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Eccomi di nuovo qui... sempre in ritardo, ma sempre qui!
Un altro capitolino lontano da Maya e Masumi, ma spero comunque che ti piaccia... ____________________________ CAPITOLO 32 Aki e Shiori presto non si accontentarono più del lieve tocco delle labbra. Sembrava incredibile che la giovane provasse tanta passione: l’essere educata a far parte della buona società le aveva sempre dato l’impressione di vivere una vita edulcorata, dai toni tenui anche nei sentimenti. Fino a quel momento era come se avesse vissuto in un mondo ricco, ma grigio. Ora vedeva colori brillanti: il rosso della passione; il giallo della gioia; il verde della pace; il blu intenso della notte; perfino il nero, che le ricordava Aki, con i suoi capelli corvini, i suoi occhi di carbone e la pelle bruciata dal sole. Se prima viveva in un mondo dal suono ovattato, ora sentiva tutto: i pianti di dolore e le risate di gioia; i gemiti del tormento e quelli della sensualità; gli urli d’odio ed i sospiri d’amore. Alzò le braccia a cingergli il collo e socchiuse le labbra per consentirgli libero accesso alla sua bocca. Aki ne approfittò subito, insinuando la lingua nel suo caldo anfratto. Iniziò un dolce duello in cui i respiri si confondevano, le lingue si intrecciavano e le mani percorrevano strani sentieri sui propri corpi. L’uomo ne portò una ad intrecciarsi nei suoi corti capelli. Adorava lasciare scorrere le sue dita tra di essi, ma non questa volta. Le tirò dolcemente la testa all’indietro facendole scoprire il collo sottile, ora indifeso e pronto a ricevere i suoi attacchi. Abbandonò la sua bocca per dirigersi su quella pelle delicata. Un bacio, un morso e la lingua a moltiplicare i brividi. Era straordinario sentire la donna tra le sue braccia sospirare il suo nome. Le sue piccole mani erano ormai aggrappate alle sue spalle, come se cercassero un appiglio. Fece scorrere le labbra verso il basso, tra le clavicole, sopra lo sterno, fino all’attaccatura dei seni: il suo profumo l’inebriava. Riprese a baciarla lentamente, poi si accomodò su una delle poltrone e se la tirò sopra: non voleva intimorirla e quella posizione le dava la certezza che avrebbe potuto fermarlo in qualsiasi momento. “Fatti toccare…” – le chiese sulle labbra e avvicinò una mano al suo seno ad indicare cosa intendesse dire. “Sì…” – sospirò lei, incapace di riconoscere se stessa in quella voce distorta dal desiderio. Aki non esitò oltre ed accolse il seno generoso nella sua mano: la sentì trattenere il fiato per l’effetto di quella carezza fino ad allora sconosciuta. Mentre la baciava, continuò a sfiorarla leggermente sopra gli abiti. Dopo qualche minuto, prese una sua mano e se l’appoggiò al petto. Sciolse alcuni bottoni della sua camicia sotto lo sguardo incantato della donna. Si fermò. Come in trance, Shiori vide la sua mano muoversi indipendente sulla sua pelle scura e liscia. Sentì i muscoli tendersi e l’uomo sospirare pesantemente. Forte di quella reazione, abbassò il capo sul suo collo ed infilò l’intera mano nella sua camicia, saggiando la sua pelle, esplorando il suo petto, beandosi di quei contatti. Il giornalista l’osservava: sembrava un’esploratrice in una terra sconosciuta e ne rimase incantato. Le pose le mani sui fianchi e la lasciò libera di fare ciò che più le andava. Ogni tanto faceva scorrere una mano lungo la sua schiena, come a manifestarle la sua approvazione, ma nulla di più. Capì che Shiori iniziava a prendere confidenza con quella nuova situazione perché fece scorrere le mani sulle sue spalle, abbassandogli la camicia. Iniziò anche a baciarlo appassionatamente. Aki decise che era tornato il momento di riprendere in mano la situazione: le posò una mano sulla nuca e la tirò a sé riprendendo a baciarla. Pur sapendo di poter diventare pazzo di desiderio, portò comunque le dita a sfilare i bottoncini della camicetta di seta della donna che, presa com’era da quelle nuove sensazioni, non oppose alcuna resistenza. Fece scorrere una mano sulla pelle candida osservandone il contrasto con la propria: sembravano l’ombra e la luce che si incontravano; la notte e la sua luna. Sentì un piccolo gemito sospirato a quelle nuove carezze. Indossava un reggiseno di pizzo che adornava in modo seducente i suoi seni. “Quanto sei bella!” – sospirò sulla sua pelle, prima di baciarla. “Aki!” – quasi gridò Shiori, cingendolo al collo con entrambe le braccia. “Non aver paura!” – la rassicurò – “Non succederà nulla che tu non voglia, stanotte!” “Come se potessi non volere qualcosa stasera…” – gli rispose, completamente dominata dai suoi sentimenti appassionati. Aki si risolse dolorosamente a fermarsi. Se fossero andati avanti per quella via, Shiori non gli avrebbe mai rifiutato nulla. Doveva darle la possibilità di riflettere prima, perché non avrebbe tollerato ripensamenti e pentimenti tardivi… Ci sarebbe stato tempo. La baciò lentamente mentre le chiudeva i bottoni. Sentiva il suo sguardo attonito e preoccupato su di sé. “Non hai fatto nulla che non vada, ma non voglio che tu ti penta domani mattina perciò, per questa notte, ci interromperemo qui!” “Non sono una bambina!” – protestò lei. “Pensi che non lo sappia?!” – chiese stranito l’uomo, aggredendole ancora una volta le labbra – “Mi stavi facendo impazzire! So bene che non mi sarei fermato e non sarebbe stato giusto nei tuoi confronti. Devi avere la possibilità di scegliere e… visto che non ti sposi più tra cinque giorni, di tempo ne abbiamo!” – cercò di convincerla. Shiori appoggiò una mano sul suo petto e sentì i battiti furiosi del cuore: aveva detto il vero. Doveva aver dato fondo alla sua forza di volontà per bloccarsi. Gli sorrise e gli rese il favore di rivestirlo. Si salutarono come amanti desiderosi di rimanere uniti. Sapevano che, con ogni probabilità, non avrebbero potuto rivedersi prima della cerimonia. La mattina successiva Shiori era raggiante e suo nonno avrebbe dovuto essere cieco per non avvedersene. “Sicché, il signor Mikami ti piace, non è vero?” – chiese con indifferenza il vecchio Takamiya che continuava a covare molta apprensione: erano passate poche settimane dalla dolorosa vicenda che l’aveva vista protagonista e tutto avrebbe desiderato tranne un altro crollo. La guardava di sottecchi, scrutando ogni espressione che compariva sul bel viso della nipote: vi scorse imbarazzo, gioia e… era arrossita per caso? “Sì, nonno! Mi piace. Spero che tu non abbia nulla in contrario!” “Non ho nulla in contrario solo se lui tiene a te allo stesso modo. E’ così?” “Ho ragione di credere che sia così, nonno caro.” – gli rispose compunta. Il vecchio l’osservò nel suo completo da giorno bianco e verde pastello. Sembrava sicura di quanto diceva, ma il suo cuore tremava comunque per l’ansia. “Mia cara, prego per te che sia come dici…” “Nonno, ho imparato la lezione.” – concluse, riprendendo la colazione. Passarono alcuni minuti senza che nessuno dei due dicesse nulla. “Nonno, domenica organizzerò il primo evento della mia agenzia. Vuoi venire?” – gli chiese. Certo avrebbe voluto, ma come poteva presentarsi senza invito?! “Ma come farai per l’invito?” – chiese infatti. “Non ti preoccupare di questo. Masumi mi ha pregato di assicurarmi che tu sia presente.” “Masumi? E’ per lui che stai lavorando? Cosa mai può aver organizzato il giorno del vostro mancato matrimonio?” Con una risata furba, Shiori glielo disse sapendo di stupirlo. “Sarà il giorno del suo matrimonio e della sua vendetta nei confronti di suo padre.” “Matrimonio? Vendetta? Ma di cosa stai parlando?” – chiese stupito, ma non ostile. “Nonno caro, ti fidi di me?” “Certamente!” – rispose con orgoglio. “Allora vieni anche tu e ti assicuro che ti divertirai!” “E sia…” – capitolò, non del tutto tranquillo. Chissà cosa s’era mai inventato quel benedetto ragazzo. Pur nella sua età avanzata, sentiva nascere in sé la curiosità. Sakurakoji, nuovo Isshin, ricevette l’invito da parte di Masumi Hayami e quasi lo buttò via. Cosa mai poteva importargliene se quell’uomo si sposava?! E soprattutto, come poteva farlo dopo che aveva tanto illuso Maya? Non riusciva a conciliare l’immagine dei due al ballo con quella partecipazione. Fu durante quelle riflessioni che ricevette la chiamata di Maya che lo pregava di partecipare. E allora comprese. Rileggendo l’invito, notò l’assenza del nome della sposa. Con un fuggevole sorriso le chiese se poteva portare anche Sayuri. Sentì la sua partner di scena acconsentire con entusiasmo e si salutarono. Il giorno successivo chiamò Sayuri: voleva parlarle e passare del tempo insieme a lei. Quella mattina avrebbe finalmente tolto l’ingessatura e sentiva il bisogno di camminare al suo fianco. Sapeva che la sua andatura non sarebbe stata sciolta come prima dell’incidente, ma almeno avrebbe potuto abbandonare le stampelle. La visita di controllo andò meglio del previsto: le ossa erano ben rinsaldate e, visto che non si era adagiato sugli allori ed aveva tenuto allenato il resto della muscolatura, il periodo riabilitativo sarebbe stato limitato. Pranzò velocemente e si diresse ansioso da lei. Dopo la serata della premiazione non l’aveva più incontrata e la sua immagine lo perseguitava: la sua alta figura longilinea, i suoi neri capelli, i suoi occhi scuri e vivaci, la sua pelle ambrata che aveva solo potuto sfiorare prendendola per mano. Avesse potuto togliere l’ingessatura qualche giorno prima, avrebbe potuto ballare con lei, tenerla stretta, abbracciarla e sfiorarla. Invece si era dovuto limitare a quei brevi contatti. Suonò alla sua porta e dopo qualche secondo venne ad aprirgli sua madre, come la prima volta. Lo salutò calorosamente, con il solito entusiasmo. Era incredibile come i suoi modi briosi la facessero apparire ancora una ragazzina: sembrava un’inguaribile ottimista, una donna che ancora la vita non aveva piegato. Con questi pensieri si fece accompagnare nel soggiorno dove Sayuri l’attendeva. “Ciao! Come è andata in ospedale?” – gli chiese subito sollecita, andandogli incontro. “Bene. Devo fare un po’ di riabilitazione, ma tutto sommato le gambe sono a posto…” – si accomodarono vicini sul piccolo divano. Il ragazzo notò come le loro gambe quasi si sfiorassero. Fosse stato più intraprendente avrebbe almeno allungato una mano per trarla a sé. Prendeva in giro Maya per la sua timidezza fuori dal palcoscenico, ma anche lui non era da meno, ora che si stava innamorando sul serio. Come leggendogli nel pensiero, Sayuri lo stupì facendosi più vicina. Con quell’invito, non fu difficile abbracciarla. Finalmente. “Non vedo l’ora di portarti fuori!” – si lasciò sfuggire. “Cosa te lo impedisce?” – lo provocò. “Beh… siamo in anticipo. Forse non vuoi ancora…” La vide ridere, di quella sua risata che gli alleggeriva il cuore. “Sciocco…” – scherzò – “Lasciami cinque minuti per cambiarmi ed andiamo!” “Davvero?” – chiese incredulo. “Certo!” Rimasto solo, il giovane si concentrò sull’impronta di calore che ancora permaneva sul suo corpo: era una bella sensazione, gli dava tranquillità e gli riscaldava l’animo. Si disse che era stato fortunato ad incontrarla e quasi rise al pensiero che tutto era nato dal rifiuto di Maya. Probabilmente avrebbe dovuto ringraziarla prima o poi. “Cosa c’è di tanto divertente sul soffitto del soggiorno?” – la voce della ragazza lo riscosse dai suoi pensieri. “Sorridevo per uno scherzo del destino…” “Non è stato un tiro mancino, vero?” “No, non lo è stato. Tutto il contrario.” – e, uscendo in strada, finalmente trovò il coraggio di porle un braccio sulle spalle coperte dal giubbino in pelle. I loro occhi si incrociarono per qualche secondo per poi rivolgersi al marciapiede affollato. Camminarono stretti in quel modo per alcuni isolati, silenziosi, fino a che non raggiunsero un piccolo parco. “Qui venivo a giocare con la mamma quando ero piccola. Poi ci giocai con i miei compagni di scuola. Ora ci vengo quando ho bisogno di star sola…” – la sua voce era stranamente pacata, come segnata da un velo di malinconia. “Grazie.” “Di cosa?” – gli chiese stupita. “Di avermi portato con te…” “Grazie a te di aver compreso… volevo fartelo vedere. Sai… io e la mamma siamo sempre state sole. Mio padre è morto che non ero ancora nata. Per potermi assicurare un futuro stabile la mamma ha fatto anche due lavori e, nonostante tutto, non mi ha mai trascurata. Tuttavia, a volte, non riuscivo a capirlo: è difficile per una bambina piccola comprendere perché la propria madre non può stare sempre insieme a lei. Allora venivo qui e mi sfogavo. All’uscita da lavoro, la mamma veniva a ripescarmi, certa di trovarmi.” – si erano accomodati su una panchina, sotto i rami spogli di un ciliegio. “Non deve aver avuto una vita facile…” “No! Per niente. Ha fatto molti sacrifici, si è privata di molte cose per me. E io non capivo perché dovevo avere solo la mamma e non anche un papà come tutti i miei amici. Chissà quante volte avrà pianto in quel periodo!” – Sakurakoji era felice che si stesse aprendo tanto. Finalmente poteva leggere nel suo cuore e quello che vide lo legò indissolubilmente a lei. “E’ una donna molto forte. Nonostante quello che ha passato è felice. Tu le somigli… e penso sia questa la fonte della sua gioia.” – stavolta non ebbe timore. L’abbracciò stretta al suo petto, mentre piccoli movimenti iniziarono a scuoterle le spalle. Yuu non disse più niente lasciandola sfogare: non era tristezza quella che buttava fuori. Forse erano solo le lacrime che non aveva ancora pianto, che sua madre aveva arginato. Passarono dei momenti di silenzio, che nessuno dei due trovava il coraggio di infrangere. “Grazie…” – disse Sayuri in un soffio, avvicinandosi a lui. Sakurakoji la strinse: sembrava talmente fragile in quel momento. Sayuri era incredula. Era riuscita a raccontargli tutto senza temere il suo giudizio. Alla fine aveva anche pianto. Non ricordava quanto tempo fosse passato dal suo ultimo sfogo. Ricordava solo che una volta aveva visto il dolore che le sue lacrime accendevano sul volto di sua madre: da quel giorno aveva iniziato a sorridere, sempre. Il calore del suo petto era confortante, vicino, accogliente. Era felice. Non sapeva se Yuu fosse della sua stessa opinione, ma era consapevole che una parte di sé, forse la più fragile, già gli apparteneva. Il ragazzo era rimasto in un rispettoso silenzio. Non l’aveva interrotta se non per manifestare la sua vicinanza. Aveva visto giusto: aveva il cuore gentile. Si allontanò leggermente, restando comunque tra le sue braccia. Alzò lo sguardo sul suo volto e lo vide concentrato sulle nuvole del cielo. Chissà a cosa stava pensando. Sembrava talmente lontano. Con una mano gli sfiorò una guancia, richiamandolo a sé. “A cosa pensi?” Yuu abbassò i suoi dolci occhi. “Sarei scontato se rispondessi che pensavo a te?” “Tutto considerato? Direi di no!” – no, non era scontato. Pur sapendo che si era messo il cuore in pace, avere nuove conferme sul fatto che il suo primo amore fosse ormai solo un ricordo era un sollievo. “Voglio renderti felice!” – spalancò gli occhi. Aveva veramente sentito quello che credeva? “Non voglio promesse… non è per questo che ti ho raccontato tutto.” – i ‘per sempre’, aveva imparato, non esistevano. “Non te ne farò… e non è per quello che mi hai raccontato. Ma voglio essere con te, se tu me lo permetterai!” – vide il suo viso avvicinarsi. Le sue morbide labbra sfiorarono la sua fronte, mentre un braccio tornava a circondarle la spalla. “Voglio poterti osservare mentre ti svegli al mattino e poterti abbracciare quando rientri a casa la sera. Voglio poter vivere con te!” – le parole furono scandite da baci leggeri sul suo viso. Sayuri era immobile. Era veramente possibile un tale attaccamento da parte del ragazzo? Il suo cuore sembrava voler esultare ma una leggera morsa lo bloccava. “Ma… ne sei sicuro? Voglio dire… mi conosci poco…” “Ne sono sicuro quanto basta! Sei stupenda. Solare e fragile; sicura di te e gentile; intraprendente e sbarazzina. Sei per me! E ti aspetterò… tutto il tempo che vorrai!” Dopo una richiesta tanto appassionata, come avrebbe potuto farlo aspettare? “Non credo sarà necessario.” – gli disse, avvicinando le sue labbra succose a quelle sottili del ragazzo. Fu un bacio diverso da quelli che si erano scambiati fino ad allora: non più un semplice tocco di labbra, ma una languida e lunga carezza, un tocco intimo, un incontro di respiri. Sayuri si sentì trarre vicino, si inginocchiò sulla panchina legando le mani dietro al sua nuca. Le braccia di lui le circondarono la schiena sottile. Era quasi pieno inverno ormai, eppure non aveva freddo! Sentiva le gote infuocate e i suoi respiri si trasformavano in piccole nuvolette di vapore. Lentamente le loro bocche si chetarono, lasciando che la loro fronte si sfiorasse. Poterlo guardare negli occhi senza barriere era… bello. Senza più incertezze. Senza più dubbi. La vita le aveva insegnato duramente che nulla è per sempre, ma forse avrebbe potuto sperare, se non altro, di avere al fianco per qualche tempo una persona sincera e amorevole. Era scesa la sera. Abbandonarono il parco e si diressero verso un piccolo ristorantino nelle vicinanze: un bel piatto caldo era quello che ci voleva. Trascorsero la serata raccontandosi le loro vite: erano giovani, ma già avevano il proprio bagaglio di esperienze. Condividendo i loro ricordi, ebbero l’impressione di prepararsi a viverne insieme di nuovi. Prima di salutarsi, Yuu le chiese se volesse accompagnarlo ad un matrimonio quella domenica. “Un matrimonio? E chi si sposa?” – gli chiese, ignara. “Penso Maya. Ma non ho la certezza assoluta.” – sorrise, raccontandole la telefonata. Si salutarono con un altro bacio. Finalmente! Finalmente aveva trovato il coraggio di baciarla ed abbracciarla come meritava. Inoltre le aveva detto cosa sentiva… forse non era una dichiarazione tradizionale, ma sperava che la giovane avesse comunque compreso. Sakurakoji si ritirò in casa, si preparò per la notte e si addormentò sperando di sognare di lei, dei suoi capelli, dei suoi occhi, delle sue labbra. |