classe “robusta“, aveva deciso di regalarci qualcosa di “poco esagerato“.
Siccome i petardi risultavano volgari a tutti, cosa potevamo auspicare di più, se non delle stelle artificiali vespertine?

E, allora, il desinare al buffet allestito sotto un romantico porticato, fu trionfalmente “accompagnato” da rumori, fischi, sibili e luci multiformi. :rolleyes:

C’era anche una coscia di porc… cinghiale con sopra una di quelle stelle che “sprizzano” scintille e, smaltita la polvere da sparo, terminano la loro effimera esistenza facendo il botto.

Mentre provavo ad addentare i formaggi disposti su un elegante tagliere destinato SOLO agli sposi (a momenti, vista la fame abnorme, mordevo anche l’elegante tagliere), dovevo sorbirmi i commenti di Geena sulla “sostanziale buvinità della famiglia del mavito di mia figlia”. :angry:

Aridaje.



Dunque, se non ricordo male - ho buttato da qualche parte in soffitta la lista con le portate della cena e non ricordo i particolari - il buffet era composto, oltre che della suddetta coscia di porc…cinghiale, di verdure pastellate, taglieri con salumi e formaggi del luogo, vinelli, Bardolini, grappini alla frutta, succhini di arancia presunti dal vago sapore al “gatorade”, che si rivelarono essere anch’essi gravemente alcoolici. :shifty:

La cena era un pranzo.
O, meglio, io non vedevo la differenza.

Mi aspettavo pescetti lacustri e marini e mi ritrovai tutti gli abitanti - defunti - della Foresta Nera. :ph34r:
Un cimit…trionfo di cosce flambé e crani con agrume incastrato fra le mascelle. :alienff:

C’era un tris di primi piatti composto da:
- bigoli con sugo al capriolo;
- tortellun ai funghi porcini;
- tagliatelle con sugo di lepre.

A chi veniva dalla Bassa, Geena aveva destinato un piatto di volgarissime lasagne al forno, che io desiderai con tutte le mie forze mangiare, ma non potei per salvare l’onore della famiglia.

E, poi, brodi, brodini,brodetti e tortellini “naviganti” sul fondo di presunte zuppiere d‘argento (o zuppiere di argento presunto…).

Comunque, i tortellini la facevano da padrun. :la:

Il secondo prevedeva carni di ogni genere, taglio, specie, fattura, lacrime e ‘nfamità: il classico porc…cinghiale, posto al centro di un tavolo enorme dotato di un numero di sei -6- rotelle (pareva una barella dell’ospedale), era contornato da patate al gratin, patate al forno, patate fritte, patate trifolate, patate duchessa, patate ubriache al rhum e patate affogate nella salsa bechamel. :blink:

Insomma, le patate la facevano da padrun. :la:

Dal porc…cinghiale, smembrato con un coltello alla Psycho dagli sposi novelli (noi non tagliammo la torta nuziale, ma il porc…il cinghiale nuziale), passammo ad una infinita sequela di grigliate miste.
Carni d’agnello, salamelle, porcelli, caprioli, leprotti. :ph34r:
Il pollo, tanto amato da Geena, ma ritenuto cibo per polli - appunto - era illustre assente.
E queste carni ai ferri erano contornate da: patate di ogni specie (vedi sopra), creme di peperoni, zucchine “intrufolate“ (tra le melanzane), spinaci senza sale, fagioli molto salati e senza palle, crauti, cipolle bianche lesse, fagiolini in misteriosa salsa rossa.

Poi, finalmente, fu la volta della frutta e del dessert.
Mangiammo banane infuocate per effetto del cognac, dolci, dolcetti, dolcini e ci bevemmo su un numero spropositato di grappini alla frutta e senza frutta etiam.

La torta nuziale merita uno spoiler a sé.
Si trattava di un “collage” di ben undici torte diverse, sistemate su vassoi che erano stati posti sulle torri del maniero. :wacko:

Prima che facciate un salto sulla sedia, vi informo che furono sistemate su un plastico riproducente il maniero (non sulle torri vere, quindi), fatto preparare dalla cugina architetto di Geena.
Un bel lavoretto. :lollone:

Le torte, dicevo, erano 11 perché di 11 mi son sposata ed erano diverse. Dalla classica torta nuziale a quelle tipiche di queste parti: la Helvetia, che, senza dubbio, è la mia preferita e, poi, altre che non meritano menzione. :bl:
Ah, no, c’era anche una enorme sbrisolona, necessario omaggio alla mantovanità.
Adesso capite perché io non ebbi mai a tagliare la mia torta nuziale.
La sbrisolona di cui sopra, peraltro, si rompe con le mani, tanto è dura…

La cena terminò in un tripudio di petardate supplementari e, finalmente, ci congedammo dagli invitati, che, prima di tornare alle rispettive case, saccheggiarono il bar, richiedendo con una certa urgenza liquori al carciofo e caffè corretti con grapin.
Taluni richiesero grappa pura corretta con caffè amaro. :lollone:
Nel mentre, la faccia di Geena era scomparsa del tutto sotto il tacco dieci.

Io ed A. decidemmo di pernottare al maniero dopo che la suocera aveva comunicato al mondo di voler tornare su al pascolo. :shifty:
Pensai che fosse suo intento dare onorata sepoltura al capretto nero (e fors’anche al vestito giallo oro).
Mia madre, invece, ebbe l’ingrato compito di dare un passaggio a mio fratello e alla sua compagna, che erano clamorosamente rimasti a piedi.
“Una veVgogna inaudita”…

Seppi in seguito che, mentre percorrevano la gardesana orientale, una pattuglia di carabinieri li aveva fermati.
Geena scese dal fuoristrada con aria abbastanza scocciata, subito seguita da suo figlio, mentre mia cognata era rimasta in auto.
Uno dei giovani in divisa si era avvicinato alla portiera per vedere chi fosse rimasto all’interno. Scorta N. in abito da sera, le aveva chiesto perché fosse vestita così.
A Geena, l’altro - si suppone il comandate in capo - aveva fatto la stessa domanda.
A mio fratello, niente, sebbene vestisse in modo piuttosto strambo.

“Mi può spiegave perché queste domande sull’abbigliamento?” aveva chiesto Geena punta sul vivo.
“Signova,” anche il carabiniere aveva rivelato la erre moscia, lasciando tutti allibiti “non è novmale andave vestiti così alle due di notte.”
“Ma pev chi mi ha pveso? Lei non sa chi sono io.” aveva ribattuto Geena sbattendo il tacco dieci sull’asfalto.
“Ma l’abbigliamento…” la voce flebile dell’autista della volante contrastava con quella moooolto discreta e sottotono di mia madre.
“L’abbigliamento cosa? Siamo di vitovno dal matvimonio di mia figlia, cosa cvede?”
 
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melusina13
view post Posted on 13/2/2011, 20:10




Bellissimo racconto, esilarante direi, in molti punti. Che dire? Diegesi e mimesi perfettamente integrate in un narrazione dettagliata degna della migliore letteratura realistica con qualche punta surreale! Complimenti.
Una curiosità: ma il maniero è abitato attualmente? E' inutile nasconderti che, sotto sotto, sono una romantica, o meglio, un'ossianica, per cui amo le atmosfere gotiche con tutti gli annessi e connessi.
 
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view post Posted on 13/2/2011, 20:38
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E' abitato solo in estate. Forse per un paio di settimane, ma, allo stato attuale, non ne so molto, ché quegli eventi risalgono a sette anni fa e molte di quelle persone non le frequento neanche.
Ti ringrazio del commento lusinghiero! In verità, questo racconto è venuto fuori così come lo hai letto. Ci son delle volte in cui la struttura <viene> con il piacere di scrivere a ruota. Insomma, trattavasi del classico "senza pretese", ma ha avuto discreto successo anche nel forum di prima pubblicazione.

 
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view post Posted on 3/3/2011, 17:19
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Parte quarta, forse



Prima di passare alla descrizione del viaggio di nozze e, soprattutto, a quella delle folli notti cairote degli sposini novelli (sé, col cavolo…), è d’uopo fare un elenco dei graziosi oggetti che, secondo la fantasia dei donanti, avrebbero dovuto figurare all’interno di vetrine, vetrinette ed armadi della nostra casina.
Definita da Geena, “la nana”, visto che era composta di un soggiornino, una camerina, una cucinina e un bagnino (sé, magari…).
Tra l’altro, in affitto.
Che, però, vista la zona, era un affittONE.
A. si era opposto al dono di una casa da parte di Geena. Anche perché la casa “donabile” stava a Bolzano ed io, a Bolzano, ci avevo passato, in trent’anni, sì e no cinque estati.
Da dimenticare senza indugio alcuno.
Il mio nuovo lavoro - un lavoro da morti di fame - era giù in pianura, laddove aveva avuto origine una esigua parte del lato bifolco della famiglia.
Le piacevoli definizioni di cui sopra sono ovviamente della nobile Geena.

Nota a margine: per chi non lo sapesse, il “lavoro da morti di fame” è quello di insegnante.


Bene: torniamo all’incipit.


I regali agli sposini bardolini (variante stagionata per “novelli”).

Il presente più grosso lo ricevemmo senza dubbio dalla zia Wilma: due cigni di pietra dolomitica, dai colli languidamente intrecciati, alti circa 50 cm a testa e di colore rosa confetto. Secondo la zia, trattavasi di sculture da giardino. Rimase interdetta, scoprendo che nel mio appartamentino non c’era neppure un balcone e <fu deciso> che il posto adatto non poteva che essere il salotto. :sick:

Parecchi regali furono in argento o presunto tale.
Il giorno in cui furono consegnati, si accese una diatriba infinita sulla qualità degli stessi argenti tra Geena e la suocera col capretto nero al seguito (ancora vivo, la settimana prima del matrimonio).

Secondo voi, qual è il più prezioso?

L’ottocento o il novecentoventicinque?

Arrivarono quasi alle mani: mia madre, accesa sostenitrice delle leghe leggere e, quindi, del novecentoventicinque e la suocera, <corposa> quanto una forma di grana padano, coriacea come una coscia di cinghiale stracotta, che parteggiava - obviously - per l'ottocento.
Nel clamore generale, un pesante vassojo cadde sul piede di A., facendogli scoprire una forma nuova di umano apprezzamento.

Molto gradito fu l'assegno dello zio Johann, staccato per compensare <la mancanza> di altri parenti lontani.

"Tvovo insoppovtabile la povevtà cui va incontvo mia figlia..." aveva detto sua sorella Geena piangendo per indurlo ad agire. E, nel mentre, Johann - che è medico - le aveva ceduto, sotto tavolo, una delle sue compressine di maalox plus.
Ma Geena pensava non fosse sufficiente per digerire la mia futura suocera e chiese, così da amplificarne l'effetto, un bicchierino di grapin al limone.

"Pevché," come spiegò alla cugina "l'alcool fa un male cane, ma il limone è disinfettante dei bassi intestini."
"E quelli alti?" chiese la sua interlocutrice.
"Mi stvanizza che non ci avvivi." rispose Geena "Anche i liquidi seguono il moto dei gvavi. Tutto tende al centvo della tevva. L'alcool va giù come fosse un macigno."
"Tranne quando vomiti." obiettò la cugina "In quel caso, va su."
"Solo pevché esevciti una spinta!" sbraitò mia madre che sapeva più di fisica che di come si allevano i figli.

Un regalo molto simpatico fu quello della adorabile prozia livornese, Vittoria. Si trattò di un robot da cucina così composto:

Una triade di "sfrantecatori":

- tritacarne;
- tritapalle;
- trita o mai più.

Le cinque fruste dell'apocalisse (ideate, a parer mio, da Jacopone da Todi):

- frustino sbatti uova;
- frustino per atti osceni in cucina;
- frustino per arricciarsi i capelli;
- frustino batti tappeti;
- frustino trancia dita.

Le succursali del cesso wengé, di cui ho parlato altrove:

- vaso per impasti;
- vaso da notte;
- vaso per fiori ad utilizzo culinario.


Ogni tipologia di oggetto - vasi inclusi - era addattabile ad un unico motorino con impugnatura ergonomica: gommosa al tatto, con tasti anch'essi di gomma.
Era divertente - e lo è tutt'ora - affondarci le unghie. Mio figlio Franz, ogni tanto, mi chiede perché ci son su tanti segnetti.
Lui non lo sa, ma ci contavo i giorni trascorsi a casa di Geena (il countdown).

continua!...
 
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view post Posted on 4/3/2011, 17:16
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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Precisazioni sulle bojate precedenti:

I cigni della zia Wilma (quelli coi colli intrecciati) furono trafugati nottetempo nel maniero suoceresco. La donna dal nero capretto, infatti, sosteneva che essi facessero pendant con la scala dai sette gradini di cui altrove ho parlato. Così, con la scusa di volerla a tutti i costi compiacere, stipai i due cignun sul fuoristrada di Geena e <li condussi> nel loco cerimoniale, ove vennero sistemati in mezzo a un trionfo d'edera urticante, a sinistra della suddetta scalinata.
Bene.

Tra gli argenti "ottocento" e "novecentoventicinque", reperimmo anche un piatto di 20 cm di diametro, vagamente fondo e con grandi foglie di alloro in altorilievo. Insomma, una pacchianata pazzesca. Sul fondo, accanto al numero 925, era incisa la sentita dedica: "A Giovanna ed Ernesto, con grande affetto".
Alché, capimmo che il cugino Ernesto e la sua seconda moglie (Alberta) avevano pensato bene di disfarsi del dubbio piatto con datato pensiero annesso.
Francy - mia amica di ND - ha accennato alle liste di nozze.
Io non ne ebbi una, perché Geena riteneva fossero cose "da movti di fame".

Ed ora passiamo ad una appendice dei regali di matrimonio.

I BIGLIETTI D'AUGURI



Giunsero molti attestati di stima, cahiers de doleances e auguri di felicità:

CITAZIONE
"Siamo lieti che abbiate finalmente trovato l'anima gemella. Adesso, non vi resta che trascorrere insieme tutta la vita..."

Non era un messaggio minaccioso e, a tutt'oggi, io e l'Andrea attribuiamo la stranezza linguistica al fatto che a compilare il biglietto siano stati i miei sconosciuti cugini di madrelingua tedesca.


CITAZIONE
"Cento di questi giorni."

Come a dire: "Poco più di tre mesi e, poi, divorziate".

Altro biglietto:

CITAZIONE
"Ho scritto TAMO sulla spiaggia..."
(segue il testo della canzone

)

Domanda: "Chi cazz è 'sto TAMO?

Altro biglietto da parte dell'ex convivente di A., a me indirizzato:

CITAZIONE
"Il marito a te e la torta a me."

Come a dire: "Meglio strafogarsi di dolci che andare a letto con tuo marito."

Biglietti varii:


CITAZIONE
"Auguri ai freschi sposi."

CITAZIONE
"Auguri ai novelli sposi."

Aridaje, con 'sto vino...

CITAZIONE
"Auguri al novello sposo."

E la sposa???

CITAZIONE
"Siete dei freschi fiori. I vostri cuori batteranno in eterno."

Amen.

CITAZIONE
"L'amore sia faro costante in ogni istante della vostra vita."

Spegnere la luce mai??!

CITAZIONE
"Siete due creature spirituali. Vi basta volare l'uno tra le braccia dell'altro per provare l'estasi... e si vede..."

'mmazza...



continua!...
 
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view post Posted on 4/3/2011, 20:35
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Oddio, Laura, sto ridendo come una pazza!
 
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briky
view post Posted on 21/4/2011, 09:08




Laura sei mitica leggendo i biglietti ho ricordato quelli che hon ricevuto io compresi i regali ....
Sto ancora ridendo..... :lol:
 
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view post Posted on 21/4/2011, 16:16
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MuraBoss, grazie di avermi letta!
La cosa tragica è che questi racconti corrispondo in buonissima parte a verità!:lol:
 
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Yayoi
view post Posted on 28/4/2011, 22:08




C'è il mio bradipo che sta dormendo e io continuo a ridere.
Tra poco mi butta fuori dalla stanza......

E' stato più divertente delle formiche rosse. Grazie.

L'idea del plastico è mitica. A conoscerci prima te lo facevo io, come regalo di nozze ;)
 
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fufu1973
view post Posted on 29/4/2011, 17:06




Laura la storia del tuo matrimonio è esilerante complimenti il tuo modo di raccontare è scorrevole e piacevolissimo!!!!poi ti confesso che io mi sganascio nel leggere le frasi di tua madre scritte proprio come lei le dice con questa "evve" che fa così fam. "Agnelli"! tu a Sophie Kinsella gli prendi una pista!!!!poi il prete...è vero che fanno sermoni assurdi quando mi sono sposata io nel 2000 il mio parroco ha incentrato l'omelia sul Gay pride che si sarebbe tenuto a Roma per la prima volta da li a poco..ti lascio immagginare lo sguardo angosciato e vuoto di noi sposi e del resto della truppa! complimentoni sei veramente bravissima!!
 
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9 replies since 6/2/2011, 21:40   183 views
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