L'Anta Wengé

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view post Posted on 4/2/2011, 22:14
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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“L’anta wengé”



Un apostrofo di color marrone.

Il salotto di casa mia nacque dallo <schizzo> di una decoratrice impazzita o da un attacco di anarchia di un barattolo di colore, se preferite.
I colorifici dei tempi moderni, tuttavia, sono il prodotto di <lanci> di idee, oltre che di <bordate> di colore.
Così, ecco che, dalla insoddisfazione della <domanda> nei confronti dell’<offerta> di colori tradizionali, nasce “il wengé”.
Brutta cosa abbracciare certa filosofia (questa, nello specifico: “Esiste qualcos’altro, oltre al bianco nero“)

SPOILER (click to view)
Peraltro, la mia fede calcistica è rigorosamente viola!


Ma torniamo al wengé: è quel che, nei cataloghi dei mobilifici postmoderni - utili per incartare il pesce , oltre che per prender cognizione di ciò che non potrai MAI permetterti - viene etichettato come <variante del nero>.

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Se vi recate ad un qualsiasi Ik**, constaterete come gli spartani di Svezia scrivano lapalissianamente <nero>: <da loro> non esiste l’anta wengé.
Nel mobilificio "serio" in cui ho acquistato la parete attrezzata del mio salotto, invece, l’anta wengé c’è.

Leggete, se vi aggrada, il resoconto cronachistico dell’accordo di acquisto.

“Come la vuole l’anta?”
La domanda della giovane commessa mi coglie impreparata.
Arrossisco alla stregua delle mie alunne, quando s’immolano spontaneamente (sé, come No…) in cattedra.
“Che s’apra…” rispondo aspirando la “C” alla maniera della prozia Vittoria.
“Non ha capito…” dice la commessa mentre solleva il ricevitore. Sembra sia sul punto di chiamare la sicurezza per cacciarmi.
“Efforse gno…” mormoro tra me e me, martoriandomi le dita.
Apre il suo catalogo e dice:
“Abbiamo il pervinca, il rovere, la terra di Siena, l’acqua salmastra e, infine, il wengé.”

TRASECOLATA PART ONE.


“L’acqua salmastra etiam?”
Per lo meno, ho <colto> che di colore trattasi.
“Cosa?” mi domanda la ragazza al culmine dello stupore.
“Il wng…è?” biascico.
“E’ nero, ma non è nero, perché, in realtà, è rovere moro.” spiega la giovane.
“E, mi dica,” soggiungo “è tanto diverso dal rovere <normale>?”

SPOILER (click to view)
Non avevo idea neppure di come fosse il rovere <normale>, eh.


Mi sento, nel mentre, le orecchie in fiamme.
“Ovviamente!” sottolinea la commessa “E' moro!”
Cerco di correre ai ripari:
“Ricominciamo da zero. Faccia finta che io parli un’altra lingua. Mi spieghi, gentilmente, cos’è il wengé.”
La ragazza schiocca le dita come avesse avuto una illuminazione:
“Poteva dirmelo prima che è una extracomunitaria…In effetti, si percepiva...”

La percezione.
Vogliamo discuterne? pensai. E' il colore rosso fiamma dei capelli a indurti in errore o pensi che una criniera come la mia sopravviva solo di là delle Alpi?

Finalmente, mi spiega che "il wengé" è un marrone scuro, striato come il rovere chiaro e tendente al nero.

A quel punto, sentenzio che no, non la voglio l’anta wengé.

“Dopo tutta questa fatica?” mi domanda a metà tra il piccato e l’ironico.
“Mi piace il modello.” replico “Ma preferisco il rovere chiaro.”
“Ooook.” digita “Corpo wengé, anta rovere chiaro…”

TRASECOLATA PART TWO.


“Come…corpo wengé?” ripeto scioccata.
“Questo modello presenta due versioni.” e fa il segno del due con le dita, nel caso in cui non avessi <colto> “Corpo wengé e anta rovere chiaro; corpo rovere chiaro e anta wengé.”
“Insomma,” sbotto “gira come ti rigira, c’ho sempre ‘sto color cacca stantìa davanti agli occhi.”
La commessa mi guarda male:
“Va molto di moda, signora.”
“Più che altro,” la correggo pedantemente “va di mota.”
Alla fine, arriva l’Andrea e mi dice:
“Prendi l’anta wengé ché il sottopensile della cucina è dello stesso colore.”

TRASECOLATA PART THREE.


“Che ne sai tu, del wengé???” ringhio “E perché non sono stata messa al corrente del fatto che la mia cucina è in parte <marrone>?”
“Ma non è marrone…” continua a dire la solerte commessa.
Mi fissano - lei e l’Andrea come fossi un essere del sottomondo.
“Vabbé, mi arrendo.” dico alzando le mani in segno di resa “C’è un po’ di marrone nella vita di tutti…”
Alla fine, le passo la mia carta di identità e la giovane provvede alla compilazione dell’ordine.
“Ah, ma lei è italiana…Perché mi ha detto di essere una extracomunitaria?”
“Chi?” chiedo.
“Lei!” risponde.
“Veramente,” replico piccata “le ho chiesto solo che accidenti è il wengé.”

All’origine della parete attrezzata.



Come molti sanno - e, di certo, chi non sa proverà un incontenibile gaudio nell’apprenderlo - sono nata in un indefinito (mah) anno del secolo trascorso (ma va?).

Quando Venditti sbraitava del compagno di scuola fetente, domandandosi se si fosse salvato o, invece, avesse scelto di entrare in banca “pure lui”, io c’ero.
Piccola entità vegetativa, ma c’ero.

Non parlavo ancora e già brandivo la penna con la manona sinistra.

Casa dei miei, prima dello decadenza internettiana, era un piccolo gioiello tecnologico.
Ma mancava qualcosa.
Novella sposa ventenne, mammà lamentava al babbo, già bell’e adulto, il mancato acquisto del <soggiorno>.

Possedevano una camera da pranzo e un salotto color verde militare e mia madre aveva appeso un quadro del Che col fondo rosso dietro al divano (lo stesso quadro, ora, è vicino alla mia parete attrezzata con l’anta wengé).

Perché questo nojoso preambolo?


Perché prima, signori, non esisteva la parete attrezzata.

Vediamo di analizzare questo semplice binomio linguistico:

- parete: sostantivo femminile. Sinonimi possibili: muro, divisorio;

- attrezzata: participio passato del verbo “attrezzare”. Sinonimo possibile: “dotata di“.

Mi scuso coi puristi se, pur nella mia pedanteria, non mi sono preoccupata di cercare autorevoli fonti. I sinonimi sono scritti di mio pugno.

Questo mobile - la parete attrezzata - che prima non esisteva perché era l’epoca del <soggiorno>, è diventato, negli ultimi anni, il cuore delle case, sostituendo persino il tinello, simbolo sempiterno del focolare domestico.

Dovunque si vada - case, uffici, financo i cessi pubblici - c’è sempre una parete attrezzata.
Se il sinonimo di “attrezzato” è “dotato di”, è lecito domandarsi di che cosa il mastodontico mobile in questione sia dotato.


image


Intanto, non stupirà la sua <necessaria> componibilità. Comprate il primo pezzo - il pezzo base - e vi stupirete di come, bulimicamente, andrete in cerca delle ottocentosessantacinque varianti per allungarlo (ad angolo, a sghimbescio, a soffitta, a stendino, a sega retrattile, per citarne alcune...).

Ma torniamo alla solerte cassiera...:pz:

“Signora, come la vuole l’anta?” :kling:

Vi ricordate ieri, n’è?

E la mia risposta?

“Che s’apra.” -_-

“Ora,” ha continuato la giovane donna (parte volutamente omessa ieri) “come la vuole posizionare l’anta?” :kling:
Faccio una smorfia alla “che accidenti me ne frega”. :blink:
“Siccome sono mancina, mi faccia l’apertura a destra, così afferro gli oggetti con la sinistra.” rispondo fiera.

“Non è possibile.” afferma la ragazza con tono di rimprovero “Sarebbe una stonatura, una disfunzione, un cataclisma visivo: e mondiale poco ci manca.” :fix:

“Faccia lei, dunque.” soggiungo stancamente.
“Se prende un’anta a zigzag, può posizionarla anche trasversalmente.” mi informa con autorità. Mi chiedo, in quell’istante, se abbia fatto un master da A*azz*ne.
Getto uno sguardo sul pc ed ella mi posiziona <virtualmente> l’anta a zigzag facendola partire dallo spigolo superiore sinistro e (s)terminandola sullo spigolo inferiore destro.

“Sa,” provo di nuovo “siccome sono mancina, potrebbe invertire gli spigoli?”
“Non è possibile.” afferma di nuovo con tono di rimprovero “Sarebbe una stonatura, una disfunzione, un…”
“Va bene.” l’interrompo. E aggiungo, tra me e me: “Mettila come cazzo ti pare.”

Pensavo fosse finita, mais non:

“La vuole fumé?”
“Come fumé?” ripeto “Non abbiamo detto da due ore che è wengé?” :wacko:
Mi sorride come se provasse profonda pena.
“Questa qui è l’anta della cristalliera.”
“Quella trasversale?” e inizio a ridere “Suppongo che in questi arnesi si espongano bicchieri e piatti di plastica.”
“Signora, non so se lei sia dotata di <coltura> o non capisca un acca di mobilia. L’anta soltanto è trasversale. Il ripiano per i bicchieri e gli argenti è regolare.
“Come czz si chiude, allora?” chiedo scioccata.
Gira meglio lo schermo del piccì:
“Così. A scivolamento.”
Rido di nuovo:
“A cascamento, vorrà dire…”
Anche la commessa ride.
Faccio notare che a me non importa molto di esporre argenti e cristalli. La parete mi serve per televisore, impianto stereo e, soprattutto, libri.
“Le consiglio di andare ai magazzini generali qui accanto, allora.” mi risponde con tono offeso “C’è una vasta scelta di scaffali in ferro policromo o di legno grezzo per lavori fai da te.”

Edited by LauraHeller - 7/3/2011, 20:08
 
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view post Posted on 4/2/2011, 22:51
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Ah ah ah! Non ci credo, Laura!....Ti ha rimandata da Ikea o, forse, neanche! Non ha granché peso la cultura in soggiorno, per la commessa, eh!?! :D
 
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view post Posted on 18/3/2011, 21:11
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La scelta della lavatrice



(postato anche su nessundorma, oggi).


Trasferendomi nella mia nuova casetta, a metà strada tra la civiltà urbana e la campagna e lasciando la precedente dimora - già ammobiliata dal mio locatore - ho dovuto affrontare anche la spesa della lavatrice.

Ne ho viste d'ogni sorta, ma io desideravo quella che si carica dall'alto.
Alla fine, ho optato per la carica e basta (da qualunque lato, purché si caricasse bene), anche perché i prezzi erano piuttosto elevati ed io non avevo elettrodomestici da rottamare (me esclusa).

Dunque.
La mia lavatrice da sette kg è una I******.
Ed è quella che il mi Franz chiama "l'astronave".
Pur essendo più semplice d'altre, ha una rigidità di programmazione tale da far rimpiangere il "modello a manovella" (o a calci nell'oblò).
Se opto per "il nove" ("lana e dilicati danteschi"), sono condannata ad attendere due ore perché il programma termini.
Puoi anche spegnere, nel mentre.
Ripartirà da quello stesso punto (stronza di una lavatrice!).
E, se hai programmato i dilicati, non puoi ripensarci e cambiare col cotone.
Non puoi avviare la centrifuga, altrimenti i cactus strategici deposti dal figliolo rischiano di volare nella tazza del cesso di fortuna (posto di fronte all'astronave).

Insomma, se compro un'altra casa, affitto un lavandaio, possibilmente con la faccia di Che Guevara (e con buona pace del mio uomo).
 
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view post Posted on 18/3/2011, 23:08
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ah ah ah! beh...io ce l'ho, una che si carica dall'alto!
 
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rino 53
view post Posted on 19/3/2011, 20:26




peccato che manca la marca della lavatrice
siamo sul punto di doverne comprare una nuova
e si è dell'idea di restare sulla stessa marca che abbiamo {Zanussi)
a quanto pare, (secondo i pareri di chi ne è in possesso)
sembrano come prezzo qualità il meglio sul mercato
 
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view post Posted on 19/3/2011, 21:05
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E' una indesit. Non volevo fare pubblicità (non occulta)... :lol:

Mia madre voleva a tutti i costi costringermi ad acquistare una "carica dall'altro" (o non caricare mai più).
Mi disse:
"Cava Lauva, sei una vompicoglioni congenita. Oltve che la peggiov nemica di te stessa. Fammi un favove: visto che, in casa nostva, soffviamo tutti di mal di schiena a causa dell'altezza, pensa alla vecchiaia che incombe e opta pev la tecnologia con la TE majuscola."
"Ma, mamma," ribattei "io non sono altissima come te e l'oblò mi è più simpatico."
"Non impovta." diss'ella "Anche se non hai eveditato la mia altezza, hai di cevto pveso ciò che è peggio. E, poi, è una questione di status symbol. La cavica dall'alto è sexy, modevna, dinamica, intvapvendente, seducente. Divompente, pev cevti vevsi, silente se necessavio, solida pev amplessi consumati col bottiglione del dash liquido."
 
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Yayoi
view post Posted on 1/5/2011, 21:05




Laura, ti sei beccata una grandissima str..... al negozio di mobili.

Ma alla prossima parete attrezzata, ritenta, non sono tutte così. :D


 
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view post Posted on 1/5/2011, 21:21
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Laura, ma davvero tua madre ti ha risposto così?!?...col Dash e tutto?!?....Divertentissima, la scena, però! :D
 
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