Grazie a te, perché sono i tuoi commenti a regalarmi tante emozioni!!!
Posto un altro capitolo 'problematico'...
Mi scuso per il ritardo, ma ho il pc in panne e ho dovuto scrivere una parte del capitolo sul cellulare: per i prossimi capitoli credo che dovrò diluire la pubblicazione per quanto proverò a restare il più possibile in linea con la periodicità attuale.
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CAPITOLO 30
Quando aprì gli occhi non sapeva quanto tempo fosse passato.
La stanza era ancora avvolta nel buio. Allungò una mano e trovò il vuoto laddove avrebbe dovuto essere Masumi. Si mise seduta portando con sé le coperte.
Arrossì al ricordo dei momenti che avevano passato insieme. Niente era paragonabile alle emozioni che avevano condiviso. Non riusciva ad immaginare nient’altro che potesse dare lo stesso senso di appagante felicità e piena appartenenza.
Era felice. Non c’erano altre parole. E nella sua felicità, si stupiva del coraggio che aveva avuto ad imporsi in quel modo… arrossì ancora di più. Da dove le era uscita tanta audacia? La sfrontatezza l’aveva sempre avuta, ma quella sicurezza?
Con questi pensieri accese la luce di fianco al letto ed aprì le tende. La finestra era oscurata anche da persiane in legno tinte di scuro. Aprì le imposte e si trovò di fronte allo spettacolo mozzafiato del mare mosso grigio piombo che si infrangeva sugli scogli sotto la villa.
Forti correnti ascendenti le scostavano violentemente i capelli dal viso, frustandole la pelle delicata. Si affrettò a richiudere, andando in bagno a lavarsi. Ripercorse con le mani e la memoria le calde carezze del suo amante. Voleva bene imprimersi nella mente quei ricordi, per scongiurare il rischio di perderli.
Andò alla ricerca di qualcosa da mettersi. Abbandonati su una sedia vide i vestiti di Masumi… fu tentata di indossare la sua camicia, ma desistette. Optò invece per un semplice abito di cotone grigio perla dalle maniche lunghe ed affusolate, la gonna ampia ma non tanto corta, una scollatura modesta.
Lasciò i capelli sciolti sulle spalle e si avviò verso la porta.
Uscita nel corridoio, vide che c’erano altre porte, chiuse, che dovevano dare su altre camere. Si diresse verso il lato luminoso. Da quello che aveva potuto vedere fuori doveva essere già pomeriggio inoltrato, ma avrebbe potuto anche capirlo da sola: la fame sembrava divorarla.
Scese le scale impreziosite da gradini in legno ed approdò al piano terra che si apriva su un ampio soggiorno con due divani in pelle scura, un tavolo da pranzo, una grande libreria ricca di volumi ed una porta da cui provenivano rumori indaffarati ed un gradevole profumo di cibo.
Cercando di camminare silenziosamente, si affacciò alla porta della cucina. Di fronte a lei si muoveva Masumi, di spalle, intento a governare diverse pentole sul fuoco. Le sfuggì un sorriso perché non avrebbe mai immaginato di vederlo in quella veste.
Lo avvicinò di soppiatto e lo abbracciò.
“Buongiorno, ragazzina!” – la salutò con calore.
“Buongiorno!” – ma non fece in tempo a finire la parola che un sonoro brontolio si alzò dal suo stomaco.
“Devo sbrigarmi! Non voglio certo che tu muoia di fame!” – e rise sonoramente!
“Ehi! Non è colpa mia…. Sono quasi ventiquattro ore che non mangio!”
“E di chi è la colpa?” – domandò girandosi in quell’abbraccio e guardandola severamente – “Se non ricordo male, qualcuno mi ha bloccato nel letto stamattina!”
“Sicuramente ricordi male! Non mi sembravi per nulla bloccato!” – concluse per poi chiedere – “Cosa stai preparando?”
“Ramen, un po’ di carne e delle verdure.” – le prese il mento con due dita e le ricordò – “Ti devo un favore, lo sai, vero?”
Con un sorriso sbarazzino, sfuggì alla sua presa e si offrì di apparecchiare la tavola.
L’uomo portò le pietanze, si sedettero ed iniziarono a mangiare.
Avevano finito quando si alzò, come preso da un ricordo improvviso.
“Accidenti! Ho dimenticato il centrotavola!” – si diresse in un angolo del soggiorno nascosto alla vista e tornò con un vaso piccolo e snello contenente una rosa scarlatta non ancora sbocciata.
Maya guardò il fiore, guardò Masumi, guardò di nuovo il fiore.
L’uomo restava silenzioso. Sembrava attendere la sua reazione, ma la giovane donna non sapeva cosa dire. Veramente si stava rivelando alla fine? Era quello, no? Era un modo assurdo, ma non poteva essere altro!
Stava per sorridere quando vide Masumi tenderle la mano e guidarla verso uno dei divani. Si sedettero vicini, un braccio dell’uomo intorno alle sue spalle.
“Da quanto tempo sai chi sono?” – le chiese.
La domanda aveva un tono neutro. Non sembrava arrabbiato, ma nemmeno contento. Sembrava solo essere in attesa. Come e quando aveva capito che sapeva?
“Da quando ti conosco so chi sei!” – gli rispose.
“Sai cosa intendo…” – insistette.
“Certo che so cosa intendi! Ed io sto parlando seriamente. La prima volta che ti vidi capii che eri gentile. Le cose che seppi di te successivamente mi offuscarono il giudizio, come anche alcuni tuoi comportamenti. Ma fin dall’inizio avrei dovuto comprendere che eri tu il mio amato ammiratore.” – Maya lo guardava timorosa, non sapendo cosa aspettarsi.
“Invece come l’hai capito?” – la sua voce non era più tanto distaccata. Forse era stata solo una sua impressione.
“Ti ricordi che al planetario ti dissi di aver iniziato a capire di essere innamorata di te durante le prove per la ragazza-lupo?” – al gesto di assenso dell’uomo, continuò – “Quando ci fu la premiazione, mi mandasti un biglietto di congratulazioni citando la sciarpa azzurra di Stewart.”
“Ebbene?” – chiese, non comprendendo il nesso tra il biglietto e la rivelazione.
“Ebbene, quella sciarpa è stata usata solo la sera della prima. Ricordi chi c’era ad assistere a quello spettacolo?”
“E’ così dunque! Sono proprio uno sciocco!” – svelato il mistero si aprì al sorriso, di nuovo.
“E’ stato un po’ traumatico!” – sbottò Maya, quasi a fargliela pagare ora per allora.
“Posso immaginarlo… scoprire che la persona a cui sei tanto legata è anche quella che odi…” – uno sguardo sofferente, ricordo dei tempi trascorsi, comparve sul volto dell’uomo.
“No! Non pensarlo più! Anche se mi lasciavo andare spesso a certe manifestazioni infelici nei tuoi confronti, era perché ero una ragazzina…”
“Sei ancora una ragazzina, ragazzina!” – la interruppe polemicamente lui.
“Non mi interrompere!” – lo pregò, sorvolando sulla provocazione – “Dicevo… anche se spesso ti buttavo addosso il mio odio, era perché ero confusa dai tuoi comportamenti. Eri contraddittorio. Ti conobbi e fosti così gentile con quella bambina spaurita! Poi seppi che volevi usare ogni mezzo per contrastare la signora Tsukikage. Mi offristi un contratto con la Daito, ma mi nascondesti mia madre” – lo guardò comprensiva, ben sapendo quali fossero i sentimenti che dovevano albergare nel suo animo – “Mi aiutasti a venir fuori dalla crisi che ne seguì, ma mi impedisti di recitare con la mia compagnia. Capii dopo, dopo Lande Dimenticate, che così facendo mi indirizzasti verso Le Due Regine. Ogni volta che facevi qualcosa per me mi scaldavi il cuore, ma poi facevi anche qualcosa che io non capivo e che avrei dovuto disprezzare. Non sapevo che senso dare a tutto. Quando scoprii chi eri, tutto conobbe finalmente una ragione.” – concluse.
“Ho sbagliato molto con te!” – la strinse al petto, forte, come se temesse che potesse fuggire via.
“Non hai fatto nulla che non possa essere perdonato! Hai fatto tutto per me, anche se a volte i risultati non sono stati quelli sperati!” – il riferimento a sua madre era chiaro e decise di andare fino in fondo – “Masumi, ti incolpai della sorte della povera mamma, ma prima di tutto avrei dovuto incolpare me stessa: ero fuggita da casa lasciandola sola, non la cercai più. Entrambi abbiamo la nostra parte di responsabilità. Io ti ho perdonato da tempo, fallo anche tu!”
Gli occhi sofferenti la fissarono grati. Nonostante quanto aveva fatto l’amava e l’aveva perdonato. Come poteva essere più fortunato?!
“Grazie.” – le disse solo e le posò un bacio in fronte, mentre la grande mano le accarezzava i capelli sciolti sulla schiena.
“Da quanto tempo hai capito che sapevo?” – ora toccava a lei avere delle risposte.
“Da qualche giorno prima della rappresentazione di prova. Col senno di poi, avrei potuto capirlo anche prima!”
“Quindi… prima dello spettacolo, mi hai donato una rosa bianca per divertirti alle mie spalle?” – gli chiese con tono battagliero, alzandosi a sedere e puntando le mani ai fianchi.
Ah! Gli era mancata! La sua Maya guerriera. Eccola lì, di fronte a lui, gli occhi furenti, il sottile corpo sporto in avanti, le mani sui fianchi, una gamba ripiegata e l’altra puntata in terra. Quanta passione! Doveva incanalarla in qualcosa di più produttivo di una piccola schermaglia tra innamorati.
“No! I miei auguri erano sinceri! La rosa mi serviva solo per sapere se avevo indovinato.” – la sua voce era divenuta roca e se Maya non fosse stata troppo occupata a fulminarlo con lo sguardo, se ne sarebbe resa subito conto.
“Non è vero! Ricordo bene il tuo sguardo divertito! Ed io che me ne chiedevo la ragione! Sei sempre il solito!” – l’accusò.
“Mi odi?” – le chiese, lo sguardo cupo e la voce bassa.
“Sì!” – assentì, ma gli occhi brillanti, le gote arrossate e le labbra socchiuse lanciavano messaggi ben diversi.
Masumi allungò una mano ad afferrarle il collo, senza che lei opponesse resistenza.
“Dimostramelo!” – le disse avvicinandosi. Le sue labbra stavano per toccare quelle della donna. Gli occhi erano incatenati. Non c’erano dubbi: non era il fuoco dell’odio che bruciava.
“Cattivo… non puoi farmi capitolare in questo modo… non vale… stavo sfogando la mia rabbia…” – gli sussurrò sulle labbra.
“Allora non capitolare!” – la provocò – “Oppure sfoga la tua rabbia in un altro modo” – suggerì prima di baciarla.
Con sua soddisfazione, la risposta della giovane non si fece attendere e fu infuocata come al solito: ne dedusse che aveva colto il suggerimento.
Adorava il suo sapore, come adorava le sue labbra. Le morse, le leccò, le stuzzicò, le assaggiò. Le mani non erano ferme, intente ad accarezzarle la schiena languidamente, scivolando poi sui fianchi e sulla vita sottile.
Spostò la sua attenzione all’esile collo: conosceva bene ormai i suoi punti deboli. Un bacio sulla carotide, un leggero morso dietro l’orecchio, un lieve sussurro.
“Mi odi ancora?”
Maya gli morse il collo prima di rispondere – “Ti amo..:”
“Brava ragazzina….” – si complimentò e, sporgendosi in avanti, la fece stendere sul divano.
Riprese a baciarla suadente, mentre con le mani tracciava piccoli sentieri sulla pelle liscia della scollatura. Masumi scese sul suo seno che rappresentava una calamita irresistibile. La sentì tremare, mentre le sue rotondità si protendevano a ricevere il suo tocco. Il sottile cotone rivelò l’assenza del reggiseno e quella scoperta l’infiammò ancora di più, come l’infiammavano le mani della sua compagna che tiravano la maglia, si infilavano, stuzzicavano i suoi muscoli facendoli tendere.
Masumi alzò il viso, osservando Maya che, con il capo completamente reclinato all’indietro, si beava dei suoi baci e delle sue carezze. Puntando un piede in terra si dedicò a sfilare lentamente i piccoli bottoncini dell’abito dalle asole. Uno dopo l’altro rivelarono la sua pelle bianca e dolce quanto il latte. L’uomo si liberò del maglioncino e si riabbassò riprendendo da dove aveva lasciato. In modo lento e calcolato fece scivolare l’abito dalle sue spalle, liberandole le braccia che tornarono sul suo corpo caldo in lente carezze.
Non le importava più se si era divertito con quei piccoli giochetti. Era felice che quell’ultimo segreto fosse stato svelato ed era troppo impegnata a toccarlo per ricordare il motivo che l’aveva infiammata. Sentire di nuovo le sue labbra su di lei e le sue mani sulla sua pelle l’estasiò.
Aveva visto uno strano luccichio negli occhi di Masumi quando le aveva sfiorato il seno attraverso l’abito: aveva capito ed apprezzato che non indossasse biancheria intima. Si sentì sicura di sé, sensuale. Si sentì donna!
Passò le mani e le piccole unghie sulle sue spalle e sul suo petto: adorava il suo grande petto caldo. Quante volte l’aveva confortata nel corso degli anni?! Dentro quel petto batteva il cuore che l’amava tanto da sacrificare se stesso. Lo baciò sullo sterno, risalendo la gola. Sentiva le mani dell’uomo scorrerle sulla pelle, dalle spalle alla vita, dai fianchi ai seni. Lo vide abbassare il volto. Sentì le sue labbra chiudersi su uno dei suoi capezzoli già tesi per la passione. L’altro venne conquistato dalle sue dita, mentre con la mano scivolava dal ginocchio alla coscia, arrotolandole la gonna in vita.
Sentiva di avere le guance in fiamme. La sua pelle scottava. Vide la bionda testa di Masumi scorrere verso il ventre alla conquista dell’ombelico. Leggeri morsi sul piccolo pancino la fecero fremere incontrollabilmente. L’uomo portò entrambe le mani sulle sue gambe, sfiorandone la pelle delicata e sensibile.
Sospirò di soddisfazione quando scoprì che il reggiseno non era l’unico indumento che mancava.
“Che ragazzina previdente!” – approvò, mentre sentiva le sue dita che l’aprivano.
“Masumi…” – lo pregò.
“Cosa c’è?” – le chiese continuando la dolce tortura con lente carezze.
“Ti prego…” – gemette.
“Cosa?” – chiese ancora imperterrito.
“Ti voglio!” – c’era urgenza nella sua richiesta.
Masumi prese a baciarle l’interno coscia in risposta. Pian piano si avvicinò alla sua femminilità fremente. Quando infine giunse a baciarla, Maya si fece sfuggire un piccolo grido.
Come poteva farle provare sempre nuove sensazioni? Sentiva la sua bocca e la sua lingua muoversi lente eppure non era abbastanza: voleva di più, ne aveva bisogno!
Allungò una mano tra i suoi capelli e, del tutto inconsapevolmente, lo trasse più vicino.
Sentì Masumi intensificare le sue carezze in risposta alla sua tacita richiesta. Stava per raggiungere di nuovo il suo personale paradiso quando l’uomo si allontanò. Un mugolio di insoddisfazione le sfuggì, finché non lo vide liberarsi dei pantaloni.
Aprì le braccia per accoglierlo.
“Ti voglio, Masumi!” – ripeté.
L’uomo le si coricò addosso con la sinuosità di un grande felino.
“Ti devo rendere il favore di ieri sera… ricordi?” – le sussurrò all’orecchio mentre la penetrava lento.
“Io non ti ho torturato quanto stai facendo tu!” – riuscì a malapena a ribattere l’amante.
“Ne sei sicura?” – le spinte lente e cadenzate erano veramente una tortura di piacere. Maya era divisa tra il desiderio di prolungarla e quello di finirla, ma questa volta era lui a dettare legge.
Aprì gli occhi e lo vide sopra di sé, il petto liscio ed i capelli spioventi, le braccia tese a sostenerne il peso.
“Ti amo!” – gemette lei, come se potesse smuovere la sua volontà con quella dichiarazione, ma la danza in cui Masumi la stava conducendo questa volta era lenta.
Provò a muovere i fianchi e sentì sfuggirgli un ringhio di piacere. Visto il risultato continuò ad accompagnarlo.
Pur con tutta la sua volontà, non avrebbe resistito ancora a lungo… i movimenti della sua donna lo stavano facendo impazzire. Accelerò il ritmo cercando sollievo… la vide inarcarsi e la sentì sospirare il suo nome. Quanto gli piaceva vederla in quello stato!
Rallentò per poi riprendere. Non poteva resisterle ancora.
Si abbassò sui gomiti catturandole le labbra mentre sentiva le piccole unghie artigliargli la schiena. Si mossero all’unisono fino a che entrambi esplosero: i respiri affannati, i piaceri magicamente fusi come i loro cuori e le loro anime.
Si abbandonarono ancora l’uno sull’altra.
Restarono per qualche minuto in quel modo fino a che Maya non pose un dolce bacio sulla sua spalla.
Masumi alzò il capo dal suo seno.
“Sposami.” – disse solo.
“Sì.” – gli occhi di lei si erano illuminati. Una luce che adorava, perché era la stessa che l’aveva fatto innamorare.
“Domenica!” – incalzò.
Quando non la vide assentire iniziò con la sua arringa.
“Non posso passare ancora del tempo lontano da te! Non dopo questo! Non preoccuparti…. Risolveremo tutto: la sistemazione, la rappresentazione, la cerimonia, tutto! Ma sposami!”
“Mmhh.”
“Mmhh sì o mmhh forse?” – il ‘no’ non era contemplato.
“Sì!” – capitolò alla fine – “Come faremo con la cerimonia?”
Un sorriso furbo si fece largo sul suo volto.
“Ti ho detto che Shiori sta mettendo su un’agenzia che organizza anche matrimoni? Si è offerta di fare tutto mentre noi siamo qui. Sarà un bel lancio per lei occuparsi dell’evento dell'anno. ”
“Masumi...” – iniziò – “Lo sai... Non vorrei nulla di sfarzoso...”
“Tranquilla, farà una cosa semplice” – la rassicurò baciandole il mento.
Masumi si alzò, allungò un braccio sull’altro divano e prese un plaid.
Si stese sulla schiena, se la sistemò sopra e coprì entrambi con la coperta.
“Lo riconosci?” – le chiese sornione – “È il plaid che hai donato al tuo ‘vecchio’ ammiratore!”
Un risolino sfuggì dalle labbra della giovane donna.
“Vedi che gli è tornato utile allora?”
Dopo qualche minuto di silenzio Maya gli chiese:
“Perché... Perché non mi hai mai detto chi eri? Anche quando inveivo ingiustamente contro di te, perché non ti sei rivelato?”
Masumi la guardò pensieroso.
“È complicato...”
“Perché tu lo sei!”
“Già, hai ragione. Quando iniziai ad inviarti le rose ero veramente convinto di ammirarti come un fan e, nella mia posizione, non potevo farlo apertamente. Un produttore non può permettersi di inviare omaggi floreali ad un’attrice senza che commenti spiacevoli inizino a correre implacabili nel nostro ambiente. All’epoca poi avevi solo tredici anni. Non era possibile, senza considerare che già allora pensavi il peggio di me!” – si interruppe, forse voleva far mente locale su quegli anni lontani.
“È vero... Ma se avessi saputo...” – provò a dire lei.
“Se avessi saputo, non mi avresti creduto e mi avresti accusato di approfittarmi della bontà di uno sconosciuto.” – le disse con sguardo sicuro.
La vide abbassare gli occhi rassegnata – “Hai ragione, ero proprio una ragazzina.” – dovette riconoscere.
“Poi crescesti, le tue apparizioni si moltiplicarono e io rimanevo abbagliato ogni volta di più. Arrivò la tua competizione con Ayumi per il personaggio di Hellen. Ah... Non puoi immaginare quanto mi sconvolse quell’abbraccio! Tu che non avevi per me che sguardi di disprezzo e rabbia, quel giorno mi sorridesti e mi abbracciasti con un calore che mi scaldò il cuore. Eppure... Anche allora non capii.”
Maya lo guardava con un velo di tristezza.
Le sfiorò il viso per scacciarlo. Non era giusto che soffrisse ancora. Ormai erano insieme!
“Riuscii a farti firmare un contratto con la Daito e mi sentii vittorioso: almeno sulla carta eri mia! Non è sciocco? Un uomo quasi trentenne che trionfa solo per aver firmato un contratto con una ragazzina nemmeno maggiorenne... Ma quel contratto ti legava a me, anche quando vivesti il tuo primo amore con quell’idol.” – la vide allargare gli occhi per lo stupore. La capiva. Scoprirlo geloso a distanza di anni dava un senso a molte delle sue battutacce.
“E poi... E poi tua madre morì.” – le pose una grande mano sulla testa lisciandole i lunghi capelli scuri – “Io caddi nella disperazione perché capii che non potevo manovrare sempre tutto, che le mie mosse potevano avere conseguenze disastrose. E finalmente capii anche che ti amavo, con tutto il cuore. Seppi dare un nome a quel sentimento che mi dilaniava.” – i suoi occhi erano fissi su di lei, ma sembravano perdersi in un mondo lontano.
“Mi ripromisi che ti avrei restituito tutto! La vita, la passione ed il teatro. Mi dedicai a te, completamente! E ti liberai dal vincolo che ci univa. Eri magnifica, fiera, orgogliosa, bella, di nuovo piena di quella passione che avevo sempre ammirato ed invidiato!” – la baciò dolcemente – “Quando hai scoperto chi ero... Devi aver capito che la sera che ti invitai a vedere Anna Karenina stavo per rivelarmi...”
“Lo sospettai.” – rispose solo.
“Io quella volta ricevetti l'ordine di mio ‘padre’ di sposarsi. Decisi di giocarmi il tutto per tutto pur di scoprire se c’era anche solo una possibilità per noi. Ma quella sera...”
“Quella sera fuggii via dicendoti che non ti avrei mai perdonato se fosse successo qualcosa alla signora Tsukikage...” – Maya aveva ormai le lacrime agli occhi. Troppo. Masumi aveva sofferto troppo nel corso degli anni – “Perdonami!” – lo pregò abbracciandolo.
“Ehi... Non hai nulla da farti perdonare. Non potevi sapere cosa in realtà provassi!”
“Ma avrei potuto almeno darti la possibilità di spiegarti, invece di attaccarti e fuggire sempre!”
“Sh... Sh... Ormai è passato! Ricordi? Siamo qui, no? E siamo felici...”
Maya annuì. Gli era grata per averle raccontato tutto: le sembrava di capirlo meglio.
“Maya?”
“Sì?”
“Domenica... Non sposerai Masumi Hayami, ma Masumi Fujimura. Domani saranno depositati gli atti di annullamento dell’adozione.”
“Bene.” – gli disse solo, come se la cosa non la toccasse.
“Non sarò indigente, ma neanche ricco e potente come sono ora...” – spiegò.
La ragazza lo guardò stranita.
“Pensi che me ne importi qualcosa? Quello conta è che tu sappia cosa fare e che tuo padre non abbia frecce al suo arco per colpirti!”
“Non posso più sopportare questo cognome. Troppo mi ha fatto soffrire nel corso della mia vita. Abbandonandolo, mio padre non avrà più alcun diritto su di me. E l’unica freccia al suo arco sarebbe quella da scagliare contro di te, ma ti proteggerò, te lo giuro.”
“Mi fido di te, lo sai!”
“Ti amo, ragazzina!”
“Lo so...”
“Solo?” – si lamentò.
“... Anch'io ti amo! Pensavo fosse chiaro.”
“Mi piace sentirtelo dire!” – concluse soddisfatto.
Era sollevato. Maya non era minimamente preoccupata e questo lo rallegrava. D'altro canto, avrebbe dovuto saperlo. Aveva passato una vita di stenti, cosa mai poteva importarle se lui era ricchissimo o semplicemente ricco?
Nei suoi anni alla Daito, aveva investito i suoi compensi di dirigente prima e di vice-presidente poi in varie attività che si erano rivelate lucrative. Il suo patrimonio personale non era attaccabile da Eisuke perché intestato ad una società che l’aveva in amministrazione e di cui era l’unico azionista tramite un’impresa domiciliata all’estero. Era astuto intreccio di partecipazioni azionarie faceva sì che fosse difficile risalire alla sua persona. Le ricchezze mobiliari ed immobiliari di cui disponeva (tra cui anche il futuro teatro Shuttle X) sarebbero state più che sufficienti a rappresentare la nuova Dea Scarlatta.
Suo padre avrebbe perso tutto: la fusione con i gruppo Takamiya, l’erede e, quello che più contava, la Dea Scarlatta.