Grazie, Tenshina! In verità, i personaggi non sono tanti, ma capisco che, essendo "nuovi" di zecca, ci vuol tempo per rammentarseli tutti. Io stessa, talvolta, debbo fare parecchi passi indietro per ricordare i particolari e non entrare in contraddizione.
Succede, nelle storie lunghe.
Barbara, Miro non diventerà mai iperprotettivo. Lo ha anche detto.
Ma la sua Lauretta è sempre la sua Lauretta!
Capitolo Settimo
“Cercasi <inquilino>”
Davanti alla bacheca del Conservatorio, Tomo osservava con attenzione gli annunci.
Notò che il cartellino con il suo numero di telefono era stato strappato e iniziò a sperare: cercava un compagno con cui condividere le spese dell’appartamento almeno fino a che non avesse cominciato a guadagnare abbastanza.
Il suo cellulare squillò.
La voce maschile all’altro capo del filo virtuale gli diede conferma:
“Se la stanzetta di cui parli nell’annuncio è ancora libera, vorrei affittarla.”
“Certamente!” sottoscrisse Sakurakoji “Sono all’ingresso del Conservatorio. Se vuoi, puoi fare un salto subito!”
“Arrivo!” fece pronto il ragazzo.
Tomo si tolse gli occhiali da sole, rivelando un viso soddisfatto e rilassato: le cose, forse, cominciavano ad andare per il meglio anche per lui.
Si guardò intorno, ma non vide nessuno, a parte qualche studente che correva per raggiungere l’aula di studio.
Poi sentì qualcuno schiarirsi la voce ed egli trasalì.
“Hai bisogno di qualcosa?” chiese gentilmente ad una ragazza dai bei capelli color rame.
Erano lunghi fino alla vita, con delle sfumature di biondo.
“Sì. Almeno quanto tu hai bisogno di me.” rispose pronta “Sono la ragazza dell’annuncio. Voglio affittare la camera.”
Tomo sgranò gli occhi:
“Ma sei…una donna! Al telefono, ho parlato con un ragazzo, ne sono certo!”
“Era un tale che ho conosciuto davanti alla scuola!” confessò la giovane senza batter ciglio.
“Perché hai mentito?” chiese Tomo sconcertato.
“Perché immaginavo mi avresti dato il due di picche già al telefono.” rispose l’altra “E, così, ho pensato che sarebbe stato meglio farmi vedere. Sai, nel caso in cui potesse servire…”
“Servire a cosa?” ripeté il violinista “Tu sei fuori! Non vorrai sedurmi per avere la stanza?!”
“Veramente,” lo interruppe la ragazza “non sei il mio tipo, ma uno fa qualsiasi cosa pur di arrivare alla mèta.”
Estrasse una sigaretta e l’accese:
“Ascoltami bene, io ho bisogno di una camera. Studio all’ultimo anno dell’Itotsuboshi e non posso più vivere coi miei. Ti prometto che sarò una inquilina discreta: non sporcherò e non farò confusione.”
Estrasse un foglio dalla sua agenda:
“Questa è la mia pagella. Sono tutti voti molto alti. Sono le uniche credenziali in mio possesso, ma dovrai fidarti.”
Tomo lesse il suo nome a voce alta:
“Sayaka Otori, nata a Nara il 26 dicembre…”
La fissò di sottecchi.
“Nara, eh?” ripeté “Vuoi sapere dove sono nato io o lo sai già?”
“Beh, ti conosco di fama, ma è un caso che abbia risposto al tuo annuncio. Del resto, sei l’unico che cerca un coinquilino.” spiegò Sayaka con aria fintamente implorante.
“Come intendi pagare la stanza?” chiese ancora Sakurakoji scettico.
“Lavoro da Fat Burger tutti i giorni. Inizio alle sette di sera e finisco alle due.” spiegò la giovane “Così, se hai una ragazza in età scolare, non ti romperò le palle negli orari clou.”
Tomo sospirò, levando gli occhi al cielo:
“Senti, io cerco un ragazzo. Vivere con una donna che non sia <la mia donna> comporta un sacco di grattacapi. Non so se mi spiego: vivo praticamente svestito e anche una ragazza, suppongo, ha bisogno della sua privacy.”
“Allora, mettiamoci insieme e basta!” rise Sayaka.
Ma la battuta non sortì l’effetto che ella sperava e cercò di correre subito ai ripari:
“Mi serve solo per dormire. Cercherò di fare la doccia al lavoro, ok? Ti prego, Tomo, dammi una chance.”
Egli alzò la mano con sguardo torvo.
“Una settimana.” dichiarò “Ti do una settimana. Se dovessi essere un disastro, te ne vai fuori, capito? E mi paghi comunque le spese di alloggio.”
“La spesa la procuro io: avrai hamburger gratis per una settimana.” disse felicissima Sayaka.
“Allora, ricordami di chiederti un fegato nuovo.” ridacchiò Sakurakoji “Hai, <almeno>, un mezzo per arrivare alla periferia nord? Se non hai lezione, andiamo subito a vedere la stanza. E’ probabile che non ti piaccia neppure e che tu te ne vada autonomamente. Lo spero, in tutta onestà.”
“Non c’è problema.” disse prontamente la ragazza “Raggiungerò il quartiere in quindici minuti, se prendo la metro tra cinque.”
Infilò i pattini:
“Non fare la spia al Preside, per favore!”
Tomo le prese un braccio.
“Ti do un passaggio.” sospirò scuotendo la testa “So già che me ne pentirò.”
“Ma io sono del tutto indipendente, lascia che vada!” disse perentoria Sayaka “Ci vediamo a casa tua tra poco!”
E, presa nota dell’indirizzo, lo lasciò davanti alla bacheca perplesso all’inverosimile.
“Che bel sorriso, Tomino…” disse Shizuka con tono leggermente ammiccante “E…gran bella ragazza.”
Sua madre era uscita in quel preciso istante dalla Segreteria didattica della Scuola.
“Mamma, NON è come pensi.” si affrettò a giustificarsi il ragazzo “Ho solo bisogno di una coinquilina. Cioè di un coinquilino. Ma non accetterà, quando vedrà il letamajo in cui vivo.”
Si accorse di avere la pagella di Sayaka in mano.
Non fece in tempo a realizzare quella dimenticanza che sua madre gliel’aveva già sfilata.
“Sayaka Otori.” lesse “Chissà se è parente del signor Genzo. Del resto, è del tutto plausibile, visto che è di Nara. Cosa sai di lei?”
“Niente.” disse precipitosamente suo figlio “Ora devo andare. Mi sta aspettando a casa.”
Shizuka sorrise sorniona:
“Spero che questo evento porti bene. E’ una ragazza molto carina e Tomo ha bisogno di misurarsi col mondo. Oramai, ha vent’anni.”
Diede di nuovo una occhiata alla pagella.
“Mi chiedo, però, che cosa possa spingere una ragazza di diciotto anni a lasciare così precipitosamente la famiglia…”
Quando Tomo arrivò nel quartiere periferico a nord di Tokyo, Sayaka era già in attesa: pallida e sudata, teneva ancora i pattini ai piedi e sembrava tremare visibilmente.
“Ed io che mi sono affrettata!” esclamò “Te la sei presa comoda, eh?”
“Cominci già a fare la suocera?” chiese Sakurakoji stancamente “Non avevi detto: <niente ingerenze nel privato>? Inoltre, non hai ancora il mio <imprimatur>.”
“Daiiii…” si lamentò Sayaka allungando la sillaba alla stregua delle ragazzine deluse “Mi avevi detto che ero in prova una settimana.”
“Ero ubriaco.” si giustificò Tomo, quando vide che ella già lo aveva privato delle chiavi della Bandit, così da <ricattarlo>.
“Uno dei motivi per cui non dovresti affittare la stanza,” riprese il violinista “è che l’ascensore si sfascia una volta a settimana e l’appartamento in questione è al settimo piano.”
“Poco male.” tagliò corto Sayaka “Mi terrò in forma.”
“Il secondo motivo” aggiunse Tomo serio “è che il tuo stanzino è di soli tre metri quadri ed è ben noto che voi donne amiate gli spazi ampi. E, mi duole dirlo, non c’è finestra.”
La giovane sospirò:
“Non è una stanza. E’ una tomba in affitto.”
“Pressappoco.” le fece eco Sakurakoji, aprendo la porta.
La vecchia mountain bike di Miro ostruiva ancora in parte il già angusto ingresso.
“Era di mio padre.” spiegò Tomo “Ora è mia.”
Sayaka mise a fuoco la zona giorno, divisa dalla piccola cucina per il tramite di un muretto e, in fondo alla stanza principale, due porte parallele.
“La camera in affitto è quella di sinistra.” disse il violinista “Quella di destra è la mia. Il bagno non è agibile dalla zona giorno. Vi si accede da entrambe le camere da letto. Quando lo usi, chiudi a chiave anche l’altra porta, mi raccomando.”
“Che progetto del menga…” disse Sayaka con sconcerto “Comunque, me ne ricorderò.”
“L’architetto del menga sono io.” disse Tomo, inarcando le sopracciglia scure “Sapevo che, prima o poi, la paterna topaia sarebbe finita a me, visto che l’appartamento in centro spetta di diritto al fratello bello e talentuoso.”
"Non credevo stimassi te stesso così poco." disse Sayaka stupita.
Afferrò una mela appoggiata sul muretto divisorio e assestò un morso deciso.
"Immagina" riprese Tomo con una sorta di ironica amarezza nella voce "che tutto, amore incluso, confluisca nelle mani di tuo fratello. Appena avrai realizzato questa idea, torna a comunicarmi le tue impressioni."
Le mascelle della giovane donna masticarono sempre più lentamente sino a fermarsi:
"Conosco bene sensazioni come questa, ma non per questo mi piango addosso dandomi indirettamente del cesso."
Depose la mela laddove l'aveva recuperata e Sakurakoji represse a stento una risata. Quindi, la invitò a ispezionare quella che sarebbe stata <la sua stanza per una settimana>.
Sayaka entrò, rimanendo senza fiato.
"Suppongo" mormorò Tomo "che sia di tuo gradimento."
Erano realmente tre metri quadri scarsi e non v'erano che una scrivania e un divano sgualcito, ma la particolarità di quella camera era il lucernario.
"Ho sempre sognato di addormentarmi col cielo negli occhi." disse le giovane con tono basso.
Il violinista si stupì della improvvisa dolcezza nella sua voce.
"Quando mio padre è venuto a vivere qui," le raccontò "era un ambiente unico. Pensando alla mamma, aveva pensato di sistemare il letto sotto questo lucernario."
"Devono essersi amati moltissimo." sospirò Sayaka "Lessi la loro storia, qualche tempo fa: l'ho trovata romantica e struggente."
"Io vorrei essere come lui." confessò Tomo con una punta di malinconica determinazione, il pensiero fisso su Kaori Hayami "Quando ha incontrato mia madre, tutta la sua vita ha preso a girare attorno a lei. Non ho mai visto uomo più felice di vivere."
Sayaka deglutì:
"Sono stati fortunati a trovarsi."
Ci pensò su, incerta se continuare ad esprimere il suo pensiero. Alla fine, decise di tentare la carta della sincerità:
"Anche la tua ragazza è fortunata ad avere accanto uno come te."
Tomo comprese che ella si era fatta inspiegabilmente triste.
"Cosa c'è che non va?" le chiese infatti.
"Nulla." rispose la giovane "E' solo che non credo in queste cose. Si tratta di alchimie riservate a pochi eletti. Miracoli autentici. Altri - la maggior parte degli uomini - sono destinati a vivere senza sapere cosa sia l'amore sincero e riamato."
Il campanello di casa suonò in quel preciso istante.
Sayaka, un po' perplessa, chiese:
"Spero di non essere capitata al momento sbagliato."
Tomo colse immediatamente l'allusione ad una eventuale ragazza e, senza replicare, andò a rispondere.
Quando si vide davanti Chigusa ed Eriko rimase assai stupito:
"Che ci fate voi due qui?"
"Volevamo farti una sorpresa!" cinguettò Eriko strizzando l'occhio.
Le due Hijiri, ignare che all'interno dell'appartamento vi fosse anche Sayaka, baciarono l'amico e si fecerò strada.
"Toh," esclamò la maggiore alla sua vista "scusa, <fratellino>. Siamo capitate al momento sbagliato."
"Ma no..." minimizzò il violinista "Piuttosto, ne approfitto per presentarvi: questa è Sayaka Otori, la mia coinquilina."
Chigusa si lasciò sfuggire un fischio di presunta approvazione:
"Vedo che stai dandoti da fare!"
"Non è come pensi." disse subito Tomo "Ma che te lo dico a fare? Tu sei come Ian. Ragioni per compartimenti stagni."
"Ed è per questo che lui sarà mio!" lo prevenne subito la maggiore delle figlie di Rika.
"Sempre che io te lo permetta!" obiettò Eriko infastidita tanto dall'espressione della sorella quanto dalla presenza di Sayaka.
Sakurakoji le introdusse in cucina e si accinse a preparar loro del tea.
Chigusa squadrò di nuovo l'ospite di Tomo.
"Sei praticamente ovunque, ultimamente." le disse quasi scocciata.
"Mi duole procurarti pena." rispose seccamente la Otori.
Il violinista le fissò sorpreso:
"Suppongo, quindi, che voi due vi conosciate."
"Piuttosto bene." rispose la Hijiri "Grazie a questa bella signorina, il mio ruolo ne I Quattro Cavalieri è in discussione."
"Sono solo una studentessa dell'Itotsuboshi." dichiarò Sayaka, arrossendo sino alle orecchie "Non posso certo competere con una promettente allieva dell'Accademia d'Arte Drammatica! Per di più, tu sei l'erede naturale di Maya Kitajima."
Chigusa ridacchiò con astio atavico:
"E' quanto si diceva prima del tuo glorioso avvento! Il ruolo del Cavaliere della Terra era mio <d'ufficio>, fino a che non sei arrivata tu."
La Otori sospirò.
"Ciò che conta, in questo spettacolo, è riuscire a far arrivare al pubblico un messaggio positivo" disse convinta "La disarmonia genera distruzione..."
"Non parlare con me di filosofia!" l'interruppe Chigusa "Eviscerare concetti elevati non ti darà la possibilità di riscattarti ai miei occhi. La tua recitazione non mi piace e sono convinta che ci sia qualcosa sotto, che tu abbia alle spalle amicizie più potenti."
Sayaka divenne terrea:
"Se non sei riuscita tu, con il tuo grado di parentela, ad avere il ruolo che dici di prediligere, come pretendi che l'abbia fatto io?"
Tomo depose una tazza fumante davanti a Chigusa.
"Non puoi deporre l'ascia di guerra un istante?" le chiese.
Aveva notato che persino Eriko, di solito ciarliera ed impicciona, era andata a piazzarsi davanti alla play station pur di non udirla.
"No che non lo faccio, Tomo." disse perentoria la Hijiri "Ti consiglio di guardarti bene da chi ti metti in casa. Si raccontano un sacco di storie strane, sul tuo conto: ad esempio, che ti guadagni da vivere battendo nei bagni della scuola, visto che non vivi con la tua famiglia per qualche oscuro motivo. Potresti essere una cacciatrice di dote e io debbo mettere in guardia il mio <fratellino>."
Il violinista sospirò scocciato:
"Stai offendendo la mia ospite. Non credi di esagerare, Chizu?"
"Il prossimo passo sarà infilarsi nel letto di Ian, stanne certo." continuò imperterrita la Hijiri "Così sarà certa che la parte che sa fare meglio, quella dell'amante, finisca a lei."
Tomo sedette di fianco a Chigusa:
"Io, invece, penso che di palle se ne raccontino tante. Ed anche enormi, talvolta. Quindi, con tutto il rispetto, mi importa poco della <fama> di Sayaka."
"Sei incauto ad abbassare la guardia, ragazzino!" si sorprese la ragazza "Di solito, hai sempre avuto considerazione per i miei commenti."
"Di solito," la prevenne Sakurakoji "quei commenti sono esternati da una ragazza generosa e di buon cuore, non da una che giudica aprioristicamente un'altra solo per invidia o per preconcetto."
Chigusa colse un involontario riferimento alla madre e trattenne a stento la rabbia.
"Vedo che anche tu hai imparato a rinfacciare il passato." masticò con profonda amarezza nella voce.
Tomo scosse la testa:
"Non mi permetterei, lercio come mi sento, di rinfacciare alcunché a nessuno, tanto meno a te, che amo come una sorella."
"Invece lo hai fatto." disse piano la Hijiri, alzandosi dal tavolo, la tazza fumante e piena ancora davanti.
Chiamò sua sorella e si dispose ad uscire:
"Non verrò a trovarti finché saprò che questa...<persona> è tua ospite. Non tollero la sua presenza, sappilo. In ogni caso, se dovessi avere bisogno di me, sai dove trovarmi."
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