Il peso della colpa

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view post Posted on 23/7/2015, 21:35
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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No, cara, non è una fatica letteraria. Come ti ho detto, scrivere occupa ogni momento mio della giornata. Mi costa più fatica mettere insieme una silloge di poesie destinate alla pubblicazione vera che scrivere ff. Ma Ritorno nella Valle l'ho nel cuore proprio perché, come ti dicevo, rispecchia tanto il mio vissuto. Quel "chissà dove andrà a parare", in fondo, è la vita di ognuno di noi, con le sue incognite e le sue inquietudini.
 
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view post Posted on 24/7/2015, 16:57
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Capitolo ventiduesimo



Eysuke si girò nel letto nervoso, quando Asakura, in giacca da camera, andò a chiamarlo.
“Che diavolo succede?” domandò il vecchio “Ti rendi conto che sono le undici passate…?!”
Il collaboratore lo fissò mortificato:
“Signore, non l’avrei mai disturbato se non fosse per una urgenza. C’è una persona alla porta.”
“Chiunque sia, mandala al diavolo! È Masumi, vero? O quella sua ragazza…?! Non voglio vederli.”
“No…” balbettò imbarazzato Asakura “…non ci crederà, ma è la signora in nero…”
Al vecchio Hayami parve fermarsi il cuore.
Fece un cenno all’uomo di aiutarlo ad alzarsi e, infilata la vestaglia, decise di scendere dabbasso con le sue gambe.
Quando la vide, dieci minuti dopo, ebbe un altro attimo di sbandamento: del resto, era sempre stato così. Trovarsela di fronte, nel presente come nel passato, suscitava in lui una fortissima emozione.
“Cosa posso fare per te?” chiese con tono basso.
Anche quello era copione già visto: lui si porgeva a lei con garbo e delicatezza e, di fronte alla reazione astiosa di lei, tornava ad essere la persona cinica e spietata che sapeva di essere.
Chigusa era in piedi davanti alla grande vetrata del salotto all’occidentale di casa Hayami:
“Mi è sempre piaciuta questa vista. E, in tutta onestà, non ho mai capito perché, pur essendo un fanatico delle tradizioni, hai voluto ad ogni costo una villa di stile hollywoodiano.”
“Davvero non lo sai?” chiese Eysuke facendo un passo verso di lei.
Gli occhi di Chigusa Tsukikage si ridussero a fessure: stava pensando qualcosa di molto sgradevole, ma si trattenne.
Non era lì per litigare.
“Ogni cosa” proseguì l’anziano presidente della Daito con la voce ridotta al lumicino “era stata pensata per te: per la futura signora del teatro e del cinema. Tutto il mondo doveva conoscere il tuo talento e venerare il tuo splendore. E dovevi essere amata a dovere, non strapazzata o percossa. Me le ricordo, le prove di Oozachi: ti trattava in modo indegno.”
L’attrice sospirò profondamente:
“Non si compra l’amore, Eysuke.”
“Tutto ha un prezzo…” ridacchiò quest’ultimo “che tu ci creda o no, anche la nobile anima di Aya Fujimura ne era consapevole e mi ha <venduto> suo figlio per farne il mio erede. Comodo, poi, scaricare su di me le colpe e farmi passare per assassino. E suppongo sia un eroe anche il tuo Ichiren, morto per la vergogna e la disperazione sempre a causa mia. Ma, dimmi, Chigusa, cos’è che faceva tanto schifo al tuo maestro? La Daito, fondata appositamente per produrre il capolavoro scomparso, non era abbastanza per lui?”
La Tsukikage deglutì incerta: era stata convinta, sino a quel momento, che Hayami, troppo preso da sé e dalla forza del suo sentimento non corrisposto, avesse errato su tutta la linea.
“Io sono qui per deporre l’ascia di guerra.” Disse spiazzandolo “E ti parlerò onestamente, per quanto ripugni anche solo starti accanto.”
Egli si accinse ad ascoltarla, il cuore in tumulto, ma con una nuova disposizione di spirito: era la prima volta dopo molti anni che si ritrovavano da soli faccia a faccia.
“Rifiutando i tuoi regali, non intendevo farti torto.” Iniziò incerta “Avevo diciotto anni e amavo follemente un uomo che fingeva di non vedermi come donna e possibile compagna di vita. Tra me e Ichiren sussistevano più di vent’anni di differenza. Se avessi accettato i tuoi presenti, avrei dato l’idea di essere interessata a te anche al maestro. Non potevo permetterlo: senza contare che…”
“Cosa?” chiese il vecchio stancamente.
“Anche adesso, come allora, non hai ancora capito che non sono io la dèa scarlatta dall’incomparabile bellezza. È soltanto…la mi maschera migliore, così come lo è di Maya Kitajima e, in qualche modo, di Ayumi Himekawa. Io sono Chigusa Tsukikage, l’altra metà dell’anima di colui che ha scritto il capolavoro scomparso. Essendo nata per quel ruolo, anche la mia immagine è trasfigurata.”
Sollevò il ciuffo di neri capelli che, da quarant’anni, le copriva la vistosa bruciatura sul lato destro del viso.
“Ti sembro bellissima anche adesso, vecchio?” rise sarcasticamente Chigusa Tsukikage.
Eysuke la fissò con intensità:
“Non sei mai stata più bella di ora. In te non vedo la ragazza di tanti anni fa. Ti vedo esattamente per come sei. E il tuo viso non è mai cambiato.”
L’attrice si indispose nuovamente: si sentiva, a torto, presa in giro. Ma Hayami non poteva essere più sincero, in quella occasione che gli pareva come l’ultima a sua disposizione: di certo, non avrebbe avuto altre possibilità di incontrare Chigusa in solitario o di colloquiare con lei senza alzare i toni.
“Sei la stessa.” Riprese “Non è questo, in fondo, lo spirito del vero amore? La donna che ruba il tuo cuore per sempre permane immota, con la sua immagine eterna, nella testa, in ogni pensiero. Anche quando stai pensando di distruggerla.”
“Hai perso, Eysuke.” Disse serissima l’anziana “La Dèa Scarlatta e i suoi diritti non saranno mai della Daito di Chioichiro Gin. Smettiamo di farci la guerra almeno adesso.”
Il presidente emerito della Daito corrugò la fronte:
“Gli affari sono affari…”
“I fondi li abbiamo anche noi.” L’interruppe la Tsukikage “Grazie a Hokuto, ora, c’è anche un teatro in cui recitare, per quanto non rappresenti l’eccellenza che l’opera di Ichiren merita. Non mi riferisco al lato economico, su cui credo tu abbia ben poco da dire o da fare. Quel tuo…nuovo figlio è in odore di yakuza, esattamente come lo eri tu quando producevi lo spettacolo. Non voglio che si ripetano gli episodi del passato. Io esigo da parte tua che, almeno in questo frangente, ci lasci in pace.”
“Che dici?” fece scandalizzato Hayami “E’ quel tuo Hokuto a stringere affari con la mafia: io non ho più nulla a che fare con certi loschi traffici. Non ne ho più bisogno, visto che la mia società è bene avviata.”
Stava per aggiungere qualcosa a proposito del figlio cui aveva revocato l’adozione, che aveva portato la Daito a livelli d’eccellenza senza ricorrere alla malavita, ma si trattenne ancora.
“Se dovesse succedere qualcosa a Maya, non la passerai liscia.” Sibilò la sensei “Io non avevo alcuna protezione, a parte il mio fedele Genzo, ma lei sì. Lei ha la sua anima gemella a vegliare sui suoi passi. E ha anche me.”
“Non potrei mai mettere a repentaglio la buona riuscita dello spettacolo, una volta portato in scena.” Parve difendersi l’anziano “Il teatro è sacro: lo pensi tu come lo penso io. Chioichiro, col mio benestare, sta lavorando perché la rappresentazione sia boicottata. Questo, sì, te lo confesso. Ma non c’è nulla di illegale, nel suo operato. Semplicemente, vogliamo che lo spettacolo non venga dato.”
“E per fare questo costruirai una adeguata macchina del fango, suppongo…”
“Non è illegale far venire allo scoperto certi <segreti>.” Disse freddamente Eysuke “Tra l’altro, buona parte dello scandalo che li fagociterà è stato messo in piedi proprio da Masumi e Maya. I particolari non faranno altro che completare l’opera che essi stessi hanno iniziato.”
Chigusa comprese che stavano parlando due lingue differenti.
Aperta la borsetta, depose sul tavolino basso un biglietto.
Hayami lo fissò interrogativo, quindi chiese all’anziana di cosa si trattasse.
“E’ una delle lettere minatorie che, ogni giorno, mi vengono recapitate. Destinate tutte a Maya Kitajima: <qualcuno> vuole eliminarla. Ovviamente, è Genzo che si occupa di prendere la posta e la ragazza non sa nulla. Una cosa del genere la turberebbe: ma dovresti sapere che nulla – neppure una calamità naturale – può tenerla lontana da un palcoscenico…”
“Che cosa?” fece Eysuke sconcertato “Stai scherzando?”
“Era questo che intendevo poc’anzi.” Mormorò l’altra dirigendosi all’uscita “…e dovrai faticare tanto per farmi credere che non ne sapevi niente. Te lo ribadisco: se osi toccare la mia allieva, ti ammazzerò con le mie mani. Sarà l’ultima cosa che farò: solo così anche lo spirito di Ichiren troverà riposo.”
 
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view post Posted on 26/7/2015, 20:43
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Stregone/Strega professionista

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Molto bello questo confronto tra i nemici di sempre. Mi sembrava strano che la signora in nero volesse veramente deporre l' ascia di guerra con Esuke, e infatti non è proprio così: è battagliera come sempre, mossa solo dal bisogno di proteggere Maya.

PS. Capisco cosa vuoi dire quando dici che per un artista è vitale esprimersi attraverso il suo peculiare linguaggio, "colma" lo spirito e quasi non hai bisogno d' altro... ne so qualcosa... purtroppo io so anche che cos'è una crisi artistica... gran brutta bestia.
 
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view post Posted on 28/7/2015, 15:40
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Ho passato la quarantina da un paio d'anni e non mi sono mai scontrata con questo genere di crisi. Sono stata a lungo lontana dal postare giornalmente - cosa che ho fatto per quasi quattro anni di fila e su più forum, mio blog incluso - ma non perché a corto di idee. Vivevo, mi calavo nella dimensione reale per poi poter tornare e sublimare quanto vissuto.

Capitolo ventitré



Il mattino seguente, un sole basso e <velato> destò Eysuke.
Invero, si era addormentato solo poche ore prima, complice la visita inattesa della sensei Tsukikage e della conseguente tempesta di emozioni che essa aveva suscitato in lui.
Suonò il campanello affinché Asakura accorresse, cosa che l’anziano fece con una certa prontezza a dispetto del fatto che fosse sceso dal letto giusto qualche istante prima.
Il suo assistente lo trovò col viso stravolto, quasi allucinato: e non era certo dovuto alla mancanza di sonno.
“Sei in ritardo!” sbraitò Hayami vedendolo entrare.
“Signore…” ebbe a giustificarsi l’altro “sono appena le sei…”
Il presidente emerito della Daito non commentò la sua affermazione, quindi chiese che suo figlio venisse immediatamente convocato per colazione.
“Devi andare immediatamente.” Ordinò perentorio “Prima che faccia il suo solito giro in azienda. Non c’è un istante da perdere.”
Asakura aggrottò le sopracciglia, arguendo che doveva trattarsi di qualcosa di serio, per non dire grave. Di sicuro, era legato alla signora in nero e alla sua misteriosa sortita notturna.
L’assistente si mosse in direzione dell’uscita.
“Ieri…” parve fermarlo Hayami “sei stato in ufficio per quella commessa, rammenti? Hai, forse, sentito qualcosa? Da parte di Gin, intendo…”
L’anziano negò con la testa:
“Non l’ ho mai vista così nervoso, signore. Non in tempi recenti, per lo meno…è accaduto qualcosa?”
“Niente!” minimizzò Eysuke sconcertato da ciò che Tsukikage sensei gli aveva rivelato “Mio figlio è un ragazzo devoto. È sempre stato fedele alla Daito e a me. È così, giusto?”
“Certamente,” convenne Asakura “non poteva esserci scelta migliore dopo…”
Si morse la lingua, ché stava per pronunciare un nome ormai bandito dalle quattro pareti della grande villa.
Hayami lasciò correre, quindi disse al collaboratore che si sarebbe vestito da solo e che era cruciale che egli andasse a recuperare il figlio per suo conto.

***


“Hai chiesto di vedermi, padre?” chiese Chioichiro entrando nel salotto di Villa Hayami.
L’anziano si mosse con insolita rapidità, girando la sedia a rotelle in direzione del nuovo arrivato.
“Vedo che ti sei calato nella parte.” Disse piuttosto acidamente Eysuke.
“Sono tuo figlio, adesso.” Rimarcò con altrettanta decisione il manager “E stavo già lavorando quando mi hai chiamato…”
Il tono era inequivocabilmente infastidito e finì per gettare benzina sul fuoco. Il vecchio Hayami era anche il presidente emerito, ma, sotto il profilo legale, era l’unico proprietario della Daito Art Production.
“Dovrei sentirmi in colpa?” chiese “Tu sei ancora un mio <dipendente>: la Daito sarà tua solo dopo la mia morte e a patto che ti comporti come si confà a un figlio devoto…”
“Se volevi un figlio senza palle, dovevi tenerti Masumi.” Sbottò quasi isterico Gin “Allora, che cosa vuoi?”
Per la prima volta dacché aveva firmato i documenti relativi all’adozione, Eysuke lo guardò con occhi nuovi: la sua volgarità era disgustosa anche per uno che, di certo, non brillava per specchiata onestà.
“Hai il tono di voce di una ragazzina isterica, quando vai fuori di te.” Sibilò l’anziano “Reagisci così, ogni volta che qualcuno ti dà pan per focaccia? Sappi che non hai nulla del cipiglio professionale che brandisci ogni qual volta rilasci interviste televisive che hanno del…sensazionale!”
“Insomma.” Sibilò il manager “Dimmi che cosa vuoi. Perché mi hai chiamato qui. Ho molte cose da fare: sarei dovuto andare a colazione a casa Takamiya, dove sono atteso anche dalla mia futura moglie.”
“Ed è per la tua dolce prossima metà che stai agendo nel modo che sai?” chiese arrabbiatissimo Hayami.
Gin si passò una mano fra i capelli corti:
“Ma di che diamine stai parlando?”
“Credevi di tenermi nascosti a lungo i tuoi piani per <fermare> la rappresentazione ufficiale del capolavoro scomparso?”
L’altro parve tranquillizzarsi un istante: estrasse da un astuccio di metallo una sigaretta e l’accese:
“Dunque, è per questo che sei in ambasce? Credevo peggio.”
“Peggio?” ripeté Eysuke “Hai una minima idea di ciò che, consapevolmente, stai facendo?”
“Sei stato tu a darmi carta bianca.” Si giustificò senza pudore Chioichiro “Ricordo perfettamente ogni espressione, ogni tua parola!”
“Ma perché attentare alla vita di quella ragazza?” urlò l’anziano andando al nocciolo della questione “E’ ignobile che tu stia facendo tutto questo! Non basta la macchina del fango?”
Il manager si avvicinò alla sedia a rotelle con volto minaccioso:
“Perché? Perché? Vuoi o no che la tua società entri nell’orbita del gruppo Chuo? Vuoi o no fagocitarlo come le serpi hanno fagocitato Laocoonte e i suoi infanti? Lo vuoi o no, stupido d’un vecchio?”
Le mani di Chioichiro erano ora sui braccioli della sedia, gli occhi scuri e penetranti del figliastro dentro quelli piccoli e inferociti di Hayami.
Eysuke lo spinse con entrambe le mani: per quanto non forte abbastanza, riuscì ad allontanarlo un poco.
“Certo che lo voglio!” ribadì “Ma non osare mai più porti come hai fatto o ti butterò fuori da questa casa e dalla <mia> società!”
“Credi che sia un piacere per me condiscendere ai desideri di quella pazza mentecatta di Shiori?” urlò Gin scaraventando a terra un vaso di fiori lì prossimo “E’ lei a volere tutto questo! È lei a volere morta quella ragazza! E io sto per diventare l’amministratore delegato del gruppo Takatsu in virtù del legame con Shiori! Pensaci, padre!”
“In tutti questi anni…” sibilò Eysuke, un dolore crescente nel centro del petto “ho covato rabbia nei confronti di Chigusa Tsukikage, che si è ostinata fino all’ultimo e si è tenuta stretta quei dannati diritti di rappresentazione! Ma La Dèa Scarlatta è la <mia> vita! Non è un solo <un affare>. E non ti ho mai autorizzato a procedere mafiosamente contro Maya Kitajima. Non puoi toccare un’attrice!”
“Quante belle parole…” ridacchiò Chioichiro “Dette da uno che mandava la yakuza a disturbare gli spettacoli della donna che diceva di amare e venerare! Sono arrivati a metterle le mani addosso e tu lo sai bene!”
Hayami portò una mano all’apertura della camicia:
“Aiutami…”
Sembrava stesse annegando, sommerso dai suoi stessi peccati – così pensò il figliastro, che non si muoveva di un pollice, un senso di ribrezzo mai provato, come se si trovasse davanti carne già morta.
 
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view post Posted on 29/7/2015, 14:22
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Capitolo ventiquattro


Chioichiro Gin si rivolse al medico che, dopo avere visitato suo padre, stava scrupolosamente redigendo la cartella clinica.
“Come sta?” chiese scettico.
“Non bene.” Rispose il dottore con franchezza “E’ un infarto molto serio e, viste le condizioni generali, non credo in un buon margine di ripresa. Il signor Hayami ed io siamo vecchie conoscenze. Sono già stato il suo medico curante, quando era ricoverato a Keyo.”
“Dunque morirà…” balbettò tra sé il giovane manager.
“Spero di no.” Disse l’altro sconcertato dell’inopportuna espressione “Ma sarà difficile che torni quello d’un tempo.”
Una piega all’apparenza amara parve apparire sulla bocca dal taglio naturalmente sarcastico di Chioichiro.
Qualche istante dopo, seduto nell’androne dell’ospedale, le mani l’una dentro l’altra, si prefigurava già il futuro e l’imminente, definitivo passaggio di testimone.
Era un periodo decisamente fortunato: adottato dal presidente della Daito, fidanzato alla nipote di Takamiya. Ora, anche l’eredità di Hayami sarebbe diventata sua.
Per sempre.
Ad un certo punto, riconobbe da lontano due piedini sottilissimi che calzavano un imbarazzante tacco dodici. Procedevano lenti: dopo i piedi, Gin mise a fuoco la gonna che arrivava sino a metà ginocchio e, più su, una vita stretta e due seni nascosti da una giacca sciancrata di colore rosa.
La maliziosa scollatura era un chiaro segnale di condiscendenza nei suoi confronti ed egli provò un misto di desiderio malato, rancore e vittoria.
Stava per avere tutto, sì.
Doveva avere tutto.
“Hai saputo?” chiese alzandosi in segno di rispetto.
“Mi ha chiamato Asakura.” Disse Shiori “Era distrutto.”
“Sa che la prima testa che salterà, dopo la dipartita del vecchio, sarà la sua.” Sogghignò del tutto inopportunamente Gin.
La Takamiya scosse il capo:
“Quindi, morirà?”
“E’ quasi certo.” Rispose il fidanzato “E, se anche dovesse vivere, non nuocerà: abbiamo avuto una interessante discussione. Aveva saputo che Maya Kitajima è nel nostro mirino: indovina un po’? Si è opposto: a quanto pare, l’ha più in simpatia di quanto non voglia ammettere.”
“Distustoso…” mormorò Shiori portando il fazzoletto alla bocca rossa “E’ riuscita a conquistare anche un uomo tutto d’un pezzo come il vecchio Hayami. Quella ragazza non ha limiti. Mi chiedo che tecniche di seduzione possa avere usato…”
Gin la cinse per la vita all’improvviso:
“Tu preoccupati dei servigi che <devi> a me. Non sono mai stato in affari con la yakuza: sono un manager scaltro, ma ancora vergine, sotto questo aspetto. Sei stata tu a corrompermi: per questo e…anche per il resto.”
Le baciò la bocca avidamente, costringendola ad andare contro la parete bianca.
“Non qui!” disse Shiori col fiato corto per la vergogna e il desiderio insieme “Potrebbero vederci.”
“Chi ha in mano il mondo, non può curarsi di gelosi voyeurs…” sorrise imperterrito Gin mettendole una mano dentro la giacchetta e tastando carne tenera, ma già <tesa>.

***


Masumi entrò nella stanza dell’ex patrigno accompagnato dal medico di Eysuke.
“Non dovrebbe essere qui.” Disse tristemente il Tashiro Kasuki “L’ho chiamata solo perché so bene quanto si sia preso cura di quest’uomo. Leggendo la storia della revoca dell’adozione, ho provato grande dolore. Era una cosa che non ritenevo possibile.”
Il fidanzato di Maya annuì, gli occhi fissi sulla sagoma inerte del suo ex patrigno.
“Ha avuto un grave infarto. È stato suo figlio attuale a chiamare i soccorsi.”
“Dottor Kasuki,” l’interruppe Masumi “mi dica la verità. C’è qualcosa, oltre alla mia storia, ad averla spinta a telefonarmi nottetempo…?”
L’uomo tacque riluttante.
“E’ l’atteggiamento del signor Gin, a dire il vero.” Disse poco dopo con franchezza “Suo padre – il suo ex patrigno, mi perdoni – è sempre stato un uomo forte e coriaceo, ma la sua mente non è sufficiente a far fronte allo stato di decadimento fisico generale. Dovrebbe…trascorrere gli ultimi anni della sua vita in un ambiente consono, non circondato da squali. Non so se mi spiego…”
Maya Kitajima, ritta sulla soglia, fissava con costernazione ora Eysuke ora Masumi.
“Ma certo!” disse senza alcun dubbio “Noi faremo di tutto per aiutarlo, non è vero, mio caro?”
Al giovane manager scappò una risata:
“Non eri arrabbiata con lui per il suo atteggiamento?”
“Lo ero.” Convenne Maya, gli occhi accesi “Ma… mi ha sempre aiutata. Anche quando sono andata da lui, l’ultima volta, non è stato cattivo. Si è preoccupato per me: mi ha chiesto se mangiavo abbastanza…E’ stato sarcastico, ma per nascondere la sua apprensione!”
“Sono certo” Disse più tranquillo Kasuki “che se vi occuperete voi di lui, la ripresa del signor Hayami non tarderà a venire.”
Masumi lo scrutò negli occhi:
“Cosa possiamo fare? Siamo molto presi dal lavoro, adesso.”
“Ricoverarlo vicino al teatro Hokuto?” azzardò Maya “Ci sono delle strutture, in quel quartiere?”
“Posso informarmi.” Annuì il medico “Io credo sia fondamentale che il signore non sia sottoposto ad alcuno stress.”
“Faccia quel che è possibile.” tagliò corto il fidanzato di Maya.
“Sì, caro.” Mormorò quest’ultima correndo tra le sue braccia “Da questa tragedia, forse, nascerà qualcosa di buono.”
“Ti rammento che non è più mio padre né lo è mai stato.” Sibilò Masumi “Lo aiuteremo, ma tutto finisce lì, sappilo.”
 
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view post Posted on 30/7/2015, 13:48
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Capitolo venticinque



Hiromi entrò nell’ufficio del suo principale come una furia.
“Notizia buona o cattiva?” chiese sarcastica “Sappia, però, che il suo privilegio di scelta sarà meramente temporale, ché dovrò propinargliele entrambe!”
Seiichi alzò lo sguardo azzurro dalle carte che stava visionando.
“Comincia dal dessert.” Disse piano, mentre la mano correva al pacchetto di sigarette alla sua sinistra.
“La ditta di trasporti Ko ha accettato di sponsorizzare lo spettacolo. E siamo a tre partner ufficiali.” Annunciò trionfante la segretaria “Il contratto non prevede diritto di recesso, a meno di non dover pagare lautamente per lo scioglimento dello stesso.”
Hokuto pensò al fatto che buona parte della buona riuscita, nella ricerca degli sponsor, andava a Saeko e il suo sguardo si intenerì per un breve istante.
“Vai col veleno, adesso.” Disse seriamente il capo fissandola nei grandi occhi.
“Eysuke Hayami ha avuto un infarto.” Sospirò Hiromi “E’ ricoverato da queste parti, in una struttura privata. Ed è Masumi ad assisterlo. Ovviamente, essendo impegnato col lavoro, non può farlo materialmente, ma sembra che lui e Maya facciano la spola tra il teatro, l’ufficio e l’ospedale. La notizia è top secret e la fonte è disposta ad uccidere, nel caso in cui dovesse trapelare anche solo in minima parte…”
“Che diamine!” sbraitò Seiichi “Non c’è quell’altro suo…figlio?! Che intenzione hanno i due ragazzi?”
“Mia sorella dice che è stata una cosa <necessaria>.” Rispose la segretaria “Pare che ci siano forti dubbi sull’erede e che il luogo in cui stanno curando Hayami sia segretissimo.”
“Forti dubbi?” ripeté l’uomo “Se anche vi fossero forti dubbi, darei a quel…Gin un bacio in bocca per avere provato a mandare al creatore quel bastardo figlio d’un cane!”
Hiromi ridacchiò sorniona, mentre il presidente della Hokuto, d’improvviso taciturno, raccoglieva alcune carte dentro a una cartelletta.
“Dove va?” chiese la segretaria sorpresa.
“Una visitina in ospedale, nulla di più.” Rispose l’altro senza neppure guardarla in viso.
Ella stette a guardarlo mentre se ne andava: qualcosa, di certo, stava frullandogli nella testa e, di sicuro, c’era di mezzo sua sorella.

***


Seiichi non prese neppure la macchina aziendale: andò dritto nel garage sotterraneo dei suoi uffici per recuperare la propria, una bella Pontiac del 1970 dal profilo aerodinamico ed elegante insieme. Quell’auto era stata il suo primo acquisto <da milionario> e ad essa era particolarmente legato, ché, lì dentro, si era consumato anche l’ultimo atto della sua storia con Saeko, all’epoca brillante studentessa universitaria già in odore di stage alla Daito Art Productions.
Hiromi gli aveva dato notizie precise: la struttura sanitaria era, in realtà, un antico ospizio gestito dalle suore di carità. Si trattava di un’ottima struttura, ma <insospettabile>. Nessun giapponese legato alla sua tradizione e con molto denaro – ed Eysuke erano uno di questi – avrebbe scelto di ricevere assistenza da sorelle cattoliche. Nella scelta, Masumi aveva cercato di calarsi nei panni del padre e in quelli di Gin, anche.
Questi, saputo che il patrigno era sparito senza il suo consenso, trasferito per di più in un luogo top secret, fu quasi colto da un attacco isterico. Per fortuna, Saeko Mitzuki aveva pensato a tutto, convocando nottetempo il fratello minore del presidente Hayami, che rivendicò la possibilità di curare suo fratello come e dove meglio credeva. E Chioichiro scoprì in quegli istanti che non avrebbe potuto fare nulla per opporsi: Tezu possedeva un documento scritto di pugno dallo stesso Eysuke molti anni prima, in cui si diceva chiaramente che, in caso di malattia, sarebbe stato il minore degli Hayami ad occuparsi di lui. Essendo il più compassionevole della famiglia e il meno interessato, in questo modo, il vecchio presidente della Daito garantiva a se stesso una vecchiaia relativamente tranquilla.
“E’ assurdo!” aveva sbottato Gin scaraventando in terra quanto era sulla sua scrivania.
Shiori, lì presente, ribolliva di rabbia.
“Se il vecchio dovesse riprendersi…” mormorò preoccupatissima.
“Che cosa?” chiese di rimando il fidanzato “Hai paura che revochi l’adozione?! Me ne sbatto! Io lo troverò. Lo ammazzerò con queste mani, se necessario!”
“Dovevi agire per tempo…” Disse in modo del tutto sconvolgente la Takamiya “…mentre aveva l’infarto! Bastava mettergli un cuscino in faccia. Nessuno avrebbe disposto una autopsia. Saresti stato in una botte di ferro.”
“Morirà!” urlò Gin più per convincere se stesso che la ragazza “Tra una settimana, alle nostre nozze, io sarò il presidente della Daito in via definitiva! E tu avrai la testa di Maya Kitajima appesa in salotto!”

***


In quell’istante Seiichi Hokuto stava varcando la soglia della struttura sanitaria nei pressi del suo teatro.
Mitzuki andò a placcarlo all’istante, quindi l’introdusse nella stanzetta destinata agli ospiti.
“Ci sono il signor Masumi e anche il fratello del presidente Hayami.” Gli disse la donna infastidita all’idea che Hiromi avesse puntualmente vuotato il sacco “Hanno dato disposizioni precise. Nessuno può entrare. Né la notizia deve uscire da qui. E’ di vitale importanza.”
“Sta’ tranquilla.” Masticò Seiichi “Vorrei precipitarlo all’inferno, ma non mi batto con carne morta. Vorrei solo sapere che intenzioni ha il tuo capo.”
Saeko strinse gli occhi:
“Non è un voltafaccia. Non sta cercando di rientrare nelle grazie del signor Hayami. Non potrebbe neppure se volesse, visto che il presidente emerito sta morendo. È in coma da molti giorni.”
“So benissimo che non intende voltarmi le spalle.” Disse Hokuto con tono soffocato “Ma non capisco perché si dia tanta pena per quel bastardo. Lo ha spogliato di tutto. Lo ha ferito in ogni modo possibile: è il responsabile della morte di sua madre…”
Mitzuki scosse il capo:
“Arriva il momento in cui diventa quasi necessario deporre l’ascia di guerra. E nessun uomo deve morire in modo disonorevole. Restando in quell’ospedale, sotto il pieno controllo di quel Gin, la fine del presidente Hayami sarebbe stata tristissima.”
“Come se non lo meritasse!” sbottò Seiichi “Ma che te lo dico a fare! La tua…devozione a questa famiglia è completa.”
Ella sorrise:
“Debbo molto al presidente emerito, sì. Avevo appena preso la laurea e mi ha affiancato al suo erede. Tutto ciò che ho appreso lo debbo a lui: non ha guardato neppure per un istante alle mie umili origini. Pur con tutti i suoi difetti, il signor Eysuke non ha mai giudicato con scetticismo coloro che non appartenevano alla sua classe sociale. Chiunque lavorasse bene e sodo aveva il suo plauso: io non potrò mai ringraziarlo abbastanza. Lasciare la Daito, dopo la revoca dell’adozione al signor Masumi, mi è costato molto, per quanto la mia fedeltà vada al mio principale, ovviamente.”
“E io ero ovviamente poco, per te…” disse sarcastico Seiichi.
“La nostra storia era già agli sgoccioli, quando sono entrata alla Daito.” Mormorò tristemente l’altra “E non certo per mia volontà.”
“Certo.” Obiettò l’altro “Ho già sentito questa storia: sono cambiato, diventando del tutto simile a quel nemico che avevo giurato di distruggere…”
“Vattene via.” Disse Saeko abbassando lo sguardo “Non puoi stare qui…”
“Credi che Gin sia un idiota?” chiese Seiichi prima che ella lo lasciasse “Non passerà molto tempo che i suoi tirapiedi gli riveleranno i movimenti di Maya e Masumi. Senza contare che la ragazza è sotto tiro. Tutti lo sanno, tranne lei.”
La segretaria portò una mano alla testa:
“Non curarti di questo. Chioichiro Gin non entrerà mai qui dentro. Non c’è modo. E, quand’anche lo facesse, gli risulterebbe alquanto difficile trovare il signor Hayami.”
“Masumi sta facendo qualcosa per la sua protezione?” chiese scettico Hokuto.
“Il nostro collaboratore ombra non la lascia un istante e neppure io.” rispose la donna sorridendo.
“Gli dèi vi siano propizi, allora.” masticò l’altro “Anche se non capisco perché tutto questo.”
“Non lo capisci?” chiese di rimando Mitzuki “Davvero? Il richiamo alla compassione di cui ti parlavo prima non ti dice nulla? Quando rischierai di perdere ciò che ti è più caro, forse, coglierai questa sfumatura. Fino ad allora, temo che ciò che dirò finirà contro un vetro infrangibile.”
Egli la prese per un braccio, costringendola a guardarlo nei grandi occhi azzurri:
“Ho perso due volte ciò a cui tenevo di più. E tu eri una di queste.”
“Ma non hai ancora imparato la lezione…” sibilò ferita la donna “La mancanza di umiltà è pur sempre il tuo peccato capitale, giusto?”
E, togliendo con foga rabbiosa la sua mano, lo lasciò solo nella totale costernazione.
 
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view post Posted on 30/7/2015, 16:08
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Ciao Laura. Questi ultimi capitoli sono stati fantastici, intensi e pieni di tensione drammatica. Non ha nulla di romantico questa storia ed è bella per questo. Mi viene da dire, visto l'atto di ripudiare Masumi (che a questo punto, poteva essere un figlio più degno di Gin) che Eisuke abbia ciò che merita in questo secondo erede interessato solo al suo profitto personale.
Che tristezza quest'uomo, ha una sua etica (in gran parte distorta) che lo porterebbe a rispettare Maya, ma non riconosce un briciolo di affetto paterno a Masumi o così pare; mi chiedo se farà in tempo a rendersi conto del suo errore o la morte verrà a prenderselo prima... visto che lo lasci in coma forse non prevedi appello. Nel Manga pare che la Miuchi voglia riscattarlo, almeno questa è la sensazione che ho avuto nell'ultimo numero, invece a me Eisuke sembra una di quelle figure incapaci di autocritica che nascono quadrati e moriranno quadrati.
Shiori è sempre più squallida e perversa e non ha neppure la scusante apparente della pazzia; ho l'impressione che per lei valga il teorema "prendi una donna e trattala male...", canzone che mi ha sempre dato sui nervi, in verità.

Volevo ringraziarti per il permesso di stampa e rassicurarti che è a solo scopo di lettura personale; non mi sognerei mai di fare altro.
Complimenti come sempre, non vedo l'ora di continuare la lettura.
 
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view post Posted on 31/7/2015, 15:33
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Ciao, ScarLett.
Io ho sempre interpretato Eysuke in modo sostanzialmente positivo. E' un essere umano e ogni essere umano non può essere univocamente collocato dalla parte del bene o da quella del male. Quasi tutti i miei personaggi oscillano sulla base degli eventi, come del loro carattere, fra il lato oscuro e la luce. Quando leggerai Ritorno nella Valle - non ti anticipo nulla - conoscerai il mio personaggio più amato (da me) e odiato (dai lettori di Murasaki no bara no yume). In Miro ho fuso tutta la mia filosofia di vita: la conoscenza del male è la base per quella del bene. Un principio tutto sommato scontato, se si pensa al credo buddhista.
Ciao, alla prossima.

Capitolo ventisei



Eysuke Hayami, inerte sul proprio letto, aveva il volto leggermente girato in direzione di un raggio di sole che, dolcemente, penetrava attraverso le tendine fino a baciare il bianco asettico della parete.
Maya, uscita dalle prove qualche istante prima, si era subito recata nella struttura per assisterlo. Attendeva che, da un momento all’altro, anche Masumi la raggiungesse.
“Un paio d’ore al giorno non sono tante…” disse la giovane sistemando tre rose scarlatte su un vaso dal collo stretto quanto bastava a contenerle “ma io non smetterò un attimo di parlarle, proprio come se fosse qui a rispondermi a tono.”
Si diede implicitamente della stupida, ma decise di perseverare, desiderando con tutta se stessa che Eysuke potesse sentirla: su una rivista aveva letto che le persone in stato di incoscienza conservano in qualche modo un contatto con la realtà. Forse sentivano davvero o, più semplicemente, non godendo della percezione degli occhi, utilizzavano l’olfatto. Odori e movimenti furono i primi <pensieri> di Maya per l’anziano: rose profumate e fresche non mancavano mai; poi, fu la volta della finestra socchiusa.
Hayami non era ricoverato in camera iperbarica: la sua stanza era perfettamente normale e dava su un parco interno molto bello, circondato da alberi ad alto fusto.
Quel giorno, il sole splendeva alto e il cielo era così blu da mozzare il fiato: l’aria entrò davvero fino a <lambire> il volto pallido di Eysuke. Attraversò i capelli di Maya, che sentì d’essere catapultata per magia nella valle scarlatta.
“Il villaggio dei susini…” disse tra sé l’attrice chiudendo per un istante gli occhi.
Quando li riaprì, non era più la stanza bianca a circondarla, bensì gli alberi millenari che ben conosceva e che le avevano rapito il cuore con i loro colori del tutto eccezionali.
“C’è il gelo,” pensò “ma qui non è freddo. È il tepore di questi fusti così paterni a proteggermi. E il generale inverno, che sa di essere sconfitto in partenza, accetta di mutare le raffiche violente del vento in dolci brezze.”
Fissò Eysuke, sempre immobile, sempre pallido e un tenero sorriso affiorò sulle sue labbra:
“La nonna dice che posso curare ogni animale e ogni persona che ne abbia bisogno. Sono una ragazza senza istruzione, ma capisco la lingua dei viventi. Nessuno me l’ha insegnata, ma io la comprendo. So cosa mi dice l’albero, come anche il vento, come anche l’acqua. La fede consente di compiere il miracolo. È la fede nell’armonia delle cose: tutto è stato creato bene; tutto è volontà degli dèi. Chi se ne allontana soltanto è destinato a triste fine. Fino a che viviamo in comunione col creato, che è parte stessa di noi e noi di lui, siamo destinati a essere felici.”
Si avvicinò al lavandino e, bagnata una salvietta, si accinse a detergere la fronte di Eysuke.
“Hayami san, lei è una persona intellettualmente onesta: e sa anche che cosa è giusto. Perché tanti errori? Io so che, dentro al suo cuore, è generoso e sensibile, incline all’arte più di chiunque altro. Mi ha sempre sostenuta. Ha fatto con me ciò che non ha avuto il coraggio di fare con la sensei Tsukikage. Vorrei capisse che questo fa di lei una persone migliore di quella che, in realtà, fa trasparire. Mi dica, Hayami san, non sarebbe stato più semplice abbracciare il suo figlio devoto, piuttosto che ripudiarlo in nome di un buon affare? Non sarebbe stato più felice di essere amato, piuttosto che odiato?”
E, mentre asciugava la fronte con un’altra salvietta, Maya, sulla cui fronte era apparsa una piccola ruga di costernata espressione, non aveva dubbi che egli potesse udirla davvero.
“Lei è in pericolo di vita.” Continuò la giovane “Ma deve guardarsi dalla persona a cui ha affidato tutti i suoi averi e non da Masumi, che, pur essendo parte lesa in tutta questa vicenda, non intende nuocerle in alcun modo. Io so che…”
Nel mentre, era entrata in camera un’infermiera.
Maya la salutò appena, restando concentrata sul suo gesto affettuoso.
Quand’ebbe finito, disse alla nuova venuta che sarebbe uscita per lavare gli asciugamani: l’altra non commentò.
Sistemò sul vassoio delle medicine e si accinse a cambiare la flebo attaccata al braccio destro di Eysuke. L’operazione si svolse in totale silenzio e, quando Maya fece ritorno, l’infermiera era già uscita.
L’anziano era nella stessa posizione di prima, ma pareva più pallido e sofferente.
L’attrice ebbe un brivido, pensando al peggio ormai prossimo.
“Lei non deve morire: non prima di aver riabbracciato suo figlio. Il suo legittimo figlio.” Sussurrò piano “Non prima di aver visto rinascere La Dèa Scarlatta. So che non uguaglierò mai Tsukikage sensei, ma farò comunque del mio meglio per non sfigurare. Glielo prometto.”
“Ciao.” Disse piano Masumi entrando.
Maya corse ad abbracciarlo e si accorse subito che aveva l’aria stanca e provata:
“Mio caro, stai bene?”
“Non sono io quello che sta su un letto, mi sembra.” Disse togliendosi la giacca “Oggi non ha per nulla un bell’aspetto.”
L’altra annuì.
“Gli dèi non vorranno portarlo via, non prima che…”
“…non prima che abbia chiesto perdono per i suoi peccati?” completò sarcastico il manager “Maya, francamente, dacché è iniziata tutta questa vicenda, non riesco a vedere <mani divine>. C’è solo molta sofferenza e odio e…acredine…Io sono così stanco.”
Si sedette su una seggiola scuotendo il capo:
“Per vent’anni ho creduto di agire per il meglio, pensando a questo mondo come a quello a me più congeniale. Vorrei tanto lasciarmelo alle spalle, adesso; vorrei andarmene lontano, insieme a te. Desidero con tutto il cuore condurre una vita semplice, crescere i nostri figli. Odio dovermi guardare le spalle e odio pensare che tu sia in pericolo.”
Maya sedette sulle sue ginocchia, lo sguardo fisso sui grandi occhi azzurri:
“Non durerà in eterno. Lo spettacolo non prevede repliche. La signora Tsukikage non vuole certo renderlo un fenomeno commerciale: se rammenti, fu questo il motivo per cui lei e Oozachi entrarono in rotta con il signor Hayami.”
“Dopo lo spettacolo, ci sposeremo subito, me lo prometti?” chiese Masumi cercando dolcemente le sue labbra.
A Maya venne da ridere:
“Di solito siamo noi fanciulle a bramare la promessa d’amore eterno! Oggi, invece, sei tu a chiedermela.”
“Perché sono nato per questo.” Rispose senza indugio il fidanzato “E non voglio più aspettare. Sette anni, Maya. Sette anni di agonia durante i quali ho visto il tuo cuore battere per altre persone e fremere di sdegno per me. Dal primo momento in cui ti ho incrociata, il mio, invece, è stato tuo. Suppongo di averlo compreso con largo anticipo rispetto a te perché ero tanto più vecchio.”
“O perché il tuo cuore è puro.” Disse l’attrice accarezzandogli la guancia “Promettimi anche che alla cerimonia tuo padre sarà presente.”
“Vuoi far prendere un coccolone alla sensei?” fece scandalizzato Masumi “Ti rammento, inoltre, che non è più mio padre.”
Ella lasciò correre: sapeva che, nel suo cuore, il suo fidanzato intendeva proteggere l’anziano in ogni modo possibile. E non soltanto per generosità o filantropia, ma perché, proprio in quei frangenti drammatici, lo stesso Masumi aveva riscoperto un legame che pensava di non avere, impedito forse dai continui attacchi del vecchio, dai suoi odiosi diktat, dalla sua perenne e astiosa ironia.
“Non ne potevo più, amor mio.” Sospirò il giovane “Vivere in quella casa mi era diventato inaccettabile.”
“Ma non hai smesso un istante di pensare alla sua salute…”
“Tu che ne sai?” chiese Masumi picchiettando delicatamente col dito sulla fronte di lei.
“So tutto di te.”
E lo baciò di nuovo sulle labbra.

CONTINUA LUNEDI'.

 
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view post Posted on 2/8/2015, 11:30
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:groupwave.gif: Ooooh, non vedo l'ora!!
I capitoli precedenti erano belli, ma questo... Mio malgrado, devo essere un' inguaribile romantica, perché questo capitolo mi ha fatta sciogliere. Maya è così buona e fiduciosa, ci crede davvero in quello che dice a Eisuke, vede davvero quella parte di bene che il vecchio non ha mai mostrato, e forse lui con lei è stato più tenero e gentile che con altre persone. Ma capisco anche Masumi e la sua aperta disillusione (e io ammetto sarei esattamente come lui, non riuscirei mai a reagire come Maya) che da quest'uomo in termini di affetto non ha ricevuto nulla; è stanco, vorrebbe voltare pagina, vivere finalmente una vita serena e felice con la donna che ama e per la quale ha già sofferto abbastanza. Mi rapisce il modo in cui rendi il loro rapporto, la scena di loro due è piena di dolce complice semplicità, l'amore che li ha legati è davvero forte e intenso.
Capisco cosa intendi dire; l'uomo è fatto di luci e ombre, e probabilmente sì, non avremmo la misura di cosa è il bene se non conoscessimo anche il male... ma la mia visione è più pessimista, per me chi sceglie volutamente il male, difficilmente può redimersi, o almeno per la mia poca esperienza fino ad ora non l' ho mai visto accadere, ma questa è una mia idea personale che nulla c'entra con la tua bellissima ff.
Tu hai scelto di esplorare un'altra strada e va bene così.
Sempre bravissima, attendo il seguito lunedì, ciao!!

Edited by ScarLett BLu - 2/8/2015, 12:54
 
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view post Posted on 3/8/2015, 13:40
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Sono vissuta per diciassette anni sotto lo stesso tetto con una donna che mi ha amato moltissimo, ma non ha mai, mai detto che mi voleva bene né ha avuto nei miei riguardi manifestazioni d'affetto. Quando me ne sono andata, ho detto a me stessa che non sarei tornata indietro. E, difatti, non l'ho fatto.
Ci sono molti modi di palesare o di non palesare l'amore che si prova.
Io, come al solito, provo a descrivere ciò che penso, che maturo (o non maturo) dentro di me, con le esperienza della vita - belle o brutte che siano. Mi piace il punto di vista buddhista perché, come ti ho detto precedentemente, non mi piace pensare a nessuno come a una causa persa. E'pur vero che nel rigido mondo dell'alta finanza chi mostra d'avere un cuore lo fa a scapito degli affari. Eysuke è un uomo d'affari, non un santo. Spero che si notino tutte le contraddizioni insite in chi vive in un ambiente e, nel contempo, cerca di reprimere ciò che ha dentro per ovvi motivi. Grazie mille della tua attenzione. Te ne sono grata. :jadore: :book:

Capitolo ventisette



Seiichi Hokuto era dentro la sua Pontiac, incerto sul da farsi. Dietro di lui era arrivata quasi alla chetichella anche Hiromi, alla guida della macchina aziendale.
“Perché sei qui?” le chiese subito il suo capo scendendo “Non eri tu quella che si preoccupava di mantenere segreta questa notizia?”
“Non credo che Gin sia così stupido da pensare che lei vada a far visita ad Eysuke Hayami.” Replicò la sua collaboratrice “Neppure io, per quanto smaliziata, lo sarei, ma ero… preoccupata per lei.”
“Preoccupata?...” ripeté ironico Seiichi “Non ne hai motivo. Ho passato l’età dei colpi di testa.”
“Non ne sarei persuasa.” Fece Hiromi altrettanto sarcastica “Specie, se c’è di mezzo mia sorella.”
“Torna in ufficio e aspettami lì.”
La frase l’aveva buttata a caso, mentre, datole le spalle, i passi lo avevano portato sulle scale.
“Io credo che lei sia qui perché spera di incontrare Saeko.”
Hokuto si girò, gli occhi ridotti a fessure come faceva, di solito, quando stava per bastonare verbalmente qualcuno.
Hiromi, ancora una volta e senza preavviso, stava orinando fuori dal suo perimetro.
Non poteva permetterglielo. Non poteva permetterlo a nessuno.
“Perché mi dici questo? Se anche fosse come dici, tu non avresti alcun diritto di farmelo notare.”
“Ne sono consapevole.” Rispose la donna “Non è un’ingerenza nel suo privato: è ovvio che io non possa imporle alcunché. Mi riferisco al fatto che so, come lo sa bene anche lei, che Saeko non tornerà indietro.”
“Certo.” Disse Seiichi con il cuore in fiamme. Sentiva di avere ingoiato un peperoncino piccante dietro l’altro: una vera follia che gli contorceva ora il petto ora la bocca dello stomaco “Suppongo di non essere degno di lei.”
“C’è un altro uomo.” Disse Hiromi “E’ quel collaboratore ombra di Masumi Fujimura, la guardia del corpo di Maya.”
All’uomo parve fosse precipitata una tegola in testa: il malessere era, ora, generalizzato, per non dire galoppante.
“E’ una fortuna che mi trovi davanti a una struttura sanitaria.” Provò ad ironizzare “Saeko è troppo giovane per me. Per quanto sia un’abile manager, è pura. Non sopporta i sotterfugi. Se l’ho persa è solo colpa mia. Ma non l’ho mai cercata né intendo cercarla in futuro.”
Il suo cuore aveva avuto un deciso sussulto, come un crac improvviso.
Sperava, forse, in un minimo di delicatezza in più, ma quella delicatezza non c’era stata: Hiromi era stata quasi brutale e infelice.
Diversamente dalle altre volte, però, essendo l’oggetto del parlare sua sorella Saeko, la donna amata da Seiichi, quel colpo risultava <basso>, <cattivo> e gratuito.
Sì, pareva uno schiaffo inferto a un bambino indifeso e, come tale, moralmente inaccettabile.
“Lei è cambiato.” Perseverò la segretaria “Ciò rischia di mettere in difficoltà gli affari. Si ricordi che c’è un progetto importante in ballo: non è il momento di perdere lucidità.”
Hokuto riacquistò padronanza di sé:
“Non sono venuto per Saeko e credo tu stia preoccupandoti di cose che non sai e non saprai mai. Non mi interessa conquistare il cuore di una donna che non mi vuole e sapevo da prima che arrivassi tu che il mio tempo con lei è scaduto. Ma hai ragione, sotto un certo punto di vista: sono qui per mio figlio. sono qui perché voglio vedere il suo sguardo mentre si occupa di quel bastardo di Hayami. Sono qui per farmi del male.”
Hiromi scosse la testa sconfortata e si accinse a seguire il suo capo.

***


Eysuke si mosse sul letto con un lentissimo movimento. Alla stregua di chi ha dormito per lungo tempo, riacquistava contatto con la realtà quasi tastandola. E il letto, come il mondo, costituiva in quel momento l’unica realtà possibile.
Un mugugno uscì dalle labbra appena dischiuse, che erano stranamente morbide, come se, per tutto quel tempo, si fosse idratato normalmente. Girandosi alla sua sinistra, notò svariati prodotti: un burro di cacao, un detergente per pelli delicate e un vaso stretto contenente tre rose scarlatte.
Il suo pensiero corse subito a Maya.
Ella entrò in camera in quell’istante, recando con sé una bacinella d’acqua e delle salviette pulite.
“Dèi!”esclamò riconosciutolo cosciente.
S’affrettò a deporre ciò che portava per accostarsi al letto.
“E’ tutto ciò che sai dire?” tossicchiò Eysuke “Per giorni non hai fatto altro che parlare. Non ne potevo più e, inoltre, hai fatto tutto tranne che la sola cosa fondamentale.”
Maya l’osservò sconcertata: aveva sentito ciò che gli aveva detto, i suoi monologhi tratti dal capolavoro scomparso!
Del resto, lo sguardo del vecchio, per quanto burbero e saccente, non mentiva.
Decise di stare al gioco:
“E sarebbe?”
Hayami l’afferrò per la sciarpetta, costringendola ad avvicinare il visetto di lei al suo:
“Il tuo dannato parfait al cioccolato.”
Maya scoppiò a ridere. Ciò che non si aspettava era di trovarsi davanti la persona gentile che aveva sempre creduto di intravedere dietro alla scorza di forte uomo d’affari.
Anche Eysuke, pur in un contorno di colpi di tosse dolorosi, sorrise a sua volta.
L’attrice si congedò un istante per andare a chiamare il medico, il passo leggero di chi ha trovato un tesoro e desidera generosamente farne parte col mondo.
Il vecchio chiuse gli occhi, quindi si passò una mano sui capelli già ben ravviati. L’immagine dello specchio davanti a lui era inequivocabile.
“E, così, si son presi cura di me davvero.”
Respirò profondamente e il dottore, quando accorse con Maya, lo trovò seduto.
“Signor Hayami!” esclamò “E’…quasi un miracolo.”
“Non è che il canto del cigno.” Disse l’altro “Io no vivrò a lungo, questo è certo.”
“Saranno gli dèi a deciderlo.” Sorrise benevola la ragazza.
Il sanitario visitò scrupolosamente Eysuke e sorrise: il peggio era decisamente passato.
Pochi istanti dopo, prima che Seiichi Hokuto e Hiromi svoltassero l’angolo del corridoio, giunse anche Masumi.
Questi, vedendo che la porta era aperta e che una barella era posizionata giusto all’ingresso della camera dell’ex patrigno, ebbe un tuffo al cuore: temendo il peggio, si precipitò nella stanza, ma lo trovò seduto, con Maya che provava ad imboccarlo e lui – Eysuke! – che protestava puerilmente di voler fare da solo.
“Perché non sono stato avvertito…?” chiese con un filo di voce.
Parve che la tensione lo lasciasse tutto d’un colpo e la cosa fu evidente alla sua fidanzata come anche al vecchio Hayami, che lo conosceva assai bene. Fu stupito di quel tono accorato e ne provò sottile piacere perché era sincero: Gin, di certo, non avrebbe reagito allo stesso modo.
“Mio caro,” parve giustificarsi Maya “è successo tutto giusto adesso. Io ero andata un attimo in bagno e tuo padre si è svegliato!”
Si morse le labbra, rivolgendosi all’anziano.
“Chiedo scusa.”
Masumi deglutì:
“Sono lieto di vederti in salute. Ovviamente, adesso lasceremo tutto nelle mani di tuo fratello. Immagino sia tuo desiderio non vederci mai più.”
“E’ così.” Disse seriamente Eysuke.
Maya ci rimase malissimo: aprì e chiuse la bocca quasi in simultanea, seguendo l’implicito consiglio del fidanzato.
Sì, era meglio tacere.
Decisamente.
“Questa qui” precisò il vecchio riferendosi proprio a lei “ha già perso troppo tempo a darmi il trucco. E ha uno spettacolo importante da preparare.”
La fissò con imbarazzante ironia:
“Mai, MAI, in tutta la mia vita, qualcuno si è permesso di darmi il burro di cacao! Io sono un uomo vecchio stampo, capito?”
Maya scoppiò a ridere di nuovo, ma non Masumi, che si mantenne serio.
“Non è necessario venire qui tutti i giorni e quel tuo regista sarà arrabbiato.” Disse Eysuke non pago “Te ne devi andare. Dopo, potrai venire a darmi il…rossetto o quel cavolo che è quando prepareranno la pira per il mio funerale.”
La ragazza non colse il suo implicito riferimento, ma non il manager, cui, a dispetto del rancore provato, si strinse il cuore.
Il medico stesso scambiò una rapida con Masumi e spinse Maya delicatamente verso la porta così che i due potessero parlare.
“Non mi pare possibile che tu ti sia ripreso così bene.” Disse il giovane.
“Perché non posso morire prima di rivederla.” Fece Hayami recuperando la medesima serietà “E quella ragazza è la prescelta di Chigusa Tsukikage. Non può farmi da balia.”
“Non ha trascurato le prove. Né io il mio lavoro: siamo venuti qui ogni volta che abbiamo potuto, questo sì.”
“Non avevate obblighi nei miei confronti.” Mormorò l’anziano “Ma ve ne sono grato. E suppongo debba ringraziare anche Tetsu, che si è abilmente preso il merito pur non mettendo mai piede qui dentro.”
“Tuo fratello aveva da lavorare.” Disse l’altro dirigendosi alla finestra.
“Succedono cose strane, quando si è tra la vita e la morte: nel mio caso, si è trattato di un sonno profondo e ristoratore. Non pensavo di potermi sentire così bene nel momento del pericolo. E mi son risvegliato bene, riposato.”
Il racconto di Eysuke, molto formale e descrittivo, rimandava a ciò che Masumi aveva intuito scambiando implicite occhiate col medico curante.
“Non durerà a lungo: la tua salute è compromessa per sempre. Ma suppongo sia in tuo potere <resistere> fino a che non avrai ottenuto ciò che vuoi.” Osservò il giovane con una punta di amarezza.
“I diritti di rappresentazione non sono più una priorità.” Disse l’ex patrigno “E solo ora scopro che non lo sono mai stati. Ciò che è prioritario, ora, è rivedere lei, la dèa. Io non mi perderei per nulla al mondo quel passaggio di testimone definitivo e Maya non mancherà di darmi soddisfazioni, quando trasfigurerà il suo volto in modo tale da far rivivere la giovane Chigusa.”
“Che cambiamento…” masticò Masumi, gli occhi azzurri dentro a quelli del vecchio.
“Ho sempre saputo questa cosa, ragazzo. È solo che…quando hai accettato di incontrare Shiori Takamiya a scopo matrimoniale, sei riuscito a spiazzare anche me. Tutto quel denaro…tutto quel potere mi hanno fatto perdere di vista l’opzione fondamentale di una vita: produrre La Dèa Scarlatta, che è poi lo scopo per cui la Daito Art Productions è nata.”
Lo fissò di sottecchi:
“Perché lo hai fatto? Tu sapevi di amare quella ragazza. Perché, dunque, Shiori?”
Masumi sospirò profondamente.
“Mi sono fatto questa domanda molte volte, ma c’è una sola risposta possibile.” sorrise “All’epoca, io e Maya eravamo come cane e gatto: io ardevo per lei, ma il suo ardore era di tutt’altro genere e, qualunque cosa dicessi o facessi, era ritenuto da lei uno sgarbo orribile. Eravamo stati insieme amabilmente, una sera: ho fatto con lei tutto ciò che un ragazzo normale fa con una donna dalla quale si senta attratto. Poi, è arrivata l’inattesa notizia: la sensei aveva avuto un collasso e io sono stato il sacco da boxeur su cui Maya ha scaricato tutta la sua rabbia. In quei frangenti così drammatici, ho capito che il mio amore non poteva essere corrisposto. Il giorno dopo, ho chiesto ad Asakura di presentare la mia domanda ufficiale a Ryu Takamiya.”
Eysuke ridacchiò:
“Piuttosto che massacrare lei, come ho fatto io con Chigusa, hai fatto a pezzi il tuo cuore. È questo, dunque, l’amore di anime?”
“Credo di sì.” disse Masumi, il tono piano di chi è finalmente sereno.
Andò a sedersi sullo sgabello di fianco al letto, mentre Seiichi, ancora non visto, osservava la scena dalla porta semiaperta: ciò che vedeva davanti a sé era suo figlio – suo figlio! – che rivolgeva attenzioni a un uomo crudele e bestiale.
Desiderò rivelarsi al più presto.
Desiderò che Masumi rivolgesse a lui quella tenerezza.
Desiderò riprendersi disperatamente ciò che restava della sua famiglia.
E invidiò Eysuke.
 
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view post Posted on 4/8/2015, 14:13
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Capitolo ventotto



“Che ci fai qui? Sappi che non riuscirai a farmi morire…Non c’è riuscito neppure quel figlio d’un cane che, oggi, porta il mio nome…”
“Non è stato sufficiente quel bastardo a farti tirare le cuoia. Non lo sarò neppure io.” masticò Seiichi sedendosi sullo stesso sgabello sul quale, ore prima, si era seduto Masumi “Dopo lo spettacolo, forse, potremo tutti godere al tuo funerale, finalmente celebrato!”
Eysuke lo fissò con circospezione:
“Che accidenti sei venuto a fare?”
“Non hai niente da dirmi?” chiese a sua volta l’altro “Nulla da chiedermi?”
L’anziano abbassò la testa meditando sul da farsi: si domandò come facesse ad essere così intuitivo.
“Sì.” Mormorò questi poco dopo “Seppelliamo l’ascia di guerra. E difendi quella ragazza.”
A Seiichi venne da ridere:
“La tua …speranza di vita! Se muore Kitajima, muori anche tu, giusto?”
Hayami arrossì.
“Mettiamola pure in questo modo.” Convenne “Ma tu difendila.”
“C’è un esercito, dietro a Maya, stai tranquillo!” sibilò “E tu non sei credibile, nelle vesti di padre amorevole!”
“Perché dovrei esserlo?” sbottò “Io non sono padre né di Maya né di Masumi. Non ho avuto figli, io. Cosa che è spettata, invece, a tante persone ben più degne di me, giusto?”
Seiichi pensò a suo padre, Ichiren Oozachi e a se stesso.
Ma Eysuke non poteva sapere nulla di tutto questo: parlava, però, come se leggesse lucidamente gli eventi.
“Hai l’intuito di chi è con un piede nella fossa.” Sogghignò il presidente della Hokuto Productions.
“Ho avuto l’infarto dopo una certa conversazione con Gin.” Raccontò l’anziano abbassando i toni “C’è la yakuza, di mezzo. Io non ho mai voluto niente del genere: mi piace la ragazza; mi piace da sempre. Non voglio che sia ferita o, peggio ancora, ammazzata.”
“Ma non ti sei preoccupato di negarle il teatro in cui ha trionfato.” Sibilò Seiichi “E, adesso, lei e i suoi compagni sono ospiti in quelli che tu definisci <miserabili teatri>.”
“Nel male, qualcosa di buono si è verificata. Anche tu sei in odor di mafia e hai chi ti difende. Saprai proteggere Maya e lo spettacolo.” Disse Eysuke versandosi da bere.
La mano gli tremò e alcune gocce finirono sul comodino.
Hokuto gli tolse la brocca e riempì lui il bicchiere, gesto che rinfrancò Hayami.
“Non ho niente a che vedere con la yakuza. Non sono Takamiya né quel tuo figlio. Ciò che ho fatto in passato è finito per sempre. Oggi sono un uomo onesto, sappilo.”
“Perché sei venuto qui?” chiese l’anziano dopo qualche istante.
Infarto di Eysuke dopo conversazione con Seiichi.
"Volevo dirtelo prima che il tuo ...nuovo figlio ed erede lo facesse...” rispose l’altro guardandolo con serietà “Una parte la sai: credo te l'abbia illustrata a dovere Maya Kitajima. Sto offrendo i miei teatri per l’allestimento de La Dèa Scarlatta. L'altra è che Masumi è il mio legittimo erede. E questo non lo sanno né Maya né Masumi, ovviamente."
Hayami aggrottò le sopracciglia sorpreso: pensava che il suo ex figliastro si fosse messo in proprio, <riciclandosi> come manager esclusivo di Maya Kitajima.
"Lo hai adottato?" chiese l’anziano sconcertato.
Stava già intuendo qualcosa.
"Non ho bisogno di adottarlo. Debbo solo riconoscerlo...come mio figlio." Rivelò Hokuto arrossendo leggermente “Io sono il marito di Aya, la donna che tu hai preso in moglie dopo anni di servizio alle tue dipendenze…”
“Credevo fossi morto…” disse Hayami con la voce ridotta al lumicino “Perché…non ti sei fatto vivo prima?...hai accettato che il tuo prezioso figlio venisse cresciuto da un estraneo…”
La domanda era troppo intima e Seiichi fu restio a rispondere scendendo nei particolari:
“Non sapevo che Masumi fosse mio figlio. È stata una scoperta recente.”
“La tua vittoria è completa…” sorrise Eysuke con amarezza “…hai il tuo erede. Hai i diritti del capolavoro scomparso, in qualche modo. I tuoi teatri, adesso, diverranno famosi…”
Hokuto si girò a guardarlo quasi di scatto:
“Non ti chiedi perché abbia preso così a cuore questa cosa? Sei troppo scaltro, nel tuo lavoro, per non sapere che avevo fatto proposte alla sensei già molto tempo fa.”
“Prima di sapere che Masumi fosse sangue del tuo sangue?” chiese sconcertato Hayami. La risposta, per lui, poteva essere riconducibile solo a un buon affare: il salto definitivo nel mondo del teatro cui la società del manager pareva essersi disinteressata per vent’anni.
“Non è solo <un affare>. Io sono il figlio minore di Ichiren Oozachi, vecchio…” rivelò finalmente Seiichi “Volevo lo sapessi, prima che la notizia fosse resa nota alla stampa. Alcune cose quel tuo nuovo figlio le ha scoperte, ma non questa. A questa non potrebbe mai arrivare: il mio anonimato è in una botte di ferro.”
“Il figlio di Ichiren…” balbettò Eysuke.
Comprese perché la sensei Tsukikage gli avesse accordato tanta fiducia sin dall’inizio e prese a tremare.
“Credevo di non trovarmi davanti quel volto mai più…ci speravo. Il suicidio di tuo padre non mi ha mai toccato il cuore, ma la sua vicinanza a <lei> - Chigusa – è come una maledizione che mi perseguita. E tu gli somigli così tanto…”
 
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view post Posted on 4/8/2015, 15:53
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Ad Eisuke, Maya piace e la cosa già si intuiva nel manga... ha uno strano modo di dimostrarlo, un vecchio pieno di contraddizioni tipiche dell'animo umano... ma lo hai dipinto in modo davvero credibile.
Comunque, gran confronto tra questi "due padri"... e Masumi ancora non sa nulla... mi chiedo come la prenderà... la vita è imprevedibile e può sconvolgerci da un momento all'altro. Storia dai risvolti incredibili... quanta carne al fuoco, e come sai gestirla!
Complimenti come sempre, aspetto di leggere il resto; sono sicura che mi sorprenderai ancora, in positivo naturalmente.
 
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view post Posted on 5/8/2015, 13:44
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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Grazie, ScarLett. A proposito, strano che non abbia trovato Scalo ad Izu anche qui... Ero convinta di avere messo ogni storia sia su Le Streghe che sul mio blog... Deve essermi sfuggita. :D Per quanto riguarda la storia che stai leggendo ora, siamo agli sgoccioli. Questo capitolo e, poi, l'epilogo. Come al solito, le mie storie brevi si son rivelate tutt'altro che brevi. Finirò, nei prossimi giorni anche le altre due short fic e, infine, mi dedicherò al finale di Ritorno nella Valle II e alla storia parallela di una delle sue protagoniste. Grazie di seguirmi sempre.

Capitolo ventinove



La data del matrimonio di Shiori e Chioichiro Gin giunse.
La stampava aveva fin troppo abbondantemente reso noti i particolari inerenti l’imminente cerimonia, la vita privata dei due <innamoratissimi fidanzati>, come anche la storia del vergognoso abbandono della <dolcissima Shiori> da parte di Masumi Fujimura, ex Hayami, reo di non averne compreso la natura angelica e irretito senz’appello da un’attrice emergente, con <talenti nascosti>.
Ovviamente, gli articoli erano firmati da giornalisti dell’area editoriale del gruppo Chuo.
Seiichi Hokuto masticò vendetta immediata: non riusciva a capire come facesse suo figlio a mantenere la calma.
Masumi era davvero tranquillo: la sua unica preoccupazione, se anche c’era, era quella di difendere la sua Maya.
La mattina delle nozze, Shiori si destò intorno alle sette, due enormi fette di cetriolo adagiate sugli occhi. Le doleva il collo ché, per tenere sul viso il decongestionante naturale, non aveva usato una benda. Si era imposta, anche nel sonno, assoluta fissità e, ora, col dolore incalzante alle vertebre, invocava un analgesico.
La tata le portò una colazione striminzita, di cui ella si lagnò.
“Shiori, abbi pazienza.” Le disse l’anziana “Negli ultimi giorni ti sei un po’ allargata. Devi pur entrare nel kimono nuziale.”
“Cosa?” quasi urlò la ragazza “Stai forse insinuando che sono grassa?”
“Non ho detto niente del genere, ma è bene arrivare al matrimonio nella miglior forma. Il tuo futuro marito mi pare un tipo così esigente…”
La giustificazione dell’anziana turbò un poco Shiori:
“Non oserà fare esternazioni sul mio aspetto e, se anche dovesse trovarmi più larga, non ha diritto di scelta. Non è Masumi e il nonno lo ha torchiato per bene.”
La tata scosse il capo e si accinse a vestirla dello yukata.
Ma di spalle risultò davvero più stretto e, quando la nipote di Takamiya udì l’inevitabile <strapp>, iniziarono gli improperi:
“Idiota! Incompetente! Non capisci nulla! Lo hai fatto apposta per umiliarmi!...”
Furono solo alcune delle frasi che Shiori indirizzò alla donna che l’aveva cresciuta dalla più tenera età.
A nulla valsero le giustificazioni della tata:
“Ti avevo detto di provarlo un mese prima delle nozze!”
“Vuoi addossare la colpa a me?” sbraitò la futura moglie di Gin.
Il suo futuro marito, nel salotto principale assieme all’imperatore, non poté non udire le urla che provenivano dalla stanza attigua.
Chiese scusa al vecchio patriarca e andò a bussare con discrezione.
“Shiori? Posso entrare?”
Non attese neppure risposta e tirò con un colpo deciso la parete di carta.
“Che cosa succede?”
La trovò con la tata di fianco, una manica dello yukata nuziale tirata su, l’altra bassa sull’avambraccio.
“Credevo fossi pronta…” balbettò incerto, mentre chiedeva alla tata di uscire con un cenno repentino del capo – un gesto solo all’apparenza gentile, che denotava come già si sentisse padrone di quella casa.
Non appena uscita, Shiori scoppiò in lacrime.
Chioichiro le fu prossimo in un istante:
“Vuoi che ti dia una mano a vestirti?”
E le tirò su la manica.
“E’ strappato.” Singhiozzò la ragazza.
“Sembra ti stia stretto.” Disse poco carinamente il futuro marito “Avevo notato che eri ingrassata. Sono contento che ti irrobustisca, visto che intendo avere dei figli, ma vedi di non esagerare.”
Ella gli diede le spalle nervosa, il viso d’improvviso asciutto come se i singhiozzi di prima non fossero mai esistiti. Gin la prese per la vita, risalendo con le mani sino ai seni: sfiorò il pizzo e si insinuò sotto la biancheria.
“Non dovresti indossare il reggiseno né altro sotto lo yukata.” Mormorò dentro al suo orecchio.
Quel gesto mandò Shiori in visibilio. L’uomo la spogliò del tutto, quindi la scagliò con una certa rudezza sul divanetto attiguo e la prese in un istante. L’immagine era davvero singolare: la pallida e burrosa nudità di Shiori quasi strideva con il kimono scuro di Gin, aperto sul petto ossuto, l’obi allentato quanto bastava, i pantaloni abbassati appena.
Per il resto, erano entrambi simili e non potevano essere più adatti l’uno per l’altra: nel momento del massimo piacere, guaivano come bestie affamate. L’uno si nutriva della carne dell’altra e ciò bastava.

***


La cerimonia ebbe inizio con un’ora abbondante di ritardo. La cosa che stranizzò tutti fu il ritardo dello stesso sposo, che, da copione, è tenuto ad arrivare assai prima della fidanzata. Nessuno, però, poteva sapere o anche solo ipotizzare della loro intima sparentesi prenuziale.
Chiochiro entrò nel grande salone di Villa Takamiya: le porte di carta di bambù erano tirate per mostrare la magnificenza del giardino, pieno di decorazioni floreali grandiose nonostante la stagione rigida. Anche la primavera pareva in potere della ricca famiglia e niente e nessuno avrebbe potuto offuscare <la prima> della dolce Shiori.
Il nonno, pur con tutta l’interessata cattiveria tipica dell’uomo d’affari dipinta sul viso, era davvero commosso: la sua nipotina adorata incedeva al braccio del padre verso il suo sposo, bardata di un abito sontuoso, fatto di mille <vapori> di balze e tulle. Era ancor più grande di quello scelto per il matrimonio con Masumi: il seno, floridissimo, pareva sfuggire dallo striminzito corpetto con lo scollo a cuore. Un nota stonata, se si considerava il rossore che imporporava le guance un tempo pallide della piccola Shiori.
“Credevo celebrassimo prima il matrimonio tradizionale…” disse il vecchio Takamiya prendendo un poco da parte la vecchia tata. Questa abbassò lo sguardo, costernata:
“Il kimono era stretto: si è strappato e lo stilista ha detto che non era possibile ripararlo. Così, il signor Gin ha proposto questo secondo abito.”
“Non mi sembra che questo sia tanto più largo…” bofonchiò l’altro osservando i bottoncini sulla schiena, evidentemente tirati e costretti. Parevano pronti a sfuggire da un momento all’altro a ciascuna delle cento, piccole asole.
A Shiori mancava il respiro: stanca dell’amplesso consumato in fretta e in furia, <costretta> in un abito stretto, si sentiva prossima a un collasso. Ma lo sguardo quasi crudele di Chioichiro, che le leggeva perfettamente dentro, la salvarono da quel momento drammatico. Chiamò a raccolta tutte le sue forze: non una brutta figura doveva essere fatta, nel giorno del trionfo suo e del marito.
Così, messa la mano destra in quella del ragazzo, si accinse a sentire le parole dell’ufficiale di stato civile, sperando che tutto finisse quanto prima.
Le promesse di matrimonio, scambiate canonicamente, furono pronunciate con una certa rapidità e, finalmente, dopo tre quarti d’ora di supplizio, tutto fu concluso e Shiori poté andare a cambiarsi d’abito.
Quello per il ricevimento, fortunatamente, era un abito da sera stretto sul seno, ma svasato dalla cinta in giù: lo stile impero era d’aiuto per chiunque avesse problemi di peso e la ragazza ne aveva parecchi. Era blu scuro e le maniche erano trasparenti, della stessa nuance.
La Takamiya chiese alla parrucchiera di raccogliere i capelli in uno chignon e fu contentata.
Rientrando nella zona giorno della casa, però, vide che qualcosa non andava. Chioichiro, col volto da cerbero, parlottava con un suo collaboratore, mentre il nonno, con tono ilare e ignaro, stava intrattenendosi con un ospite appena giunto.
“Ma cosa…” fece prima di realizzare l’impossibile.
Sulla sedia a rotelle, spinto dal fedele Asakura, Eysuche Hayami era in salone e pareva di ottimo aspetto.
Il vecchio patriarca guardò prima il figliastro, poi la nuora.
“E voi, ragazzi, non venite a salutare vostro…<padre>?”
Shiori parve sul punto di svenire, mentre Chioichiro, recuperata la prontezza di spirito, gli andò incontro a grandi passi.
“Padre…” mormorò con voce tremolante “…è davvero meraviglioso vederti in salute. Debbo prendere provvedimenti contro quel tuo dottore: si è comportato in modo deplorevole.”
“Deplorevole davvero,” Rimarcò Eysuke “considerato che mi ha salvato la vita.”
L’ilarità di Takamiya si spense di colpo:
“Che succede, amico mio? Non è un giorno di festa, questo?”
“Lo è.” Convenne l’altro “Per me, per lo meno. Pessimo affare, Ryu…Questo tuo…genero non è certo all’altezza della tua nobile stirpe.”
“Ti ha dato di volta il cervello?” fece scandalizzato l’imperatore “Stiamo parlando di tuo figlio…”
“Così dovrebbe essere.” Disse fermo Hayami “Ma non lo è. Non è un figlio chi ti condanna a morte certa, chi non ti soccorre nel momento del pericolo e ti abbandona in terra come fossi un sacchetto per i rifiuti.”
“Padre!” esclamò Chioichiro “Tutta questa macchinazione è stata ordita dai tuoi familiari, di certo! Desiderano soltanto la tua eredità. È sempre stato così. Io sono stato il primo a chiamare i soccorsi, dopo il tuo malore. Cerca di tornare in te! Sei stato sicuramente <indotto> a credere a queste cose terribili!”
“Sicché tu…” ridacchiò Eysuke sarcastico “saresti il figlioletto amorevole. Io mi ricordo bene ogni frangente, ogni tuo sguardo, ogni parola di quella nostra conversazione. Non sei altro che un potenziale omicida: tu e la tua angelica, adorabile fidanzata!”
Shiori, stavolta, svenne davvero e non vi furono le braccia della tata a trattenerla: ricadde sul tappeto, i capelli sfuggiti allo chignon, il tonfo sordo tipico dei sacchi di farina vecchia che nessuno più vuole.
“Non avrai niente da me, Gin.” Sibilò Eysuke “Ryu, se proprio ci tieni a farne un manager, puoi sempre fartene carico tu. Potresti…adottarlo. Io non lo voglio alla Daito. Preferirei, piuttosto, vendere che vederlo alla guida della mia società.”
 
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view post Posted on 6/8/2015, 00:22
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Davvero un bel capitolo, intenso e forte, non scontato né banale, soprattutto per come lo concludi. Beh, mi sembra che Eisuke sia stato molto fortunato; molte fortune nella vita le ha costruite lui medesimo, ma ci sono poche cose in grado di cambiare l'animo di un uomo profondamente, è una di queste credo sia il sentimento che ci fa percepire la morte vicina... la sua fortuna però secondo me non è l'aver sfiorato la porta della morte, quanto il fatto che gli è stato dato "il tempo di capire"... i suoi errori e le sue colpe, la verità, il senso ultimo della vita... questa possibilità di riscatto, tu la rendi possibile per Eisuke.
Shiori è la solita ragazza viziata, egoista, cattiva, l'hai fatta anche ingrassare per minare la sua apparente perfezione, carne opulenta e volgare, materiale nel corpo e nell'animo che la accomuna al marito, ha la tracotanza tipica di chi non rispetta gli altri, soprattutto le persone che lavorano per lei, come la vecchia tata che l' ha vista crescere.
Aspetto l'epilogo... e le altre brevi storie che vorrai concludere.
 
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view post Posted on 6/8/2015, 13:09
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Grazie, ScarLett.
Il tuo commento è sempre molto preciso. Sì, Eysuke è un uomo decisamente fortunato, ne convengo. Io l'ho reso così, per lo meno. Diciamo che ho avuto pietà per il suo cuore reso così duro dall'amore frustrato. Ho sempre immaginato un what if fantastico per il vecchio, un salto nella gioventù in cui gli venisse concesso ciò che Miuchi sensei gli ha negato. Magari, prima o poi, lo scriverò: snaturerò ancora una volta la vicenda originale, contaminandola come più mi piace.
Shiori.
Non è ingrassata. Tu usi un termine azzeccato: opulenza. L'opulenza è qualcosa di più del semplice grasso. E' un termine con una implicazione etica precisa. E' vizio, non malattia. Per eccesso di agi si può finire per scoppiare e lei, alla fine, è scoppiata davvero, svenendo nel modo più plateale e...amen. Lì finisce anche la sua vicenda di vita, ché, da ora in poi, passerà dal letto del marito annoiato ai tea con le signore dei club esclusivi:noiosi, privi di perché proprio come è sempre stata la sua esistenza.

E ora ti lascio all'epilogo: l'ho scritto molto velocemente, ché non volevo protrarre a lungo ciò che, di tutto il discorso fatto, mi premeva evidenziare. Tu hai capito che il vero protagonista della vicenda è il vecchio Eysuke, padre antagonista di Seiichi. Il resto della vicenda è un contorno.

Grazie di avermi seguito sin qui.

Capitolo trenta



- Epilogo -



Quanto accadde nei giorni successivi ebbe i contorni tipici di un romanzo decadente: Chioichiro, scacciato dalla famiglia Hayami, fu ripudiato dalla stessa Shiori. Non che ella desiderasse disfarsi di colui che l’aveva introdotta nella vita reale. Era stato il nonno, preoccupato per il buon nome della società e per l’eventuale fuga di notizie, a offrire al giovane manager la possibilità di migrare all’Estero. Gin, sotto falso nome, fu ricollocato in una società coreana che gestiva prodotti in scatola destinati al mercato mediorientale.
Masumi Hayami, invece, riacquisì il suo cognome in men che non si dica e, insieme a Saeko Mitzuki e a Karato Hijiri, immediatamente riassorbito alla Daito Art Productions.
La nuova gestione, lontana mille miglia da quella di Eysuke, piacque molto a Chigusa Tsukikage, che non ebbe nulla da ridire sul fatto che l’Associazione Nazionale per lo Spettacolo chiamasse anche la Daito a far parte delle società partner che sponsorizzavano il capolavoro scomparso.
Seiichi accettò di buon grado che tutto quanto avesse fine <così come era scritto>, per quanto lo divorasse l’idea di non essere riconosciuto come padre da Masumi.
Un giorno, a Nara – mancavano pochi giorni allo spettacolo del due di gennaio – una neve sottile, <dolce>, tinta di rosa ricopriva il villaggio dei susini e, con esso, ogni cosa o persona.
Hokuto, con in mano un grande mazzo di rose scarlatte, raggiunse la tomba di suo padre, Ichiren. Si tolse i guanti scamosciati, quindi, ripulitala della neve, sistemò i fiori e pronunciò una breve preghiera con le mani giunte.
“Ma che ci sto a fare…” disse a Hiromi con volto addolorato “Sono sceso a patti con Eysuke: gli ho riconsegnato mio figlio e anche il lavoro di mio padre…”
“Ne è convinto?” chiese la donna facendo un passo verso di lui “Io non ne sono così persuasa, signore.”
“Smettila.”
Ella lo fissò interrogativa.
“Smettila di chiamarmi <signore>.” Ribadì “Ormai, tra noi, la confidenza è tale che non mi pare più il caso.”
Fissò con tenerezza il cappello parzialmente ricoperto di neve e sorrise blandamente.
“E, magari, adesso, dirài che vuol fare di me una donna onesta…” ridacchiò a sua volta Hiromi prendendolo a braccetto.
“Non sono stato con te solo perché sei la sorella di Saeko.” Le confessò “Per quanto, dopo quell’unica volta, molti anni fa, ho deciso di non perseverare per ovvi motivi.”
“Non è cambiato molto.” Disse la segretaria inginocchiandosi alla tomba di Ichiren per meglio sistemare il bouquet: invero, desiderava sfuggire allo sguardo indagatore di Seiichi.
“E’ cambiato tutto.” affermò quest’ultimo “Per quanto si sia trattato di un periodo caotico, non ho potuto fare a meno di osservarti: ti sei sempre preoccupata per me e l’ho apprezzato. Come ho apprezzato il fatto che non mi hai mai fatto pesare il fatto di averti portata a letto.”
“Buon giorno…” disse una voce maschile e un poco autoritaria alle loro spalle.
Masumi Hayami e Maya Kitajima si presentarono alla loro vista.
“Cosa ci fa lei qui?” chiese il giovane manager mentre la fidanzata si avvicinava a Hiromi per salutarla.
Anche il suo volto, come quello di Seiichi, era teso, quasi incerto sul da farsi e l’altro non poteva ipotizzare perché.
“Le va di passeggiare per il vialetto, giovane Hayami?” chiese il presidente della Hokuto Productions rompendo gli indugi.
“Mi stupisce davvero trovarla qui.” Disse Masumi.
In un certo senso, quell’invito lo aveva tratto da un grande imbarazzo e gliene fu implicitamente grato.
“Non dovrebbe stupirsene.” Mormorò Seiichi schiarendosi la voce “Certo, non le sarà sfuggita la mia somiglianza con Ichiren. So bene di esserne il ritratto.”
“Quando il mio collaboratore me lo ha detto, non riuscivo a crederlo.” Sorrise Hayami.
“Proprio non è riuscito a fidarsi di me, vero?” ridacchiò l’altro mentre scuoteva la testa.
“Dovevo prendere le mie precauzioni.” Ebbe a giustificarsi Masumi “Per Maya, naturalmente.”
Hokuto assentì:
“E ha scoperto qualcos’altro?”
La domanda non era buttata a caso e il tono era troppo fermo per essere scambiata per un banale convenevole.
“Ciò che avrei dovuto scoprire” disse Masumi “in realtà, mi è staro rivelato da mio padre, qualche giorno fa.”
Seiichi deglutì: la favella parve seccarglisi in gola. Un’improvvisa arsura lo prese ed era un’arsura terribile.
“E che cosa te ne è parso?” domandò dopo quell’interminabile momento di sbandamento.
Inevitabile era stato passare al <tu> perché ciò che aveva davanti era cosa sua: non importava più nulla il cognome o il passato.
Masumi sapeva di avere suo padre accanto: quello vero.
“Ritrovarmi nipote di Oozachi mi ha fatto senso, ma ho compreso molte cose.” Disse sorridendo “Ho compreso perché fosse così intenso il legame con La Dèa Scarlatta e con Maya.”
Non era ciò che Seiichi voleva sentirsi dire, ma il tono pacato di suo figlio lo spinse a raccontare la sua verità:
“Aya mi ha negato di essere padre. Non aveva fiducia nella possibilità che io mi realizzassi come uomo, come marito. Io, del resto, ero così preso dal lavoro da trattarla in modo piuttosto rude. Ella prese a soffrirne e, prima che tu nascessi, se ne andò. Fu colpa mia, sì. All'epoca, vivevamo in Hokkaido. Aya fece perdere le tracce e io quasi impazzii. Non avevo mezzi né possibilità di rintracciarla. Il matrimonio con Eysuke, nove anni dopo, le diede una copertura perfetta. Ho saputo di essere padre solo di recente: quando ti ho visto, mesi fa, al circolo del tennis, ho avuto come un sussulto. Mi è parso di rivedermi...Prima di avere certezze, prima di sapere che non eri il sangue di Eysuke, io già sapevo che eri mio. Non poteva essere diversamente: i capelli, gli occhi, ogni cosa. Poi, quel pestaggio che non avevo preventivato mi hanno dato la certezza: il DNA non mente.”
“Mi spiace che tu abbia conservato un pessimo ricordo della mamma: per me resterà sempre una donna dolce e sensibile, per quanto comprendo bene – come lo hai compreso tu - che fosse animata da un evidente <spirito pratico>. Conosceva le mie capacità e mi mise consapevolmente nelle mani di Eysuke. Io volevo un padre, ma il vecchio non lo diventò mai.”
Seiichi lo fissò nei grandi occhi azzurri e Masumi ci vide se stesso.
“Non è tardi, vero?” azzardò.
“Stai scherzando?” fece il giovane manager “Non voglio neppure ipotizzare un futuro senza di te. Ora che ti ho ritrovato, non voglio allontanarmi da te per nessun motivo.”
Ci pensò su un istante:
“Spero non costituisca per te un problema che io sia tornato ad essere un Hayami. Desidero con tutto il cuore assistere Eysuke fino alla fine ed è anche il desiderio di Maya. Nessun uomo merita una fine ingloriosa.”
“Sei un cuore nobile e generoso e sono fiero di te.” Disse Seiichi con voce rotta dall’emozione “Il cognome non conta nulla, giusto? Quello zuccone di mio padre lo ha ripetuto sino alla nausea e vorrei fosse qui, adesso, per vedere questo e per assistere alla rappresentazione.”
“Non conta, no. Conta il sangue e io ho il tuo, giusto?” domandò Masumi con una espressione così accorata che sciolse completamente il genitore e lo indusse ad abbracciarlo stretto.
Maya e Hiromi, che vedevano tutto da lontano, sorridevano con dolcezza a quella scena di amore ritrovato.
Ichiren era lì e non solo perché le sue spoglie mortali risiedevano nella terra sacra per sempre. Vegliava sul figlio e sul nipote. Le sue incessanti preghiere avevano fatto sì che essi non commettessero gli errori della vecchia generazione. I peccati dei padri - le loro colpe - si erano finalmente estinti e un futuro sereno si apriva davanti ai loro occhi.

FINE

 
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46 replies since 31/7/2014, 14:34   1309 views
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