CAPITOLO 36 TOKYO NEWS – 25 novembre 2012 LA DEA SCARLATTA TROVA IL SUO ISSHIN E non è del capolavoro scomparso che si sta parlando, ma della vera Dea Scarlatta, quella che lo è diventata ufficialmente la scorsa domenica. Maya Kitajima ha trovato il suo Isshin ieri, in una piccola cappella alla periferia di Tokyo. La storia è una fiaba dei nostri giorni durata otto anni. Chi non conosce la generosa figura del donatore di rose scarlatte che ha sostenuto ed aiutato la nuova luce del teatro giapponese fin dall’adolescenza? Ebbene, recentemente l’ammirazione dell’uomo, che non è il dolce vecchietto che abbiamo sempre pensato, si è trasformato in amore profondo e tempestoso. Talmente forte da spingere Isshin ad abbandonare la propria maschera ed il suo cognome, sfidando le ire di suo padre, pur di conquistare il cuore della sua protetta, battaglia non certo semplice vista la sua vera identità. I loro continui scontri erano talmente famosi da rendere incredibili gli sviluppi delle ultime settimane. Masumi Hayami ha sciolto il vincolo con cui suo padre lo aveva legato alla famiglia Takamiya, che gli ha comunque riservato comprensione e collaborazione. Ha passato le ultime settimane a corteggiare l’attrice, scoprendo che non era odiato come temeva. Tutti hanno guardato stupefatti il ballo che hanno condiviso la sera della premiazione. Solo alla fine ha svelato la sua doppia identità e le ha chiesto di sposarlo. Eisuke Hayami non avrebbe mai accettato la vicenda, pertanto il produttore ha rinunciato al cognome paterno, frutto dell’adozione di cui era stato oggetto, riprendendo quello della madre. Masumi Fujimura e Maya Kitajima si sono sposati ieri, realizzando un sogno che pochi avrebbero creduto realizzabile. Shiori Takamiya e la sua agenzia hanno aiutato l’ex-fidanzato organizzando dal nulla le sue nozze. In meno di una settimana sono state espletate le pratiche, riservata la suggestiva cappella, mandate le partecipazioni ed organizzato il ricevimento per gli invitati. Gli sposi erano l’immagine dell’Amore e della gioia. Significativa è stata la presenza alla cerimonia dell’imperatore Takamiya, ad ulteriore testimonianza della vicinanza della sua famiglia alla nuova coppia. D’altro lato, Eisuke Hayami ha abbandonato la funzione stizzito, lasciando che i festeggiamenti procedessero senza altri impedimenti.
Una foto dello scambio degli anelli testimoniava che l’articolo non era un ‘simpatico’ scherzo. Masumi lasciò cadere sulla lucida scrivania della camera il giornale ripiegato. Il leggero fruscio produsse un movimento nella figura avvolta nelle lenzuola sul letto dell’elegante camera d’albergo che avevano riservato per qualche giorno. Le spalle alla finestra, la sagoma avvolta in un leggero accappatoio di cotone, un bicchiere con un dito di whisky in mano, Masumi osservò sua moglie. Sua. Moglie. Maya era sua moglie. Il cuore gli scoppiava di felicità, gioia, appagamento. Quando era sceso dall’auto ed aveva visto suo padre, l’ansia gli aveva afferrato le viscere. Il suo cuore indomito aveva avuto paura, aveva vacillato. Il suo piano rasentava la follia, quella volta. Poi era arrivata Maya e tutto era scomparso. Era rimasta solo lei, il suo volto, i suoi occhi lucidi, la sua pelle tenera, le sue piccole mani, la sua figura esile eppure perfetta, l’abito bianco che avrebbe voluto sfilarle facendola gemere tra le sue braccia. La cerimonia era stata priva di colpi di scena, a parte i sussulti che avvertiva dal posto di suo padre. Il suo sogno. Il suo desiderio offerto alle stelle. Maya. Un tuffo al cuore. Come sempre capitava quando la guardava, la pensava, la sfiorava. Non avrebbe mai trovato sollievo alla sua pena. Non voleva un cura. Tenui raggi di sole entravano dalle vetrate ed andavano a baciarle il volto. Sono geloso perfino del sole. Poggiò il bicchiere sul comodino e fece scivolare a terra la veste. Pose un ginocchio sul letto e si fermò un attimo ad osservarla: dormiva sulla pancia, il volto sereno, oscurato solo da qualche ciocca di capelli. Le lenzuola setose le coprivano parte della schiena, lasciandone intravvedere la curva sensuale. Aveva resistito abbastanza. Le si avvicinò piano e le posò un soffice bacio sul collo, mentre con una mano le scostava i capelli dal volto e le sfiorava la guancia. Solo le palpebre vibrarono leggermente. Si umettò le labbra: doveva avere lo sguardo di una belva affamata vicino alla sua preda inerme. Si portò ancora sul suo collo, posando altri baci all’attaccatura dei capelli. Fu talmente lieve che riuscì solo ad avvertire la morbidezza della sua pelle ed il suo calore. Con una mano fece scivolare il lenzuolo lungo il suo corpo. Ah… godette nel vedere la seta carezzarle la schiena per finire sulla morbida curva dei fianchi. Solo un leggero mormorio si alzò dalle sue labbra addormentate. Maya non si era svegliata, ma Masumi ormai non era più in grado di trattenersi: il cuore gli batteva nel petto, facendo correre il proprio sangue, caldo come lava. Leggero come una piuma seguì la sua spina dorsale con i polpastrelli prima e con le labbra poi. Il suo dolce sapore gli inondò la lingua, ancora. Non l’avrebbe mai dimenticato: era diventato la sua droga. Risalì la schiena con le labbra e le baciò la curva della spalla. La sua mano era ferma sul suo fianco. Maya si mosse appena, forse ancora addormentata, forse in attesa di altre carezze che l’uomo non tardò a fornirle. Con un basso gemito di gola iniziò a mordicchiarle la tenera pelle dietro l’orecchio, mentre con la mano risaliva fino alla vita tenendola ferma. Con il volto passò a carezzare la morbida pelle della schiena, l’altra mano corse ad intrecciare le dita con quelle dolcemente adagiate di fianco al suo volto addormentato. Senza rendersene conto si era ritrovato a carponi su di lei: un grande felino che ghermiva la sua compagna. Sentì Maya cercare di ritirare la mano e muoversi leggermente. Si avvicinò al suo orecchio e le sussurrò un ‘buongiorno’ con voce roca. Un lento sorriso si dipinse sulle sue labbra rosse, ancora segnate dai baci della notte precedente. Masumi si allungò su di lei, attento a non gravarle addosso con tutto il suo peso, e le catturò la bocca. Il bacio divenne subito rovente: lingue che si cercavano, labbra che si incontravano, denti che mordevano teneramente. “Che stai facendo?” – riuscì a chiedergli in un soffio. “Ti sto dando il buongiorno!” – replicò, esplorando il suo orecchio. “Mi piace.” – rabbrividì. “Non ho finito… ancora!” – la mano che era stata ferma sulla sua vita si spostò tra le sue gambe, raggiungendo la sua intimità e trovandola già pronta ad accoglierlo. Sentì il respiro di sua moglie rompersi mentre infilava un dito nella sua dolcezza. Lo mosse lentamente, esplorandola con cautela e beandosi dei gemiti che pian piano iniziarono ad invadere la penombra silenziosa della stanza. Mentre le sue piccole dita si artigliarono alle lenzuola, con un movimento deciso Masumi insinuò un ginocchio tra quelli di lei, favorendosi un ingresso più agevole. Inserì lentamente un secondo dito nel suo calore languido e continuò quella dolce tortura. “Ti prego…” – lo implorò. Come sordo ad ogni richiesta, l’uomo si fermò, sussurrandole solo: “Seguimi!” Si alzò in ginocchio, invitandola a fare altrettanto. La sua sposa appassionata non se lo fece ripetere. Fu un’agonia sentirla aderire a sé con ogni parte invitante del suo corpo: le braccia sulle proprie, la schiena delicata contro il suo torace scolpito, le cosce morbide contro le sue, contro la sua virilità fremente di desiderio. Riprendendo il suo lento movimento ipnotico, fece scorrere l’altra mano lungo il suo braccio teso, suo collo, sulla sua bocca. La lingua gli accarezzò i polpastrelli, prima che scendessero a catturarle un capezzolo turgido. Le vezzeggiò il seno con perizia. Maya stava di nuovo sbocciando tra le sue braccia. Insensibile alle sue proteste infiammate, il giovane amante lasciò il suo paradiso. “Masumi!” – lo richiamò. “Arrivo…” – scherzò lui, con una piega soddisfatta dipinta sulle sue labbra. Si era seduto sui talloni, osservandola indifesa, del tutto fiduciosa, accaldata come solo una donna innamorata può esserlo. Accolse le sue piccole natiche nelle sue mani e soffiò il suo alito caldo su di lei. “Ma... sumi!” – gemette ancora. La sua Maya, dolce e disinibita. Con piccoli morsi si avvicinò al suo calore. Con la lingua la carezzò e la esplorò come amava fare. I movimenti istintivi del suo bacino furono bloccati dalle sue dita. Beveva i suoi gemiti e le sue preghiere. Assorbiva l’odore del suo amore. Respirava il suo appagamento. Aiutandosi con un mano intensificò le sue attenzioni e presto Maya non fu più cosciente del suo corpo. Soffocò l’urlo di piacere nel cuscino, ultimo lampo di razionalità. Quel suo modo di lasciarsi andare gli fece perdere il controllo. Con un movimento fluido la penetrò affamato ed iniziò a muoversi mentre ancora era scossa dai fremiti. In ginocchio, dietro di lei, spingeva trattenendole i fianchi, fino a quando non la sentì muoversi per accompagnarlo. Allora le si stese sopra, un braccio intorno alla vita, la bocca al suo orecchio per sussurrarle quanto fosse bella. In quella danza frenetica non sarebbero durati ancora a lungo. Erano divorati. Rivoli di sudore scorrevano sui loro corpi, respiri affannati confondevano i loro gemiti. Le spinte si fecero via via più veloci, più profonde, più esigenti, finché entrambi non crollarono esausti, l’uno sull’altra, uniti.
“Mi fai impazzire…” – fu Maya la prima ad interrompere il silenzio. Erano stesi sul loro campo di battaglia, lui che l’accoglieva sul suo petto. La sua mano che ne accarezzava la pelle liscia. Solo una risata di gola giunse in risposta alla sua lamentela. “Non è male, no?” – le chiese poi, sfiorandole ammiccante la schiena. “Vorrei solo poterti fare lo stesso effetto!” – continuò a lagnarsi. Era così. Lo vedeva, lo sentiva. Sempre talmente controllato da aspettare che lei perdesse la testa per il troppo piacere prima di lasciarsi andare. “Ragazzina…” – se la tirò sopra – “Non ti rendi nemmeno conto dell’effetto che mi fai. Mi ubriachi solo guardandomi!” La sua voce che le solleticava le orecchie era sempre stata stuzzicante. Quando era poco più che una bambina la irritava con il suo tono canzonatorio. Dopo che l’aveva salvata alla morte di sua madre, iniziò ad irretirla. Quell’unico sorriso che gli aveva visto in viso in quei giorni l’aveva turbata. Dopo il suo fidanzamento con Shiori, le sue parole gentili la emozionavano e quelle beffarde la facevano sentire inadeguata. Quando scoprì che lui, proprio lui, era il suo donatore di rose il cuore le era esploso. Tante cose avevano trovato una spiegazione; tante sue emozioni avevano trovato una ragione. E la sua voce… quella aveva assunto un nuovo tono: caldo, confortevole, consolatorio, seducente. “Non è vero… sei sempre controllato!” Si allungò per arrivare ad accarezzarle le labbra. “Ragazzina testarda… con Shiori ero controllato, come dici tu. Non l’ho mai nemmeno abbracciata se non quando dovevamo ballare. Con te… neanche riesco a starti lontano. I miei occhi ti cercano sempre. Le mie mani si sentono sole senza di te. Io non sono niente da solo. Sono dipendente da te. Sei diventata la mia droga.” Maya allungò le braccia intorno al suo collo, mentre le mani dell’uomo correvano lungo la schiena fino ad artigliarle i fianchi, accostandosela addosso. Sentì immediatamente, di nuovo, il suo desiderio premerle contro il ventre. “Lo stai rifacendo!” “Non sto facendo niente…” – le mormorò sulle labbra – “Tu, piuttosto, non senti l’effetto che mi fai?” – sospirò. Si mosse sotto di lei. “Non è abbastanza! Sei sempre tu che comandi…” Appoggiandosi sul suo petto si tirò a sedere sopra di lui. “Sei mio marito?” – non riusciva ancora a crederci. “E tu mia moglie…” – la mano di Masumi le accolse il volto, scendendo sul collo, sul piccolo seno, sulla vita, sulla sua gamba tornita. “Mio…” – sospirò ancora lei, abbassandosi a baciargli il petto. Lo morse, anche, lasciandogli piccoli segni sulla pelle dorata. Lo sentì gemere. Continuò imperterrita, con le dita, le mani, i capelli, la lingua, i denti e le labbra. Masumi fremeva sotto di lei, mentre la mano era corsa ai suoi capelli, intrecciandovi le lunghe dita e pregandola di continuare. “Lo vedi cosa mi fai?” Lo guardò negli occhi: si erano scuriti, le palpebre appena abbassate. Erano lucidi. Le sue labbra erano tese. Ad un nuovo morso, suo marito inarcò il collo. Lo baciò sulla carotide, approfittando del momento, e di nuovo sulle labbra. “Non è abbastanza!” – gli soffiò ancora. Riprese a baciargli il petto, mentre le mani seguivano i contorni dei suoi muscoli: l’addome, i fianchi, gli avambracci… ed ancora, il collo, le spalle. “Maya…” “Non ancora!” – doveva resistere. Non poteva ancora cedere alle sue lusinghe. Si alzò a sedere e lo osservò. Era bello. Come sempre. Di più. Ancora arrossiva di fronte a lui, quando la coglieva con quello sguardo incantato. I capelli biondi, morbidi e sparsi sul cuscino; le sue labbra socchiuse; i suoi respiri affannati; il suo caldo petto; il cuore che batteva all’impazzata; i suoi occhi torridi, dolci. Abbassò lo sguardo. Non era mai riuscita ancora a toccarlo intimamente. L’aveva guardato, curiosa, ma si era sempre fermata. Maya allungò piano una mano: la punta delle dita toccò quella pelle tesa. Un gemito strozzato gli sfuggì dalla gola. Incoraggiata dalla sua reazione lo avvolse. Lo vide mordersi il labbro inferiore… e lo sentì muoversi ancora sotto di sé. Iniziò a muovere la sua mano, piano prima, come timorosa del suo effetto. Iniziò poi a prendere confidenza con lui, con i suoi fremiti, con i suoi segnali. Sentì i suoi gemiti intensificarsi, farsi profondi, rochi, felini. “Maya…” La ragazza resistette ancora. Mollò la presa, scorrendo su di lui fino a fargli sentire il suo calore. Vide i suoi occhi spalancarsi e la sua mano avvolgerle il collo tirandola vicina in un bacio rovente. “Non resisto più.” – le disse solo, mentre le legava la vita con un braccio e la girava portandola con sé. Entrò in lei senza preavviso, strappandole un sussulto, di sorpresa, di piacere. “E’ abbastanza, adesso?” – le chiese. “Sì.” – sospirò, allacciandogli le braccia al collo e le gambe ai fianchi. Ricominciarono la loro danza, conosciuta eppure sempre nuova. Lenta e tenera; furiosa e selvaggia; dolce e calda; torrida e ferina. Baci roventi, carezze graffianti, movimenti suadenti.
Shiori guardò soddisfatta il lavoro di Aki. Nonostante non fosse il genere di articoli che era abituato a scrivere, trovava che avesse centrato tutti gli obiettivi: l’attaccamento di Masumi e la sua evoluzione; la trasformazione di Maya ed il loro amore contrastato; il ruolo negativo di Eisuke e, infine, l’immagine pulita della sua famiglia. Sapeva che le sue parole non rispecchiavano tutta la realtà, omettendo la sua iniziale isteria, e quasi se ne dispiaceva, ma gliene era grata. Gli aveva rivelato tutta la sua storia ed Aki si era dimostrato un custode fedele. Avevano ballato insieme per tutta la durata del ricevimento. Ormai libera dalle incombenze della cerimonia aveva potuto godere della sua vicinanza, ritrovando la loro atmosfera, quell’aura di serenità e trepidazione.
Rei, Sayaka e Mina ancora non potevano crederci. Avevano davanti la copia giornaliera di Tokyo News con l’articolo sul matrimonio della loro amica, matrimonio a cui loro avevano partecipato, eppure ancora stentavano ad accettare la realtà. Maya Kitajima, la loro Maya, quella imbranata, piccolina, insignificante, priva di ogni qualità che non fosse la recitazione, aveva sposato l’odiato Masumi Hayami, colui che l’aveva ostacolata, apparentemente, il ricco Masumi Hayami, il potente Masumi Hayami, il donatore di rose. Per lei aveva rinunciato al suo nome, al suo passato, al suo potere ed alle sue ricchezze. Per lei era diventato un moderno Isshin che si ribellava al volere dell’imperatore. Erano nel piccolo soggiorno di Rei, intorno al kotatsu, si guardavano in silenzio, sorseggiando ognuna il proprio tè. “E’ successo davvero?” – chiese Mina. Rei assentì silenziosa e Sayaka la seguì. “Non riesco ancora a crederci…” Eppure il giorno prima l’avevano vista, salutata, si erano congratulate con lei e le avevano augurato tanta felicità. Ora… invece… come svegliatesi da un sogno, solo quell’articolo rimaneva a testimoniare che era tutto vero.
Lo stesso articolo che aveva riempito di soddisfazione Masumi Fujimura, di orgoglio Shiori Takamiya e di incredulità le tre ragazze, rese furibondo Eisuke Hayami. Con ira lo lanciò nel focolare acceso: le fiamme lambirono le pagine, le avvolsero, divamparono pericolosamente come la sua rabbia. Ridicolo. Lo aveva ridicolizzato. Non solo suo figlio aveva mandato a monte i suoi piani e buttato al vento i suoi sacrifici, ma l’aveva fatto diventare lo zimbello di tutta l’alta società. Non l’avrebbe mai perdonato. L’avrebbe pagata cara per un simile affronto! Percorse in lungo ed in largo l’ampio studio, scivolando con la sua sedia a rotelle sul lucido pavimento di legno. Il ronzio del motore e lo scoppiettio del fuoco erano gli unici rumori che lo accompagnavano nelle sue riflessioni. Con un pericoloso lampo di follia negli occhi, si fermò di fronte alla sua scrivania e compose un numero telefonico. Non dovette attendere molto prima che rispondessero. “Ho bisogno di incontrarti. Ti voglio qui tra un’ora!” – ordinò e riagganciò senza attendere risposta.
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