Incontri, FF ispirata a GnK

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view post Posted on 14/6/2012, 06:46
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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Un piccolo appunto: non leggo Incontri solo perché presenta uno stile accurato, per quanto – è ovvio – non leggerei mai un racconto scritto male (non lo dico per essere saccente, ma perché per me la lettura di una storia DEVE essere gradevole e non una accozzaglia di parole buttate alla rinfusa).
Secondariamente, deve essere originale.
E questa storia lo è.
Caratteristica dei tuoi scritti sinora, è stata una vena di latente sensualità.

Scrivere scene erotiche e leggerne è bello, ma difficile.
Io stessa, per quanto mi eserciti spesso in questo senso, fallisco due volte su tre. Il risultato non mi piace quasi mai.
Ho letto ff da “brivido” (nel senso negativo), in cui più che un atto sessuale si mimava uno scannamento. Questo non mi piace. Mi piacciono le scene ad alto contenuto erotico, gestite dall’autore e non dalle sue turbe ormonali. Mi piace, anche mentre descrivo le scene crude, dare un abbozzo di estremo raziocinio del soggetto. Penso infatti che, al di là della parentesi orgasmica, fare l’amore sia anche questo: un profluvio di pensieri positivi che culminano solo in ultima istanza nel piacere totale.
Prima di raggiungerlo, il soggetto passa in rassegna ciò che lo fa star bene e perché Si trova lì. Perché, prima di tutto, l’atto sessuale è un gesto di libero, consapevole assenso, poi di incontrollata ferinità.
 
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Yayoi
view post Posted on 14/6/2012, 21:38




Arrivata al 4° capitolo e devo dire 'wowwwwwww'!

Bella la scena descritta in auto.
Bellissimo e molto sensuale il loro 'arrivederci'.
Mi ci voleva dopo l'ora di rilassamento :D

 
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view post Posted on 15/6/2012, 12:23
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@ Yayoi: Mi piacciono molto questi tuoi appunti "in progress" di lettura...
Tienimi aggiornata!

Aggiorno oggi con il 15°. Finirà con una situazione in sospeso che devo ancora sistemare ma che è a buon punto. Fatemi sapere cosa ne pensate.

___________________________________________________________

CAPITOLO 15
Maya si sentì chiamare che era già arrivata nell’atrio: si voltò scorgendo la signorina Mitsuki che veniva spedita verso di lei. Il sorriso non aveva abbandonato il suo volto. Si stava osservando nel riflesso che il nero cristallo della vetrata le rimandava. Le sembrava ancora impossibile che avesse vissuto quei momenti con Masumi.
“Maya, lascia che ti accompagni io a casa.”
Gli occhi le si illuminarono di gratitudine ed iniziò a seguire la donna verso il garage sotterraneo.
“La ringrazio, signorina Mitsuki.”
La donna guardò la giovane attrice con benevolenza.
“No, Maya. Sono io che devo ringraziare te.”
Maya alzò di scatto il volto guardandola interrogativamente negli occhi.
“Non capisco, signorina…” – erano ormai giunte all’auto della donna.
“Stai rendendo felice il signor Hayami: di questo ti sono grata. Nel tempo aveva perso di vista la sua vera natura. Quando ti ha incontrata anni fa l’ha riscoperta, ma l’ho visto diventare cupo e spento come non lo era mai stato perché si era convinto che tu non avresti mai potuto corrispondere ai suoi sentimenti. In queste ultime settimane, invece, ha ritrovato la determinazione di un tempo. E anche una serenità che non gli avevo mai visto.”
Maya l’aveva ascoltata rapita: aveva compreso che Masumi l’aveva attesa a lungo, ma sentirne parlare un’altra persona l’aveva scossa nel profondo. Era la conferma dell’amore che l’uomo aveva provato nei suoi confronti, un amore a cui aveva sacrificato tutto. Pur di favorire la sua carriera e renderla felice si era fatto odiare, decretando di fatto la fine di ogni possibile speranza di un futuro insieme: tutto perché non si sentiva ‘degno’ di lei. Solo il destino aveva deciso che non era così che doveva andare e che le loro due anime avevano troppo sofferto per restare ancora separate.
“Io… la ringrazio per quanto mi sta dicendo. Mi rendo conto ogni giorno di aver rischiato di perderlo. Ed ogni giorno ringrazio gli dèi che hanno giocato in nostro favore. So quanto deve aver sofferto… sono stata talmente stupida!” – la mano stretta al petto era simbolo di quanto sentisse sue quelle parole. Stava tenendosi il cuore. Una lacrima stava sorgendo tra le sue ciglia.
Erano salite in auto ed erano partite alla volta della sua abitazione.
“Maya, non era mia intenzione rattristarti!” – proseguì la donna – “Ti ho detto quelle parole per renderti partecipe della sua gioia. Non era facile scoprire i suoi sentimenti: lo conosci, non li manifesta mai apertamente… e tu… tu eri e sei così giovane!
Arrivarono di fronte all’edificio in cui Maya abitava. Si salutarono amichevolmente. Maya rientrò in casa ancora commossa per lo scambio di parole con la collaboratrice di Masumi. Aveva sempre pensato di poterla considerare una brava persona e quella breve conversazione non aveva fatto altro che confermare la sua idea.
Una volta in casa, andò nel piccolo bagno. Voleva cercare di riordinarsi prima che Rei tornasse. Di fronte al piccolo specchio non poté fare a meno di notare le labbra gonfie e le guance ancora arrossate: non riusciva a non emozionarsi per quel pomeriggio passato insieme. Al solo pensiero, il suo cuore le saltava in petto: era stato meraviglioso. Ricordava ogni momento: i suoi occhi ed i suoi sguardi; le sue labbra ed i suoi baci; le sue mani e le sue carezze.
Chissà quando l’avrebbe rivisto?! Non era passata nemmeno un’ora da quando l’aveva lasciato solo nel suo ufficio, ma già sentiva la sua mancanza.
Si tolse gli abiti, fece una doccia veloce e preparò la piccola vasca con dell’acqua calda e profumata. Si immerse lentamente, lasciando che la pelle fosse carezzata da quelle piccole onde calde: era inutile. Le immagini continuavano ad inondarle la mente. Ricordare il modo in cui l’uomo l’aveva stretta ed accarezzata, il suo viso ed il suo caldo petto le faceva sembrare quasi fredda l’acqua in cui era immersa.

Nel frattempo Masumi, rimasto nel suo ufficio, era seduto alla scrivania, anch’egli incantato dai ricordi di quel pomeriggio.
Un solo pensiero nella mente: Maya. Maya che sussurrava il suo nome; Maya che lo desiderava; Maya che lo accarezzava con tanta dolcezza da commuoverlo; Maya che rispondeva al suo tocco con passione; Maya gelosa; la sua Maya. Si era rivestito ripercorrendo mentalmente le sue carezze. Aveva lasciato la sua cravatta da parte ché non ne aveva più bisogno per quel giorno. Girò la poltrona verso la vetrata, prese una sigaretta e se l’accese lasciando che il fumo gli invadesse i polmoni. Avrebbe dovuto smettere: non erano mai state le sigarette ciò di cui aveva bisogno.
La notte era calata ed aveva ammantato d’oscurità i vicoli bui sotto i suoi piedi. Le vie più trafficate erano illuminate da lunghi treni d’automobili. Tokyo non dormiva mai.
Con un ultimo sospiro, si alzò dalla sedia, si ravviò i biondi capelli con una mano e, abbracciando con uno sguardo il divano, si accinse ad uscire con un bel sorriso sulle labbra.
Era quasi arrivato all’ascensore quando le due porte scorrevoli si aprirono lasciando entrare la sua segretaria dall’aria pienamente soddisfatta.
“Ah, signorina Mitsuki, pensavo fosse andata a casa!” – l’apostrofò allegramente l’uomo.
“No, signore. Ho ancora alcune pratiche da sbrigare per domani. Ero uscita solo per accompagnare Maya a casa.”
“Pensavo avesse chiamato un autista…”
“Signor Hayami, l’espressione con cui Maya è uscita dal suo ufficio poteva sembrare equivoca. Ho preferito accompagnarla di persona.”
Masumi non sapeva come reagire: lasciar correre le illazioni della donna? Negare l’evidenza?
“Non capisco di quale espressione lei stia parlando, signorina. A me, Maya è sembrata quella di sempre.” – ma sapeva che era inutile. Non poteva ingannarla.
Infatti:
“Naturalmente. Quella di sempre.” – e con un sorriso sornione Mitsuki si rimise alla sua postazione.
Lanciandole un’ultima occhiata, Masumi scese nel garage per dirigersi verso l’albergo. Trascorse il tragitto verso la sua destinazione con la mente sgombera da ogni pensiero. Non voleva chiudere quella splendida giornata angustiandosi con i complotti che erano ancora da portare a termine. Giunto in camera, si versò un liquore e si affacciò di nuovo alla finestra.

Mentre il sabato costituì un giorno abbastanza monotono per le due candidate e per Masumi Hayami, Shiori Takamiya, avuto il benestare compiaciuto di suo nonno, se ne stava andando in giro nella zona ovest di Shinjuku, rinomato centro direzionale della capitale, per incontrarsi con un’agente immobiliare che avrebbe dovuto farle vedere alcuni locali idonei alla sua futura agenzia. La consulente che le aveva presentato Masumi si era rivelata molto competente e l’aveva indirizzata verso la professionista con cui aveva appuntamento.
Si sarebbero dovute vedere di lì ad un’ora e Shiori stava approfittando del tempo a sua disposizione per orientarsi in quel quartiere tanto nuovo per lei.
Dovendo muoversi molto a piedi aveva scelto un abbigliamento comodo, inusuale per lei: un paio di pantaloni, una maglia leggera ed un paio di scarpe sportive.
Passò di fronte a molte vetrine di uffici, filiali bancarie ed assicurative, aziende di servizi. Gli ambienti erano sobri e professionali: quel tipo di atmosfera che, se da un lato sembra quasi sterile, dall’altro dovrebbe suscitare un senso di sicurezza nel cliente. Shiori avrebbe optato per un arredamento confortevole e dei toni chiari: voleva mettere a proprio agio coloro che si fossero rivolti a lei per un qualsiasi evento da organizzare.
Mentre era ferma davanti all’ennesima vetrina sotto un portico lasciato in penombra dal sole, vide nel riflesso del cristallo una sagoma conosciuta che l’osservava. Anche in quella giornata nuvolosa indossava gli occhiali scuri ed un abbigliamento che molti avrebbero considerato inadeguato, viste le temperature: una leggera camicia di cotone di colore chiaro su un paio di jeans slavati. Aki Mikami era dietro di lei e non sembrava aver intenzione di passare oltre.
La donna si volse e lo salutò più freddamente di quanto avesse effettivamente voluto: aveva passato una bella mattinata in sua compagnia, ma non aveva dimenticato il tranello dell’intervista, né il velato approccio dell’uomo. Ne era stata lusingata, ma doveva tenere ben presente che era pur sempre un giornalista ed i piani del suo ‘fidanzato’ dipendevano anche dal proprio comportamento.
“Buongiorno, signorina.” – rispose l’uomo con un sorriso – “come mai da queste parti a… quindici giorni dal suo matrimonio? La immaginavo immersa tra pizzi e merletti ad organizzare il tutto!” – la voce non aveva nulla a che vedere con il tono affascinante che aveva mantenuto per tutto il tempo che avevano passato insieme.
“E lei cosa ci fa qui?” – ribatté Shiori, memore del fatto che il giornalista non gradiva che gli si rispondesse con una domanda.
“Non è ovvio?” – le si avvicinò di qualche passo – “Mi aveva promesso che ci saremmo incontrati. L’ho vista girovagare ed eccomi qui.”
“Ma la mia non era una promessa! Ha fatto tutto da solo?! Io le ho riservato un eventuale scoop sul mio matrimonio, non un appuntamento!”

Sinceramente, Aki Mikami non sapeva che farsene dello scoop sul suo matrimonio. Aveva passato gli ultimi due giorni con un solo pensiero fisso in testa (oltre a quello sulla Dea Scarlatta che si era notevolmente ridimensionato): Shiori Takamiya. Shiori Takamiya, il suo sorriso durante il poco tempo passato insieme, il suo rossore quando l’aveva presa per mano ed infine la sua figura flessuosa che si allontanava lesta per rientrare nel nido protettivo della sua dimora. Il fatto che non riuscisse a togliersela dalla testa l’aveva indispettito: non era la prima riccastra con cui aveva a che fare, allora cosa lo stava conducendo nella sua direzione? Il matrimonio ormai prossimo della donna non faceva che aumentare la sua irritazione.
Incontrarla che passeggiava tranquillamente a Shinjuku, ignara dell’effetto che aveva provocato in lui, l’aveva indotto a seguirla.
Il suo approccio iniziale era stato più duro di quanto lui stesso avrebbe desiderato: in fondo era contento di vederla e avrebbe voluto ricreare un’atmosfera simile al loro primo incontro, ma il saluto freddo della donna l’aveva fatto volgere in tutt’altra direzione.
Gli aveva risposto con una domanda: sapeva che l’avrebbe quanto meno stuzzicato ed era stato al gioco, ma il fatto che Shiori avesse tirato fuori lo scoop sul suo matrimonio quando invece lui aveva accennato alla possibilità di un loro incontro l’aveva inspiegabilmente mandato in bestia.
Con lo sguardo sempre nascosto dagli occhiali scuri, le si avvicinò con fare deciso, costringendola ad indietreggiare di poco verso la vetrina.
“Eh no, signorina Takamiya, la sua era una proposta: mi ha promesso uno scoop sul matrimonio ed io ho accettato a condizione di rivederci. Eccoci qua: le ripeto la domanda dunque? Cosa ci fa da queste parti? Come mai non è impegnata nell’evento dell’anno? – aveva posto le domande con tono pungente, per nulla amichevole.
“Vuole che le ripeta la mia risposta?” – una lieve scintilla nel suo sguardo gli rivelò che si stava divertendo in quel battibecco.
“Sta cercando di farmi innervosire? Sa bene che non mi piace che mi si risponda con delle domande!” – naturalmente non avrebbe mai alzato la voce e doveva ammettere con se stesso che si stava comunque spassando in quel gioco fatto di punti interrogativi.
La vide voltare il viso di lato, sfuggendo il suo sguardo.
“E a me non piace che mi si parli con gli occhiali scuri, che vogliamo fare?”
Era veramente impertinente! Con un mezzo sorriso Aki si tolse gli occhiali infilandoseli tra un bottone e l’altro della camicia.
“Ora va meglio?” – non aveva mutato il tono della sua voce ed infatti non ottenne alcun risultato. Shiori era ormai con le spalle contro la vetrina e l’uomo era ad un passo da lei. Si fece più vicino e mentre con due dita le afferrava il mento per girarle il volto toccando quella pelle d’alabastro e chiedendosi perché mai si stesse spingendo tanto in là, le chiese con voce più dolce:
“Ora va meglio, credo. Che ne dice di rispondere alla mia domanda?”

Shiori non si aspettava un simile comportamento da parte del giornalista. Era abituata ad uomini che la trattavano sempre con riverenza soprattutto a causa del potere di suo nonno, quindi non sapeva come tener testa a Mikami che, invece, non sembrava per nulla intimorito e le si rivolgeva come se fosse arrabbiato per qualcosa.
Stava cercando di tener duro in quello scambio di battute: ricordava la sensazione di benessere che aveva provato durante l’intervista ed anche il tocco della sua mano al polso quando si erano salutati l’aveva emozionata, ma non doveva cedere. ‘Combattere’ in quel modo la stava divertendo, pur procurandole una certa tensione.
Quando aveva girato il volto sapeva che l’avrebbe irritato: un uomo del genere non avrebbe sopportato una tale mancanza di rispetto.
Immaginava se ne sarebbe andato offeso, invece stava continuando il gioco. Quando lo sentì prenderle il mento in un tocco leggero e delicato rivolgendosi a lei con quel tono dolce fu tentata di rispondergli, ma poi pensò che stava solo cambiando tattica per ottenere le sue informazioni.
“Non credo di dover rendere conto a lei dei miei spostamenti.” – rispose con tono meno battagliero.
“E al suo fidanzato? A Masumi Hayami deve rendere conto?” – lo aveva visto sorridere e porre la domanda con tono ancora più dolce.
“Nemmeno a Masumi Hayami!” – non l’aveva chiamato ‘fidanzato’, quindi non aveva mentito, ma il suo tono s’era velato di una leggera malinconia.
“Non ne capisco il motivo. Dovrebbe essere molto geloso di una donna bella quanto lei. Attira gli sguardi ammirati di molti uomini.” – e lo vide avvicinarsi ed appoggiare una mano, quella libera, contro il cristallo alle sue spalle.
“Che? … Cosa sta facendo?” – riuscì solo a chiedere prima che le labbra morbide dell’uomo si chiudessero sulle sue. Il suo primo bacio.
Che diavolo sta succedendo?


Edited by tenshina - 15/6/2012, 15:52
 
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view post Posted on 19/6/2012, 14:48
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Dimenticavo... GRAZIE Laura per la consulenza... ne avevo proprio bisogno!

CAPITOLO 16
Che diavolo sta succedendo?
Alzò le mani strette a pugno per respingerlo, ma non ci riuscì: l’uomo non si mosse. Le labbra di Mikami, in contrasto con il suo corpo rigido ed immoto, si muovevano suadenti sulle sue.
Tentò di restare lucida ed insistette battendo i pugni contro il suo petto senza ottenere alcun risultato.
Come infastidito, le prese i polsi con le mani portandoglieli dietro la schiena, immobilizzandola ed abbracciandola allo stesso tempo: non era mai stata tanto vicina ad un uomo. Il contatto con il suo corpo la disorientò ed il suo profumò le inondò le narici.
Si sentì cedere: Mikami era un ammaliatore. I suoi lunghi capelli le solleticavano lievemente il volto, le sue labbra la stuzzicavano, le sue mani la tenevano in modo fermo ma gentile, il suo profumo l’inebriava.
Senza che se ne accorgesse iniziò a ricambiare il bacio e chiuse gli occhi.

Dopo un primo momento di rigidità, Aki sentì la donna rilassarsi nel suo abbraccio. Sembrava incerta nei movimenti, ma era comunque seducente come l’aveva immaginata. Era alta, per essere una donna giapponese, ed abbracciandola sentiva tutta la sua morbidezza. Non sapeva perché l’avesse baciata, sapeva solo che l’aveva trovato inevitabile.
Le afferrò i polsi con una sola mano per portare l’altra al suo volto ed accarezzare anche il collo ora sguarnito dei lunghi capelli. Probabilmente non ci sarebbe più stato bisogno di tenerla, ma non voleva rischiare.
Con il pollice toccò lievemente la sua gota e le sue labbra si schiusero come se avessero risposto ad una muta richiesta.
Non riusciva a crederci: stava baciando una donna in procinto di sposarsi e non gliene poteva fregare di meno, lui che aveva sempre scansato relazioni problematiche con donne ‘impegnate’ che tuttavia non disdegnavano una relazione o due con altri uomini.
Continuarono a baciarsi (perché ormai era chiaro che il bacio fosse reciproco) ancora per qualche istante, al riparo dagli sguardi indiscreti della gente, nascosti sotto il portico dell’edificio.
“Ora pensi di potermi rispondere?” – le chiese suadente sulle labbra e passando ad un tono informale.
“Perché mi hai baciata?” – evidentemente voleva ancora giocare. Recepì comunque con soddisfazione che anche la donna aveva dismesso il tono formale.
“Ti bacerò ogni volta che mi risponderai con una domanda!” – promise.
“Non ti credo!” – lo sfidò, ma perse la scommessa perché le donò un altro bacio, più breve del primo.
“Allora?” – provò Aki a chiederle, di nuovo, un sorriso malizioso che gli aleggiava sulle labbra.
“Sono alla ricerca di un locale per aprire una mia agenzia ed organizzare degli eventi” – capitolò. La vide sfuggire il suo sguardo, come se si vergognasse di aver ceduto o temesse il suo giudizio.
Mikami fu soddisfatto della risposta. Lo fu meno del fatto che appena lasciò i suoi polsi gli arrivò uno schiaffo dritto in faccia.
Il suo sorriso si allargò facendosi minaccioso.
“Non mi sembrava ti dispiacesse!”
“Non c’entra. L’hai fatto senza chiedermi il permesso!” – la sua voce era aspra.
“Quindi ammetti che ti piaceva. Il tuo fidanzato te lo chiede il permesso?”
Gliel’aveva chiesto di proposito: gli sembrava impossibile, visto che erano parecchi mesi che era ufficialmente fidanzata con il produttore, ma dalle sue reazioni non sembrava avvezza a quel genere di comportamenti. Inoltre, negli eventi pubblici non mostravano mai atteggiamenti confidenziali.
Rilevò che per lo meno non aveva negato che le fosse piaciuto.
La risposta della donna lo indispettì.

Shiori voleva ferirlo: il bacio le era piaciuto, eccome! Era stato il primo contatto personale con un uomo, ma l’aveva sognato in modo diverso. Anche se era iniziato del tutto inaspettatamente, il tocco dell’uomo era stato gentile.
Tuttavia, il dubbio che l’avesse fatto perché non aveva altro modo per estorcerle le sue dannate risposte l’aveva ferita. Quando aveva insinuato che non meritava lo schiaffo perché gli sembrava avesse gradito, era stata solo capace di rispondere come una ragazzina isterica che era necessario il suo permesso per baciarla.
“Masumi non ha bisogno di chiedere il permesso!” – rispose con voce dolce come il miele.
“Non ti credo!” – fu la sua risposta spiazzante.
“Credi quello che ti pare!” – proseguì Shiori con voce alterata. Non voleva più starlo a sentire e le lacrime minacciavano di sgorgarle dopo molti giorni dall’ultima volta. Doveva andarsene.
Si voltò per seguire il suo intento, ma venne bloccata ancora una volta dalle sue forti braccia che la cinsero da dietro in una stretta morsa.
Sentì il volto del giornalista affondarle nell’incavo del collo, trarre un profondo respiro e rivelarle piano:
“Non volevo offenderti! Ma… non mi aspettavo di incontrarti oggi: mi sei stata sempre nella mente in questi due giorni.”
Erano le parole che il suo cuore sembrava volesse sentire e, anche per questo, non si permise di prestargli fede.
“Non ti credo. Volevi delle risposte e hai utilizzato ogni mezzo per ottenerle! Ora che le hai avute non ti serve nemmeno più essere gentile, quindi risparmiami!” – cercò di divincolarsi, ma inutilmente.

Ciò che gli disse alla fine lo ferì nel profondo. Era vero, aveva agito senza pensare, ma non l’aveva baciata per avere delle risposte da lei. L’aveva baciata perché desiderava farlo.
La girò verso di sé con tutto l’intento di chiarire quel malinteso una volta per tutte. Le mani la tenevano appena sopra i gomiti e la scuotevano leggermente per farle alzare il volto.
“Si può sapere come ti viene in mente un’idea tanto balzana? Non ho bisogno di fare il cascamorto con una donna per avere quello che voglio!”
“Allora perché mi avresti baciata, eh? Per divertirti alle mie spalle? Ma che avete voi uomini per pensare che una donna possa essere trattata in questo modo?”

Shiori non sapeva perché era scattata in quel modo. Anzi, riflettendo brevemente forse lo sapeva. Prima di tutto non si riteneva abbastanza affascinante da indurre veramente un uomo come Aki Mikami a desiderare di baciarla. Non ci era riuscita con Masumi, perché doveva riuscirci con il giornalista? Aveva sempre pensato che gli apprezzamenti che riceveva fossero più il frutto del suo denaro che non delle sue doti vere e proprie. Inoltre, quella situazione le aveva ricordato il dolore che aveva provato nei giorni successivi alla rottura del suo fidanzamento. Anche se razionalmente aveva dato ragione a Masumi, il suo animo ne era uscito irrimediabilmente ferito. Comprendeva che non dipendeva da lei se nulla aveva funzionato: Masumi era già innamorato di Maya Kitajima quando l’aveva conosciuta. Tuttavia, la sua autostima era crollata perché aveva sempre avuto bisogno dell’approvazione degli altri e sapere che Masumi, colui che per lei era stato il primo amore, le aveva preferito un’altra l’aveva destabilizzata.
“No! Cos’hai tu? Cosa ti è successo? Dov’è la donna schietta ed affascinante che ho conosciuto due giorni fa? Cos’è questa filippica sugli uomini? Hai litigato con il tuo bel produttore e la vuoi far pagare a me?”
Le domande dell’uomo le giunsero a raffica: Shiori comprese d’un tratto che forse aveva esagerato. Il tono con cui le pose quegli interrogativi era partito arrabbiato, per tramutarsi in un’accorata preoccupazione e tornare infine all’irritazione. Tutta quella modulazione di emozioni non poteva essere una finzione. Forse l’uomo era stato sincero anche quando diceva di averla pensata insistentemente.
Provò a rimediare all’errore.
Rilassò la postura inducendolo ad allentare la presa alle sue braccia: le mani erano divenute carezzevoli ora. Alzò il volto osservandolo dritto negli occhi scuri infiammati.
“Hai ragione. Perdonami. Non so veramente cosa mi sia preso. Mi hai colta di sorpresa, tutto qua. E… non ho litigato con Masumi.” – aveva utilizzato un tono calmo, ma mesto.

Quella donna tanto orgogliosa che aveva provato a non cedergli di un millimetro si stava veramente scusando?!
Vide un’ombra triste passarle nello sguardo, ma non poteva sapere che era ancora il dubbio che non l’avesse baciata perché desiderava farlo a lacerarle la mente. Credette che veramente avesse litigato con Hayami, nonostante il suo diniego. Questo avrebbe spiegato le sue reazioni esagerate. Non spiegava però perché avesse gradito il suo approccio. Di questo era certo: l’aveva respinto all’inizio, ma poi aveva partecipato con ardore.
Tentò di allentare la tensione. A malincuore fece cadere le mani lungo i fianchi lasciandola libera, anche di andarsene.
“Forse oggi siamo entrambi nervosi e siamo partiti con il piede sbagliato.” – ecco, quella era una proposta di pace che stava alla donna accettare.
La osservò assentire brevemente con il capo, portando una mano al petto e riprendendo d’un colpo tutto il suo portamento aristocratico. Shiori trasse un profondo respiro e gli disse che probabilmente aveva ragione.
Aki fu soddisfatto di come la situazione si era evoluta. Non voleva che si ‘salutassero’ in malo modo. Pur andando contro i suoi principi, avrebbe provato a conquistarla: sapeva che era quasi impossibile visto che mancavano due settimane al matrimonio, ma si era considerato sempre un uomo ardito e forse quella era una sfida che valeva la pena di accettare.
Shiori aveva resistito egregiamente, l’aveva fatto uscire fuori di testa solo battibeccando: poteva rivelarsi una donna dalle mille sorprese.
“Che ne diresti di festeggiare la pace fatta con un caffè? Sempre se vuoi…”

L’aveva veramente invitata per un caffè nonostante gli strali che si erano lanciati vicendevolmente? Non riusciva a credere alle sue orecchie e ne era felice. Era la spinta che le mancava: forse… forse… poteva sperare che veramente l’avesse pensata un poco in quei due giorni e che avesse veramente desiderato baciarla.
Gli rivolse un sorriso radioso ed accettò di buon grado la sua proposta.
Mentre si avviarono alla caffetteria chiamò l’agente immobiliare chiedendole se era possibile procrastinare l’appuntamento di mezz’ora: non trovò ostacoli.
Sentiva gli occhi del giornalista, di nuovo nascosti dagli occhiali da sole, che la osservavano. Si voltò a guardarlo stupita.
“Ti sembra strano che abbia avvisato la persona con cui avevo appuntamento?” – chiese.
“Quello e… beh mi sembra strano anche che tu voglia veramente metterti in gioco con una tua attività quando hai un’intera multinazionale alle spalle che va avanti praticamente da sola.”
“Se sono arrivata a questo traguardo lo devo a Masumi.” – aveva parlato con gratitudine, perché era stato l’uomo a spingerla fuori dal guscio.
Tuttavia Aki non poteva sapere quello che c’era dietro e provò una spiacevole sensazione di invidia nei confronti di quello che iniziava a considerare suo rivale.
“Devi amarlo molto. E’ un uomo fortunato.” – affermò solo.
“E’ il mio futuro marito.” – concluse Shiori come a voler chiudere l’argomento.

Aki non capiva. Se provava per Hayami i sentimenti che trasparivano dalle sue parole, perché aveva risposto al suo bacio? Avevano ancora poco tempo per parlare in tranquillità. La piccola guerra che avevano combattuto sembrava dimenticata, mentre era tornata l’atmosfera del loro primo incontro: quella che entrambi agognavano.
Uscirono dal locale per immergersi nell’affollato marciapiede. Avrebbe voluto baciarla ancora, più lievemente magari, ma forse non era ancora il momento. Doveva provare a strapparle un appuntamento. Quello lo poteva fare.
“Ti lascio ai tuoi impegni, allora. Posso sperare di rivederti ancora?”

Era ritornato ad essere l’uomo affascinante che aveva conosciuto. Il tono della voce era suadente e le sue parole furono gentili. Avevano passato dei bei momenti dopo aver sepolto ‘l’ascia di guerra’ e ne era felice. Accettare di rivederlo poteva mettere in pericolo i piani di Masumi. Se lo chiese, ma valutò che comunque da lì a due settimane sarebbe stata resa pubblica la rottura del loro fidanzamento: che senso avrebbe avuto rifiutare un appuntamento ad un altro uomo? Aki le piaceva, non poteva negarlo.
“Ad una condizione.” – gli rispose.
“Dimmi!” – pronto a chissà quale patto infernale.
“Non voglio domande da giornalista!” – un sorriso aveva accompagnato le sue parole – “Il famoso scoop te lo darò quando sarà il momento.”
“Non avrei potuto desiderare di meglio.” – e le tese una mano.
Shiori gliela strinse, annuendo. Si sentì tirare lievemente e si trovò di nuovo abbracciata a lui. Questa volta era diverso: le sue braccia ed il suo petto erano accoglienti, nessuna costrizione.
Le sussurrò un “Grazie, ti chiamo io nei prossimi giorni” all’orecchio, le depose un casto bacio sulla fronte, poi la lasciò andare.
Lo vide andarsene con un braccio alzato a mo’ di saluto. Era arrossita, di nuovo. E di nuovo il cuore le batteva forte. Era stato delicato questa volta e la giovane ne fu felice.

Edited by tenshina - 19/6/2012, 16:23
 
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Yayoi
view post Posted on 19/6/2012, 17:50




CITAZIONE
Mi piacciono molto questi tuoi appunti "in progress" di lettura...
Tienimi aggiornata!

Contaci!!!

Finito il 6°.
In questi due capitoli hai 'fatto entrare' tutti gli altri personaggi a costruire la scena. Mi piace.
Sono rimasta piacevolmente sorpresa da Shiori. Forse sono abituata a vederla come personaggio negativo e non mi aspettavo che rinunciasse così presto a Masu.
Il vecchio Hayami invece....non si smentisce mai! :D
Molto carina anche la barista che approccia il malinconico Sak!
E adesso sono curiosa di scoprire cosa ha in mente il nostro Masu per uscire da tutto questo 'pasticcio' :D
 
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view post Posted on 19/6/2012, 19:10
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Avevo letto il capitolo in anteprima e mi era piaciuto molto! Ho sempre amato descrivere l'evolversi dei sentimenti. Non è che uno - personaggio o persona che sia - arrivi ad un punto di rendez-vous senza porsi domande.
Mi piace che Shiori e Aki abbiano approcci diretti e sensuali, ma anche il fatto che non perdano di vista l'aspetto raziocinante che, com'è ovvio, tende a dominare nella prima parte di un qualsiasi rapporto - ovvero, quando non si sa ancora se si è bene accetti da colui che ci interessa.
Aspettiamo e vediamo come evoverà! :wub:

P.s. Ci avevo provato anche io a creare una Shiori decente, ma non mi è riuscito proprio.
Forse, dovrei tagliare la chioma come hai fatto tu, Tenshi. La odio così...vaporosa! :sick:
 
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view post Posted on 20/6/2012, 14:14
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CITAZIONE (LauraHeller @ 19/6/2012, 20:10) 
P.s. Ci avevo provato anche io a creare una Shiori decente, ma non mi è riuscito proprio.
Forse, dovrei tagliare la chioma come hai fatto tu, Tenshi. La odio così...vaporosa! :sick:

Hihi, dici che l'antipatia di Shiori fosse tutta nella chioma?
Sei fantastica!

@Yayoi: Ne manca ancora uno di personaggio... dovrebbe comparire tra qualche capitolo... mi pare nel 10.. se non erro.
 
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view post Posted on 24/7/2012, 12:23
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Eccomi... di ritorno dopo un mucchio di tempo!
Scusate il ritardo!!!
Questo sarà un capitolo transitorio... sono assenti Maya e Masumi... quindi perdonatemi!

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CAPITOLO 17
Shiori passò il resto della giornata in giro con l’agente immobiliare: si sforzava di concentrarsi su ciò che la donna le prospettava, ma non poteva evitare che la mente corresse ai momenti passati con Aki (poteva chiamarlo Aki?). Aveva sempre ammirato il suo lavoro: contrariamente ai suoi colleghi, dai suoi articoli trasparivano una sensibilità ed una comprensione della natura umana fuori dal comune. Nonostante questo, il suo rimaneva un pubblico di nicchia e non aveva mai frequentato gli eventi mondani che l’avrebbero potuto aiutare a rendersi maggiormente visibile.
Per Shiori, vissuta sempre all’interno di una sfera dorata e protetta dalle brutture della vita reale, i suoi lavori costituivano uno spaccato incomprensibile del mondo. Ora riusciva meglio a cogliere il vero talento dell’uomo: i giorni passati a discutere con Masumi l’avevano aiutata ad aprire gli occhi. Tutto considerato non avrebbe mai creduto possibile incontrarlo né parlarci. Baciarlo era stato un evento fuori dalla sua più sfrenata immaginazione: era fidanzata con Masumi, quindi certi pensieri non erano ‘consoni’ alla sua figura. Un mesto sorriso le increspò le labbra: quante cose erano cambiate in poche settimane!
Tornò a casa stranamente pervasa da un senso di aspettativa: aveva trovato il locale adatto alla sua impresa e Aki le aveva promesso di chiamarla per fissare un nuovo appuntamento.

Aki Mikami fu soddisfatto di come aveva salutato Shiori Takamiya: pur avendo iniziato il loro fortuito incontro in modo del tutto sbagliato e pur avendo rischiato di non rivederla (quel bacio rubato era stato un azzardo dettato dalla concitazione del momento e dalla sua impulsività) alla fine si erano lasciati con la promessa di rincontrarsi.
A quel punto, però, era curioso di conoscere di persona il famoso Masumi Hayami della Daito Art Production. Nell’ambiente dello spettacolo lo si considerava un uomo privo di qualsiasi scrupolo, pronto ad adottare ogni mezzo, anche ai limiti della legalità, per ottenere i propri risultati: era, da questo punto di vista, degno erede del padre adottivo. Era freddo come il ghiaccio, un tale calcolatore da mettere in tensione anche i vecchi squali del settore. Se vi erano state delle relazioni clandestine non era dato sapere: vista la prestanza fisica, gli addetti ai lavori supponevano avesse molto successo con le donne, ma che fosse sempre stato molto attento a che le sue liaison non divenissero di dominio pubblico.
Quando era stato annunciato il fidanzamento con la nipote dell’imperatore Takamiya il parere era stato unanime: anche nella scelta della consorte il calcolo aveva avuto il suo peso. Con la fusione dei due patrimoni, il gruppo delle imprese Hayami diveniva uno dei più grandi anche a livello internazionale. Gli atteggiamenti semplicemente “cortesi” della coppia in pubblico non facevano che confermare tale tesi.
Unico neo in questo ritratto era il rapporto contrastato che Hayami aveva con la giovane promessa del teatro Maya Kitajima: i loro litigi facevano il giro dei back-stage e i loro siparietti andavano alla ribalta delle cronache mondane (ricordava lo “spettacolino” che avevano inscenato alla prima di Isadora, con la lotta all’ultimo sangue per la conquista di un pezzo di carne). Tutto questo sembrava stonare con l’immagine conosciuta dell’uomo. A ben vedere, Masumi Hayami non sembrava considerasse la giovane un fastidio o un’antagonista. Il giornalista aveva notato che dopo ogni loro contrasto la giovane attrice riceveva maggiore attenzione da parte dei media: il produttore non era uno stupido e doveva sapere che non faceva altro che favorirla in quel modo.
Durante il poco tempo che aveva passato con Shiori, Mikami aveva notato la sua profonda stima nei confronti del fidanzato e ricordava anche la gratitudine trasparsa dalla sua voce quando gli aveva confessato che era merito dell’uomo se era giunta a mettersi in gioco in una sua agenzia: nonostante la donna avesse negato, Aki era convinto che dipendesse da un loro litigio il fatto che fosse scattata in modo tanto aggressivo nei suoi confronti.
Mentre rientrava nel suo loft all’ultimo piano di un vecchio stabilimento, decise che avrebbe fissato un appuntamento con Masumi Hayami appena possibile: non temeva un suo rifiuto perché ormai la notizia che Aki Mikami, il famoso freelance, si stava occupando della Dea Scarlatta aveva fatto il giro. A nessuno conveniva avere per nemica una penna autorevole quanto la sua, nemmeno ad un uomo potente quanto Masumi Hayami della Daito Art Production.

Sakurakoji aveva passato parte del sabato domandandosi se chiedere o meno a Sayuri di uscire. Si erano lasciati con la promessa di rivedersi per conoscersi meglio e pensava sarebbe stata una cosa carina invitarla fuori visto che il loro primo appuntamento era scaturito da lei.
Decise di passare alla sala da tè nel pomeriggio per invitarla a passare la giornata insieme l’indomani. Arrivato al locale, vide che al bancone era presente solo il titolare dell’esercizio. Molto timidamente chiese a che ora sarebbe iniziato il turno della ragazza e l’uomo, con sguardo stupito, gli rispose che Sayuri il sabato aveva il giorno libero e che, quindi, non sarebbe andata a lavoro. Con un mesto “Oh, grazie” ed uno sguardo deluso, Sakurakoji uscì dalla sala senza ordinare nemmeno un bicchier d’acqua. Camminò per una decina di minuti verso casa, poi ricordò che sapeva dove la giovane abitava perché la sera del loro primo appuntamento l’aveva accompagnata fino al suo portone: arrossì perché gli tornò naturalmente in mente anche quel leggero tocco di labbra ed lo sguardo lucente della ragazza prima che si chiudesse l’uscio alle spalle.
Con energia rinnovata, invertì la direzione e si avviò verso il suo indirizzo. Il tragitto non era lungo, ma non poteva negare che il dover camminare sempre con le stampelle lo affaticava enormemente. Attraversò qualche isolato e arrivò alla sua porta. Aveva il cuore in gola e cercò di calmarsi. Prendendo entrambe le stampelle con la mano sinistra allungò la destra per suonare il campanello. Dopo qualche secondo sentì un vivace ciabattare e vide la porta schiudersi su una signora dall’aspetto giovanile, una versione di Sayuri con vent’anni in più.

“Ma guarda chi c’è! Prego, entra. Ti chiamo subito Sayuri!” – non l’aveva nemmeno fatto parlare, né aveva fatto in tempo a dirle il suo nome. Sembrava conoscerlo veramente bene! Non era abituato a rapporti familiari tanto trasparenti: quando era ragazzo aveva dovuto tenere nascoste a sua madre diverse cose, specie se riguardavano Maya, perché aveva scoperto come la donna si fosse intromessa a sproposito nella sua vita.
Fu introdotto in un accogliente soggiorno arredato all’occidentale, con un tavolo, delle sedie ed un piccolo e morbido divano. Alle pareti erano appese delle stampe di opere d’arte europee. Il centro del tavolo era dominato da un vaso di cristallo ornato con degli astri variopinti. Tutto l’insieme dava un aspetto confortevole e caldo: rispecchiava quel poco che aveva potuto conoscere della famiglia Hojo. Mentre era intento a guardarsi intorno fu raggiunto dalla ragazza.
“Mia madre mi ha detto che eri qui.” – lo disse con un sorriso e con il tono di chi pensava di essere preso in giro.
“Sì, infatti. Ti ho cercata alla sala da tè, ma il proprietario mi ha detto che il sabato non lavori, così eccomi qua.” – si era portato una mano dietro la nuca, in un chiaro segno di imbarazzo.
“Il sabato non abbiamo mai tanta gente, quindi ne approfitto per restare a casa e studiare. Accomodati, piuttosto. Gradisci qualcosa da bere?” – era gentile e sollecita come al solito.
“No, non ti preoccupare. Sono venuto solo per sapere se domani ti andrebbe di passare il pomeriggio con me.” – si vergognò perché non era stato capace di parlare guardandola in viso. Si diede del codardo.
“Per me sarebbe un piacere! Avevi in mente qualcosa?”
“Beh… pensavo di andare alla festa di quartiere nel pomeriggio e poi potremmo andare a vedere un qualche spettacolo teatrale… quello che preferisci. In questo periodo c’è ampia scelta visto che siamo nel pieno della stagione: abbiamo sia opere tradizionali che teatro moderno…”
“Va bene, va bene! Sono felice!” – e gli prese una mano per rafforzare la sua affermazione.
Sapeva di essere partito in quarta e, se non l’avesse fermato, probabilmente le avrebbe elencato tutti gli spettacoli in cartellone. Non era possibile. Fino a qualche giorno prima stava soffrendo per la delusione di aver visto Maya insieme al presidente della Daito e, ora, era in trepidante attesa di uscire con Sayuri. La vita era ben strana.
Furono interrotti dalla signora Hojo che si presentò nel soggiorno con un vassoio contenente dei biscotti e qualche bevanda. Sakurakoji si sbrigò a dire che non ce n’era bisogno, ma la donna come era venuta se ne andò, salutandolo con un bel sorriso, ma senza dire una parola.
“Tua madre ti somiglia.” – fu il suo commento.
“Cioè, è impicciona come me?” – scherzò la ragazza.
“No… è… è bella come te!” – No. Non poteva averlo detto veramente. Lo aveva pensato certo, ma non poteva essersi sbilanciato tanto da dire una cosa simile.
Vide Sayuri arrossire lievemente, sfuggire un attimo il suo sguardo, scuotere i lunghi capelli scuri e sorridere con soddisfazione.
Si sedettero intorno al tavolo e chiacchierarono amabilmente lasciando cadere nel vuoto il suo apprezzamento. Si salutarono con la promessa di incontrarsi l’indomani davanti alla sala prove.

Rimasta sola, Sayuri corse da sua madre che, con sguardo complice, le disse:
“E’ proprio un bel ragazzo come mi avevi detto. E brava la mia bambina!”
“Mamma!” – si lamentò la ragazza.
“Beh, che ho detto? E’ la verità, no?” – lo sguardo sbarazzino della madre era lo stesso della figlia.
“Non ti sto neanche a sentire.” – e si girò per andarsene, l’espressione felice sul volto in contrasto con le sue parole.
Il giorno successivo sarebbe giunta la sua grande occasione.
Si sarebbero incontrati a metà pomeriggio e avrebbero passato anche la serata insieme. Sayuri aveva capito che Yuu era un bravo ragazzo, per questo si era dichiarata disponibile ad aspettarlo: le era piaciuto subito, fin da quando l’aveva visto corteggiare la sua collega. In quel periodo aveva notato che la ragazza non lo ricambiava, non nel modo in cui lui avrebbe voluto. Dall’atteggiamento dell’attrice si leggeva gentilezza, affetto ed anche un velo di cortesia: sentimenti ben lontani da quelli di un cuore innamorato. Ne aveva avuto conferma quasi una settimana prima.
Il loro primo appuntamento, quello che lei stessa aveva spuntato con Yuu, si era rivelato sorprendente: nonostante la brutta esperienza il ragazzo si era mostrato di buona compagnia. Sembrava che gli piacesse sentirla ridere e ne era felice.
Come da programma si incontrarono davanti alla sala prove. Si avviarono verso il vicino quartiere in festa: con i suoi problemi motori non sarebbe stato facile per Sakurakoji accompagnarla nelle varie attrazioni, sicché la giovane apprezzava la sua determinazione. Passarono il resto del pomeriggio provando vari giochi, mangiando zucchero filato e divertendosi come bambini.
Quando era ormai ora di cena decisero di mangiare qualcosa nelle bancarelle per poi avviarsi verso lo spettacolo teatrale che avevano scelto. Sayuri aveva optato per Cime Tempestose: lo riteneva un romanzo magnifico, simbolo di un’epoca e di un movimento artistico che aveva dominato tutta l’Europa di quegli anni. Aveva notato un lampo di tristezza affiorare nello sguardo del ragazzo, ma pensò di essersi sbagliata perché scomparve subitamente.

Cime Tempestose. Non riusciva a crederci. Dopo tutti quegli anni Sakurakoji si ritrovava ad assistere allo spettacolo che l’aveva indotto a fuggire da Tokyo quando aveva visto Maya interpretare Catherine con tanto ardore. Ricordava anche le parole di Hayami quando aveva abbandonato il teatro: “Se veramente l’ami, devi restare fino alla fine.”
Solo ora capiva quanto fossero state profetiche quelle parole: il presidente della Daito capiva, era rimasto fino alla fine quando lui era fuggito. Già allora Masumi Hayami era innamorato di Maya? Possibile che per tutto quel tempo avesse accettato che la ragazza l’odiasse? Che avesse pazientato, subendo i suoi attacchi, fin quando si fosse resa conto che lo ricambiava? Come poteva lui stesso paragonarsi ad un amore simile? Non era stato in grado di guardare quello spettacolo fino alla fine sei anni prima e non era stato in grado di amarla quanto l’aveva amata quell’uomo.
Fortunatamente le luci erano spente già da un po’ e Sayuri non avrebbe potuto notare la sua espressione contratta durante quelle meste riflessioni. Si sentiva un immaturo. Doveva crescere, come era maturata Maya. Volse lo sguardo verso la ragazza che gli sedeva al fianco.
Sayuri osservava rapita lo spettacolo, ignara dei pensieri che gli affollavano la mente. Gli occhi scuri erano fissi sulla scena: la piccola Catherine disperata per l’allontanamento di Heathcliff.
All’intervallo discussero piacevolmente delle reciproche impressioni: Sayuri era inconsapevole dei ricordi che Cime Tempestose aveva risvegliato nel ragazzo; Sakurakoji diede il meglio di sé per evitare che se ne accorgesse.
Alla fine dello spettacolo tornarono al pub dove erano stati durante il loro primo appuntamento. Passarono il tempo discutendo degli argomenti più disparati.
Yuu doveva ammetterlo: stava bene. I ricordi melanconici della sera erano dimenticati. Vedere Sayuri tanto attenta e partecipe nella conversazione era un balsamo per le sue ferite. La serata scorse velocemente, a testimonianza di quanto ingannevole sia il tempo passato piacevolmente. Si avviarono verso casa camminando affiancati. Se non avesse avuto le stampelle le avrebbe preso la mano ed intrecciato le sue sottili dita alle proprie.
Spirava una leggera brezza fresca quella sera: le auto li sorpassavano; pedoni sconosciuti li incrociavano senza degnarli di uno sguardo, persi ognuno nel proprio mondo.
Sulla via del ritorno parlarono ben poco: Sakurakoji era intento a chiedersi come l’avrebbe salutata, mentre Sayuri semplicemente stava godendosi quei momenti di calma, ancora troppo felice di aver passato una bella serata con il ragazzo.
Quando il tragitto giunse al termine Sakurakoji non aveva sciolto i suoi dubbi: si sentiva imbarazzato perché da un lato voleva baciarla e dall’altro temeva di affrettare troppo i tempi.
“Beh… ti ringrazio per la bella giornata.” – fu solo in grado di dire, quasi balbettando. Si diede dell’imbranato e, se fosse stato solo, si sarebbe probabilmente anche dato un bel ceffone.
Vide Sayuri sorridere e guardarlo con occhi dolci.
“Grazie a te…” – rispose solo. Il giovane recepì bene il messaggio. Sayuri era rimasta immobile: nessun approccio sarebbe giunto da parte sua, non quella sera.
Lentamente, aiutato dalle stampelle, si sporse in avanti e le posò un lieve bacio sulla guancia, accompagnato da una leggera carezza di pelle contro pelle. Era un compromesso, lo sapeva, ma sperava che la giovane si rendesse conto che non lo lasciava per nulla indifferente. Con uno sguardo fuggevole ai suoi occhi scuri, il ragazzo la salutò e si girò, dirigendosi verso casa.
 
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view post Posted on 28/8/2012, 14:01
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CAPITOLO 18
La settimana ricominciò e con essa anche le prove per le due candidate al ruolo della Dea Scarlatta: sarebbero stati giorni decisivi ché la domenica successiva si sarebbe finalmente sciolto ogni dubbio su chi avrebbe ereditato la parte della grande attrice del passato Chigusa Tsukikage.
Ayumi stava facendo colazione in quell’autunnale mattina stranamente assolata. La tata aveva provveduto a preparargliela, come faceva da quando poteva rammentarlo.
“Che cosa ha fatto ieri sera fino a quell’ora tarda, signorina Ayumi? Ha detto che il signor Hamill l’avrebbe ricondotta a casa…”
“Ho provato… ho provato da sola sul palcoscenico della rappresentazione dimostrativa…” – la giovane aveva notato il tono preoccupato della vecchia governante. Sapeva quanto la donna tenesse a lei, visto che aveva degnamente sostituito i suoi genitori durante le loro lunghe assenze.
“Sono quelle rovine presso la vecchia stazione?” – chiese di nuovo con voce ansiosa.
“Il palcoscenico per la Dea Scarlatta, sì.” – rispose in modo calmo.
“E se succedesse qualcosa?” – afferrava il tono arrabbiato della tata. Si preoccupava per lei, era normale.
“Va tutto bene. Il signor Hamill è stato con me per tutto il tempo…” – per rassicurarla non poteva fare altro che dirle le cose come effettivamente stavano.
“Il signor Hamill è…” – sembrava sul punto di farle una domanda difficile, decise quindi di anticiparla.
“Il signor Hamill sarà con me anche stanotte… e domani… e forse per sempre” – Ayumi sapeva di averla sconvolta e mentre finiva il suo tè decise di essere chiara fino in fondo – “Probabilmente è solo questione di tempo prima che la notizia appaia sui giornali.”
La giovane attrice aveva realizzato negli ultimi giorni che la gentile vicinanza dell’uomo stava velocemente facendo breccia nel suo cuore indomito. Non sapeva quando tutto era iniziato. Comprendeva solo che pian piano aveva iniziato a ritenere indispensabile sentirlo al suo fianco ed era veramente tranquilla solo quando sapeva che l’uomo era nelle vicinanze. Solo il suo orgoglio le impediva di ammetterlo anche con lui.
Le sue riflessioni furono interrotte dalla voce quasi isterica della vecchia donna.
“Signorina, tutto ciò non è divertente. E’…” – Ayumi pensò che tutte le rughe del suo viso dovevano essere state messe in evidenza nell’espressione che sicuramente campeggiava sul suo volto.
“Mia madre ne è già a conoscenza. Ti chiedo solo di non dirlo ancora a mio padre. E’ così geloso…” – concluse con un sorriso affettuoso.
“Signorina Ayumi…”
“Oggi il tempo è magnifico…” – decise di provare a cambiare argomento – “Il cielo azzurro è bello e gli alberi sono al massimo del loro splendore.”
L’anziana donna le chiese stupita se riuscisse a vederli realmente.
“Poco, ma oggi mi sento bene. Posso sentire la luce del sole sulla mia pelle, è calda e non sento traccia d’umidità. Riesco a vedere vagamente il terrazzo spendente sotto la luce del sole… l’azzurro bellissimo del cielo… oggi è una giornata splendida.”

“Signorina…” – fu l’unica parola in grado di dire l’anziana governante. Era tanto tempo che non vedeva più un sorriso tanto radioso sul volto della sua amata bambina, ma non poteva evitare di preoccuparsi.
Il suono del citofono che annunciava l’arrivo dell’autista interruppe le sue riflessioni.
“Digli pure che scendo subito.”
“Aspetti, signorina. Vengo con lei…” – provò a dirle la donna.
“No. Non venire. Posso vedere. Va tutto bene, tata. La gente potrebbe iniziare ad insospettirsi se venissi con me.” – la voce melodiosa della ragazza bloccò sul nascere i suoi propositi. Non era mai stata in grado di non accontentarla.
“Ma se dovesse succedere qualcosa, signorina, mi chiami! Verrò subito.” – non poteva fare altro?
Vide lo sguardo della ragazza farsi dolce, pieno di una tenerezza che raramente traspariva.
“Grazie, tata. Grazie per essere qui con me…”
“Ma signorina, questo…”
Vide le sue braccia sottili, rafforzate dai pesanti allenamenti a cui si era sottoposta, allungarsi verso di lei e prenderla in una calda stretta.
“Ti voglio bene, tata.”
Signorina Ayumi…
Come non ricordare tutte le volte in cui la piccola Ayumi l’aveva abbracciata pronunciando quelle parole e chiedendole se aveva visto il suo spettacolo? E ricordava che rispondeva sempre che la sua protetta era stata sicuramente la migliore. Anche in quel momento la commozione la colse facendole venire le lacrime agli occhi.
“Ora vado… va a letto presto stasera, tata…” – il suo saluto fu gioioso.
“Stia attenta! Buona giornata!” – osservando l’auto che si allontanava desiderò che la ragazza raggiungesse la felicità, perché le voleva bene, tanto, fin da quando non era che una bambina.

Nella periferia popolare della città delle voci vivaci si alzarono in quella serena mattina di novembre.
“Non essere tanto lenta, Maya! Bevi velocemente il tuo latte o farai tardi!” – come ogni mattina toccava a Rei spronare la ragazza come avrebbe fatto una madre con un figlio restio ad andare a scuola. Ed il dialogo continuava come d’abitudine.
“Il tuo toast?”
“Lo mangio subito!”
“Il tuo portafoglio?”
“Ce l’ho… vado” – e la vedeva schizzare via per cercare di evitare la ramanzina che sicuramente Kuronuma le avrebbe riservato.
Un pesante sospiro le sfuggì dalle labbra sottili.
“Dèi! Ogni mattina la stessa storia!”
Sayaka comparve alle sue spalle.
“Ti capisco, Rei.” – e dopo un momento d’attesa, mentre entrambe erano affacciate ad osservare l’amica che si allontanava svelta, continuò – “Seriamente… pensi che sarà scelta per interpretare la Dea Scarlatta? Lo spirito del Susino Millenario?”
“Sembra impossibile… è talmente normale!”
“Già…” – nessuna delle due riusciva a capire come avesse fatto quella ragazzina che avevano conosciuto quando aveva solo tredici anni, senza alcuna esperienza di recitazione, ad arrivare a contendersi il ruolo più ambito del teatro giapponese con la famosa Ayumi Himekawa.
Ma… avrebbero realmente dovuto stupirsi? Quante sfide aveva vinto quel piccolo esserino mentre tutti, tranne la signora Tsukikage e lo sconosciuto ammiratore, scommettevano che avrebbe perso?

Maya correva. Sapeva che tutte le mattine rischiava di fare tardi, ma una volta arrivata in sala prove nulla aveva più importanza. Il tempo si fermava e si rendeva conto che la sera giungeva solo perché i suoi compagni di lavoro se ne andavano.
Già quando usciva di casa iniziava a pensare alla giornata che sarebbe venuta, ad alcuni elementi dell’opera o del suo personaggio. I suoi pensieri erano quasi esclusivamente per il teatro. Quasi, perché Masumi si contendeva ormai da tempo il primato nella sua mente, dopo aver raggiunto quello nel suo cuore.
Quella mattina la giovane era concentrata su alcune battute che racchiudevano in sé il significato del ‘nome’.
Isshin chiedeva ad Akoya cosa pensasse del suo nome ed Akoya, semplicemente, rispondeva:
“Qualunque sia il tuo nome, tu sei sempre tu…una persona non trae origine dal proprio nome… in questo mondo, solo gli umani hanno un nome.”
“E’ perché altrimenti gli uomini non sarebbero in grado di chiamarsi l’un l’altro.”
“I gatti ed i cani non si chiamano per nome. Sai perché, caro? Tanto tanto tempo fa, quando anche gli uomini erano dèi, essi potevano comunicare senza dire nulla… bastava pensare all’altro. Non serviva un nome, bastava la propria realtà ed i propri sentimenti. Come ci chiamiamo non ha importanza… solo pensando all’altro con tutto il tuo cuore sarai in grado di comunicare realmente… non è così, caro?”

Riuscì a saltare sul treno della metro poco prima che partisse dalla stazione. Nel breve tragitto che la separava dallo studio la sua mente fu affollata dal ricordo di quelle battute. Stava ormai per scendere quando colse i discorsi di due ragazzi che si stavano recando a scuola. Sembrava una conversazione adatta a farla riflettere perché se si fossero esclusi i nomi propri, sarebbe risultata incomprensibile.
Il ‘nome’ era un concetto difficile da comprendere, ma Maya sapeva che sul palcoscenico non avrebbe recitato. Su quel palcoscenico avrebbe vissuto come Akoya e avrebbe pensato al suo Isshin. Il pensiero di Masumi, la metà della sua anima, era sempre nel suo cuore. Riusciva veramente a comunicargli tutti i suoi sentimenti, ora che si erano trovati. A pensarci bene, Masumi le aveva sempre letto nell’anima. Ogni volta che l’incontrava si comportava come Maya aveva bisogno che si comportasse: se si sentiva insicura o depressa, con mille attenzioni nascoste le faceva tornare il buonumore; se era in ansia, con il suo sarcasmo la mandava talmente in bestia da farle dimenticare tutto il resto. Solo quando doveva comprendere i suoi reali sentimenti era caduto in fallo: in quel caso, però, ella stessa aveva tardato a manifestarglieli in modo inequivocabile. Li aveva tenuti chiusi nel cuore, inviandogli sempre e solo segnali contraddittori.

Come tutto il resto della capitale giapponese, anche la Daito era ormai da qualche ora nel pieno della sua attività. Gli uffici brulicavano di impiegati affaccendati, i corridoi erano affollati da continui andirivieni, i telefoni squillavano ininterrottamente. Erano quasi le dieci del mattino, quando Saeko Mitsuki ricevette una chiamata inaspettata. Professionale come sempre, non lasciò trasparire alcuna emozione e mise in attesa il suo interlocutore per avere modo di informarsi con il suo capo.
Masumi Hayami era giunto il ufficio con un buonumore che negli ultimi giorni lo accompagnava spesso. La settimana prima era stata segnata da un’evoluzione meravigliosa del suo rapporto con Maya: si erano incontrati, avevano parlato, l’aveva abbracciata e baciata e… sì avevano compiuto impensabili passi avanti anche in altri ambiti. Uno sciocco sorriso comparve sul suo volto, il sorriso che poteva permettersi esclusivamente quando era da solo.
Mentre rovistava in alcuni documenti, le sue riflessioni furono interrotte dallo squillo del telefono.
“Mi dica, signorina Mitsuki.”
“Signore, ho Aki Mikami in linea che desidera fissare un appuntamento con lei. Cosa devo rispondere?” – la voce della sua segretaria manifestava un’insolita preoccupazione.
“L’argomento?”
“Ecco… Il suo matrimonio ed il suo rapporto con Maya Kitajima e la Dea Scarlatta.”
Dopo una risata sarcastica l’uomo le rispose di fissarglielo prima possibile, ché aveva intenzione di togliersi quanto prima almeno quella, di spina dal fianco.
“E’ stato diretto, non trova signorina?” – chiese con l’alone di un sorriso sulle labbra.
“Molto diretto. E’ degno della sua fama. Sarà uno scontro tra titani!” – anche la donna aveva un sorriso sulla labbra, ma il suo era di anticipazione, come il ghigno del predatore che vede la preda cadere nella sua trappola.
“Signorina, ha per caso una strana predilezione per il sangue?”
“No, ma adoro osservare il confronto tra due persone con innato talento dissimulatorio.” – fu la risposta concisa.
La donna lo chiamò dopo pochi istanti per informarlo che l’appuntamento era stato fissato per quello stesso pomeriggio.
Avevano scherzato su quell’intervista, ma Mitsuki aveva ragione: avrebbe avuto bisogno di tutta la sua abilità per evitare che il giornalista si avvicinasse troppo alla verità.

Il giornalista in questione chiuse la chiamata soddisfatto. Si aspettava di dover attendere dei giorni, invece era riuscito a fissare l’intervista per il quello stesso pomeriggio: la segretaria aveva tenuto a precisare che il signor Hayami avrebbe avuto poco tempo da dedicargli, ma che, in considerazione della sua fama e delle sue capacità, aveva voluto incontralo subito.
Nelle varie riflessioni che accompagnarono il colloquio telefonico, l’uomo si chiese addirittura se il presidente della casa di produzione non fosse tanto ansioso di vederlo perché aveva saputo da Shiori del loro incontro. Scacciò quasi subito una tale eventualità, aiutato dal ricordo degli occhi di ossidiana della donna.

Alla compagnia Ondine, Ayumi si esercitava proprio sulle battute su cui Maya si stava interrogando. Kei Akame la guardava rapito.
Ayumi recitava. Recitava ma non capiva cosa diceva. Il suo sguardo ed il suo sorriso erano dolci mentre raccontava ad Isshin che gli dèi non avevano bisogno di chiamarsi per nome, ma bastava semplicemente pensarsi intensamente. Tuttavia, la sua mente ed il suo cuore erano vuoti.
Come poteva essere possibile comunicare senza la parola, senza chiamarsi per nome?! Alla fine della scena, avvicinò una ragazza dello staff chiedendole se avesse capito cosa intendesse veramente Akoya con le battute che aveva pronunciato nei minuti precedenti.
“Il significato delle battute? E’ difficile da dire. Cose come comunicare senza parole o chiamarsi senza nome o la presenza degli dèi nel vento, nel fuoco, nella terra… onestamente non sembrano reali. Ma… siccome è Akoya a dirlo e Akoya è l’incarnazione della Dea, allora deve essere giusto, no?”
“E’ così dunque? Grazie.” – e si voltò tornando al centro della scena.
Aveva in mano un leggero telo di spugna con cui di tanto in tanto si detergeva il sudore dalla fronte.
Era chiaro. Nei suoi panni, neanche Ayumi avrebbe compreso quelle parole e quei concetti. Aveva preteso di comprenderle e le aveva recitate di conseguenza, ma non era sufficiente! Quando era sul palcoscenico, doveva essere quella che conosceva il significato profondo delle battute, che altrimenti, perdevano gran parte della loro eloquenza.
Non posso diventare Akoya.
Quella conclusione la spaventò.

“Stop!”
Kuronuma interruppe la scena che i suoi due attori protagonisti stavano provando. Era soddisfatto: sia Maya che Sakurakoji avevano dato prova di grande affiatamento, talento e capacità espressiva, tanto che anche i loro compagni li stavano ammirando.
Vide Sakurakoji alzarsi dal palco di prova ed allontanarsi, senza neanche degnare la sua compagna di uno sguardo. Pensava che i loro problemi si fossero risolti, visto che aveva notato una certa distensione tra loro negli ultimi giorni. Cosa era dunque successo? Voleva scoprirlo, decise quindi di seguire il ragazzo sul terrazzo.
“Come ti senti, Sakurakoji? Come va la tua gamba?” – l’aveva detto in modo pacato, perché si rendeva conto da solo che il suo stato di salute stava migliorando, ma voleva iniziare il discorso da un terreno poco pericoloso.
“Molto meglio... mi spiace averla fatta preoccupare. Penso che presto sarò in grado di camminare senza stampelle...”
“Questo va bene, ma... cos’è successo tra te e Maya Kitajima? Dopo il tuo incidente recitate in modo strano...” – sapeva benissimo cosa c’era effettivamente stato o, almeno, lo immaginava. Solo voleva capire come stava il ragazzo e da cosa dipendevano alcuni suoi mutamenti.
“Niente.” – fu la risposta scontata. Sembrava però che il giovane attore volesse proseguire – “Da quando ho avuto l’incidente, ho capito quanto sia importante per me il teatro.”
Il regista l’aveva visto stringere il pugno inconsciamente. Lo sguardo era determinato, fisso in un punto lontano.
“Non importa cosa succederà, io interpreterò Isshin. Ho capito che non voglio farmi lasciare indietro da Maya sul palcoscenico. Prima di essere amici, siamo rivali! E’ solo questo!”
“Rivali?” – chiese l’uomo – “E’ la sola ragione?”
“Cosa?” – si sentì domandare.
“E’ veramente tutto qui?” – insistette.
“Sì!” – ne era veramente convinto. Forse, dopotutto, aveva voltato pagina.
“E’ così dunque...” – sospirò – “Va bene... non perdere il tuo spirito... il tempo è magnifico oggi... sarebbe il massimo se alla rappresentazione di prova accadesse lo stesso.”
Stettero un po’ in silenzio, entrambi persi nei loro pensieri.
Alla fine il regista si voltò verso il ragazzo e gli consigliò semplicemente:
“Sakurakoji, goditi un po’ di più il palcoscenico... se non lo farai, perderemo la dimostrazione di prova.” – il tono era stato mite, ma anche categorico. Il giovane dovette avvedersene perché chiese cosa intendesse dire.
“Perché pensi che la signora Tsukikage abbia scelto quella stazione abbandonata per la rappresentazione? Prova a pensare all’origine... all’origine della recitazione...”
Vide gli occhi del giovane spalancarsi e decise di spronarlo con un ultimo commento.
“La tua rivale, Maya Kitajima, l’ha già capito. Non con la testa, ma con questo!” – e si indicò il cuore con un pollice.
Ciò detto, si girò e se ne andò lasciandolo di nuovo solo.
 
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fufu1973
view post Posted on 9/9/2012, 11:35




ECCOMI ci sono anche io!! Sono arrivata al capitolo 11, mi sta catturando tantissimo, come ha potuto sfuggirmi questa storia?
Complimenti, Tenshina!!!
Mi sta piacendo veramente tanto, scrivi molto bene, la storia è credibile le sensazioni avvolgenti, bella bella!!!
Anche il cambiamento di Shiori non l'ho trovato forzato per quanto repentino, ci stà! Dopo un tentato siucidio credo che sia inevitabile che ci si guradi dentro e ci si riaffacci alla vita con occhi nuovi e la sincerità e l'affetto di Masumi l'hanno aiutata!!!!
Non vedo l'ora di proseguire nella lettura, me li divorerò questi capitoli che mancano!!!!
Oggi è domenica e avrò tempo per proseguire nella lettura, non escludo che entro stasera sarò all'ultimo capitolo scritto e ad aspettare impaziente che tu posti il successivo!! Almeno spero!!! :D
 
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fufu1973
view post Posted on 9/9/2012, 16:28




Giunta all'ultimo capitolo scritto!!!!!!
Complice un temporale e il GP1 che ci ha tenuti in casa me la sono divorata!!!
Che bella!!
La parte di Maya e Masumi nello studio mi ha emozionato tantissimo!! :wub:
Penso che quando si parla di storie d'amore così intense non si possa non comprendere anche il sesso, l'amore travolgente lo chiede, lo brama!
Penso che non sia sicuramente facile raccontare certe scene, immagino la difficoltà della scrittrice, ma tu Tenshi ci sei riuscita benissimo, è stato dolce, appassionante, per niente volgare, meraviglioso! Non vedo l'ora di vederli ad Izu!
Era da tanto che non leggevo storie sul prosieguo della storia di Maya e Masumi e il tuo mi piace molto!
Come vorrei che la Miuchi si decida una buona volta a concludere questa storia, è veramente snervante quest'attesa!
 
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view post Posted on 10/9/2012, 14:45
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Stregone/Strega quasi professionista

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:D :D
Sono proprio felice che ti sia aggiunta al seguito della storia Fulvia!
Non importa che tu sia arrivata in "ritardo", l'importante è che ti piaccia!
Devo trascrivere il prossimo capitolo... e poi pubblico!
Grazie ancora!
 
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view post Posted on 12/9/2012, 16:43
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Stregone/Strega quasi professionista

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Ecco qua il nuovo capitolo, come promesso.

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CAPITOLO 19
Masumi si stava preparando all’intervista ipotizzando le varie domande che Mikami avrebbe potuto porgli e predisponendo mentalmente le risposte adeguate quando la sua segretaria ne annunciò l’arrivo. Le disse di farlo attendere un paio di minuti e di farlo entrare subito dopo.
Si accomodò meglio nella poltrona in pelle della sua scrivania, prese una delle sue sigarette ed iniziò quella nuova sfida. Non aveva mai incontrato il giornalista, quindi la vista di quell’uomo dagli abiti sportivi, con i capelli scuri lunghi fino alle spalle e la barba fintamente incolta lo stupì. Non era comune osservare una tale mise nel mondo professionale nipponico dove il completo scuro dominava indiscutibilmente. Comprese come una tale abitudine derivasse dai suoi lavori all’estero: negli scenari ‘caldi’, l’importante è la comodità e praticità del vestiario, non certo la sua apparente eleganza. Lo vide avanzare con passo sicuro fino al centro della stanza ponendosi di fronte alla sua scrivania e togliendosi al contempo gli occhiali scuri. Masumi si alzò e gli tese la mano, lasciando che la sigaretta bruciasse indisturbata sul bordo del posacenere di cristallo.
Entrambi si accomodarono.
“Allora, mi dica pure.” – non doveva avere più di quarant’anni visto che vi era solo un lieve accenno di rughe sul suo volto, forse derivante più dalla vita all’aria aperta che dall’età.
“Mi chiedevo… Come è andato l’incontro di venerdì con le due candidate al ruolo della Dea Scarlatta?”
E’ partito subito in quarta.
“Vuole sapere qualcosa in particolare? Capirà che la maggior parte delle informazioni sono abbastanza riservate… Sa, la concorrenza è spietata.” – aveva risposto in tono calmo e aveva approfittato dell’argomento per dirgli che non gli avrebbe raccontato quasi nulla (in effetti c’era ben poco da raccontare ad un giornalista, visto che con Ayumi si era trattato di un appuntamento fatto di convenevoli e con Maya…).
“Mi interessa sapere di che umore erano le due candidate e come si sono poste nei suoi confronti.”
“Mi faccia pensare… Ayumi Himekawa è stata molto sicura di sé e disponibile. L’ho trovata molto determinata.”
“E Maya Kitajima? So che l’appuntamento con lei si è protratto molto più a lungo. Ha incontrato dei problemi?”
“Problemi? No, non direi. E’ stata più malleabile rispetto alle altre volte…” – Mikami vide un leggero sorriso aleggiare beffardo sulle labbra dell’uomo. Sembrava divertirsi.
“Avete forse già preso accordi?”
“No. E’ prematuro, non pensa anche lei? Il mondo del teatro è molto superstizioso.”
“Allora perché le ha incontrate?” – effettivamente Mikami non capiva quelle incongruenze.
“Per rendere ben chiaro alle due attrici e alla concorrenza che la Daito è in prima posizione per la rappresentazione del capolavoro scomparso. E’ un messaggio che deve essere chiaro a tutti!” – lo sguardo e la voce dell’uomo si erano fatti taglienti. Ora iniziava a capire perché lo ritenessero un freddo affarista senza scrupoli.
“Come definirebbe il suo rapporto con Maya Kitajima? I vostri scontri sono famosi…”
“Come ha detto lei, i nostri scontri sono famosi. E’ tutto alla luce del sole, cos’altro c’è da aggiungere?” – ecco da chi aveva imparato Shiori a rispondere in quel modo irritante. Decise che non valeva la pena puntualizzarlo per il momento e proseguì con l’intervista.
“Ha ragione. Ma vede… Contrariamente ai miei colleghi, sono convinto che lei non la veda come un’avversaria… o un ostacolo.” ¬– vide comparire un lampo di curiosità nel suo sguardo indifferente e capì che si era avvicinato.
“Cosa glielo fa credere? Ho ostacolato la sua prima compagnia teatrale e l’ho fatta fallire. Ho stracciato il contratto che la legava alla Daito. L’ho ridicolizzata in pubblico più di una volta. Come può pensare che io non la veda come un’avversaria o, al massimo, come fonte di guadagno e divertimento?” – il giornalista vide i suoi occhi color cobalto, tanto strani per un giapponese soprattutto se coniugati ai capelli biondi, farsi più scuri. Il presidente aveva ripreso a fumare la sigaretta che sembrava essere stata dimenticata fino a quel momento. Doveva interpretare tutto come un segno di nervosismo?
“Tutto vero. Ma sempre lei ha assunto alla Daito la sua insegnante, dandole una fonte di reddito adeguata dopo che era finita sul lastrico. Ha provveduto a curare il suo precario stato di salute. Ha stracciato il contratto che legava la giovane alla Daito perché, se non ricordo male, se l’avesse rescisso la stessa Maya Kitajima avrebbe dovuto pagare una penale che l’avrebbe indebitata per il resto della sua vita. Infine, ho notato che ogni volta che la strapazza la stampa fa pubblicità gratuita agli spettacoli di cui è protagonista. Siccome non è conosciuto per essere un ingenuo, ho considerato che il suo obiettivo non sia quello di ostacolarla, ma quello di favorirla.” – Hayami lo aveva guardato con occhi socchiusi e poi era scoppiato in una risata divertita quanto sarcastica.
“Mi sta dicendo che, secondo la sua teoria, avrei una predilezione per lei?”
“Lo sta dicendo lei. Io me lo sono solo chiesto.”
“Allora le posso rispondere solo che Maya Kitajima ha un grande talento e la ritengo una delle future gemme della mia casa di produzione. E… Se mi sta per chiedere il motivo per cui l’ho liberata dall’impegno con la Daito, se era così che la pensavo, le posso rispondere che, per esperienza, preferisco collaborare con persone convinte di ciò che stanno facendo. Maya Kitajima non lo era.”
Aki lo ammirò. Era stato in grado di mantenere il suo sangue freddo: certo, nulla confutava la versione che gli stava raccontando, ma il giornalista sentiva a pelle che doveva esserci dell’altro oltre all’interesse meramente professionale.
“Quindi i vostri dissapori sono una montatura?” – la domanda sorgeva spontanea.
Un’altra boccata di fumo e Masumi Hayami si alzò dalla scrivania per affacciarsi alla grande vetrata. Gli diede le spalle per alcuni secondi, poi si girò e rispose:
“Le ho forse dato a intendere questo? La signorina Kitajima non mi sopporta. E’ un dato di fatto. Quello che lei vede e che i giornali scrivono è realtà.” – una mano era stretta dietro la schiena, il suo portamento era fiero ed il suo viso non lasciava trasparire alcuna emozione. Il giornalista riusciva quasi a comprendere come la sua freddezza e la sua capacità di calcolo fossero divenute leggende. Aveva ammesso di ammirare la giovane attrice, ma allo stesso modo aveva dichiarato che quel sentimento non era reciproco.
“Non la sopporta nemmeno dopo che la signorina Takamiya le ha parlato?”
Masumi non poteva sostenere di divertirsi. Il dialogo con il giornalista poteva rivelarsi disastroso se l’uomo avesse avuto intenzione di pubblicare tutto quanto si erano detti prima che il tempo fosse compiuto. Ammettere di ammirare Maya Kitajima, di aver agito per favorirla fomentando la stampa si discostava troppo dall’immagine che si era creato. Doveva arginare i danni: quell’uomo era veramente troppo intuitivo.
“Shiori è stata molto utile in questo frangente. Grazie a lei sono riuscito a discutere in modo relativamente pacato con la signorina venerdì scorso, come ricordava anche lei poco fa.” – e così aveva ulteriormente avvalorato la tesi sull’incontro tra Shiori e Maya. Pensava ormai di essere su un terreno meno pericoloso avendo sviato l’argomento, quando la domanda successiva lo spiazzò:
“Utile? E’ questo che è la signorina Takamiya per lei?”
Masumi era rimasto fino a quel momento in piedi con le spalle rivolte alla finestra. Alla sua domanda si riposizionò alla poltrona, lo guardò fisso negli occhi, intrecciò le mani davanti a sé e, sfoderando il suo miglior sorriso da affarista senza scrupoli, rispose:
“Anche! E’ la mia fidanzata. E’ normale che sia così, no?” – era dura fingere in quel modo, ma doveva farlo. Il giornalista aveva ormai avuto parecchi contatti con gli attori in gioco in quella faccenda e doveva essere coerente il più possibile con quanto il grande pubblico si aspettava da lui.
“Beh, un uomo normale la considererebbe da un punto di vista esclusivamente romantico.” – l’uomo accentuò particolarmente l’ultima parola.
“Ma io non mi trovo in una posizione normale. Devo per forza avere una donna utile al mio fianco!” – e sfoderò un altro dei suoi sorrisi indisponenti.
Notò che lo sguardo del giornalista si era fatto scuro. Masumi non si aspettava una reazione tanto accentuata da parte sua e se ne chiese la ragione.
“E pensare che la signorina Takamiya nutre profondi sentimenti di stima ed affetto nei suoi confronti…”
Masumi non sapeva se sostenere lo stesso o continuare a puntare sulla dura immagine che aveva provato a costruire.
“Potrei dirle che anche per me è lo stesso…” – la scelta di quelle parole doveva dare a Mikami a conferma che il loro era solo un matrimonio d’interesse. Sapeva di star percorrendo un terreno minato, ma sapeva anche che, in caso di necessità avrebbe potuto sfruttare le informazioni che stava dando al giornalista a proprio vantaggio. Se si fosse reso necessario, al momento dell’annuncio della cancellazione del matrimonio, Mikami avrebbe potuto scrivere che i due non si volevano piegare ad un matrimonio d’interesse. Sarebbe andato bene anche se l’avesse dipinto come tutti gli altri facevano. Tuttavia, non si spiegava quello strano attaccamento che il giornalista manifestava in relazione al suo matrimonio ed alla sua fidanzata. Avrebbe voluto scoprirne la ragione.
“Potrebbe dirlo… ma non lo dirà, da quanto ho capito.” – l’affermazione giunse secca.
“No, non lo dirò.” – e non aggiunse altro, aspettando la sua prossima mossa.
Si fronteggiarono per alcuni secondi, divisi solo dall’imponente scrivania. La sigaretta era ormai spenta da un pezzo, Masumi conservava il suo sorriso beffardo mentre osservava il suo interlocutore stringere contrariato la penna che aveva in mano.

Il giornalista non capiva come una donna come Shiori Takamiya si fosse potuta innamorare di un simile elemento. Era indisponente, presuntuoso e dal cuore gelido. Cosa vi aveva visto per poter provare sentimenti tanto profondi?
Non riusciva a capirlo ed allo stesso tempo era sempre più determinato nella sua decisione di provare a conquistarla: forse i sentimenti che la donna aveva manifestato sarebbero mutati: era abbastanza comune che quelle che si credevano emozioni profonde si rivelassero alla fine superficiali.
Il ricordo del bacio che si erano scambiati ne era una testimonianza.
“Come ha fatto a convincere la signorina Takamiya ad intraprendere la sua attività?”
“E come ha fatto lei a scoprire che la mia fidanzata si sta muovendo in tal senso?”
Sì, alla fine gli dirò che non mi piace proprio questo maledetto vizio.
Per ora rispose solo:
“Facciamo uno scambio. Lei risponderà alla mia domanda ed io risponderò alla sua.”
Vide l’uomo scrollare leggermente le spalle come se in realtà fosse del tutto disinteressato alla sua risposta. Quella vista lo rafforzò nel suo intento.
“Shiori voleva dedicarsi a qualcosa che non fosse la sola organizzazione del suo matrimonio. Così gliel’ho suggerito e lei ne è stata entusiasta.” – si interruppe per poi aggiungere – “Non so quanto durerà il suo interesse, ma comunque… mi dica invece, come fa lei a saperlo?”
Ogni parola in più che sentiva uscire dalla sua bocca lo irritava. Come poteva un uomo solo avere tanta spocchia?
“Ho incontrato questo sabato la signorina Takamiya. Abbiamo avuto una conversazione molto piacevole.” – cercò di essere anche leggermente ammiccante, accompagnando la frase con un leggero sorriso.
“Non mi ha detto nulla…”
“Non è obbligata a dirle tutto, non le pare? Avrà preferito tenere per sé alcuni particolari.”
“Può fare certamente come vuole.”
“Allora…” – era giunto il momento di lanciare la sfida – “se provassi a portargliela via, lei sarebbe libera di venire con me?”

Ecco dove voleva andare a parare. L’intervista era stata semplicemente una scusa. Masumi non sapeva cosa fosse successo nei due incontri che c’erano stati tra Aki Mikami e Shiori (di uno ignorava perfino l’esistenza!) ma la donna doveva aver fatto colpo.
Non poteva esserne più felice. Mikami era più simile a lui di quanto desse a vedere. Anche lui quando inquadrava un rivale sentiva il bisogno di conoscerlo. Sulle informazioni che ne ricavava basava tutta la sua strategia.
Decise di conservare la sua maschera: non poteva certo alzarsi in piedi e stringergli la mano per congratularsi! Non c’era nulla di definito… non ancora.
“Lei può provare a fare quel che vuole… ma non è detto che ci riesca..:”
“Ho degli indizi che mi fanno supporre il contrario.” – ora era il suo interlocutore ad avere un tono beffardo.
Masumi era divorato dalla curiosità, come lo sarebbero state le vecchie pettegole di un condominio di fronte al sospetto di uno scandalo.
“Faccia come crede.” – e si alzò, tendendogli la mano e segnando così la fine del loro incontro.
Vide Mikami riporre la penna con cui aveva preso ben pochi appunti (altro segno di come l’intervista fosse ‘fasulla’) e prendere la mano che gli porgeva.
“Come ho detto a Shiori, non mi piace che mi si risponda con delle domande. Questo glielo dico nel caso ci incontrassimo ancora.” – e si avviò verso la porta.
Shiori… l’ha chiamata per nome di proposito.
Sull’uscio, una mano ferma sul pomolo, le spalle a Masumi, concluse: “Posso capire come mai si scontri con la signorina Kitajima. Sa essere veramente irritante.”
“Me ne rendo conto! Cerco di fare il possibile!” – gli rispose prima di congedarlo definitivamente.
Era stato un incontro molto interessante e voleva saperne di più. Decise di andare da Shiori: sicuramente avrebbe avuto delle risposte.
Mentre si stava alzando dalla scrivania, entrò bussando la sua segretaria.
“Come è andata?” – chiese.
“E’ un osso duro, come pensavamo. Ma ho motivo di pensare che sia venuto qui più per interesse personale che professionale.”
“Cosa glielo fa credere, signore?”
“Non ho nessuna certezza in proposito, ma mi è sembrato di cogliere una certa predisposizione del signor Mikami per ‘Shiori’…” – rispose, calcando sul nome della giovane come aveva fatto il giornalista.
“Oh…” – disse Mitsuki – “Sarebbe proprio un bel colpo di scena.”
“Lo penso anch’io.”

“Me ne rendo conto! Cerco di fare il possibile!” – quella frase continuava a girargli nella mente. Non poteva credere che fosse l’ammissione da parte di Hayami che i suoi atteggiamenti erano studiati perché avrebbe significato che gran parte delle risposte che aveva ottenute erano false o solamente in linea con il personaggio. Se così fosse stato, solo quella frase scaturiva sinceramente dall’animo di quell’uomo, ma anche quella poteva essere stata lanciata per confonderlo.
Che individuo era Masumi Hayami per essere in grado di fronteggiare un’intervista alla cieca e rispondere in modo fuorviante alle domande?! E se così fosse stato, qual’era la realtà e quale la finzione nel dialogo che avevano avuto?
L’unica cosa si cui era veramente certo era che voleva rivedere Shiori: l’avrebbe chiamata come le aveva promesso.
 
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fufu1973
view post Posted on 12/9/2012, 17:44




Ma come mi è piaciuta quest'intervista, stavano entrambi di "punta" come due avvoltoi!
Molto sveglio Mikami (Masumi è ineguagliabile ma ha anche più esperienza nell'indossare maschere! ;)) veramente in gamba il ragazzo,me gusta e sono contenta per Shiori, ha conquistato un bel tipo!
CITAZIONE
“Allora…” – era giunto il momento di lanciare la sfida – “se provassi a portargliela via, lei sarebbe libera di venire con me?”

"Ma te la tiriamo dietro bellissimo!" :D
Sono anni che desideriamo vederla mollare l'osso, ci voleva Tenshina per esaudire questo desiderio in maniera così carina e indolore per tutti! :wub:
 
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view post Posted on 12/9/2012, 17:50
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Stregone/Strega quasi professionista

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Grazie Fulvia... a me ha fatto morire dal ridere scrivere

CITAZIONE
Decise di conservare la sua maschera: non poteva certo alzarsi in piedi e stringergli la mano per congratularsi!

 
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