| Forse il cambiamento di Shiori l'ho fatto troppo repentino.. mmm.. avevo questo dubbio, ma ho pensato di farle toccare il fondo per poi farla evolvere veramente. Effettivamente ho messo la quinta... hihi Posto il prossimo capitolo, spero ti piaccia.
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CAPITOLO 9
Aveva cominciato a piovere. Fortunatamente era uscita con il suo piccolo ombrello, altrimenti le fredde gocce l’avrebbero colta nel bel mezzo della sua passeggiata serale. Aveva iniziato mesi addietro a dedicare del tempo ai propri pensieri e, quando non rientrava troppo stanca dalle prove, se ne usciva di casa in solitudine e perlustrava i dintorni. Le piaceva osservare la gente e cercare di cogliere dei segnali che potessero testimoniare quale era stata la loro giornata. Vagava per le vie della periferia e si perdeva negli sguardi di coloro che incrociava: il vecchio che aveva bighellonato tutto il giorno dietro ai nipoti; la massaia che aveva provveduto alle faccende di casa; la giovane in carriera sempre al telefono; alcuni liceali che vagavano alla ricerca di un diversivo; l’uomo che tornava dal lavoro in qualche cantiere. Poi, quando era stanca, tornava a casa. Quella sera si perse anche dietro ai propri pensieri. L’incontro con la signorina Shiori l’aveva tranquillizzata: sembrava stare bene nonostante la rottura del fidanzamento ed era stata veramente gentile con lei. Ma… Maya voleva rivedere Masumi! I ricordi dei suoi abbracci e dei suoi baci non l’abbandonavano mai: le morbide labbra che le assaggiavano la pelle, gli occhi ardenti che la divoravano, le grandi mani che la stringevano, il suo solido petto che l’accoglieva. Si avvicinò a casa sotto la pioggia battente: la visibilità era ridotta al minimo. La leggera pioggerella si era trasformata quasi in un acquazzone. Poteva vedere solo le sagome indistinte degli edifici che costeggiavano la strada lievemente illuminata dai lampioni. Era arrivata quasi al suo caseggiato, quando si rese conto che davanti al marciapiede era parcheggiata un’automobile e, appoggiato ad essa, stava la figura alta di un uomo che non sembrava rendersi conto della pioggia che veniva giù dal cielo. Lo riconobbe subito. Solo Masumi aveva quell’imponenza. Solo lui poteva starsene fermo nella pioggia con lo sguardo fisso… verso la sua finestra? Sorrise nel buio. Era veramente venuto a trovarla, ma era arrivato talmente tardi da pensare che stesse dormendo, così la stava contemplando da lontano come aveva sempre fatto. Gli si avvicinò e lo coprì col suo ombrello. “Non avresti dovuto lasciarmi il tuo impermeabile. Sei bagnato fradicio…” – gli disse dolcemente.
Il suo sguardo si abbassò nel momento stesso in cui vide le fragole sull’ombrello sopra di lui, riconoscendo l’accessorio che aveva caratterizzato la più bella passeggiata nella neve che fosse in grado di ricordare. Aveva pensato che dormisse, invece eccola lì, di fianco a lui, con il braccio teso a coprirlo, mentre la pioggia cadeva sui suoi capelli e sulle sue spalle ora privi di protezione. Tese la mano e le accarezzò la guancia. La vide piegare leggermente il capo per accogliere il suo tocco. “Mi sei mancata, ragazzina. Pensavo stessi dormendo…” “Sono uscita a fare una passeggiata” – gli si avvicinò lentamente. Ora quasi si sfioravano ed entrambi erano sotto l’ombrello – “Vorresti entrare? Potresti scaldarti, Rei non c’è.” L’uomo si abbassò lentamente ad assaggiarle le labbra. La baciò brevemente e le sussurrò piano: “Ne sei sicura? Potrei non resisterti!” – come gli piaceva farla arrossire. Le sue parole le avevano infiammato il viso, riusciva a scorgerlo anche nella penombra in cui si trovavano. Fu lui invece a restare spiazzato perché la sua innocente risposta gli sciolse il cuore – “E io potrei non volerti resistere…” Subito si rese conto dell’implicazione di quella frase perché aggiunse, come a cambiar discorso: “Ti prego, entra. Non ho molto da offrirti, ma almeno potremo passare del tempo insieme” – e si alzò sulle punte dei piedi per donargli un altro piccolo bacio. Si avviarono verso la porta salendo velocemente le scale: la mano di lei stretta in quella grande dell’uomo. Quei momenti passati insieme rappresentavano un tesoro per entrambi, troppo increduli ancora per ammettere che la loro felicità sarebbe stata possibile. Maya schiavò velocemente l’uscio e gli fece posto nel piccolo atrio. Dopo aver riposto l’ombrello all’ingresso gli fece strada nel soggiorno. La stanza, già modesta di suo, sembrò minuscola con l’imponente presenza di Masumi. Il giovane seguì interessato i veloci movimenti di Maya. La vide correre al termostato per accendere il riscaldamento, al bagno per riporre ciò che era rimasto fuori posto, in cucina per mettere a scaldare l’acqua per il tè. Ogni tanto gli lanciava un’occhiata di scuse perché lo lasciava da solo ed un ampio sorriso di gratitudine per averlo lì. Alla fine di tutti i suoi traffici, gli si accostò e gli disse: “Vuoi farti una doccia? Arrivo dal vicino e prendo in prestito qualcosa che ti si possa adattare…” – non aveva finito di parlare che le gote, ancora una volta, le si imporporarono. Masumi, al centro del soggiorno, con la camicia appiccicata addosso, i pantaloni resi più scuri dalla pioggia, i capelli biondi splendenti come grano maturo, le sorrise grato e si lasciò condurre in una piccola stanza divisa dal bagno vero e proprio da una porta scorrevole. Rimasto solo, udì chiudersi la porta d’ingresso e si accinse a spogliarsi. Nel frattempo, osservava il delicato ambiente in cui si trovava: gli asciugamani in freschi colori pastello, i cestini di pout-pourri posti sopra i due mobiletti, le piccole saponette colorate. Aprì l’acqua e dopo qualche secondo arrivò quella calda. Il getto contribuì a riscaldarlo, dopo la pioggia che, battendogli addosso, l’aveva raffreddato. Dopo qualche minuto sentì aprire piano la porta dell’antibagno, per poi sentirla chiudere subito dopo: sorrise immerso nel vapore, ché immaginava il volto arrossato della sua ragazzina mentre si forzava ad appoggiargli i capi di vestiario nella piccola stanza.
Dall’altra parte del piccolo appartamento, Maya camminava frenetica da un lato all’altro della cucina. Aveva bussato alla porta del vecchio Tsunuma che aveva aperto dopo qualche momento di attesa. L’aveva guardata stralunato, come se l’avesse destato dal sonno. “Mi scusi se la disturbo a quest’ora, signor Tsunuma…” “No, Maya, non preoccuparti! Mi ero solo appisolato davanti alla televisione… Ah! Non ci sono più i programmi di una volta! Quando ero giovane io, di televisori ce n’erano pochi: ci si riuniva a casa di chi l’aveva e si stava tutti in silenzio ad ascoltare cosa aveva da dire quella scatola magica…” – poi dovette notare l’impazienza della giovane perché aggiunse – “Ma dimmi pure, cara. Di cosa hai bisogno?” “Ecco… un mio… amico… è venuto a trovarmi. Solo che non ero in casa e si è bagnato sotto la pioggia. Non avrebbe qualcosa da darmi in prestito fino a che i suoi abiti non saranno asciutti?” La pioggia scendeva copiosa, ticchettando sulla tettoia. Maya attendeva la risposta dell’uomo non senza imbarazzo ché nel suo animo sapeva quanto poco reggesse quella scusa. Infatti vide arcuarsi le sopracciglia bianche e cespugliose, la bocca rugosa stendersi in un sorriso malizioso ed il vecchio rispondere: “Un amico… certo! Ora ti prendo subito qualcosa!” – si girò e scomparve in casa ridacchiando beatamente. Le aveva portato un sacchetto di carta con dentro un kimono leggero, forse uno yukata. L’aveva ringraziato, sempre sottostando al suo sguardo indagatore, e poi era corsa via. Tornata a casa aveva dovuto fare i conti con il suo imbarazzo: sarebbe dovuta entrare nell’antibagno mentre Masumi era nella doccia. Rimase immobile davanti alla porta per pochi lunghi minuti, mentre udiva lo scrosciare dell’acqua. L’immagine dell’uomo a pochi metri da lei, nella sua doccia, che usava il suo sapone e si muoveva nel suo piccolo bagno, la stava mandando nel panico. Aveva poggiato la mano sulla maniglia e, velocemente, era entrata, aveva lasciato lo yukata sul mobiletto ed era uscita. Pensava freneticamente mentre toglieva l’acqua bollente da sopra i fornelli: negli ultimi due giorni aveva agognato rivedere Masumi, ma mai si sarebbe aspettata di accoglierlo in casa tanto presto. Doveva calmarsi! Non si era mai sentita tanto sconvolta in sua presenza come in quell’occasione. Respirò profondamente e portò le mani giunte al petto. Volse lo sguardo sopra la credenza ed osservo una sua foto: stava interpretando Puck, il folletto, ed aveva una rosa scarlatta in bocca, una di quelle che il suo ammiratore le aveva recapitato prima dell’ultima replica. Allora non sapeva ancora chi fosse in realtà e, ora, aveva anche scoperto che l’amava, ma ancora non si era rivelato. La giovane aveva deciso di aspettare perché non sapeva quali fossero i pensieri dell’uomo in proposito. Ancora non riusciva a comprendere tutti i meandri del suo carattere e dei suoi pensieri: non per niente aveva impiegato anni a scoprire chi si celava dietro l’ombra scarlatta del suo ammiratore. Con la foto in mano, Maya non si avvide dell’alta figura che la raggiunse. Con delicatezza si sentì avvolgere nel suo abbraccio, mentre una dolce e bassa voce raggiunse il suo cuore insieme al suo orecchio: “Ti ho già detto quanto mi sei mancata in questi due giorni?” “Mi sei mancato anche tu…” – posò la foto e si girò nel suo abbraccio, affondando il volto nel suo petto caldo ed unendo le mani dietro la sua schiena. Nei recessi della sua mente, Maya comprese che solo il sottile velo di stoffa la separava dalla sua pelle serica. Arrossì, ma non si allontanò. Rimasero in quella posizione per alcuni minuti, come se entrambi sperassero che il flusso del tempo si fermasse. Masumi ogni tanto le accarezzava la schiena, un passaggio leggero della mano lungo la spina dorsale. Maya rispondeva con deliziosi brividi e dolci sospiri. Ad un certo punto Masumi si riscosse, come se avesse ricordato qualcosa d’importante. La scostò leggermente, guardandola con tenerezza, fissandone gli occhi limpidi e languidi. “Domani sarete convocati dall’Associazione Nazionale dello Spettacolo a visitare il luogo in cui si terrà la rappresentazione dimostrativa della Dea Scarlatta… ci sarà anche Ayumi ed i componenti della sua squadra. Sarà indetta una conferenza stampa. Fa del tuo meglio!” “E tu? Tu ci sarai?” – gli chiese solo la ragazza, come dimentica della notizia che aveva ricevuto. “No! E’ meglio che io resti nell’ombra. Non voglio attirare troppo l’attenzione.” “Oh…” – quel monosillabo, pronunciato in tono tanto deluso lo fece sorridere. Decise di punzecchiarla perché non poteva vederla con quello sguardo triste negli occhi. “Chi avrebbe mai detto che ti saresti dispiaciuta dal non potermi incontrare!” L’effetto fu immediato: dal giovane volto scomparve la tristezza e si affacciò l’indignazione. “Non sei per niente carino, Masumi! Certo che sarei felice di vederti!” – poi resasi conto che l’uomo la guardava ancora con dolcezza, capì di essere caduta nel tranello che le aveva teso – “Non è giusto! Ancora ti nascondi dietro l’ironia ed il sarcasmo per gestire le mie reazioni! Quando verrai allo scoperto?!” La domanda, pronunciata in tono neutro, nascondeva per Maya ben altri significati, ma Masumi non poteva saperlo, visto che rispose: “Amor mio, dovrai educarmi tu ad essere più trasparente con te! Ho passato la vita cercando di nascondere sentimenti ed espressioni: non è facile poter tornare ad essere semplicemente se stessi.” Maya comprese le sue parole e lo sguardo le si offuscò. Era stata veramente tanto triste la sua vita? Decise di cambiare argomento, si diresse al piccolo angolo cottura dove l’acqua calda aspettava e preparò il tè. Lo servì al kotatsu, dove si sedettero vicini. L’uomo l’aveva osservata per tutto il tempo: si era reso conto di averla rattristata, ma ormai aveva deciso di non nasconderle più nulla: non il suo passato, non i suoi desideri ed i suoi sogni, non la sua doppia identità. Era deciso a rivelarle tutto, perché aveva fiducia in lei, nei suoi sentimenti e nel suo cuore. Le avrebbe detto tutto, a tempo debito. Inginocchiandosi, pensò che era tanto che non indossava più uno yukata. La stoffa leggera si chiudeva a malapena sul petto. Aveva osservato la reazione di Maya a quella vista. Sorrise tra sé: forse non era l’unico a dover combattere contro il proprio desiderio. Sarebbe stata dura, ma doveva resisterle. Non era ancora il momento: le aveva promesso un invito a Izu privo di ostacoli e così sarebbe stato. Non era sufficiente che il fidanzamento fosse stato sciolto: doveva muoversi anche nei confronti di suo padre. “Come è andata oggi con Shiori?” Maya lo guardò stupefatta: “Ma allora sapevi?! Non ti si può nascondere niente…” “Ero fuori, ma non potevo accompagnarla. Non volevo metterti in imbarazzo, né, credo, di essere più in grado di esserti indifferente, se ti ho vicina.” “Oh…” – arrossì sentendosi estasiata dalle sue parole e poi continuò – “è andata molto bene. Si è scusata per tutto: l’assegno, l’anello e l’abito da sposa. Poi mi ha detto che il vostro fidanzamento era stato sciolto e che me lo diceva perché era convinta che io non ti odiassi veramente.” “E’ stata molto perspicace…” – non aveva altro da aggiungere, ché non si aspettava tanto dalla sua ex-fidanzata. Maya, posta alla sua destra, lo guardò titubante, con un timido sorriso che le aleggiava sulle labbra rosse: “Perché non puoi più essermi indifferente?” La voce dell’uomo si fece carica di desiderio all’istante: “Ti rendi conto di stare scherzando con il fuoco? Ogni volta che ti incontro il mio bisogno di averti vicina cresce.” – si avvicinò a lei e le si parò di fronte in ginocchio, prendendole le mani tra le sue – “Ogni volta che ti bacio non posso fare a meno di desiderare di poter continuare all’infinito!” – le bocche si avvicinarono agognanti – “Ogni tuo brivido è un richiamo a cui non posso non rispondere!” – le labbra infine si incontrarono e solo i loro nomi sfuggirono ai loro sospiri. Si cercarono, con le mani che vagavano sulle schiene, con le labbra che si divoravano a vicenda, con le lingue che imbastivano un sensuale duello. I volti accaldati, le guance arrossate, si scostarono appena: gli occhi si incontrarono, uniti dal desiderio reciproco, videro le proprie anime desiderarsi. “Come è possibile che tu ami me? Sei così bello! Così gentile!” – Era la prima volta che Maya si perdeva in un chiaro apprezzamento nei suoi confronti. Lo rese felice. Lentamente Maya abbassò il volto fino a sfiorare con le sue soffici labbra il piccolo lembo di pelle nuda del petto dell’uomo. Lo sentì trattenere il respiro: “Ogni volta che ti penso, mi sento mancare; quando ho creduto che non saresti mai stato mio, mi è sembrato di morire. E poi, sulla crociera, quando ho capito, il mio cuore è esploso!” Le sue labbra si spostarono lasciando una leggera scia di baci fino al collo. Masumi era immobile, sopraffatto da quel tenero assalto. Presto non sarebbe stato più in grado di controllarsi, ma voleva godere ancora un po’ delle sue attenzioni. La strinse, un braccio intorno alla vita, l’altro a sorreggerle la nuca: erano lì, l’uno di fronte all’altra, in ginocchio, i loro corpi tanto vicini da sembrarne uno solo. Sicuramente Maya doveva aver notato il cambiamento nel corpo dell’uomo, ma non sembrava preoccupata, né spaventata: si fidava ed egli non l’avrebbe tradita, non più. Masumi sentì le piccole mani farsi strada sul suo petto, fino a cingergli il collo: quanto era bello essere accarezzati con tanta dolcezza! Ancora per qualche minuto si baciarono appassionatamente, muovendo le labbra fin dove potevano arrivare. Le mani di Masumi erano strette alla vita di Maya ed ogni tanto i suoi pollici salivano ad accarezzarle la linea del piccolo seno. L’uomo sapeva che doveva fermarsi. Doveva perché non era ancora il momento, perché era presto, perché Maya non sapeva ancora tutto. Lentamente rallentò il ritmo dei baci. Sentì la sua compagna protestare debolmente. “Non tentarmi ancora, Maya. Sono solo un uomo…” “Ma…” “Fidati di me, non è ancora il momento. Non tutto è pronto. Ci sono ancora questioni che devo risolvere per poter essere completamente libero…” Maya gli si accoccolò addosso, le braccia che gli cingevano la vita, il volto affondato nel petto nudo, i lunghi capelli a coprirgli le mani sulla schiena: “Non vorresti almeno farmi compagnia stanotte?” La strinse più forte, fino a farle mancare il respiro. “Vorrei… non puoi neanche immaginare quanto sogno anche solo di dormire con te… ma credo sia meglio che… torni in albergo” – pronunciò quelle ultime parole come se avesse finito le sue forze. “Non a Villa Hayami?” – gli domandò stupita. “L’ho lasciata dopo la crociera. E’ una delle questioni che devo risolvere!” “Quando potremo rivederci?” – la domanda le sgorgò prepotentemente dal cuore e gli occhi le si inumidirono perché già presagiva il distacco. “Presto! Te lo prometto!” Masumi si ritirò nel bagno dove aveva lasciato gli abiti ad asciugare. Si cambiò velocemente e tornò nel soggiorno dove trovò la ragazza intenta a riordinare. Vicino all’ingresso si abbracciarono un’ultima volta, poi, come a volerle movimentare la nottata, le disse prima di aprire la porta: “Penso che Kuronuma ci abbia scoperti…” – le sorrise birichino ed uscì nella notte. Maya restò a guardare la porta chiusa come inebetita ed arrossì quando comprese cosa implicavano le sue parole.
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