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Ed ecco qui il capitolo nuovo...
Vi prego ancora di avere pazienza ché i nostri torneranno prestissimo! _____________________________________________ CAPITOLO 21 Era notte fonda ed ancora pioveva: l’acqua sembrava cadere giù senza aver intenzione di smettere. Il cielo era in tumulto come il suo cuore. Non aveva mai provato quelle sensazioni. Quando quella mattina aveva detto alla sua tata che probabilmente Peter Hamill le sarebbe stato al fianco per sempre aveva nella mente la sola sensazione di pace che l’uomo le trasmetteva: niente a che vedere con il fuoco che il suo tocco aveva scatenato e le aveva bruciato il sangue. Quando negli anni passati aveva studiato l’amore per riuscire meglio sul palco, le sue relazioni erano sempre state fredde, programmate, analizzate: ricordava il primo ed ingenuo ragazzo innamorato con cui era uscita qualche tempo ed anche gli altri partner con cui aveva successivamente recitato e con cui, allo stesso scopo, aveva condiviso serate appena piacevoli. Era disorientata: seduta in ginocchio nella sua camera, di fronte al lume di varie candele cercava di comprendere e di calmare i battiti del proprio cuore. Non avevano parlato molto dopo quel primo contatto: semplicemente l’uomo l’aveva riaccompagnata alla porta concedendole un’ultima dolce carezza al volto. E ora si trovava lì, da sola, con in testa pensieri che nulla avevano a che vedere con lo spettacolo, a tre giorni dalle prove generali. Cercò di scacciare l’uomo dalla mente, riportando i suoi pensieri al personaggio: la Dea era legata agli elementi, risiedeva in essi, ma in che modo? Lentamente era riuscita a comprendere che ogni piccolo movimento, di qualunque origine, muoveva tutto il resto: un suo minimo moto faceva tremolare la fiamma delle candele, il fuoco, perché l’aria stessa era in moto. Ma non le bastava… sapeva, era cosciente che qualcosa le mancava. Si riscosse e si alzò. Attraversò la stanza verso le porte scorrevoli che la separavano dalla pioggia all’esterno. Aprì con un colpo secco. Avvertì immediatamente la fredda aria umida: vedeva la pioggia, anche senza occhi. Ah! La pioggia ed il ciclo vitale dell’acqua. La pioggia cade e diviene ruscello che, impetuoso, corre e si getta nel mare, tornando poi ad essere pioggia. L’acqua mantiene tutto in vita, fa prosperare la vita. La Dea Scarlatta era tutto questo! Perché ad ogni suo movimento, anche l’acqua fonte di vita si muoveva e si agitava, era pioggia delicata o tempesta violenta, accarezzava o puniva. Allo stesso modo la terra, ad ogni movimento della Dea, ad ogni suo desiderio, poteva cullare il seme o decretare la rovina di interi villaggi insediati ai piedi dei vulcani. L’intera natura rispondeva alla Dea Scarlatta! Tutti gli elementi lo facevano, perché la Dea risiedeva in essi. Non capiva perché ci aveva messo tanto tempo a comprendere il significato di quelle battute. Se gli esseri umani non si renderanno conto di aver peccato, il drago ruggirà ed il suolo si aprirà, la terra verrà sommersa dall’acqua per purificare la sporcizia, per purificare gli esseri umani. La rabbia dello Spirito Millenario era palese, eppure si era sempre e solo concentrata sulla forma della sua interpretazione, senza mai cercare di indagare il significato profondo celato in quelle poche frasi. Ayumi aveva pensato che fosse solo immaginazione, non aveva mai provato dei sentimenti al riguardo: aveva sbagliato tutto, perché quello non era solo il mondo dello palcoscenico. Era la realtà. Rei Aoki rispose al telefono appena prima di andare a letto. Era Sayaka che, insieme a Mina, volevano delucidazioni su dove si dovessero incontrare l’indomani.. “Maya?” – le chiesero poi. “Maya non c’è… resta alla sala prove. Ha detto che vuole concentrarsi sulla sua esibizione visto che la prova finale è vicina. Può anche essere che le sia difficile tornare a casa con tutta questa pioggia” – si bloccò per un attimo sovrappensiero, come se fosse incerta se concludere o meno la sua frase. Alla fine, rassegnata, continuò – “E’ difficile vivere con Maya. Prima era la ragazza-lupo, ora è Akoya. A volte si sveglia come se fosse la Dea Scarlatta.” “Sempre meglio della ragazza-lupo” – scherzò Sayaka – “Mi spiace per te, Rei, ma sei la sola che può vivere con lei. Pensa che sia il tuo destino e sopportalo.” – concluse lasciandosi sfuggire un risolino forzato. La compagna di stanza di Maya sentì solo un “Povera Rei” da parte di Mina prima di chiudere la comunicazione. Le due avevano ragione… vivere con Maya era pesante, ma avere la casa vuota lo era ancora di più. Mangiare da soli o alzarsi nel silenzio più completo era veramente deprimente. “Chissà cosa sta facendo ora?” – si chiese. La sala era deserta. Nulla disturbava la sua concentrazione: gli altri attori erano tornati a casa da tempo, lasciandola sola a provare. Il regista l’aveva guardata attonito ma l’aveva lasciata fare. In piedi, al centro della zona adibita a palcoscenico, con il velo della Dea Scarlatta sul capo che le serviva da costume di scena e strumento di recitazione, solo vagamente sentiva lo scroscio della pioggia che incessantemente continuava a cadere. In un altro momento, in un altro luogo, i suoi pensieri sarebbero stati dominati da un altro soggetto, ma non lì, lì quello che le premeva era il suo personaggio. Immaginava di avere davanti a sé tutta la Valle Sacra, la cascata fredda e assordante, la foresta antica. Sapeva di essere il Susino Millenario che, incapace di muoversi, racchiudeva l’anima di una Dea, un’entità che di lì a poco si sarebbe dovuta svegliare, stimolata anche dai crimini imperdonabili dell’uomo contro la terra stessa. Sapeva questo, come sapeva che la vita immobile dell’albero la stava condizionando nella rappresentazione della sua trasformazione nella Dea Scarlatta: con un moto d’ansia che le sconvolse il cuore si rese conto di non essere in grado di muovere i piedi, come se realmente si fossero tramutati in radici atte a nutrirla direttamente dal terreno; le sue braccia rifiutavano di muoversi se non con lievi vibrazioni, simili a rami scossi dal vento. In questo modo non ti trasformerai completamente nel tuo personaggio, Maya! Sei un’attrice, recita! Cerca di vedere come appari agli occhi degli altri! Le parole della sua maestra le risuonarono nella mente. La grande attrice aveva ragione: in quel momento doveva apparire veramente goffa! Era difficile manifestare la trasformazione in Dea Scarlatta dell’albero di susino e quella in Akoya della Dea Scarlatta senza l’aiuto delle battute. Era cosciente di non poter competere con Ayumi in relazione alla tecnica ed alla padronanza del suo corpo, ma non si sarebbe arresa. Avrebbe continuato a provare e provare fino a che non avesse dominato infine tutte le maschere. Dopotutto, Maya aveva il suo modo, l’aveva sempre avuto. Il tempo che le rimaneva a disposizione era poco, ma doveva farcela. Dalla rappresentazione di prova dipendeva il suo futuro… e non solo il suo. Forse anche la sua storia con Masumi avrebbe avuto un impatto diverso se fosse divenuta la nuova stella del teatro giapponese, invece di restare semplicemente una rovina-spettacoli. In quella mattina, dopo il temporale notturno, tutta la compagnia Ondine si stava interrogando sullo stato di Ayumi: sembrava stanca, debilitata. Seduta in un angolo dello studio non si era ancora prestata a recitare in alcuna scena. Peter Hamill si chiese se non fosse ancora sconvolta per quanto era accaduto tra loro la sera prima. In quei momenti non sembrava turbata, ma forse era solo apparenza. Come infastidita da tutte quelle chiacchiere, la vide alzarsi e dirigersi verso l’esterno. La seguì, non poteva evitarlo. Ormai la sua vita era strettamente legata a quella della giovane donna: solo lei sembrava non essersene accorta. La vide alzare il viso verso il sole e bagnarsi della sua luce. Sembrava stare meglio ora. Forse si sentiva solo oppressa all’interno con tutti quei rumori, quel chiacchiericcio, quei commenti. Mise inavvertitamente la punta di una scarpa in una pozza d’acqua, risultato delle piogge copiose che erano cadute fino a poche ore prima. Come incantata, si fermò con entrambi i piedi nell’acqua e si raccolse su se stessa, le mani al volto, come se finalmente avesse capito qualcosa di fondamentale. La giovane girò su se stessa e tornò dal regista: senza mezzi termini gli chiese di chiudere lì le sue prove per quel giorno ché aveva bisogno di tempo per pensare. Senza chiedere niente il fotografo l’accompagnò a casa, certo che il suo turbamento non dipendesse dal bacio che si erano scambiati. Lo sentiva, Ayumi ne era certa. Stava per capire l’essenza della Dea Scarlatta. Quando aveva messo un piede nella pozzanghera d’acqua si era resa conto che le immagini che sicuramente vi erano rilesse dovevano essere sparite al suo tocco, il mondo che vi era riflesso era scomparso. In quel preciso istante aveva compreso che la Dea Scarlatta era in grado di trasformare, mutare, modificare, muovere l’intero mondo, come era in grado di farlo con gli elementi. L’entità che doveva impersonare risiedeva negli elementi e li governava. Allo stesso modo risiedeva nel mondo, composto da quegli stessi elementi, e lo muoveva. Si era diretta immediatamente dal regista chiedendogli il resto della giornata libera: era vicina alla comprensione e non poteva lasciarsi sfuggire quel momento. Pur con tutte le proteste dell’uomo, si fece accompagnare a casa da Peter, ormai suo compagno abituale. Il fotografo le chiese con sollecitudine se stesse bene, visto che era raro che abbandonasse le prove. Rilassandosi sul sedile posteriore dell’auto che la stava riaccompagnando nella camera d’albergo che le fungeva da dimora, gli rispose brevemente che aveva solo bisogno di provare da sola. Voltò lo sguardo cieco verso il finestrino ed arrossì lievemente al ricordo di quanto c’era stato tra loro la sera prima. Peter non ne aveva fatto parola, che aspettasse un suo segnale?! Se lo chiese, ma scacciò subito la domanda: ora non aveva tempo! Concentrata ad afferrare l’essenza della divinità non si rendeva conto che doveva comprendere anche i sentimenti di Akoya e che il suo vissuto non le sarebbe stato di alcun aiuto. Ringraziando l’uomo di averla accompagnata, si diresse immediatamente nella sua stanza ed accese tutte le candele che era stata in grado di recuperare. In piedi in mezzo alla camera con in mano il manto della Dea Scarlatta cercò di ricordare l’ambientazione della Valle Sacra, laddove tutti gli spiriti si riunivano. Le candele rimandavano una leggera luce soffusa, ma Ayumi non riusciva a vedere comunque il mobilio. Con i lievi movimenti della stola sentì vibrare tutte le fiamme e cercò di riprendere il filo dei pensieri che l’aveva colta quella mattina. D’un tratto sentì un lieve capogiro… già un’altra volta le era capitato, ma non vi aveva dato peso. Perse temporaneamente l’equilibrio, ma fu sufficiente a che urtasse uno dei candelieri che, cadendo a terra, incendiò una delle tende. Fu un attimo. La tenda ed il suo stesso manto caddero vittime delle fiamme. La giovane sentiva il fuoco bruciarle il viso e le membra mentre, paralizzata, capiva che il rogo prendeva il sopravvento in tutta la stanza. In quell’inferno, alla fine, comprese il vero significato del fuoco della Dea Scarlatta: l’elemento che, bruciando, punisce e distrugge e che, allo stesso tempo, rigenera coadiuvato dall’aria, dall’acqua e dalla terra. Hamill era perso nelle sue riflessioni quando la sua attenzione venne catturata dagli addetti alla sicurezza. Allarmati, correvano verso la camera dell’attrice invocando l’aiuto dei pompieri. Senza alcuna esitazione si accodò agli uomini: Ayumi era riuscita a mettersi in salvo? Nelle sue condizioni, pur con gli altri sensi affinati, sarebbe riuscita a trovare una via di fuga? Sfondarono la porta in un attimo e la trovarono in ginocchio al centro dell’ambiente: gli altri non potevano rendersene conto e solo Peter riconobbe un sorriso soddisfatto sul suo volto. Sospettò che quell’incidente le fosse stato utile per trovare uno dei tasselli che ancora le mancavano per interpretare il suo personaggio. Le guardie si fecero largo tra le fiamme e la portarono fuori dalla stanza. Avrebbe preferito farlo lui stesso, ma avevano fermato sul nascere i suoi propositi. Quando la ragazza fu al sicuro tra le sue braccia gli addetti alla sicurezza si concentrarono sull’incendio, dimenticandosi dei due. “Ayumi, stai bene? Cosa è successo?” “Mai stata meglio!” – il sorriso non abbandonava il suo volto – “Ho capito… finalmente ho capito l’essenza della Dea Scarlatta!” L’uomo la guardò stranito. “Ti rendi conto di cosa hai rischiato? Potevi finire bruciata tra le fiamme! Cosa ti è saltato in mente?” – le parole fluivano appassionate dalle sue labbra mentre con le mani strette sulle sue spalle la scuoteva duramente. Era appena scampata alle fiamme e pensava ancora e solo alla Dea Scarlatta: non poteva tollerarlo! La giovane restava in silenzio, guardandolo con occhi tanto espressivi da non poter credere che fossero praticamente ciechi. “E tu? Non mi hai forse detto che mi avresti protetta? Sapevo che saresti venuto…” – disse alla fine. “Ma non potevi esserne certa!” – e arrendendosi al sollievo di averla sana e salva tra le braccia la strinse a sé, nascondendole il viso nell’ampio petto. La grande mano iniziò ad accarezzarle la nuca intrecciandosi ai lunghi capelli. “Non farlo mai più!” Ricevere un ordine non le era mai stato gradito, ma in quel momento le parole dell’uomo le riscaldarono il cuore. Solo con se stessa poteva ammettere di aver avuto paura e la vicinanza con lui la stava rassicurando. Si rilassò contro il suo petto, stese le braccia a circondargli la schiena e sussurrò: “Va bene.” Peter fu solo capace di stringerla di più. Era ormai giunto mezzogiorno e le prove prima di quelle generali del giorno successivo procedevano a ritmo serrato nella compagnia guidata dalla regia di Yuzo Kuronuma. Il suo sguardo seguiva tutti gli attori in scena, ma la sua attenzione era concentrata su Maya. La ragazza era in crisi. Come succedeva prima di ogni spettacolo, si calava tanto nel suo personaggio da esserne sopraffatta e sentirsi insoddisfatta della sua interpretazione. Lo sarebbe stata fino a che un evento, una frase, un incontro non l’avesse resa consapevole del giusto cammino da intraprendere. Fosse stato uno spettacolo ‘normale’ non si sarebbe preoccupato, ma non ne era uno qualsiasi quello che si preparavano a rappresentare. Era ‘lo’ spettacolo della vita, quello che avrebbe segnato la loro entrata indiscussa nel gotha dei talenti del teatro. Quella mattina l’aveva trovata addormentata in un angolo del palco di prova. Doveva aver ceduto alla stanchezza al termine di una notte di prove ininterrotte. L’uomo aveva compreso che il problema della giovane era costituito dallo Spirito del Susino Millenario: la sua interpretazione di Akoya era pressoché perfetta, come l’aveva sempre immaginata; la sintonia con Isshin era palpabile; solo il carattere della Dea le sfuggiva e forse non era nemmeno quello il problema. In tutta franchezza, Kuronuma credeva che Maya avesse compreso talmente bene l’essere divino da non riuscire a renderlo per il pubblico con il suo corpo umano. Definito il problema si era chiesto come porvi soluzione. Aveva visto la prima attrice riprendere le prove con gli altri, come se nulla fosse successo, ma lo stato catatonico dello sguardo non poteva sfuggirgli. Sapeva bene che generalmente era l’odioso presidente della Daito a riportarla sulla retta via. Il regista l’aveva capito ormai: Masumi Hayami aveva spesso contribuito a rendere superbe le interprestazioni della ragazza. A volte era stato sufficiente un suo commento sarcastico! Altre volte Maya aveva necessitato di interventi più drastici. Ma ora… ora… cosa avrebbe potuto fare Masumi Hayami dopo aver calato la sua maschera? Avrebbe potuto comunque aiutarla senza le sue battute pungenti quanto il sale su una ferita aperta? Quella vecchia volpe stava veramente valutando se cercare o meno l’intervento dell’uomo. Si chiese come l’avrebbe presa il giovane Hayami: un conto era fargli capire implicitamente che ‘sapeva’, un altro era richiedere il suo aiuto per Maya ammettendolo esplicitamente. Decise di attendere l’esito delle prove generali che si sarebbero svolte l’indomani prima di prendere qualsiasi tipo di provvedimento. |