CAPITOLO 22 Onodera guardava soddisfatto la scena dominata indiscutibilmente dalla presenza della Dea Scarlatta: non aveva mai visto Ayumi Himekawa risplendere di tanta bellezza, mai l’aveva vista rappresentare una tale regalità ed un tale mistero, neanche nei panni di Oligerd. Era superba: i suoi movimenti erano sempre stati eleganti, ma in quelle scene sembrava che la sua volontà dominasse tutto il mondo e gli elementi. L’uomo aveva temuto che concederle la giornata libera sarebbe stato rischioso: mancavano solo due giorni alle prove generali! Quando invece era arrivata quella mattina ed aveva proposto quell’interpretazione il regista aveva capito di aver agito per il meglio. Fu sicuro di vincere ché mai, nemmeno in sua madre Utako, aveva visto tanto talento e tanta maestria. Si ritirò in un angolo appartato e proruppe in una risata con cui pregustava la vittoria che avrebbe assaggiato la domenica ventura.
Le prove generali per il gruppo di Kuronuma erano iniziate molto presto quella mattina: avevano a disposizione solo quel mercoledì per conoscere l’area del palcoscenico e valutare come recitare al meglio in base alla disposizione del pubblico. Le scene corali erano quasi del tutto definite, con gli attori che pian piano si rendevano conto che, in mancanza di scenografie, divenivano loro stessi il mezzo con cui far immaginare al pubblico la realtà rappresentata. Sakurakoji aveva compreso, finalmente, il consiglio che gli aveva dato il suo regista, ossia quello di tornare all’origine del teatro, al suo scopo principale. Grazie a questo la sua interpretazione era lievemente mutata: sfruttava meglio la mimica ed il linguaggio del suo corpo per rendere più consapevole il pubblico. Vedeva che Kuronuma apprezzava il suo cambiamento perché mentre lo guardava annuiva leggermente. Il ragazzo era però preoccupato per Maya. Mentre nei giorni passati l’aveva trovata superba, ora sembrava impacciata. Era una Dea rigida ed un’Akoya imbranata. Non riusciva a capire cosa potesse aver influenzato tanto negativamente la sua interpretazione. Per un momento temette che c’entrasse Hayami, ma rifiutò subito quel pensiero visto che fuori dal palco la giovane appariva serena. Il ragazzo notò comunque che non era l’unico ad essere preoccupato: il regista seguiva i suoi movimenti e le sue battute con attenzione silenziosa, come se stesse valutando come intervenire.
Come tutti i suoi colleghi, quella mattina era andato alla vecchia stazione abbandonata per seguire le prove generali della squadra di Maya Kitajima. Aki Mikami giunse prima di tutti i suoi colleghi complice anche l’agitazione che lo stava pervadendo in vista dell’appuntamento con Shiori fissato per quella sera. Quando arrivarono i suoi colleghi, ansiosi di avere un’anticipazione sullo spettacolo, le prove erano ormai in pieno svolgimento. Il giornalista se ne stava in silenzio, come era solito fare quando non era richiesta la sua partecipazione. Tuttavia non poteva fare a meno di ascoltare i commenti degli altri. Commenti impietosi, cinici, sarcastici. Sembravano non trovare nemmeno un fattore positivo in quello che stavano guardando: Sakurakoji era ‘un pezzo di legno’ con le sue stampelle, Kitajima sembrava alla sua prima esperienza recitativa, il regista non dava alcuna indicazione, gli attori tutti sembravano muoversi senza ordine apparente. Erano talmente concentrati su quella che sarebbe stata la rappresentazione della squadra di Onodera da non vedere il pathos di Isshin, la tensione di Akoya, la concentrazione di Kuronuma e la vivacità di tutti gli altri. Era curioso di vedere l’interpretazione di Ayumi Himekawa, ma dubitava che, nella gara, avrebbe potuto assistere a qualcosa di livello superiore a quello di Maya Kitajima. Aveva fiducia nel suo talento: da che poteva ricordare mai, in nessuno spettacolo, durante le prove aveva reso come sul palcoscenico. Quando arrivava il momento, quando il pubblico attendeva i suoi personaggi, tutto cambiava, non era più Maya Kitajima che provava, diveniva Beth di Piccole Donne, Bianca la Regina dei Pirati, lo shakespeariano Puck, la bambola di Sorriso di Pietra, Jane di Lande Desolate, Akoya e la Dea Scarlatta. Quello che lo stupiva era come potevano essere sempre tanto ciechi: la routine si ripeteva identica prima di ogni spettacolo. Le prove erano insoddisfacenti e le aspettative di successo minime: i giornali la stroncavano prima ancora di vedere lo spettacolo, salvo poi osannare il risultato finale dimentichi delle parole stampate solo il giorno precedente.
Kuronuma decise. Vedere Maya in quello stato non era di aiuto per nessuno. Doveva fare qualcosa e quel qualcosa era chiedere l’aiuto del giovane presidente Hayami, colui che sospettava, pensava, credeva fosse nel cuore della sua prima attrice. L’avrebbe contattato alla prima pausa utile. Nel frattempo tornava ad osservare le prove della troupe, incurante dei commenti che fuoriuscivano dalle bocche dei giornalisti che erano giunti sul posto ad osservare il loro lavoro. Era soddisfatto di tutti: contrariamente ai giornalisti, il regista si trovava nel posto che sarebbe stato del pubblico e vedeva tutto lo spettacolo come sarebbe stato la successiva domenica. Riusciva a scorgere anche la potenziale interpretazione di Maya perché sperava che avrebbe completato e dominato il suo personaggio in tempo. Giunsero alla fine del primo atto e ordinò una pausa di dieci minuti. Si appartò in un angolo nascosto della struttura e si accinse a chiamare la sede della Daito Art Production. Il telefono squillò un paio di volte prima che una cortese voce femminile rispondesse. L’uomo si presentò e chiese di poter parlare con la presidenza. La chiamata fu inoltrata e Saeko Mitsuki lo salutò cordialmente. “Vorrei parlare con il giovane presidente Hayami, è possibile?” – chiese. “Un attimo, prego.” – e venne messo in attesa. Passarono solo alcuni secondi prima che la voce calda dell’uomo d’affari lo salutasse e gli chiedesse come stavano andando le prove generali. “E’ proprio di questo che volevo parlarle…” – gli disse il regista. “Mi dica tutto…” – la voce si fece grave. “Maya. Maya si è bloccata.” – rispose l’uomo. “Si spieghi meglio!” “Non ha problemi con Akoya, anzi, è perfetta da quel punto di vista. Temo tuttavia che si stia lasciando sopraffare dalla parte divina del personaggio. E’ rigida nell’interpretazione, sembra che il corpo non le risponda come vorrebbe e questo non fa che metterla in crisi.”
“Ma come pensa che io possa esserle d’aiuto?” – chiese il produttore, sorvolando sulla solita giustificazione del fantomatico odio che Maya doveva nutrire per lui: con Kuronuma ormai era inutile. “Signor Hayami, Maya attraversa una simile fase prima di ogni spettacolo e lei, più o meno consapevolmente, l’ha spesso aiutata a superarla. Mi chiedevo se non volesse…” Masumi si lasciò sfuggire un lieve sospiro. Volere? Certo che voleva! Ma ormai non sarebbe più riuscito ad indossare la maschera dell’affarista con Maya. Come poteva spronarla provocandola?! Forse l’avrebbe aiutata, ma l’avrebbe anche ferita, ora che lo ricambiava. Si era reso conto perfettamente che la ragazza doveva per forza aver sofferto delle sue battute dopo essersi resa conto di amarlo. “Vedrò quello che posso fare… ma la Dea Scarlatta non è Jane né Ardis!” “Mi basta questo.” – gli rispose convinto l’uomo. “A che ora finiranno le prove generali oggi?” Kuronuma lo informò che sarebbero durate fino al tardo pomeriggio ma che probabilmente Maya avrebbe continuato ad esercitarsi al Kid’s Studio fino a tarda notte come aveva fatto anche la sera precedente. “Grazie per la chiamata.” – così dicendo Masumi chiuse la conversazione e prese una delle sue sigarette. Gli mancava. Maya gli mancava come l’aria. Erano passati poco più di quattro giorni da quando l’aveva incontrata, ma non aveva importanza. Gli era mancata fin dalla sua uscita dalla porta dell’ufficio. Nonostante tutto aveva evitato di dar seguito al suo istinto e rivederla perché pensava che avrebbe influito negativamente nella sua preparazione dello spettacolo. Tirò una boccata di fumo. Ora era Kuronuma stesso che gli chiedeva di incontrarla perché, secondo lui, avrebbe potuto contribuire a farle comprendere alcuni lati della Dea Scarlatta a livello interpretativo. Si chiese come poteva riuscirci. Non era con qualche battuta che le poteva far capire che doveva conquistare e dominare il suo personaggio, non solo viverlo. Doveva far sì che la Dea si muovesse come la stessa Maya poteva. Se non c’era riuscito il suo regista, come poteva sperare di riuscirci lui?
Per la prima volta da quando aveva incontrato la sua rivale si sentiva sicura della sua interpretazione. Sapeva finalmente di aver trovato il suo personaggio. Sentiva di vivere come lo Spirito del Susino Millenario. Sapeva di muoversi come l’entità avrebbe fatto. Pronunciava le battute con la potenza e la saggezza di una dea. Non sapeva che interpretazione avrebbe dato Maya, ma Ayumi credeva con convinzione che mai avrebbe potuto eccellere come in quello spettacolo. Riusciva ad infondere anche in Akoya una nota divina, misteriosa, intrigante: quando si rivolgeva ad Isshin si sentiva risplendere, sentiva di avere in sé la conoscenza che elargiva all’amato. Pensare che era stata vicina fin dall’inizio a comprendere tutto e che solo il giorno prima era stata in grado di raggiungere quel risultato le faceva tremare il cuore. Aveva rischiato di arrivare impreparata alla grande prova. Il ricordo del pomeriggio precedente le riportò alla memoria il tono preoccupato di Peter quando l’aveva trovata immersa nella stanza in fiamme. Sorrise dolcemente. Peter. Con l’approfondirsi del loro rapporto aveva automaticamente iniziato a chiamarlo per nome. Le piaceva quel suono sulle sue labbra, come le piaceva sentirsi chiamare da lui. Ormai la chiamava sempre con calore misto a dolcezza. Gli altri non sembravano essersi resi conto del cambiamento che era intercorso: le si rivolgevano sempre allo stesso modo e non riservavano attenzioni particolari all’uomo che le era ormai sempre di fianco. Sentì il regista interrompere le prove ed abbandonò la scena per dirigersi a bere un bicchier d’acqua. Arrivata al distributore trovò il fotografo ad attenderla. Con indifferenza gli sfiorò un braccio con una spalla e gli sorrise. “Come stai? Sicura di non volerti riposare almeno oggi?” – si sentì chiedere con sollecitudine. “Sta tranquillo, non sono mai stata tanto in forma.” – e gli sorrise di rimando – “Come ti sembra la mia interpretazione oggi?” Si sentì osservare per qualche secondo e poi giunse il suo commento. “Superlativa! Hai aggiunto lo spessore che le mancava!” – si interruppe, forse indeciso se continuare o meno – “Non sei mai stata tanto bella!” Il tono intimo con cui aveva fatto quell’aggiunta l’inebriò. Sentì il rossore salirle alle gote e si girò subito per tornare verso gli altri ché non voleva essere scorta da lui in quel modo, ma non fece in tempo, perché si sentì seguire da una risatina sommessa.
Per Shiori la giornata rotolò freneticamente verso l’ora del suo appuntamento con il giornalista. L’umore balzava dall’aspettativa all’ansia per l’incontro. Per la prima volta in vita sua temeva di non essere all’altezza della situazione. Era stata educata a presenziare ad eventi mondani rilevanti, non ad uscire incolume da un appuntamento: le serate che aveva trascorso con Masumi non contavano ché l’uomo non era ‘pericoloso’, non per lei! Il tempo passava e la giovane si interrogava su cosa indossare e come porsi nei suoi confronti. Come doveva comportarsi per non lasciargli credere che fosse una donna in cerca d’avventure? Era formalmente fidanzata, quindi Aki come avrebbe considerato delle reazioni eccessivamente condiscendenti da parte sua? Erano tutte domande che le turbinavano nella mente, domande che non trovavano risposta. Nonostante le rassicurazioni che aveva ricevuto da Masumi il giorno precedente, non poteva fare a meno di essere in tensione. Sapeva che suo nonno e la tata la osservavano preoccupati, ma non aveva tempo di spiegare loro il continuo mutare del suo umore. Era metà pomeriggio quando iniziò a prepararsi: indossò un abito elegante ma sobrio in fine lana color cobalto. Una scollatura arrotondata evidenziata da un semplice collier d’oro bianco lasciava intravedere le sue forme generose. La vita sottile era cinta da una morbida fascia blu scuro fermata da una spilla dal disegno minimalista. La gonna dritta lasciava scoperte le ginocchia mentre le lunghe gambe erano valorizzate da un paio di scarpe alte intonate all’abito. Lasciò i corti capelli d’ebano liberi sulle spalle, si truccò leggermente, prese un lungo soprabito scuro e si fece accompagnare dall’autista al solito caffè. Scese dall’auto e subito attirò gli sguardi ammirati degli avventori del locale. Non si sentiva affascinante quella sera, ma quelle reazioni sembrarono tranquillizzarla. Non restava che vedere come l’avrebbe accolta il giornalista.
Mikami era arrivato da poco nel locale e si era accomodato al tavolo dove avevano chiacchierato la prima volta. L’aveva trovato vuoto e ne aveva approfittato. Sembrava passato molto tempo da quell’intervista invece non era passata neanche una settimana. Molte cose erano cambiate: da uomo che rifuggiva le relazioni con donne impegnate e ricche si era ritrovato a corteggiare la nipote dell’imperatore Takamiya, fidanzata del potente Masumi Hayami. Non solo! Aveva spudoratamente sfidato quello squalo del suo fidanzato e non era minimamente pentito. Mentre era in attesa, si chiese se il rivale non avesse detto qualcosa alla sua fidanzata… sarebbe venuta Shiori? O si sarebbe fatta fermare da Hayami? Se lo chiedeva mentre la sua mente ricordava il dolce sapore della sua bocca ed il suo corpo la morbida sensazione della donna nel suo abbraccio. Era strano: credeva di essere immune ai colpi di fulmine ed alle infatuazioni, invece con lei era stato sufficiente un primo incontro per accendergli nell’animo la voglia di rivederla ed un secondo per fargli desiderare di farla sua. Cosa avrebbe voluto alla fine di quella serata?! Le sue riflessioni furono interrotte dalla voce professionale della cameriera che annunciava l’arrivo della sua ospite. Si riscosse mettendo a fuoco sul cristallo della finestra il riflesso della donna, che era giunta in barba ai suoi più neri presagi. Non credeva ai suoi occhi. Non ricordava d’averla mai vista tanto bella, nemmeno nelle serate in cui l’aveva notata di sfuggita al braccio del fidanzato. Si voltò per sincerarsi che non fosse solo un gioco di riflessi, ma quello che vide gli tolse il fiato. Come aveva potuto pensare che la realtà non sarebbe stata all’altezza dell’immagine riflessa? Era lì, in piedi di fianco al loro tavolo e lo guardava con occhi carichi di tensione, in attesa di un suo commento. Si alzò in piedi, le porse la mano e, quando la donna gliela strinse, non resistette e l’attirò a sé, come aveva fatto nei loro precedenti incontri. Avvicinò la bocca al suo orecchio e le sussurrò un “Sei bellissima” per poi lasciarla libera. Vide una scintilla di sollievo ed appagamento nei suoi neri occhi e si meravigliò di quanto apparisse insicura, a volte. Quell’impressione venne confermata da un “Grazie, anche tu non sei male” pronunciato quasi balbettando mentre si accomodava sulla sedia di fronte. Mikami sorrise di rimando. Aveva curato particolarmente il suo aspetto. Aveva lasciato i capelli sciolti come era solito fare, ma aveva abbandonato i consueti occhiali scuri sul letto della sua camera. Aveva indossato una camicia e dei pantaloni neri che facevano risaltare il suo corpo asciutto ed era uscito.
“Come stai?” – le chiese mentre entrambi erano intenti a studiare il menù fingendo un interesse che non provavano. “Bene grazie!”. Il giornalista sentiva l’imbarazzo che stava nascendo e pensò di fugarlo chiedendole: “Ti ha detto qualcosa Hayami dell’appuntamento che abbiamo avuto ieri?” “Un vago accenno…” – rispose solo, ma il rossore che la colse non sfuggì allo sguardo attento dell’uomo. “E ti ha fatto venire ugualmente?” – le chiese spavaldo. “Aki… non è come pensi…” – la vide alzare uno sguardo incerto dal menù e fissarlo negli occhi – “Non posso dirti nulla, per ora. Ma… ti prego… fidati di me.” “Sai… nonostante non ci conosciamo da molto tempo, stranamente non mi risulta difficile fidarmi di te… solo… vorrei ricordarti che fra dieci giorni ti sposerai. Cosa pensi di fare?” – Accidenti! Si era ripromesso di corteggiarla con delicatezza, senza farle pressione, e guarda cosa aveva detto dopo neanche due minuti dacché si erano seduti! Shiori lo osservava stupita, con i neri occhi sgranati, incapace di rispondergli. “Perdonami, sono stato indelicato…” – sussurrò prendendole una mano abbandonata sul tavolo.
Come poteva mantenere il segreto ora? Masumi le aveva raccomandato di lasciarsi andare, ma avrebbe comunque dovuto mantenere una certa riservatezza, no? Avesse seguito il suo istinto, gli avrebbe rivelato tutto ma non credeva di poterlo ancora fare. “Perdonami, sono stato indelicato…” – le aveva sussurrato prendendole una mano. Quel solo contatto fu sufficiente a tranquillizzarla. Gli sorrise rassicurante e gli rispose ricambiando la stretta delle sue dita: “Non sei indelicato, ma, ugualmente, ti prego di attendere. Saprai tutto, te lo prometto. Saprai prima di chiunque altro!” Lo guardò significativamente, sperando e temendo che giungesse alla conclusione corretta. Quando lo vide rilassarsi sulla sedia e sentì una leggera carezza al polso gli ricordò scherzosamente: “Ricordi che non dovevamo parlare del mio matrimonio, sì?” “Mmhh… vagamente, ma è piuttosto difficile visto quanto è prossimo!” La sua risata proruppe argentina dalle sue labbra velate di rosa. “Non ti arrendi mai, non è così?” “Mai, in qualunque campo!” – ed il caldo sguardo che le rivolse era più esplicito di mille parole.
Aveva rovinato tutto! Avevano avuto l’occasione di provare tutto lo spettacolo sul palcoscenico che avrebbe ospitato la rappresentazione di prova e, per colpa sua, tutto era andato storto. Da sola, al Kid’s Studio, Maya ripensava alle prove di quella giornata. Era talmente concentrata a trovare un modo efficace di rendere la Dea Scarlatta da aver recitato in modo distratto e freddo anche la parte di Akoya. Sakurakoji e Kuronuma dovevano essersene accorti perché l’avevano guardata straniti e preoccupati. Forse avevano troppa fiducia nelle sue capacità visto che non le avevano detto nulla. Era sul palco improvvisato della sala prove. Era di nuovo l’albero millenario. Immobile nei secoli era stato spettatore impotente delle guerre, dei conflitti, delle nascite e delle morti degli umani. In lontananza sentì un debole cigolio, ma non vi diede peso: l’edificio era vecchio ed era normale che nel silenzio della notte si udissero tutti i piccoli rumori che durante il giorno erano sopraffatti dal frastuono cittadino. La giovane pensò alla sensazione che doveva aver provato la Dea Scarlatta nel riconoscere nell’uomo di passaggio la metà della propria anima. Come l’aveva capito? Quali erano state le sue sensazioni? Come si era mossa? Con il suo misero corpo le sembrava di non essere capace di risvegliarsi, ma la Dea non doveva avere di questi problemi. Un altro cigolio, questa volta più vicino, la destò dai suoi pensieri. Sembrava provenisse da dietro le quinte. La maggior parte delle luci era ancora spenta. Non c’era nessuno. La Dea aveva riconosciuto Isshin e si era semplicemente destata? Aveva trasformato i suoi rami in braccia accoglienti, le sue radici in gambe e piedi svelti e scattanti ed il suo tronco nel giovane corpo di Akoya ed era corsa dalla sua metà? Sempre immobile, la fronte imperlata dal sudore derivante più dallo sforzo mentale che da quello fisico, colse d’un tratto una nota profumata ben conosciuta: muschio e tabacco. Era lui! Era venuto da lei! Senza pensare, morbidamente, abbassò le proprie braccia, ‘sfilò’ i piedi dal suolo del palcoscenico e si voltò alla ricerca di Masumi. “Dove sei?” – chiese a voce alta, guardandosi intorno e provando a sfidare la penombra. Sapeva che era lì, non poteva essersi sbagliata. D’un tratto due braccia l’accolsero ed una voce calda quanto agognata le rispose: “Sono qui, per te. Come sempre.”
|