Incontri, FF ispirata a GnK

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view post Posted on 15/3/2012, 20:26
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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Io ancora non riesco a credere che Shiori sia...rinsavita... :huh: Speriamo che a Masumi non piaccia troppo, questa nuova versione! No, scherzo. Non vedo l'ora di leggere il seguito e vedere come risolverai l'aspetto commerciale della vicenda. E' un ideale prosieguo della storia originale! Brava! :wub:
 
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view post Posted on 26/3/2012, 17:07
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Stregone/Strega quasi professionista

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Forse il cambiamento di Shiori l'ho fatto troppo repentino.. mmm.. avevo questo dubbio, ma ho pensato di farle toccare il fondo per poi farla evolvere veramente. Effettivamente ho messo la quinta... hihi
Posto il prossimo capitolo, spero ti piaccia.

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CAPITOLO 9

Aveva cominciato a piovere. Fortunatamente era uscita con il suo piccolo ombrello, altrimenti le fredde gocce l’avrebbero colta nel bel mezzo della sua passeggiata serale. Aveva iniziato mesi addietro a dedicare del tempo ai propri pensieri e, quando non rientrava troppo stanca dalle prove, se ne usciva di casa in solitudine e perlustrava i dintorni. Le piaceva osservare la gente e cercare di cogliere dei segnali che potessero testimoniare quale era stata la loro giornata. Vagava per le vie della periferia e si perdeva negli sguardi di coloro che incrociava: il vecchio che aveva bighellonato tutto il giorno dietro ai nipoti; la massaia che aveva provveduto alle faccende di casa; la giovane in carriera sempre al telefono; alcuni liceali che vagavano alla ricerca di un diversivo; l’uomo che tornava dal lavoro in qualche cantiere. Poi, quando era stanca, tornava a casa.
Quella sera si perse anche dietro ai propri pensieri. L’incontro con la signorina Shiori l’aveva tranquillizzata: sembrava stare bene nonostante la rottura del fidanzamento ed era stata veramente gentile con lei. Ma… Maya voleva rivedere Masumi! I ricordi dei suoi abbracci e dei suoi baci non l’abbandonavano mai: le morbide labbra che le assaggiavano la pelle, gli occhi ardenti che la divoravano, le grandi mani che la stringevano, il suo solido petto che l’accoglieva.
Si avvicinò a casa sotto la pioggia battente: la visibilità era ridotta al minimo. La leggera pioggerella si era trasformata quasi in un acquazzone. Poteva vedere solo le sagome indistinte degli edifici che costeggiavano la strada lievemente illuminata dai lampioni.
Era arrivata quasi al suo caseggiato, quando si rese conto che davanti al marciapiede era parcheggiata un’automobile e, appoggiato ad essa, stava la figura alta di un uomo che non sembrava rendersi conto della pioggia che veniva giù dal cielo. Lo riconobbe subito. Solo Masumi aveva quell’imponenza. Solo lui poteva starsene fermo nella pioggia con lo sguardo fisso… verso la sua finestra? Sorrise nel buio. Era veramente venuto a trovarla, ma era arrivato talmente tardi da pensare che stesse dormendo, così la stava contemplando da lontano come aveva sempre fatto.
Gli si avvicinò e lo coprì col suo ombrello.
“Non avresti dovuto lasciarmi il tuo impermeabile. Sei bagnato fradicio…” – gli disse dolcemente.

Il suo sguardo si abbassò nel momento stesso in cui vide le fragole sull’ombrello sopra di lui, riconoscendo l’accessorio che aveva caratterizzato la più bella passeggiata nella neve che fosse in grado di ricordare. Aveva pensato che dormisse, invece eccola lì, di fianco a lui, con il braccio teso a coprirlo, mentre la pioggia cadeva sui suoi capelli e sulle sue spalle ora privi di protezione.
Tese la mano e le accarezzò la guancia. La vide piegare leggermente il capo per accogliere il suo tocco.
“Mi sei mancata, ragazzina. Pensavo stessi dormendo…”
“Sono uscita a fare una passeggiata” – gli si avvicinò lentamente. Ora quasi si sfioravano ed entrambi erano sotto l’ombrello – “Vorresti entrare? Potresti scaldarti, Rei non c’è.”
L’uomo si abbassò lentamente ad assaggiarle le labbra. La baciò brevemente e le sussurrò piano:
“Ne sei sicura? Potrei non resisterti!” – come gli piaceva farla arrossire. Le sue parole le avevano infiammato il viso, riusciva a scorgerlo anche nella penombra in cui si trovavano. Fu lui invece a restare spiazzato perché la sua innocente risposta gli sciolse il cuore – “E io potrei non volerti resistere…”
Subito si rese conto dell’implicazione di quella frase perché aggiunse, come a cambiar discorso:
“Ti prego, entra. Non ho molto da offrirti, ma almeno potremo passare del tempo insieme” – e si alzò sulle punte dei piedi per donargli un altro piccolo bacio.
Si avviarono verso la porta salendo velocemente le scale: la mano di lei stretta in quella grande dell’uomo. Quei momenti passati insieme rappresentavano un tesoro per entrambi, troppo increduli ancora per ammettere che la loro felicità sarebbe stata possibile.
Maya schiavò velocemente l’uscio e gli fece posto nel piccolo atrio. Dopo aver riposto l’ombrello all’ingresso gli fece strada nel soggiorno. La stanza, già modesta di suo, sembrò minuscola con l’imponente presenza di Masumi. Il giovane seguì interessato i veloci movimenti di Maya. La vide correre al termostato per accendere il riscaldamento, al bagno per riporre ciò che era rimasto fuori posto, in cucina per mettere a scaldare l’acqua per il tè. Ogni tanto gli lanciava un’occhiata di scuse perché lo lasciava da solo ed un ampio sorriso di gratitudine per averlo lì.
Alla fine di tutti i suoi traffici, gli si accostò e gli disse:
“Vuoi farti una doccia? Arrivo dal vicino e prendo in prestito qualcosa che ti si possa adattare…” – non aveva finito di parlare che le gote, ancora una volta, le si imporporarono.
Masumi, al centro del soggiorno, con la camicia appiccicata addosso, i pantaloni resi più scuri dalla pioggia, i capelli biondi splendenti come grano maturo, le sorrise grato e si lasciò condurre in una piccola stanza divisa dal bagno vero e proprio da una porta scorrevole.
Rimasto solo, udì chiudersi la porta d’ingresso e si accinse a spogliarsi.
Nel frattempo, osservava il delicato ambiente in cui si trovava: gli asciugamani in freschi colori pastello, i cestini di pout-pourri posti sopra i due mobiletti, le piccole saponette colorate. Aprì l’acqua e dopo qualche secondo arrivò quella calda.
Il getto contribuì a riscaldarlo, dopo la pioggia che, battendogli addosso, l’aveva raffreddato. Dopo qualche minuto sentì aprire piano la porta dell’antibagno, per poi sentirla chiudere subito dopo: sorrise immerso nel vapore, ché immaginava il volto arrossato della sua ragazzina mentre si forzava ad appoggiargli i capi di vestiario nella piccola stanza.

Dall’altra parte del piccolo appartamento, Maya camminava frenetica da un lato all’altro della cucina. Aveva bussato alla porta del vecchio Tsunuma che aveva aperto dopo qualche momento di attesa. L’aveva guardata stralunato, come se l’avesse destato dal sonno.
“Mi scusi se la disturbo a quest’ora, signor Tsunuma…”
“No, Maya, non preoccuparti! Mi ero solo appisolato davanti alla televisione… Ah! Non ci sono più i programmi di una volta! Quando ero giovane io, di televisori ce n’erano pochi: ci si riuniva a casa di chi l’aveva e si stava tutti in silenzio ad ascoltare cosa aveva da dire quella scatola magica…” – poi dovette notare l’impazienza della giovane perché aggiunse – “Ma dimmi pure, cara. Di cosa hai bisogno?”
“Ecco… un mio… amico… è venuto a trovarmi. Solo che non ero in casa e si è bagnato sotto la pioggia. Non avrebbe qualcosa da darmi in prestito fino a che i suoi abiti non saranno asciutti?”
La pioggia scendeva copiosa, ticchettando sulla tettoia. Maya attendeva la risposta dell’uomo non senza imbarazzo ché nel suo animo sapeva quanto poco reggesse quella scusa. Infatti vide arcuarsi le sopracciglia bianche e cespugliose, la bocca rugosa stendersi in un sorriso malizioso ed il vecchio rispondere: “Un amico… certo! Ora ti prendo subito qualcosa!” – si girò e scomparve in casa ridacchiando beatamente.
Le aveva portato un sacchetto di carta con dentro un kimono leggero, forse uno yukata. L’aveva ringraziato, sempre sottostando al suo sguardo indagatore, e poi era corsa via.
Tornata a casa aveva dovuto fare i conti con il suo imbarazzo: sarebbe dovuta entrare nell’antibagno mentre Masumi era nella doccia. Rimase immobile davanti alla porta per pochi lunghi minuti, mentre udiva lo scrosciare dell’acqua. L’immagine dell’uomo a pochi metri da lei, nella sua doccia, che usava il suo sapone e si muoveva nel suo piccolo bagno, la stava mandando nel panico.
Aveva poggiato la mano sulla maniglia e, velocemente, era entrata, aveva lasciato lo yukata sul mobiletto ed era uscita.
Pensava freneticamente mentre toglieva l’acqua bollente da sopra i fornelli: negli ultimi due giorni aveva agognato rivedere Masumi, ma mai si sarebbe aspettata di accoglierlo in casa tanto presto.
Doveva calmarsi! Non si era mai sentita tanto sconvolta in sua presenza come in quell’occasione.
Respirò profondamente e portò le mani giunte al petto.
Volse lo sguardo sopra la credenza ed osservo una sua foto: stava interpretando Puck, il folletto, ed aveva una rosa scarlatta in bocca, una di quelle che il suo ammiratore le aveva recapitato prima dell’ultima replica. Allora non sapeva ancora chi fosse in realtà e, ora, aveva anche scoperto che l’amava, ma ancora non si era rivelato. La giovane aveva deciso di aspettare perché non sapeva quali fossero i pensieri dell’uomo in proposito. Ancora non riusciva a comprendere tutti i meandri del suo carattere e dei suoi pensieri: non per niente aveva impiegato anni a scoprire chi si celava dietro l’ombra scarlatta del suo ammiratore.
Con la foto in mano, Maya non si avvide dell’alta figura che la raggiunse. Con delicatezza si sentì avvolgere nel suo abbraccio, mentre una dolce e bassa voce raggiunse il suo cuore insieme al suo orecchio:
“Ti ho già detto quanto mi sei mancata in questi due giorni?”
“Mi sei mancato anche tu…” – posò la foto e si girò nel suo abbraccio, affondando il volto nel suo petto caldo ed unendo le mani dietro la sua schiena. Nei recessi della sua mente, Maya comprese che solo il sottile velo di stoffa la separava dalla sua pelle serica. Arrossì, ma non si allontanò.
Rimasero in quella posizione per alcuni minuti, come se entrambi sperassero che il flusso del tempo si fermasse. Masumi ogni tanto le accarezzava la schiena, un passaggio leggero della mano lungo la spina dorsale. Maya rispondeva con deliziosi brividi e dolci sospiri.
Ad un certo punto Masumi si riscosse, come se avesse ricordato qualcosa d’importante. La scostò leggermente, guardandola con tenerezza, fissandone gli occhi limpidi e languidi.
“Domani sarete convocati dall’Associazione Nazionale dello Spettacolo a visitare il luogo in cui si terrà la rappresentazione dimostrativa della Dea Scarlatta… ci sarà anche Ayumi ed i componenti della sua squadra. Sarà indetta una conferenza stampa. Fa del tuo meglio!”
“E tu? Tu ci sarai?” – gli chiese solo la ragazza, come dimentica della notizia che aveva ricevuto.
“No! E’ meglio che io resti nell’ombra. Non voglio attirare troppo l’attenzione.”
“Oh…” – quel monosillabo, pronunciato in tono tanto deluso lo fece sorridere. Decise di punzecchiarla perché non poteva vederla con quello sguardo triste negli occhi.
“Chi avrebbe mai detto che ti saresti dispiaciuta dal non potermi incontrare!”
L’effetto fu immediato: dal giovane volto scomparve la tristezza e si affacciò l’indignazione.
“Non sei per niente carino, Masumi! Certo che sarei felice di vederti!” – poi resasi conto che l’uomo la guardava ancora con dolcezza, capì di essere caduta nel tranello che le aveva teso – “Non è giusto! Ancora ti nascondi dietro l’ironia ed il sarcasmo per gestire le mie reazioni! Quando verrai allo scoperto?!”
La domanda, pronunciata in tono neutro, nascondeva per Maya ben altri significati, ma Masumi non poteva saperlo, visto che rispose:
“Amor mio, dovrai educarmi tu ad essere più trasparente con te! Ho passato la vita cercando di nascondere sentimenti ed espressioni: non è facile poter tornare ad essere semplicemente se stessi.”
Maya comprese le sue parole e lo sguardo le si offuscò. Era stata veramente tanto triste la sua vita? Decise di cambiare argomento, si diresse al piccolo angolo cottura dove l’acqua calda aspettava e preparò il tè. Lo servì al kotatsu, dove si sedettero vicini.
L’uomo l’aveva osservata per tutto il tempo: si era reso conto di averla rattristata, ma ormai aveva deciso di non nasconderle più nulla: non il suo passato, non i suoi desideri ed i suoi sogni, non la sua doppia identità. Era deciso a rivelarle tutto, perché aveva fiducia in lei, nei suoi sentimenti e nel suo cuore. Le avrebbe detto tutto, a tempo debito.
Inginocchiandosi, pensò che era tanto che non indossava più uno yukata. La stoffa leggera si chiudeva a malapena sul petto. Aveva osservato la reazione di Maya a quella vista. Sorrise tra sé: forse non era l’unico a dover combattere contro il proprio desiderio.
Sarebbe stata dura, ma doveva resisterle. Non era ancora il momento: le aveva promesso un invito a Izu privo di ostacoli e così sarebbe stato. Non era sufficiente che il fidanzamento fosse stato sciolto: doveva muoversi anche nei confronti di suo padre.
“Come è andata oggi con Shiori?”
Maya lo guardò stupefatta: “Ma allora sapevi?! Non ti si può nascondere niente…”
“Ero fuori, ma non potevo accompagnarla. Non volevo metterti in imbarazzo, né, credo, di essere più in grado di esserti indifferente, se ti ho vicina.”
“Oh…” – arrossì sentendosi estasiata dalle sue parole e poi continuò – “è andata molto bene. Si è scusata per tutto: l’assegno, l’anello e l’abito da sposa. Poi mi ha detto che il vostro fidanzamento era stato sciolto e che me lo diceva perché era convinta che io non ti odiassi veramente.”
“E’ stata molto perspicace…” – non aveva altro da aggiungere, ché non si aspettava tanto dalla sua ex-fidanzata.
Maya, posta alla sua destra, lo guardò titubante, con un timido sorriso che le aleggiava sulle labbra rosse:
“Perché non puoi più essermi indifferente?”
La voce dell’uomo si fece carica di desiderio all’istante:
“Ti rendi conto di stare scherzando con il fuoco? Ogni volta che ti incontro il mio bisogno di averti vicina cresce.” – si avvicinò a lei e le si parò di fronte in ginocchio, prendendole le mani tra le sue – “Ogni volta che ti bacio non posso fare a meno di desiderare di poter continuare all’infinito!” – le bocche si avvicinarono agognanti – “Ogni tuo brivido è un richiamo a cui non posso non rispondere!” – le labbra infine si incontrarono e solo i loro nomi sfuggirono ai loro sospiri.
Si cercarono, con le mani che vagavano sulle schiene, con le labbra che si divoravano a vicenda, con le lingue che imbastivano un sensuale duello.
I volti accaldati, le guance arrossate, si scostarono appena: gli occhi si incontrarono, uniti dal desiderio reciproco, videro le proprie anime desiderarsi.
“Come è possibile che tu ami me? Sei così bello! Così gentile!” – Era la prima volta che Maya si perdeva in un chiaro apprezzamento nei suoi confronti. Lo rese felice. Lentamente Maya abbassò il volto fino a sfiorare con le sue soffici labbra il piccolo lembo di pelle nuda del petto dell’uomo. Lo sentì trattenere il respiro: “Ogni volta che ti penso, mi sento mancare; quando ho creduto che non saresti mai stato mio, mi è sembrato di morire. E poi, sulla crociera, quando ho capito, il mio cuore è esploso!”
Le sue labbra si spostarono lasciando una leggera scia di baci fino al collo. Masumi era immobile, sopraffatto da quel tenero assalto.
Presto non sarebbe stato più in grado di controllarsi, ma voleva godere ancora un po’ delle sue attenzioni. La strinse, un braccio intorno alla vita, l’altro a sorreggerle la nuca: erano lì, l’uno di fronte all’altra, in ginocchio, i loro corpi tanto vicini da sembrarne uno solo. Sicuramente Maya doveva aver notato il cambiamento nel corpo dell’uomo, ma non sembrava preoccupata, né spaventata: si fidava ed egli non l’avrebbe tradita, non più.
Masumi sentì le piccole mani farsi strada sul suo petto, fino a cingergli il collo: quanto era bello essere accarezzati con tanta dolcezza!
Ancora per qualche minuto si baciarono appassionatamente, muovendo le labbra fin dove potevano arrivare. Le mani di Masumi erano strette alla vita di Maya ed ogni tanto i suoi pollici salivano ad accarezzarle la linea del piccolo seno. L’uomo sapeva che doveva fermarsi. Doveva perché non era ancora il momento, perché era presto, perché Maya non sapeva ancora tutto.
Lentamente rallentò il ritmo dei baci. Sentì la sua compagna protestare debolmente.
“Non tentarmi ancora, Maya. Sono solo un uomo…”
“Ma…”
“Fidati di me, non è ancora il momento. Non tutto è pronto. Ci sono ancora questioni che devo risolvere per poter essere completamente libero…”
Maya gli si accoccolò addosso, le braccia che gli cingevano la vita, il volto affondato nel petto nudo, i lunghi capelli a coprirgli le mani sulla schiena:
“Non vorresti almeno farmi compagnia stanotte?”
La strinse più forte, fino a farle mancare il respiro.
“Vorrei… non puoi neanche immaginare quanto sogno anche solo di dormire con te… ma credo sia meglio che… torni in albergo” – pronunciò quelle ultime parole come se avesse finito le sue forze.
“Non a Villa Hayami?” – gli domandò stupita.
“L’ho lasciata dopo la crociera. E’ una delle questioni che devo risolvere!”
“Quando potremo rivederci?” – la domanda le sgorgò prepotentemente dal cuore e gli occhi le si inumidirono perché già presagiva il distacco.
“Presto! Te lo prometto!”
Masumi si ritirò nel bagno dove aveva lasciato gli abiti ad asciugare. Si cambiò velocemente e tornò nel soggiorno dove trovò la ragazza intenta a riordinare.
Vicino all’ingresso si abbracciarono un’ultima volta, poi, come a volerle movimentare la nottata, le disse prima di aprire la porta:
“Penso che Kuronuma ci abbia scoperti…” – le sorrise birichino ed uscì nella notte.
Maya restò a guardare la porta chiusa come inebetita ed arrossì quando comprese cosa implicavano le sue parole.
 
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view post Posted on 2/4/2012, 15:24
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Ed ecco il nuovo capitolo...

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CAPITOLO 10

Masumi tornò in albergo chiedendosi se avesse fatto bene a lasciarla sola: nel suo intimo comprendeva di aver fatto la scelta giusta, ma il suo cuore la bramava. Essere riuscito ad averla tanto vicina, disponibile e desiderabile l’aveva inebriato.
Sorrise perché si stava congratulando con se stesso per essersi controllato e, allo stesso tempo, cercava di convincersi a non invertire il senso di marcia dell’auto in corsa per tornare da dove stava fuggendo.
Rientrò in camera che era passata la mezzanotte: si accinse a dormicchiare fino a che non fosse stato il momento di alzarsi. Sapeva che non sarebbe stato semplice calmarsi. Ripercorse i momenti trascorsi e solo il pensiero che forse Maya stava attraversando le sue stesse emozioni lo aiutò a prendere sonno.

Maya, rimasta nel piccolo appartamento, si sentì triste. E sola. L’abbandono, per quanto necessario, le sembrava insopportabile.
Aveva freddo. Quando si erano abbracciati aveva avvertito il calore inondarle le membra ed il cuore, ma ora che era sola sentiva il gelo nelle ossa. Comprese come non mai di aver bisogno di lui: non avrebbe mai rinunciato, a qualsiasi costo. Avrebbe combattuto contro tutti gli ostacoli che si sarebbero presentati. E… forse… non le sarebbe importato nemmeno che Masumi non si rivelasse per quello che era: il donatore di rose poteva anche continuare a vivere come un gioco misterioso tra loro, se fossero vissuti insieme.

L’alba, bianca e splendente, illuminò il cielo di Tokyo l’indomani, riflettendosi sulle vetrate a specchio dei grattacieli, stendendosi lungo le strade, svegliando pian piano tutta la città. La tempesta era dimenticata.
Masumi, come d’abitudine, si recò a casa di Shiori, ma gli dissero che era uscita e che non sarebbe tornata che nel pomeriggio. Si incuriosì, ma non indagò oltre, felice che la donna stesse finalmente trovando un proprio spazio.
Si diresse pertanto in ufficio. Non aveva senso bighellonare per tutta la mattina. Arrivato alla sede della Daito Art Production, notò gli sguardi stupiti dei suoi dipendenti: era bastato che non si recasse a lavoro per una decina di giorni che già i suoi collaboratori si erano disabituati alla sua presenza.
Salì in ascensore fino all’ultimo piano e salutò una stupita Mitsuki:
“Anche lei è stupita di vedermi? Manco da così tanto tempo, signorina Mitsuki?”
“No, signore. Io non sono stupita dal vederla qui: so quanto è legato all’azienda.”
“E allora cos’erano quegli occhi spalancati all’uscita dall’ascensore?” – voleva proprio sapere cosa aveva da rispondere ora.
Mitsuki, nel suo tailleur beige e dietro i soliti occhiali dalle lenti ambrate, sorrise leggermente e rispose:
“Ero stupita perché non mi è mai capitato di vederle quell’espressione in volto!” – sorrise ancor più soddisfatta perché lo vide tentennare nella sua sicurezza.
Cercando di darsi un contegno, l’uomo ribatté:
“Evito di indagare su quale espressione lei pensi di vedermi in volto. Venga nel mio ufficio, piuttosto, e iniziamo a lavorare.”
“Certo” – e, con un volume di voce più basso, ma non tanto da non essere sentita, aggiunse – “evitiamo pure di indagare!”
“Signorina Mitsuki!” – la richiamò infatti il suo capo.
“Arrivo… arrivo…”

Shiori si era da poco svegliata e preparata per la colazione quando il maggiordomo le passò la chiamata di un giornalista che diceva di aver informazioni importanti di cui voleva discutere con lei.
Prese in mano l’apparecchio telefonico e rispose:
“Sono Takamiya Shiori.”
“Signorina Takamiya, mi chiamo Mikami Aki e lavoro per Cosmopolitan Japan. Avrei bisogno di vederla.”
“A che proposito?”
“Vorrei farle un’intervista sul suo prossimo matrimonio con il produttore Masumi Hayami. La vostra è la coppia dell’anno…”
Shiori rifletté freneticamente! Accettare o no?
Se accettava avrebbe dovuto dare delle informazioni false esponendosi in prima persona e senza parlarne con Masumi, ma non accettare significava instillare il dubbio nella brillante mente di quel giornalista. Lo conosceva di fama: di solito si occupava di inchieste di alto profilo. Era curiosa di capire come mai invece ora si interessasse di un evento mondano come il suo matrimonio.
“Sta bene. Vuol venire a Villa Takamiya?” – sperò vivamente che fosse d’accordo. Speranza vana…
“Che ne direbbe invece se facessimo in un caffè al centro di Shibuya? Ha anche delle salette da tè molto isolate in cui potremo parlare a nostro agio.”
“Benissimo… mi dia pure l’indirizzo. A che ora vogliamo incontrarci?”
“Facciamo alle undici?” – la voce profonda dell’uomo lasciava trasparire un sorriso dall’altra parte del filo. Stava cercando di compiacerla?
Sospirando rispose un “Va bene” e riattaccò senza ulteriori convenevoli.

Dall’altro capo del telefono Aki Mikami sorrise soddisfatto. Non si aspettava una resa tanto veloce da parte della rampolla di casa Takamiya. Negli ultimi mesi aveva lasciato da parte le inchieste a carattere sociale per dedicarsi alla nuova rappresentazione della Dea Scarlatta. Lo stava facendo perché voleva capire il motivo di tanto interesse verso il capolavoro scomparso. Ne erano appassionati l’Associazione Nazionale per lo Spettacolo, tutti i giornalisti e la famiglia Hayami per cui rappresentava una vera e propria ossessione.
Aveva pertanto indagato a fondo tenendosi in secondo piano rispetto ai suoi colleghi specializzati nel mondo dello spettacolo: aveva rovistato negli archivi storici rinvenendo testimonianze e documenti relativi al grande maestro Ichiren Ozaki e alla sua musa Chigusa Tsukikage. Aveva scoperto anche il legame morboso che Eisuke Hayami aveva sviluppato negli anni verso il capolavoro scomparso e la sua prima ed unica interprete. Stava seguendo le due troupe da quando si erano formate e trovava enormemente più stimolante quella di Maya Kitajima, colei che aveva meno probabilità di vincere e che, tuttavia, lottava come una leonessa.
Il giorno prima era capitato di fronte al Kid’s Studio proprio mentre Shiori Takamiya scendeva dall’auto del suo fidanzato. Era rimasto in attesa e l’aveva vista uscire dopo un’ora con un volto più rilassato.
Si era fatto due domande: perché era andata a visitare la troupe di Maya Kitajima e perché Masumi Hayami non era andato con lei. Le liti tra i due erano note (erano giunte perfino alle sue orecchie, pur non essendo del settore): allora per quale motivo la fidanzata di quell’uomo sentiva il bisogno di parlare con la sua avversaria?
Si era incuriosito e, con la scusa del matrimonio, voleva avere notizie di prima mano. Non era vero nemmeno che lavorasse per Cosmopolitan: aveva semplicemente pensato fosse una testata che potesse interessare di più la donna e che fosse più coerente con la scusa del motivo addotto.
Si diresse verso il locale dove le aveva dato appuntamento, soddisfatto di quel primo risultato.

Quando Maya arrivò alla sala prove erano tutti in fermento: evidentemente era giunta la notizia che le aveva anticipato Masumi.
Sakurakoji le si affiancò subito, stupendo la giovane che l’osservò con attenzione. Le stava sorridendo come ai vecchi tempi: possibile?! Si salutarono cordialmente e Kuronuma li raggiunse compiaciuto, notando come il clima tra loro si fosse disteso. Era evidente che avessero ritrovato l’armonia: non poteva esserne che soddisfatto!
“Kitajima, ci hanno appena comunicato che nel pomeriggio ci sarà una conferenza stampa sul luogo che farà da palcoscenico alla rappresentazione di prova. Finalmente avremo modo di verificare con cosa dovremo confrontarci!”
“Maya, sono emozionato! Non vedo l’ora di vedere il teatro!” – Sakurakoji si allontanò entusiasta lasciando una Maya stupita ed un Kuronuma preoccupato. Il regista temeva che non si sarebbero trovati di fronte ad un palcoscenico tradizionale: non ricordava infatti che all’indirizzo che gli era stato fornito sorgesse alcuna struttura teatrale. Con questi pensieri in mente lanciò uno sguardo a Maya, che gli camminava al fianco.
“Perché non sono sorpreso di vedere che la notizia non ti giunge nuova?”
Maya quasi incespicò:
“Ma… ma certo che sono stupita! Forse non l’ho dato a vedere, ma le assicuro che sono molto sorpresa!” – e arrossì fino alla radice dei capelli.
Accidenti Masumi! Non dovevi rivelarmi tutte quelle cose! Lo sai che non riesco a mentire fuori dal palcoscenico!
Infatti Kuronuma, come leggendole nella mente ribadì:
“Tu? Tu fuori dal palcoscenico di solito non riesci a nascondere un bel nulla: stupore… rabbia… amore! – e accelerò il passo lasciandola indietro, sola col suo imbarazzo.
Maya mugugnò qualcosa tra i denti all’indirizzo del suo ‘amore’ e raggiunse gli altri.

L’altra contendente al ruolo di Akoya era in riunione con il regista Onodera ed il suo partner Kei Akame: come la squadra di Kuronuma avevano saputo della conferenza stampa indetta dall’Associazione Nazionale per lo Spettacolo. Erano seduti intorno al tavolo ed erano preoccupati. Con il problema agli occhi di Ayumi, un conto era muoversi in luoghi conosciuti e con persone note, un altro era entrare in un edificio sconosciuto, interfacciarsi con giornalisti e colleghi che non vedevano l’ora di coglierti in fallo.
Onodera ed Akame si guardavano di sottecchi: come avrebbero affrontato l’incontro?
Ayumi interruppe i loro lugubri pensieri:
“Sapevamo che presto sarebbe giunto il momento di metterci alla prova: mi avete vista anche in luoghi pubblici. Non ci saranno problemi. Sarà un teatro o una sala conferenze come le altre. Basterà rispondere alle domande ed evitare contatti troppo ravvicinati con gli altri. E’ inutile preoccuparsi ora.”
Aveva pronunciato quelle parole con naturalezza, ma non poteva non temere l’incontro con Maya, la sua unica rivale di sempre.
Peter aveva capito la causa del suo strano comportamento: l’unica cosa che la tranquillizzava era che Maya, fuori dal palcoscenico, era sicuramente meno attenta di quanto non lo fosse il fotografo.
Si stupì della frequenza con cui il curioso professionista le veniva in mente: non le era mai successo, neanche quando frequentava assiduamente gli uomini per migliorarsi nella recitazione.

Shiori si fece condurre dall’autista al locale indicato. Entrando chiese del signor Mikami Aki e venne accompagnata verso una zona remota della sala. Aveva preferito indossare un semplice abito dritto di lana verde. Le corte punte dei capelli le sfioravano il collo alto e largo dell’abito ad ogni minimo movimento: era una bella sensazione sentire quel leggero ondeggiare dopo anni di acconciature e capelli lasciati sciolti sulle spalle.
Avvicinandosi al tavolo un uomo si alzò dalla sedia e si tolse gli occhiali da sole che indossava: era alto, forse quanto Masumi, e aveva dei lunghi capelli neri che gli arrivavano alle spalle. La carnagione scura denotava la sua predilezione per il lavoro sul campo piuttosto che per quello d’ufficio. Le strinse la mano in modo deciso, ma con garbo. Il sorriso con cui l’accolse rischiarava i lineamenti duri del volto e metteva in mostra una bella bocca ed una dentatura perfetta.
Si accomodarono al tavolino: si persero inizialmente in alcuni convenevoli in attesa che le loro ordinazioni arrivassero. La donna ne approfittò per osservarlo meglio: dagli articoli che aveva letto si era immaginata un uomo più in là con gli anni, invece Aki Mikami non doveva aver passato ancora i trentacinque. Indossava dei capi semplici, ma di fine manifattura. Si vedeva che era un uomo che curava il suo aspetto pur mantenendo una concreta sobrietà: la leggera barba fintamente incolta completava il quadro.
“Allora signorina Takamiya, come mai è andata a trovare la candidata alla Dea Scarlatta, Maya Kitajima?”

Lo sapeva. Sapeva di aver sferrato un attacco diretto senza nemmeno cercare di circuire la sua preda. Voleva vedere la sua reazione e la tazza del tè bloccata a mezz’aria per un secondo con gli occhi d’ossidiana che si fissavano nei suoi fu un’ottima risposta.
“Cosa c’entra la mia visita alla troupe in gara per la Dea Scarlatta con il mio matrimonio?” – si riprese Shiori.
Aki doveva ammetterlo: forse era un osso più duro di quanto si aspettasse. Immaginava di trovarsi di fronte un’ereditiera ingenua, vissuta nella bambagia, che avrebbe subito inavvertitamente riconosciuto che effettivamente aveva incontrato l’attrice. Invece, si era presentata con un abito elegante ma sobrio, un taglio di capelli nuovo che sembrava mettere in evidenza una determinazione che prima non aveva, uno sguardo deciso ma cortese e… aveva risposto alla sua domanda con un’altra domanda.
“Me lo dica lei!” – insistette l’uomo – “Le liti tra il suo fidanzato e la stage storming Maya Kitajima sono leggendarie. Ieri il suo fidanzato è rimasto in macchina e lei è entrata nella sala prove da sola. Ne è uscita apparentemente sollevata e… vedo che ha anche deciso di dare un taglio con ‘qualcosa’…”

Shiori doveva pensare… ed in fretta. Dalla telefonata di quella mattina non si era aspettata una domanda del genere. Le era parso strano che Aki Mikami stesse lavorando ad un articolo sul suo matrimonio. Evidentemente era stato un trucco per incontrarla. Cosa avrebbe dovuto dire?!
Provò con la strategia della futura moglie che vuole cercare di essere d’aiuto al marito.
“Proprio perché conosce i litigi tra il mio fidanzato e Maya Kitajima dovrebbe capire perché l’ho incontrata!”
“Quindi è vero che ha incontrato l’attrice? Lo ammette?”
“Non vedo perché dovrei tenerlo nascosto.” – aveva abboccato? – “Ho voluto parlarle per vedere se era possibile appianare le divergenze che caratterizzano i loro incontri. Tutto è andato bene ed è per questo che ero sollevata dopo.” – respirò profondamente chiudendo il discorso.

Aki non poteva contraddirla. La sua versione reggeva, ma l’espressione che le aveva letto sul volto il giorno prima ed il suo iniziale stupore gli rivelavano che aveva dovuto trovare una scusa per nascondere il vero motivo dell’incontro. Decise di cambiare argomento, ripromettendosi di verificare la storia alla prima occasione: sarebbe bastato fare la stessa domanda a Maya Kitajima.
“Come vanno i preparativi per il matrimonio ormai prossimo?”
“Le interessa veramente o sta cercando di distrarmi?” – gli chiese senza preamboli.
“Ma lei risponde sempre alle domande ponendo altre domande? Non sa che è scortese?” – le chiese non abbandonando il sorriso sornione.
“E’ mia abitudine farlo quando sento che la mia controparte non è sincera!” – si sentì rispondere in modo schietto.
Quella donna iniziava a piacergli. Non era la bambolina che si era aspettato di incontrare. Peccato fosse fidanzata…

Una risata franca e maschile la sorprese. Quel suono tanto simile alla risata che Masumi riservava ai suoi battibecchi con Maya e che non aveva mai indirizzato a lei durante il loro fidanzamento. Quella risata stranamente la scosse.
Continuarono amichevolmente a consumare la loro ordinazione. Gli argomenti ora sembravano essere più vari: dalla politica alla situazione generale del paese. Fortunatamente le conversazioni che aveva avuto con Masumi l’aiutarono.
Shiori si era sentita a suo agio, talmente tanto che quando si era offerto di accompagnarla a casa non aveva rifiutato. Il tragitto in macchina fu piacevole. Iniziò veramente ad apprezzare la sua compagnia.
Mentre scendeva dall’auto, l’uomo le afferrò saldamente la mano trattenendola nell’abitacolo.
“Non vuole rivelarmi proprio nulla?” – le chiese.
La donna, ancora stupita dal suo gesto, gli disse solo:
“L’unica cosa che posso prometterle è che se ci sarà un colpo di scena, lei sarà il primo a saperlo. E’ un accordo che le può andar bene?”
“Solo se mi promette che ci rivedremo!” – il rossore alle guance dovette fargli sapere che quella proposta non la lasciava indifferente, pertanto sfilò la mano dalla sua stretta e rientrò velocemente in casa ancora emozionata per quel contatto e quell’approccio inaspettati.

Aki Mikami rimase ad osservarla mentre rientrava in casa incuriosito da quella reazione inattesa.
 
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view post Posted on 26/4/2012, 18:11
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Laura... posto il capitolo successivo ma devo recuperare una settimana della tua favolosa storia... Sto correndo a destra e a manca in questo periodo e non ho tempo per niente.. accidentaccio!!! Il capitolo l'avevo scritto da due settimane e non riuscivo neanche a metterlo giù in bella copia.

______________________________________

CAPITOLO 11
Mikami attese la conferenza stampa del pomeriggio andando a pranzare nei pressi della vecchia stazione dove avrebbe avuto luogo. Si chiedeva come mai l’Associazione Nazionale per lo Spettacolo avesse scelto quella location per inscenare la dimostrazione.
Mentre mangiava, ripensò al piacevole colloquio che aveva intrattenuto con la ricca ereditiera. Non avrebbe mai pensato di trovarsi tanto a proprio agio: le poche occasioni in cui l’aveva scorta da lontano a qualche evento mondano, sola o accompagnata dal fidanzato, gli avevano lasciato l’impressione di una persona affettata, dalla vena istintivamente ipocrita come lo era la maggior parte dei membri dell’alta società qui ella stessa apparteneva. Quel giorno, invece, era stata oltremodo diretta nell’esprimere le proprie posizioni e, nonostante non fosse sicuro della veridicità di quanto aveva sostenuto, aveva colto anche una certa spontaneità nelle sue reazioni. Quella donna avrebbe potuto costituire un enigma e… lo sapeva, gli enigmi gli erano sempre piaciuti.

Shiori rientrò in casa e velocemente, cercando di dimenticare la strana sensazione provata quando Aki Mikami le aveva proposto di rivederlo, cercò di raggiungere telefonicamente Masumi. Il maggiordomo le aveva comunicato che sarebbe tornato nel pomeriggio, ma doveva rintracciarlo prima. Provò alla Daito Art Production. Se non era da lei, sicuramente era andato a lavoro. Le rispose la signorina Mitsuki.

Masumi stava lavorando alacremente per risolvere le ultime questioni in sospeso prima di recarsi a Villa Takamiya quando la chiamata all’interfono lo mise in comunicazione con la sua segretaria.
“Signore, al telefono c’è… la sua fidanzata?”
“Signorina Mitsuki, c’è o non c’è la signorina Takamiya al telefono?”
“C’è la signorina Takamiya al telefono, ma non so se è ancora la sua fidanzata…” – la signorina Mitsuki aveva parlato sottovoce, ma l’uomo colse comunque il sorriso all’altro capo del ricevitore.
“Me la passi… è la mia fidanzata fino all’annuncio ufficiale.”
Prese la chiamata e salutò cordialmente la sua interlocutrice. Contrariamente a quando erano fidanzati, non gli riusciva più tanto difficile rispondere alle sue aspettative. Lo scioglimento del vincolo e la repentina maturazione della donna avevano creato un clima più disteso tra loro.
“Masumi, ho bisogno che tu contatti la signorina Kitajima.”
“Cos’è successo?” – l’uomo si allarmò immediatamente ed il suo stato d’animo trasparì dalla concitazione della sua voce.
“Stamattina un giornalista, Aki Mikami, mi ha contattata per avere un’intervista sul nostro matrimonio. Ho accettato per evitare che gli sorgessero dei dubbi in proposito. Ma era una scusa. Voleva chiedermi come mai fossi andata ad incontrare la signorina Kitajima visto che voi due non andate d’accordo. Ho risposto che, proprio per questo, era mio intento cercare di pacificarvi. Siccome lo conosco di fama, so che il signor Mikami non si affiderà solo alle mie parole, ma cercherà di verificarle. E’ necessario che la signorina Kitajima sia avvisata in proposito.”
“Lo conosco anch’io. So che, stranamente, si sta occupando della ricomparsa sulle scene della Dea Scarlatta. Me ne occupo io, sta tranquilla. Manderò la signorina Mitsuki: non desterà sospetti visto che è stata la sua manager per qualche tempo. Ti ringrazio, Shiori, hai fatto un ottimo lavoro!” – ed era sincero. Non avrebbe potuto sperare in tanto.
“Pensi che la signorina Kitajima le darà retta?” – gli chiese.
“Non ho motivo di dubitarlo: si fida di lei” – Si fida di me…
“Bene” – e dopo un momento aggiunse – “passi a casa questo pomeriggio? Vorrei parlarti di un piccolo progetto che ho in mente da qualche giorno.” – la voce della donna sembrava incerta ed allo stesso tempo emozionata.
“Sì, certamente. Ci vediamo dopo.”
L’uomo chiuse la chiamata, si accese una sigaretta e chiamò la sua collaboratrice.
Mentre le volute di fumo si dispiegavano verso il soffitto come leggeri nastri di sottile raso, Masumi mise al corrente Mitsuki degli ultimi avvenimenti.
“Aki Mikami è un osso duro!” – disse solo alla fine.
“Lo so. E’ per questo che ho bisogno che lei avvisi Maya!”
“Certamente signore. Sono piacevolmente stupita dal cambiamento della signorina Takamiya. E’ molto maturata.”
“Lo credo anch’io. Ha gestito l’intera situazione con molta maestria.” – era vero. Se suo nonno non l’avesse tenuta troppo sotto la sua ala protettrice forse avrebbe potuto sviluppare quel talento già anni addietro.
“Devo dire qualcos’altro a Maya?” – chiese la donna non aspettandosi veramente una risposta.
Una lunga boccata di fumo ed una nuova nuvola si diffuse nell’ambiente prima che l’uomo rispondesse:
“Le dica… che avrei preferito non essermene andato. Lei capirà.” – lo sguardo interrogativo della donna gli confermò invece che, per la sua interlocutrice, la frase restava un mistero. Ma era così che doveva essere.

Saeko Mitsuki non credeva a quello cui stava assistendo: in due settimane vi erano stati dei cambiamenti difficili da ritenere reali. Aveva sempre spronato il suo capo a rivelare i propri sentimenti alla giovane donna e, quando l’uomo l’aveva informata che avrebbe cancellato il suo matrimonio, iniziò a sospettare che le avesse dato retta. In seguito la signorina Takamiya aveva concluso la sua personale caduta verso il fondo tentando il suicidio. Da quello che aveva potuto ascoltare ne era uscita egregiamente.
E ora, quella frase da riferire a Maya: “avrei preferito non essermene andato”.
Da dove? Quando? Cosa era realmente successo tra quei due?
Con quei quesiti che le frullavano nella mente raggiunse il Kid’s Studio appena dopo la pausa pranzo, in tempo per parlare con Maya di quanto accaduto quella mattina.
Entrando, chiese di poter parlare con la ragazza e le indicarono i camerini. Bussò a quello della prima attrice.
“Avanti, è aperto!” – si sentì rispondere.
Socchiuse la porta e chiese:
“Maya, sono la signorina Mitsuki. Posso rubarti un momento?”
Nello specchio vide riflettersi una scintilla nello sguardo della giovane: Saeko Mitsuki voleva dire Daito Art Production e Daito Art Production significava Masumi Hayami.
“Prego, si accomodi signorina Mitsuki. E’ da tanto che non ci si vede. Come mai è qui?” – la domanda era stata posta in modo titubante, in disaccordo con lo sguardo carico di aspettativa della ragazza.
“Il signor Hayami ha un messaggio per te…” – si interruppe un istante per valutare la reazione della sua interlocutrice e poi riprese – “a proposito dell’incontro che hai avuto ieri con la signorina Takamiya.”
Prima che Maya potesse fraintendere spiegò tutta la storia, non senza notare la delusione nei suoi occhi.
Maya ascoltò tutto con grande attenzione e si rese conto della necessità di un’unica versione dei fatti. Si chiese se non fosse il caso di avvisare anche Kuronuma e ne parlò con la donna, sicuramente più avvezza a quelle situazioni.
“Sì, credo sia il caso.” – le rispose infatti – “Ma penso sia meglio che ne parli direttamente tu con lui: non ho voce in capitolo con il tuo regista…”

Maya assentì brevemente con il capo e osservò compita la donna: le era stata vicina nel periodo più brutto della sua vita e, pur da lontano, continuava ad esserle vicina. Sembrava dovesse dirle qualcos’altro ed il suo cuore iniziò a sperare che la sua venuta non fosse stata con il solo scopo di metterla sull’avviso a proposito del giornalista.
“C’è altro?” – chiese incerta.
“Il signor Hayami mi ha pregata di riferirti che… avrebbe preferito non essersene andato… immagino tu sappia cosa intende!”
“Sì, sì, lo so…” – la voce stava cedendo alla commozione. Le guance si erano immediatamente imporporate e gli occhi si erano fatti brillanti.
Se Mitsuki avesse avuto dei dubbi sull’attuale situazione tra Masumi Hayami e Maya Kitajima, quella reazione sicuramente li avrebbe fugati.

Le due troupe giunsero al luogo designato per la rappresentazione dimostrativa.
Tutti rimasero stupiti: non si aspettavano uno scenario tanto apocalittico. Le rovine della stazione, i vecchi binari in disuso da decine d’anni, i detriti sparsi sul suolo. Niente sembrava richiamare neanche lontanamente un palcoscenico. Le reazioni furono diverse: Kuronuma trovò conferma dei suoi sospetti; Maya guardava rapita il paesaggio che le si prospettava davanti agli occhi; Sakurakoji era sconcertato. Dall’altra parte, Onodera e Akame osservavano preoccupati Ayumi vicino a loro: la giovane coglieva solo le ombre sfumate dell’ambiente in cui si trovava.
Tra i detriti vennero fatti accomodare al tavolo della conferenza stampa. Il primo a parlare fu il moderatore. Con voce pacata e professionale precisò che quello sarebbe stato lo scenario della rappresentazione di prova della Dea Scarlatta: sarebbero stati eliminati tutti i detriti e le rovine che potevano considerarsi pericolosi per lo svolgimento dello spettacolo. Quindi, a conti fatti, non ci sarebbero state attrezzature di scena e l’illuminazione sarebbe stata molto limitata. Solo alcuni strumenti di base sarebbero stati ammessi.
La prima domanda naturalmente fu incentrata sul ‘perché’ della scelta di quel luogo. Rispose il presidente dell’Associazione Nazionale per lo Spettacolo: il palcoscenico era stato scelto dalla stessa Chigusa Tsukikage per poter valutare il solo potere interpretativo degli attori.
Allo stupore degli attori e dei registi, il moderatore aggiunse che le due troupe avrebbero avuto un solo giorno ciascuno per provare: il gruppo di Kuronuma il successivo mercoledì, Onodera il venerdì. La rappresentazione di prova era fissata per la domenica. Seguirono le indicazioni su dove sarebbe stato il pubblico e dove invece la zona del palco.
Da quel momento partirono le domande ai protagonisti della contesa. Ayumi, occhi abbassati, sostenne con sicurezza che il luogo non era importante, perché ella era in grado di rappresentare la propria Dea Scarlatta ovunque. Di fronte a tanta sicurezza i giornalisti rimasero affascinati come sempre, tant’è che presero in scarsa considerazione l’opinione di Maya: cosa poteva mai significare che il luogo era interessante e che le ricordava quando da bambina lo scivolo poteva essere un castello o una montagna?! Come poteva ritenere di ‘potersi divertire’ in quella sfida?!
Il fatto poi che Kuronuma avvalorasse la tesi della sua prima attrice non ebbe altro effetto che spostare l’attenzione dei giornalisti verso Onodera. L’uomo, che nel corso degli anni era stato un nemico acerrimo di Maya e della sua maestra, mantenne il suo profilo: cosa mai poteva affermare se non che la grande attrice del passato avesse lanciato una sfida che egli non avrebbe perso?
Infine, l’intervista arrivò a Sakurakoji: viste le sue condizioni fisiche, subito lo paragonarono ad Akame e dettero come scontata la vittoria di quest’ultimo.
Dentro di sé, Sakurakoji sapeva che nulla era deciso perché il suo Isshin avrebbe lasciato tutti senza fiato. Non si sarebbe arreso, qualunque cosa scrivessero di lui i giornalisti. Il fatto poi che in quel frangente Maya gli si fosse aggrappata al braccio era un segnale che la giovane l’avrebbe sostenuto.
Alla fine della conferenza, prima di lasciar liberi i cast, il moderatore chiese alle due protagoniste di stringersi la mano a testimonianza della sfida che si sarebbe consumata da lì a pochi giorni.
Maya si avvicinò decisa ad Ayumi spiazzandola, ché non si aspettava un atteggiamento tanto battagliero. La giovane bionda per evitare di sbagliare a stringerle la mano semplicemente si girò, andandosene.
I giornalisti naturalmente gridarono alla sfida, fomentando gli animi. Non era anche questo il loro compito?
Le dichiarazioni di guerra delle due non furono altro che la naturale conseguenza.
Ayumi non avrebbe voluto reagire in quel modo: Maya era la sua rivale certo, ma era anche l’unica persona che poteva considerare sua vera amica. Rifiutando la sua mano si era assicurata una sfida in cui non avrebbe dovuto temere una performance al di sotto delle sue potenzialità. La giovane ed i suoi compagni si addentrarono tra le rovine, ognuno preoccupato per la prova che l’attendeva. Ayumi girovagava tra i detriti chiedendosi come avrebbe recitato in quell’ambiente, vista anche la condizione dei suoi occhi. Si chiese se sarebbe riuscita. E poi… un leggero alito di vento… i suoi lunghi capelli furono smossi, il suo viso avvertì la carezza dell’aria, una sensazione di familiarità la colse. Sembrava… sì, sembrava il vento della Valle dei Susini. Si volse e con gli occhi della mente vide il ruscello serpeggiare nella valle, le alte cime delle montagne circondarlo sinuose, le anse contorcersi nella vegetazione. Come poteva essere possibile? Poteva veramente trasporre la valle in quel luogo devastato e abbandonato?

Dall’altro lato Sakurakoji assisteva al dialogo tra Maya e Kuronuma. Entrambi sembravano impegnati ad immaginare dove posizionare le varie scene del capolavoro scomparso: il palazzo, il campo di battaglia, il regno degli dèi. Entrambi sembravano divertirsi, mentre il ragazzo faticava a seguirli. Alla fine comprese: era quello il significato della risposta che Maya aveva dato al giornalista. Avrebbero dovuto usare l’immaginazione per interpretare tutto lo spettacolo e proiettare gli spettatori nel loro mondo.
Maya continuava a stupirlo: tutti avevano pensato fosse una risposta priva di senso e di attenzione, invece avrebbe potuto costituire il segreto del successo.
Il suo pensiero corse alla sera prima.
Aveva incontrato Sayuri e ne era rimasto veramente affascinato. Era spigliata, allegra, ma allo stesso tempo era seria. Avevano scherzato per tutta la sera su vari aneddoti che avevano caratterizzato le relative esperienze di vita: niente era come sembrava. L’aveva vista lavorare come cameriera, invece era solo la sua occupazione per mantenersi agli studi di ingegneria. Il percorso sarebbe stato lungo, ma non aveva fretta. Mentre percorrevano lentamente la strada di casa, il ragazzo le chiese di svelargli l’arcano: come era riuscita a ricordare la sua ordinazione. La risata cristallina che aveva caratterizzato i momenti più divertenti della serata anticipò la sua risposta.
“Ancora non ci sei arrivato?” – gli chiese appoggiandosi al portone.
“Effettivamente… no!” – rispose incerto.
Con uno sguardo ammiccante, Sayuri si fece avanti. Con la mano gli prese il giubbetto e gli stampò un tenero bacio sulle labbra.
“Ora hai capito?” – e si dileguò in casa lasciandolo in strada imbambolato.
Era tornato a casa ancora incredulo e si era svegliato euforico la mattina successiva. Stava ancora cercando di capire il suo stesso stato d’animo e faticava a credere che veramente avesse fatto colpo su quella splendida ragazza.

In disparte durante tutta la durata della conferenza stampa Aki assistette stupito all’atteggiamento miope dei suoi ‘colleghi’. Non si spiegava come avessero tanto sottovalutato le risposte di Maya Kitajima e del maestro Kuronuma. I due avevano dato prova già in diverse occasioni di un talento fuori dal comune: le loro affermazioni non dovevano essere trascurate.
Dopo la conferenza stampa aveva atteso che il luogo divenisse meno affollato ed aveva approcciato Maya.
“Signorina Kitajima, le posso porre qualche domanda? Mi chiamo Aki Mikami e sto scrivendo un articolo sulla nuova rappresentazione della Dea Scarlatta!”
La ragazza lo fissò incerta. Sembrava volesse valutarlo.
“Sì… mi dica pure. Anche se non so se le potrei esser d’aiuto. Il signor Kuronuma non gradisce che noi della troupe parliamo con i giornalisti e… di solito le mie risposte non sono molto apprezzate.”
“La capisco perfettamente.” – la rassicurò l’uomo – “Ma mi creda se le dico che, contrariamente ai miei colleghi, ho compreso bene il significato della sua risposta: come quando era bambina, in questo luogo riuscirà ad immaginare anche la Valle dei Sisini e gli altri scenari dello spettacolo. Sono convinto che lei potrà farcela!”
Mikami la osservò prendere consapevolezza del fatto di non star parlando con uno degli avvoltoi che avevano caratterizzato fino ad allora i suoi rapporti con i mass-media.
Le fece quindi la domanda che più gli interessava:
“Mi dica, come mai ieri è venuta la signorina Takamiya a parlare con lei?”
Maya si era avviata verso l’auto di Kuronuma e l’uomo le si era affiancato. Attendendosi quella domanda era stata in grado di non rallentare il passo né di esitare nella risposta.
“Non vedo cosa c’entri. Comunque… la signorina Takamiya era preoccupata che il mio astio nei confronti del signor Hayami potesse nuocergli. Mi ha quindi chiesto se c’era la possibilità di giungere ad un accomodamento. Le ho risposto che i nostri litigi derivavano semplicemente da approcci diversi al mondo del teatro e che stimavo il signor Hayami. Non aveva quindi nulla di cui preoccuparsi.”
Maya era orgogliosa di sé: aveva indossato un’altra maschera, quella dell’attrice famosa ed indifferente.
“Sapeva che il signor Hayami, il fidanzato della signorina Shiori Takamiya, era fuori?”
“No… ma anche l’avessi saputo non sarebbe cambiato nulla.”
Aki Mikami era sconcertato: sapeva che Maya Kitajima era molto spontanea fuori dal palcoscenico, quindi avrebbe dovuto crederle. Tuttavia le era sembrata troppo pronta nelle risposte. Nessuna timidezza le aveva caratterizzate.
Le possibilità erano due: Shiori Takamiya e Maya Kitajima avevano detto la verità oppure avevano trovato il modo per accordarsi e tenere nascosto il vero motivo dell’incontro.
 
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view post Posted on 26/4/2012, 19:25
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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Non preoccuparti, Tenshina, recupera quando ne avrai voglia e il tempo!
Mi ero dimenticata di Ayumi e Sakurakoji! Era troppo bello non ritrovarseli tra i piedi anche in questo frangente...Bel capitolo come sempre e atmosfera tesa, da tagliarsi col coltello! Passi con disinvoltura dalla sensualità alla suspence! Brava! :wub: Ho la sensazione di essere rimasta in bilico! A quando il prossimo capitolo?
 
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view post Posted on 27/4/2012, 14:24
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Spero presto...
Grazie come sempre Laura... mi riempie di piacere sapere che ti piace come vado avanti...
CITAZIONE
Ho la sensazione di essere rimasta in bilico!

Hihi io con te ho questa sensazione alla fine di ogni capitolo!!
 
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view post Posted on 30/5/2012, 14:56
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Eccomi con il nuovo aggiornamento...

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CAPITOLO 12

Mentre Aki Mikami rifletteva sulle mosse da intraprendere per giungere a capo di quella faccenda, Masumi stava ascoltando con interesse il progetto che Shiori gli stava illustrando. Era giunto appena dopo pranzo alla villa e si era fatto annunciare. Si sorprese quando inquadrò Shiori con il suo nuovo stile: anche esteticamente stava cercando di creare un tratto di discontinuità con il passato. Non poteva che esserne contento. Si congratulò con lei e le chiese maggiori dettagli in merito all’intervista della mattina. Alla fine le domandò curioso di cosa volesse parlargli.

“Ho intenzione di creare un’agenzia per l’organizzazione di eventi.” – attese di vedere la sua reazione stupefatta per poi continuare – “Con il nostro matrimonio mi sono resa conto di esserci portata. Ho i contatti giusti. Mi piace. Penso di poter fare delle buone cose.” – concluse convinta.
Masumi la guardò stupito. Le disse infatti:
“Shiori, mi stupisci ogni giorno di più. Sono felice della tua decisione. Ti occorre una mano?”
Una risata fresca sgorgò dalle sue labbra.
“Dei consigli, più che altro. Non sono abituata all’attività imprenditoriale e mi farebbe piacere avere da te dei suggerimenti.”
“Ottimo! Non ci sono problemi. Anzi, ti posso anche presentare un’esperta di management e marketing che ti potrà sicuramente aiutare. Si chiama Yuki Shinohara. Domani ti mando il suo contatto!”
“Grazie. Per me è molto importante saperti vicino in questa sfida.” – lo guardò intensamente e subito dopo gli chiese – “Sei riuscito ad avvisare la signorina Kitajima?”
“Sì, ho mandato la mia segretaria, come ti avevo detto.”
“Avevo ragione, vero? Maya Kitajima non ti odia… era solo una prigione della sua adolescenza da cui non riusciva a venir fuori…”
Masumi sospirò leggermente. Non poteva dirle che avevano chiarito i loro sentimenti durante la crociera: cercò il compromesso.
“Sì, avevi ragione. Mi ha chiamato dopo la tua visita. E’ rimasta molto colpita e… ci siamo chiariti.”
Shiori lo guardò con soddisfazione. Non era convinta che si fossero chiariti telefonicamente, ma non indagò oltre. Comprendeva la reticenza dell’uomo a parlare di quegli argomenti con lei: era sempre stato molto riservato ed era pur sempre la sua ex-fidanzata!
Era contenta di aver contribuito a risolvere quella situazione con il suo gesto.
“Ne sono felice. Veramente. Sarebbe bello se riuscissi ad organizzare il vostro matrimonio!” – e rise di gusto.
Si salutarono con la promessa di incontrarsi di lì a qualche giorno. La donna aveva intenzione di parlare del suo progetto anche con suo nonno ed aveva bisogno di tempo per iniziare a cercare un locale adatto alla sua agenzia. Avrebbe dovuto sbrigare anche tutte le formalità burocratiche per aprire la nuova attività.

Masumi lasciò la villa dei Takamiya con il cuore leggero: il suo animo non nutriva più alcun senso di colpa nei confronti della donna, si sentiva finalmente libero di vivere la propria vita. Suo padre non rappresentava un problema perché, moralmente, non sentiva alcun obbligo nei suoi confronti, non dopo tutto quello che il vecchio l’aveva costretto a sopportare nel corso degli anni. Si stava dirigendo in albergo, ma avrebbe voluto andare altrove.
Un pensiero fugace lo fece sorridere.
Accostò sul lato della strada e chiamò Hijiri.
La voce all’altro capo del telefono era pronta ad ascoltare le sue parole.
Un leggero colpo di tosse e poi…
“Hijiri, avrei bisogno di un favore…”
“Mi dica pure, signore.”
“Ecco… nei vari contatti che hai avuto con Maya, hai per caso avuto modo di conoscere il suo numero di cellulare?” – si sentiva imbarazzato come un ragazzino alle prime armi ed Hijiri dovette comprendere il suo stato d’animo perché con un leggero sorriso di comprensione gli dettò il numero.
Si era ridotto proprio bene se perfino Hijiri era tentato di ridere alle sue spalle!
Arrivato in albergo, si preparò per la cena in camera ordinando un pasto leggero alle cucine. Valutò l’ora: era ancora abbastanza presto.
Avrebbe provato ad aspettare il dopocena prima di contattare Maya.

Nel frattempo, chiuso nella sua villa, Eisuke Hayami si crogiolava nel piacere della conquista: stava per raggiungere tutti gli obiettivi che si era prefissato e per questo si sentiva euforico.
Il gruppo delle imprese Hayami andava a gonfie vele; i preparativi per il matrimonio e la successiva fusione del proprio patrimonio con quello dei Takamiya procedevano; i diritti per la rappresentazione della Dea Scarlatta stavano per cadere finalmente nelle sue mani. Aveva sacrificato tutto e tutti per raggiungere i suoi scopi e non se ne pentiva affatto.

Kuronuma l’aveva riportata a casa proprio in quel momento. Avevano discusso a lungo dopo la conferenza stampa: dove recitare le scene, come posizionare i personaggi, come rendere al meglio la Valle Sacra della Dea Scarlatta. Aveva notato Sakurakoji osservarli con interesse e curiosità: il ragazzo non si era intromesso nella discussione, ma sembrava approvare le loro decisioni.
Inoltre, come preannunciato dalla signorina Mitsuki, si era presentato anche Aki Mikami: l’aveva sorpresa la profondità delle argomentazioni che aveva addotto in merito alla conferenza stampa.
Il pensiero della sua ex-manager le ricordò il messaggio di Masumi: anche lei avrebbe voluto che non se ne fosse andato, ma aveva capito le sue ragioni. Tuttavia, il pensiero dei pochi momenti che avevano vissuto dopo il loro chiarimento le faceva scorrere velocemente il sangue nelle vene, lo sentiva pulsare nelle orecchie, come sentiva il cuore batterle in petto all’impazzata. Sentiva una parte della sua anima trovare pace, mentre l’altra parte diveniva irrequieta: voleva vederlo e toccarlo ancora!
Fu in quel momento che sentì squillare il suo cellulare: di solito era Sakurakoji che la chiamava, ma i loro contatti telefonici si erano bruscamente interrotti due settimane prima.
Allungò una mano per prendere l’apparecchio riposto sulla consolle vicino all’ingresso. Il numero non era memorizzato.
Chi sarà? – ed il suo cuore perse un battito d’aspettativa.
Non si volle illudere e con un incerto ‘Pronto’ rispose alla chiamata.
La voce che le giunse all’orecchio la quietò e risultò talmente ipnotica da ammutolirla per qualche secondo:
“Ciao… come è andata oggi?”

Il silenzio prolungato da parte della giovane lo indusse a pensare di aver sbagliato numero, ma era certo che la voce che gli aveva risposto fosse quella di Maya.
“Maya!” – la chiamò – “Tutto bene?”
“Sì, sì, perdonami! Ero stupita dalla chiamata. Tutto qui. Non me l’aspettavo. Come hai fatto ad avere il mio numero?”
L’uomo rise di gusto.
“Ragazzina, ancora non sai che niente è impossibile per il temibile presidente della Daito Art Production?”
“Molto spiritoso… e allora cosa vuole il temibile presidente dal suo uovo d’oro?”
Un brivido gli corse lungo la schiena.
“Tienilo bene a mente!” – la voce suonò calda ma anche stranamente dura. L’uomo si rese conto che l’istinto possessivo che aveva tenuto a stento sotto controllo fino a qualche tempo prima stava implacabilmente venendo allo scoperto. Forse doveva mitigare l’effetto della sua frase, ma Maya sembrò cadere dalle nuvole:
“Cosa devo tenere a mente?” – si sentì infatti chiedere.
“Che sei mia!” – e come poteva non ricordarle l’altro episodio, quello di parecchi anni prima, in cui l’uomo la teneva vincolata a sé tramite un contratto – “Te lo dissi già una volta, ricordi?”
“E come potrei dimenticarlo? All’epoca mi feci quasi paura, lo sai? Non sapevo come interpretare quello sguardo di fuoco che mi giunse dai tuoi occhi e ti sfidai, come al solito.”
Una risata argentina gli giunse all’orecchio. Quella volta Masumi aveva osato sbilanciarsi grazie al coraggio che gli aveva dato lo champagne che aveva ingerito ed alla certezza che quella Maya ancora tanto acerba non avrebbe mai potuto interpretare in modo corretto le sue parole. Quella lontana sera aveva parlato con un brivido adrenalinico che gli correva lungo la spina dorsale: con quelle semplici e brutali parole, mascherate dal contratto, sperava (e temeva) di rivelarsi alla ragazzina. Ora non era allora: poteva manifestare le sue emozioni se era necessario.
“Come è andata la conferenza stampa?” – cambiò argomento.
“E’ andata bene… mi sembra che, come al solito, appaia stravagante agli occhi dei giornalisti. Mi chiedo come mai non riesca ad apparire interessante come Ayumi.”
Una leggera risata di comprensione.
“Non temere.. è che ancora non hanno capito di che pasta sei veramente fatta. Ma non tarderanno ancora a lungo!” – sembrava una promessa, la sua.
“Solo Aki Mikami mi è sembrato interessato a quello che ho detto!” – Maya proseguì nel racconto, descrivendo all’uomo in che termini si era svolto il dialogo con il giornalista.
“Non dubito che Mikami ti abbia compresa! Ha un’intelligenza fuori dal comune. Abbiamo fatto bene ad essere prudenti. Maya…”
“Sì?” – la voce dell’uomo si era abbassata di colpo, come quando le sussurrava parole d’amore. L’attenzione della giovane donna si fece subito acuta.
“Mi manchi… voglio vederti!” – non aveva sbagliato. L’urgenza manifestata da quelle poche parole traspariva anche dal suo tono grave ed ella stessa si trovò a provare le medesime sensazioni.
“Anche tu mi manchi e vorrei vederti!” – nessuna incertezza, né titubanza nell’esprimere quel desiderio innocente. La voce le era uscita in un dolce soffio dalle labbra.
“Mi inventerò qualcosa! Non riesco a starti lontano!”
“So che mantieni le tue promesse… perché è una promessa, vero?”
“Lo è!” – e con quell’impegno si salutarono.

Maya cenò e si preparò per andare a letto. Tuttavia non ne sentiva ancora il bisogno e si sedette sul davanzale della finestra della sua camera ad osservare con sguardo trasognato la bianca luna splendente nel buio cielo.

Fu in quel modo che la trovò Rei al rientro dal lavoro e fu sempre così che la rivide quando anch’ella si preparò per la notte.
“Non hai sonno, Maya?”
“No… non mi sento ancora di dormire!”
Rei pensò fosse per la preoccupazione della sfida imminente. Tentò quindi di indagare per cercare di sollevarla.
“Ayumi ha rifiutato di stringerti la mano alla conferenza stampa?”
“Mmm…” – come mai era tanto indifferente?
Cercò di insistere.
“Siete pur sempre rivali: rifiutandoti la mano si è capito che Ayumi è molto determinata al riguardo, non è così?”
“Mmm…” – come se avesse parlato del tempo…
“Quali sono le tue chance di successo, Maya?”
“Chance di successo?” – ma veramente non la stava ascoltando?!
“Ti sto chiedendo se pensi di battere Ayumi!”
“Battere Ayumi? Ah, già! Stiamo per competere nella rappresentazione dimostrativa della Dea Scarlatta!”
“Oh Maya! Svegliati! Non essere distratta come al tuo solito!” – vederla in quello stato la preoccupava! Come poteva essere sbadata anche in quel frangente?! Ma dovette ben presto interrompere la sua sfuriata: un sorriso beato aleggiò sulle labbra della sua amica, gli occhi si illuminarono di dolcezza.
“Maya?” – cosa stava succedendo?!
“Guarda, Rei! La luna è meravigliosa… E’ così bianca e brillante che mi sembra quasi di poterci guardare attraverso… quasi come nella Valle dei Susini…”
E sotto il suo sguardo attonito, si inginocchiò iniziando a pregare a mani giunte.
“La luce della luna è così bella! Giusto Rei?”
Questa è… Akoya! Era per questo che sembrava sbadata? Era già diventata Akoya?

In quello stesso momento, nel luogo che era stato designato come teatro di prova della rappresentazione dimostrativa, Ayumi scendeva dalla sua auto. Era suo intento cercare di conoscere meglio il palcoscenico in vista delle prove con il resto della troupe. Non poteva negare a se stessa che la scelta della signora Tsukikage la stava preoccupando oltremodo. D’altro canto, voleva cercare di rivivere quella meravigliosa sensazione che aveva assaporato alla fine della conferenza stampa.
Il suo autista aveva provato a fermarla, ma ella aveva proseguito. I suoi occhi vedevano sempre meno, a testimonianza che il parere del medico non era scorretto.
Girava quasi alla cieca sul ‘palco’: le scale, i pilastri, i binari… poi… qualcosa la distrasse. Colse un profumo ed un lieve rumore in lontananza. Possibile che fosse lui?
“Signor Hamill! Venga fuori, so che è lì!”
Lentamente lo sentì uscire dal suo nascondiglio.
“Sono sorpreso che tu abbia scoperto la mia presenza da così lontano.”
Ayumi rispose sulla difensiva:
“Nel vento, ho sentito il suo profumo ed il rumore dei suoi passi.”
“Incredibile! Sei proprio talentuosa!”
“La smetta di prendermi in giro!” – la sua pazienza stava esaurendosi. Non voleva preoccuparsi anche di quell’uomo.
“Non ti sto affatto prendendo in giro. La passione per la Dea Scarlatta ti ha cambiato. Ti sei sottoposta ad un allenamento che pochi sarebbero stati in grado di affrontare. Ti ammiro sinceramente, Ayumi… dal profondo del mio cuore.” – l’uomo le si avvicinò e continuò a parlare – “Ti prego, lasciati proteggere da me, Ayumi. Sono rimasto senza parole vedendoti provare tanto duramente. Voglio veramente proteggerti!”
“Signor Hamill…” – furono interrotti dal trillo del suo telefonino. Era l’autista preoccupato. Hamill lo rimandò indietro, impegnandosi a riportarla a casa.
“Sei venuta qui per assicurarti di essere in grado di recitare in un luogo del genere, non è vero? Lascia che io ti assista. E… se tutto dovesse andare liscio, non dimenticare che sono qui per te”.
“Allora mi tenga il soprabito!” – e si allontanò. Era stata scortese, lo sapeva, ma non era abituata a sentirsi in imbarazzo. Per la prima volta in vita sua si sentiva indifesa di fronte ad un uomo e non le piaceva. Cercò di concentrarsi, individuando tutti gli ambienti e le zone del palcoscenico: sentiva lo sguardo dell’uomo sulla sua persona e ne era scossa.
Mentre ‘osservava’ la luna mise un piede in fallo e cadde dalle scale. Hamil stava precipitandosi a soccorrerla, ma la giovane lo fermò.
“Non si avvicini! Non mi aiuti! Sul palcoscenico sono sola, non c’è nessuno che possa venire in mio soccorso. Così deve essere anche qui, in questo momento.”
Questo è il palcoscenico della mia Dea Scarlatta.
 
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view post Posted on 30/5/2012, 16:12
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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Tenshina... grazie perché, leggendoti, l'amaro in bocca che la Miuchi lascia, ogni qualvolta offre un capitolo alle stampe, non si sente per nulla.
Mi spiego. Con te, non ci sono dubbi sulla vincitrice della competizione. Che è ovviamente Maya.
Maya è "la contemplazione estetica per eccellenza". Ayumi è un sarcofago attento a particolari maniacali. Il palcoscenico della dèa non è che l'involucro della dèa, non il suo cuore.
Per ciò che riguarda Shiori, non so...oggi sono inquieta.
Non mi piace che stia così attaccata a Masumi...
 
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view post Posted on 30/5/2012, 16:37
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Grazie Laura... e per quanto possa valere...

Hihi non ti curare di Shiori... si staccherà ben presto...
 
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Continuo con l'aggiornamento, anche se penso che mi ci vorrà un po' piu' tempo per il capitolo 14.

_______________________________________________


CAPITOLO 13
Quel venerdì di novembre aveva un’aria stranamente tersa. La mattina era giunta limpida dopo un breve temporale che si era scatenato nella notte. Le temperature si erano notevolmente abbassate e tutti, intorno a lui, indossavano ormai capi invernali.
Le gocce d’acqua ancora stillavano dai rami spogli degli alberi; le auto, transitando, alzavano cortine d’acqua che nulla aveva più della purezza di quando era caduta a terra.
Masumi si stava dirigendo a casa del presidente dell’Associazione Nazionale per lo Spettacolo: sapeva che ospitava la grande attrice del passato, maestra di Maya ed ossessione di suo padre, e voleva incontrarla.
L’ultima volta che si erano visti il suo cuore era in tumulto e si interrogava strenuamente sul dilemma delle anime gemelle: vi aveva incontrato la sua ragazzina che, come al solito, ella era fuggita sbraitando.
Ora aveva un altro stato d’animo: aveva raggiunto la pace del cuore, quella sensazione che si prova ad avere al fianco la metà della propria anima. Sapeva che Chigusa Tsukikage era particolarmente sensibile a tale argomento ed anche pericolosamente perspicace, tuttavia, essendo ormai giunto il momento della grande decisione, riteneva di poterla rassicurare in merito al ruolo che egli stesso avrebbe interpretato.
Entrò nel cortile e chiese di vedere Genzo: voleva innanzitutto informarsi sulle condizioni di salute della donna.
Genzo lo raggiunse nella stanza in cui era stato fatto accomodare: entrambi si sedettero al kotatsu e rimasero per qualche breve istante a studiarsi.
“Signor Genzo, la trovo bene. Come sta la signora?”
“Le sue condizioni sembrano stabili, ma con la sua salute non si può mai essere certi di nulla purtroppo…” – il tono era afflitto.
Il vecchio aveva servito fedelmente la donna per tanti anni e, pur essendo sollecito in modo ammirevole nei suoi riguardi, cercava di non farsi mai prendere dallo sconforto in sua presenza. Solo quando qualcuno aveva la delicatezza di chiedergli notizie, la sua ansia ed il suo timore facevano capolino.
“Lo immagino. Ho voluto vederla perché la volevo rassicurare sulla mia visita. Non ho intenzione di creare disagi a lei ed alla signora. Sono venuto qui, anzi, per rassicurarla sui miei futuri passi.” – la voce di Masumi era calma.
“La ringrazio, giovane presidente Hayami. Venga con me, la accompagno dalla signora.”
Entrambi si avviarono lungo i corridoi dell’antica villa. Sbucarono nel giardino. Gli alberi ed il piccolo laghetto alimentato da un rivo d’acqua creato ad arte erano armoniosamente disposti in un ordinato caos. In mezzo ad un’area dominata da candidi crisantemi in fiore sedeva Chigusa Tsukikage: la semplice poltrona in vimini diveniva quasi un trono grazie al suo portamento. Vestiva in nero, come al solito, ed il suo sguardo era perso nel vuoto.
Quando lo vide avvicinarsi, lo accolse con tono piatto:
“Immaginavo che saresti venuto. Il vecchio generale non si è ancora arreso, non è così?”
“Sono venuto, sì, ma non su richiesta di mio padre. E neanche con lo scopo che lei immagina.”
“Illuminami, allora!” – senza invitarlo ad accomodarsi e restando in attesa.
Masumi si sedette indifferente. Tirò fuori una delle sue sigarette e la portò alle labbra, come sopraffatto dall’abitudine. Evitò comunque di accenderla.
La guardò negli occhi per alcuni minuti e poi esordì, prendendo la sigarette tra le dita:
“Confido nella sua discrezione su quanto le sto per rivelare.”
“La tua serietà quasi mi preoccupa, Masumi.”
“Non ne ha motivo. Anzi, spero che le notizie che le porto le tolgano qualche brutto pensiero.” – un breve sorriso accompagnò le sue parole.
“Ti ascolto. E… naturalmente puoi contare sul mio silenzio se ciò che mi dirai non nuocerà alle due ragazze!”
“Le assicuro di no. Ho deciso di rinunciare al cognome che porto per riprendere quello di mia madre che mi è proprio.” – se aveva previsto di osservare uno sguardo stupito sul volto della donna, fu deluso.
“Perché?” – fu la sua sola reazione.
“Per varie ragioni. Una delle tante è che non voglio che, tramite me, mio padre si impossessi dei diritti di rappresentazione della Dea Scarlatta come invece è convinto di poter fare.”
“Ti offriresti di allestirla in prima persona?”
“Sì, potrei, ma non sono venuto qui per questo. Sarà il tempo a decidere cosa ne sarà di quei diritti. Sono venuto qui per dirle che non sono più suo nemico, anzi, mi impegnerò affinché Eisuke Hayami non riesca nel proposito che si è prefissato.”
“Te lo chiedo ancora una volta. Perché?”
“Sono cambiato. Le basta come risposta?”
“Masumi… avevo già capito che eri cambiato quando venisti alla valle. In quell’occasione notai che il ghiaccio dei tuoi occhi si era completamente sciolto. Ma cosa ti ha smosso tanto da farti abbandonare il fronte di tuo padre?”
“Ho trovato la ‘mia’ Dea! Non ho più bisogno di conquistare il simulacro di qualcun altro.” – la sua voce era decisa e piena di determinazione. Era cambiato ed allo stesso tempo era sempre lo stesso.
“Non mi sembrava fossi tanto legato alla signorina Takamiya!”
“Infatti…”
“E’ così dunque?!”
“Sì. Per ovvi motivi mio ‘padre’ ne è ancora all’oscuro.” – la guardò intensamente prima di proseguire – “Prima di salutarla, mi faccia aggiungere che proteggerò la Dea a qualunque costo.” – lo sguardo blu cobalto si accese di passione ed un tenue dubbio si affacciò alla mente della donna.
Possibile?! Masumi ha detto di ‘aver trovato la sua Dea’ e di ‘voler proteggere la Dea’, non la Dea Scarlatta. Che fosse?!
Si salutarono cordialmente, da alleati. Masumi si diresse agli uffici della Daito. Era ora che mantenesse una promessa.

Sakurakoji era fermo davanti alla porta della sala da tè, indeciso se entrare ed incontrare Sayuri o andare direttamente alle prove di quella mattina. Non poteva negare che l’appuntamento che avevano avuto due sere prima l’avesse colpito. Ma non sentiva ancora di poter iniziare una nuova storia. I suoi sentimenti per Maya erano stati molto forti e duraturi: sarebbe stato in grado di lasciarseli alle spalle tanto presto?!
Forse doveva semplicemente lasciar fare al destino.
Stava per voltarsi ed attraversare la strada quando una voce ben nota lo fermò.
“Ehi Yuu, dove scappi?” – Sayuri stava arrivando proprio in quel momento dalla direzione opposta. Lo stava salutando allegramente con una mano alzata.
“Ciao, stavo andando alle prove…” – le rispose timido.
“Perché non entri? Ti offro un tè! Non è ancora ora del mio turno…”
Sakurakoji, tenendo fede ai suoi pensieri, decise di seguirla all’interno del locale. Si accomodò ad un alto sgabello di fronte al bancone mentre con lo sguardo seguiva i movimenti aggraziati della ragazza che si infilava il grembiule e si legava i capelli con un laccetto. Sayuri prese l’acqua calda e iniziò l’infusione delle foglie.
“Come stai?” – gli chiese. Sembrava quasi non voler accennare a quanto accaduto poche sere prima.
“Bene. E tu?”
“Dipende dalla risposta che mi darai… perché mi darai una risposta, prima o poi, giusto?”
Era veramente la ragazza schietta che aveva conosciuto ed apprezzato. Senza pensarci le prese una mano tra le sue.
“Sì, certo che ti darò una risposta. Ma ti chiedo di aspettare qualche giorno e continuare a vederci… per conoscerci meglio prima” – si interruppe un istante indeciso se continuare o meno. Alla fine aggiunse: “Tu mi piaci Sayuri, ma la rottura con Maya è ancora troppo recente. Voglio essere sicuro di lasciarmi il passato alle spalle prima di aprire una nuova porta.”
“Mi sembra giusto.” – acconsentì la ragazza servendogli una tazza fumante – “Quando potremo rivederci?”
“Potrei passare qui al locale qualche volta e… potrei invitarti alla rappresentazione dimostrativa dello spettacolo se pensi che ti possa piacere.” – stranamente si stava facendo trasportare dalla positività della ragazza. Contrariamente al suo intento iniziale, le sue parole non sembravano quelle di una persona che vuole muoversi in modo prudente.
“Ne sarei veramente felice!” – gli sorrise e continuò – “Ho sempre desiderato vederti sul palcoscenico.”
Continuarono a parlare amichevolmente per qualche minuto, poi il giovane finì la sua bevanda, si alzò ed uscì dal locale.

Masumi era appena arrivato in ufficio. Si era chiuso dentro, si era acceso finalmente una sigaretta e si era seduto cogitabondo alla sua scrivania. A mano a mano che il fuoco consumava il piccolo cilindro di tabacco riducendolo in cenere un piccolo piano stava prendendo forma nella sua mente. Chiamò la sua segretaria.
“Mi dica, signore.” – rispose pronta la donna una volta entrata nella stanza.
“Ho bisogno che lei mi fissi un appuntamento con Maya nel mio ufficio per questo pomeriggio. Maya verrà in veste di concorrente al ruolo di Dea Scarlatta.”
“Ma… signore… lo ritiene prudente? La competizione si avvicina. Potrebbe sembrare equivoco un suo incontro privato con una delle possibili interpreti del capolavoro scomparso!”
“E’ proprio per questo che mi fisserà anche un incontro con Ayumi Himekawa. Possibilmente prima.” – voleva più tempo da dedicare alla sua ragazzina. Non voleva certo incontrarla con la pressione di un successivo appuntamento – “Questo dovrebbe tacitare le malelingue, giusto? Il presidente della Daito Art Production contatta le due candidate al ruolo per assicurarsi i diritti di rappresentazione in anticipo su tutti gli altri.” – il tono era quello cinico e beffardo che l’aveva reso noto nell’ambiente dello spettacolo.
“Certamente anche suo padre ne sarà soddisfatto.” – chiosò la donna.
“Già.” – fu la laconica risposta dell’uomo. Avrebbe illuso ancora una volta il vecchio.
Mitsuki uscì dalla presidenza per eseguire l’ordine che le era stato impartito. Di sicuro i due volevano incontrarsi e, finché la rottura del fidanzamento non fosse stata resa pubblica e la nuova Dea Scarlatta non fosse stata nominata, non avrebbero avuto molte occasioni per farlo.
Chiamò prima la compagnia di Onodera. Il regista fu lieto della convocazione. Negli ultimi mesi aveva avvertito che i rapporti con il giovane presidente si erano come raffreddati e non ne capiva la ragione. Erano sempre andati d’accordo sugli obiettivi da perseguire ed i mezzi per ottenerli. Sapere che voleva incontrare Ayumi lo sollevò. Fissarono un appuntamento per le quattro di quello stesso pomeriggio.
Successivamente Mitsuki si mise in contatto anche con Kuronuma dicendogli che l’incontro sarebbe stato ufficiale e che quindi non vi era ragione di ricorrere a sotterfugi. Avrebbe mandato lei stessa un’auto della Daito a prelevare l’attrice in modo che potesse essere in sede per le 17.00. Il regista non oppose nessuna resistenza. Si sarebbe solamente divertito a comunicarlo a Maya.

Mentre l’auto si fermava davanti agli studi della Ondine, Ayumi si avvicinò agli scalini. Fu fermata da Hamill che insistette per accompagnarla. La ragazza provò a declinare il suo invito, ma alla fine non riuscì a rifiutare e salirono in auto.
“Non capisco perché quell’uomo voglia incontrarti!” – il tono era piatto, ma ad Ayumi sembrò di scorgervi un’irritazione latente.
“Beh… direi che è abbastanza normale. Sono una delle candidate al ruolo di Dea Scarlatta. Vorrà vedermi per assicurarsi che, nel momento in cui vincerò la competizione, ceda i diritti di rappresentazione alla sua società.” – la risposta era stata chiara e decisa.
“Nel momento in cui vincerai? Non hai il minimo dubbio?”
“Certo che ho dei dubbi, ma non posso soffermarmi su di essi o rischio di soccombere ancor prima di iniziare il confronto.”
Restarono in silenzio per il resto del tragitto.
Arrivati alla sede della Daito furono subito condotti all’ultimo piano ed introdotti nell’ufficio del presidente.
Masumi Hayami li accolse con cordialità, informandosi su come procedevano le prove e quali erano le aspettative di riuscita della giovane. Ayumi rispose sicura di se stessa come al solito, riuscendo a mascherare la sua cecità con l’ausilio degli altri sensi.
Hamill se ne stava in disparte. Sembrava infastidito dall’incontro: non ne comprendeva il motivo. Quelli che si erano scambiati fino ad allora erano semplici convenevoli. Osservava il portamento dell’uomo che gli stava di fronte e lo vedeva quasi indifferente alle risposte che Ayumi gli forniva. Non capiva. Se non era interessato, perché l’aveva convocata?!
Passò una ventina di minuti prima che si congedassero. Masumi la salutò assicurandole che la Daito aveva gran fiducia nelle sue capacità e che contavano sul suo successo.
Ayumi lo ringraziò e, seguita da Hamill, tornò alle sue prove. Come il fotografo, neanche Ayumi aveva ben compreso il motivo di quell’appuntamento. A differenza dell’uomo, però, sapeva che Masumi Hayami perseguiva sempre un piano ben determinato e dunque, anche se non l’avevano compreso, di sicuro vi era uno scopo.

Rimasto da solo Masumi non vedeva l’ora che arrivasse Maya. Tutto il tempo trascorso con Ayumi ed il suo accompagnatore l’aveva reso dolorosamente consapevole dell’attesa e del bisogno di vederla.
Sapeva di non essere stato molto convincente nei loro confronti ma, sinceramente, non li riteneva pericolosi e non si era nemmeno molto impegnato.
Stava riflettendo in questi termini quando Mitsuki lo chiamò comunicandogli che aveva suo padre in linea che voleva parlargli.
Rifiutare la chiamata non era nemmeno pensabile, pertanto se lo fece passare.
“Masumi, ho saputo che hai convocato le due candidate quest’oggi.” – disse senza preamboli.
“Le notizie corrono in fretta, vedo!” – eluse la richiesta d’informazioni implicita del genitore.
“Ho le mie fonti, dovresti saperlo.”
“Già, certamente.” – era anche per questo che aveva convocato entrambe le giovani donne.
“Come è andata con Ayumi Himekawa? Immagino bene!” – continuò il vecchio con tono compiaciuto.
“Sì, Ayumi è sempre stata vicino alla Daito, anche per i rapporti che abbiamo sempre avuto con i suoi genitori.”
“Lo stesso non si può dire per quanto riguarda Maya Kitajima, però!” – suo padre sembrava aver raggiunto l’obiettivo della conversazione.
“Non è detto… giorni fa Shiori ha incontrato Maya Kitajima e ha cercato di ricucire il rapporto tra noi due. Credo ci sia riuscita.” – non aveva pensato che la versione che avevano dato al giornalista potesse essere spesa anche con suo padre.
“Ottimo! Ecco perché si sono incontrate! Sapevo che Shiori sarebbe stata una buona moglie per la Daito.”
“Certo, padre.” – e si salutarono. Masumi dovette mordersi la lingua. Era impossibile convincere suo padre che Shiori sarebbe dovuta essere una buona moglie e compagna per se stesso e non per la società.

Kuronuma si avvicinò a Maya appena prima di pranzo e la trasse da parte, lontano dagli altri membri della compagnia.
“Ha chiamato la segretaria del presidente Hayami.” – si bloccò per qualche secondo in attesa di vedere le reazioni della ragazza – “Sei convocata questo pomeriggio alla loro sede.”
“Oh…” – fu solo in grado di rispondere Maya già in agitazione.
“Vedo che sei solo lievemente stupita!” – non poté fare a meno di sottolineare l’uomo, divertito.
“Signor Kuronuma…” – la mente della ragazza era già proiettata all’incontro del pomeriggio. Non riusciva a proferire altro che poche parole.
“Non occorre che tu dica nulla. Comunque, giusto per essere prudenti, la signorina Mitsuki ha fissato un incontro anche con Ayumi Himekawa per le 16.00.”
“Capisco…”
“Naturalmente la stampa presupporrà che gli incontri verteranno sui diritti di rappresentazione del capolavoro scomparso.”
“Immagino di sì.” – sembrava essere divenuta incapace di rispondere in modo diverso. Si sentiva solo le guance in fiamme e vedere il divertimento del regista non faceva che peggiorare la situazione.
Imperterrito Kuronuma continuò informandola dell’ora a cui sarebbe giunta l’auto. Infine, ridendo di gusto, se ne tornò in sala prove, le mani giunte dietro la schiena e la solita andatura trasandata.
Maya restò sola a riflettere mentre un leggero sorriso si affacciava alle sue labbra: Masumi aveva mantenuto la promessa. Solo la sera prima le aveva detto che avrebbe trovato il modo di incontrarla e già quel pomeriggio aveva fatto in modo di vederla.
 
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view post Posted on 8/6/2012, 14:59
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Laura, oggi posto un capitolo la cui scrittura ha costituito una nuova esperienza per me: spero che ti piaccia leggerlo come a me è piaciuto scriverlo.
Spero anche di aver dato una versione credibile dell'incontro.

______________________________________________

CAPITOLO 14
L’auto della Daito giunse puntuale al Kid’s Studio. Maya salì sul sedile posteriore tra i commenti generali. La maggior parte dei suoi compagni era semplicemente stupita che accettasse di incontrare il presidente della casa di produzione: i loro furenti litigi erano famosi in tutto l’entourage. Alcuni, i più cinici, attribuivano al presidente Hayami la volontà di favorire in qualche modo l’altra compagnia, più vicina alla sua cerchia, destabilizzando la loro prima attrice. Infine le ragazze semplicemente l’invidiavano per la fortuna che aveva avuto ad essere convocata.
Kuronuma e Sakurakoji, in disparte, erano invece silenziosi per motivi diversi. Il regista, con i suoi dubbi oramai divenuti certezze, credeva che tutto ciò potesse favorire Maya e la sua interpretazione. La parte dell’opera che riguardava Akoya era ormai conclusa, mancavano solo alcuni ritocchi. Quello che invece lo preoccupava era l’interpretazione della Dea. Vedeva che Maya era in difficoltà, perennemente insoddisfatta del risultato. Dal suo punto di vista, la ragazza non poteva pretendere di avere le stesse movenze della rivale, ma poteva puntare ad interpretare una dea più solenne e statica, mettendola in contrapposizione con la dolcezza e l’umanità della sua successiva incarnazione: la Dea Scarlatta era lo spirito dell’albero millenario del susino, una scarsa mobilità sarebbe stata plausibile. Avrebbe dovuto fare in modo che il pubblico si concentrasse sul suo viso e, con lievi movimenti, riuscire a far immaginare tutto il resto. C’era riuscita in altre occasioni: poteva farlo ancora!
Dal canto suo, Sakurakoji si era stupito del fatto che non provasse alcun risentimento nei confronti della ragazza. Sapendo che andava ad incontrare Masumi Hayami si sarebbe aspettato un riaffacciarsi della rabbia che aveva provato al momento della scoperta della loro storia. Invece, sentiva solo un leggero fastidio, causato più dal ricordo di quei momenti che dalla situazione in essere.

Al suo arrivo, Maya venne accolta direttamente dalla signorina Mitsuki che era scesa al piano terra. Si salutarono cordialmente e si avviarono all’ultimo piano. Visto l’invito abbastanza repentino, la ragazza non aveva avuto modo di cambiarsi d’abito ed indossava un completo abbastanza casual formato da un’ampia gonna lunga fino al ginocchio ed un leggero pullover in tinta. Mitsuki la guardò compiaciuta: stava diventando veramente una bella donna.
La segretaria bussò alla porta e Maya sentì la bella voce di Masumi che l’invitava a farla entrare. La donna le spalancò la porta e si fece da parte.
“Ciao…” – non era stata in grado di dire altro. Entrare nell’ufficio dell’uomo le riportava alla mente tempi in cui non era ansiosa di incontrarlo. La stanza era illuminata come al solito dall’ampia vetrata di cristallo. La scrivania dominava l’ambiente. Un divano che non ricordava era posizionato da un lato. Ma quello che più di tutto catturava la sua attenzione era naturalmente lui, Masumi.
Era poggiato davanti alla scrivania. Non indossava la giacca, lasciata sull’alta spalliera della poltrona in pelle. Le maniche della camicia erano arrotolate e si stava slacciando la cravatta. Con le mani strette al pomolo, Maya appoggiò la schiena alla porta. Gli occhi dell’uomo erano fissi nei suoi: sembrava volerla abbracciare con lo sguardo.
“Cosa c’è? Non vieni da me?” – le chiese.
“E’ strano vederti in questo modo nel tuo ufficio…” – rispose la giovane, ma si avvicinò, come farebbe una falena alla luce ammaliante di una lanterna.
“Spiegati.” – e stese una mano per invitarla vicino.
“Nel tuo ufficio sei sempre stato perfetto… è strano vederti in modo informale in questa stanza… ecco, solo questo.” – già la vicinanza sembrava iniziare a darle alla testa. Aveva preso la sua mano e si era ritrovata tra le sue braccia. Le sue grandi mani poggiate sensualmente ai propri fianchi.
“Quella è la mia maschera. Vuoi che continui ad indossarla?” – la lenta richiesta era stata pronunciata con voce calda e bassa.
“No! Voglio che con me tu non debba indossare nessuna maschera!” – rispose Maya con intenzione. Aveva volutamente calcato la voce su ‘nessuna’ ma non sapeva se l’uomo avrebbe afferrato il suo significato.
“Bene.” – il volto si stava abbassando. Non sembrava volesse indagare ulteriormente in quella direzione. – “Ho mantenuto la promessa!”
“E’ vero. Come sempre.” – anche Maya sembrava essere calamitata da quelle labbra.
“Già. Merito un premio?” – ora si era fatto malizioso. Le sue mani erano sempre ferme su di lei, come fermo era anche il suo viso a pochi centimetri dal proprio.
“Stavi… pensando… a qualcosa di particolare?” – come poteva già avere il respiro affannato? Non era giusto! Lui se ne stava lì, a condurre il gioco, incurante dell’effetto che le faceva averlo tanto vicino, avere i suoi avambracci sotto le sue dita o le sue labbra tanto vicine eppure quasi irraggiungibili.
“Mmm… sì” – ma non si mosse.
“Pensi di restare immobile ancora per parecchio tempo?” – la voce della giovane si era fatta impaziente.
“Ahah… hai notato, vero?” – si avvicinò e le sfiorò lentamente le labbra.
“Se hai pensato qualcosa, secondo me dovresti dargli seguito!” – le parole intercalate da brevi sospiri.
“Dici? Naturalmente il tuo è un consiglio del tutto disinteressato, vero?”
“Naturalmente!” – e finalmente le sue labbra socchiuse furono coperte con decisione da quelle calde dell’uomo.
Non passò molto tempo che il bacio divenne infuocato come tutti quelli che si erano scambiati fino ad allora.

Finalmente! Finalmente l’aveva di nuovo tra le braccia.
Quando l’aveva vista osservarlo appoggiata alla sua porta l’aveva subito desiderata tra le braccia.
Aveva giocato con lei per indurla ad ammettere la sua stessa attrazione ed ora che la stava finalmente abbracciando sentiva il fuoco bruciargli il cuore in petto.
L’aveva stretta a sé, portando una delle due mani a sorreggerle la nuca intrecciandosi con i suoi lunghi capelli. L’altra aveva superato l’ostacolo del maglione, arrivando a sfiorare la pelle di seta candida del fianco. Quando l’aveva sfiorata aveva avvertito tutti i suoi brividi e quella risposta gli aveva fatto dimenticare tutto: il luogo in cui si trovavano, la presenza di Mitsuki dall’altra parte della porta, l’accenno di Maya alle sue maschere.
Le labbra si muovevano freneticamente le une sulle altre, le loro lingue si intrecciavano spasmodicamente. Entrambi sussurravano i loro nomi, chiamandosi a vicenda e manifestando il bisogno che ognuno aveva dell’altro.
Maya aveva alzato le sue esili braccia per accarezzargli i capelli e la nuca. Ogni movimento della donna sembrava avere un effetto inebriante.
Stringendola con entrambe le braccia la sollevò portandola all’altezza del suo volto. Ora sentiva i piedi della ragazza sfiorargli le ginocchia, le sue braccia circondarlo completamente ed i suoi lunghi capelli solleticargli il volto.

Maya si sentì sollevare da terra. Sapeva di non essere pesante, ma l’uomo la faceva sentire leggera come una piuma. Ogni volta che l’aveva sollevata, anche in passato, anche in modo rude, le aveva dato quell’impressione: ricordava quando se l’era caricata in spalla per riportarla al teatro dopo la sua fuga in quell’anonimo asilo; e ricordava inconsciamente quando l’aveva tratta in salvo dalla malattia la notte in cui era fuggita ed era svenuta nel parco sotto la pioggia.
Ora era diverso. Non opponeva resistenza e non era svenuta: voleva stargli vicino e approfondire quel contatto tanto amato.
Gli infilò le piccole mani nel collo della camicia, andando a slacciare un altro bottone e scoprendo un altro lembo della sua pelle color del miele. Lentamente lasciò la sua bocca per appoggiare le sue labbra nell’incavo del collo. Lo sentì sospirare e sorrise nel suo nascondiglio: finalmente anche lei era riuscita a strappargli un brivido.
Alzò leggermente il volto ed addentò dolcemente il lobo del suo orecchio.
“Ragazzina…” – lo sentì fremere.
Come per vendicarsi le fece scorrere un braccio dietro le gambe per sostenerla ed avere così la mano libera per accarezzarle la schiena nuda sotto il maglioncino.
“Masumi!” – la sentì quasi gemere.
“Vuoi che mi fermi?” – le sussurrò in un orecchio.

Si sentì addentare ancora il lobo.
“Ah! Ah! La mia ragazza lupo!” – si scostò dalla scrivania avvicinandosi al divano: finalmente sarebbe stato utile a qualcosa.
Il suo ufficio non sarebbe più stato lo stesso dopo quel pomeriggio.
La baciava incessantemente, lasciandole scie di fuoco lungo la carotide, da dietro l’orecchio alla gola che gli stava offrendo.
Lentamente si abbassò, appoggiandola sui morbidi cuscini.
Era incantevole. Era sensuale. Era come l’aveva sempre sognata.
I suoi caldi occhi scuri lo scrutavano agognanti, le labbra erano rosse e ancora umide dei loro baci, il respiro era affannato, le snelle gambe spuntavano seducenti dalla morbida gonna, le sue mani lo invitavano ad avvicinarsi.
Sarebbe stato in grado di fermarsi in tempo questa volta? Probabilmente no! E neanche Maya sembrava preoccupata, ma tra loro due era compito suo mantenere il controllo finché non fossero stati completamente liberi.
Si inginocchiò di fronte al divano.
Le mise una mano dietro il collo riprendendo a baciarla suadente, incapace di starle lontano. Lentamente poggiò l’altra mano su una delle sue sottili caviglie. La sentì sospirare sotto le sue labbra mentre la mano scorreva piano verso il ginocchio, fermandosi.
La giovane armeggiava con i bottoni della sua camicia, mentre le dita sottili cercavano di farsi largo verso il suo petto. Finalmente c’era riuscita e Masumi sentiva le sue mani scorrere sulla pelle fino alla schiena.
Incapace di resisterle la sua mano riprese la corsa verso l’alto infilandosi lentamente sotto l’orlo della sua gonna, sempre attento a cogliere un qualsiasi segno di rigidità da parte sua.
“Ti prego… ti prego…” – l’udì mormorare tra un bacio e l’altro.
“Cosa, ragazzina?” – la sua voce s’era fatta talmente roca dal desiderio che lui stesso stentava a riconoscersi.
“Non lo so… solo non smettere!” – lo supplicò.
“La mia Maya!” – la mano stava scorrendo di nuovo verso il ginocchio.
“Sì, solo tua!” – le piccole dita gli stavano torturando il petto, spostandosi a volte sul suo addome piatto.
“Solo mia!” – rimarcò mai sazio. Abbandonò temporaneamente le sue gambe per infilare lentamente le lunghe dita ancora una volta sotto il suo pullover.
“Alza le braccia, Maya.” – fu un dolce comando il suo: la ragazza lo eseguì pronta, impaziente di sentire ancora il suo tocco su di sé. Ad ogni gesto, ad ogni sospiro o sussurro della giovane donna, Masumi si riprometteva che si sarebbe fermato presto, ma più andava avanti, più continuava quell’esplorazione dei sensi, più gli risultava difficile anche solo pensarlo.
Le aveva promesso Izu e avrebbe mantenuto la promessa. Forse però avrebbero potuto vivere qualcos’altro nell’attesa.

Maya vide il maglione sfilarsi da sopra la testa e cadere in terra. Sentì i suoi lunghi capelli ricaderle sulle spalle nude. Ora aveva la parte superiore del corpo coperta dal solo reggiseno bianco, ma non aveva freddo perché a riscaldarla c’era lo sguardo rovente dell’uomo.
In preda all’emozione più profonda che le sembrasse di ricordare, con le guance in fiamme lo abbracciò di nuovo, beandosi di quel primo contato di pelle contro pelle.
“Vuoi ancora che continui?” – si sentì chiedere.
“Come puoi dubitarne?” – gli rispose. Non riusciva a tener ferme le sue mani che passavano leggere dalle sue spalle al suo petto, per poi circondargli la schiena.
Sentì Masumi scendere a baciarle il collo e con delicatezza abbassarle le spalline del reggiseno. La pelle fino ad allora coperta dalla sottile stringa fu raggiunta dalle labbra dell’amante e dalla sua lingua. Con delicatezza le sue mani accolsero i suoi piccoli seni, vezzeggiandoli con amore. La sua bocca le raggiunse alternando leggeri morsi a baci affamati e soggioganti.
Si rendeva conto solo di aver perso il controllo.
Mai aveva pensato di poter vivere delle emozioni tanto forti. Come poteva il suo corpo generare tutte quelle sensazioni?!
Sarebbe potuto succedere di tutto, ma la donna non se ne sarebbe mai accorta, rifugiata in quel mondo denso di brividi e di passione.

La sentì inarcare la schiena sotto le sue mani quando fece scorrere il volto ad accarezzarle il ventre. Con una mano ancora ferma sul suo seno e la bocca a baciare il piccolo ombelico, riportò l’altra mano sul ginocchio.
Lentamente aumentò la pressione alzandole la gamba. La vide talmente persa nelle sensazioni che stava provando da non incontrare alcuna resistenza. Fece scorrere le sue dita sotto la leggera stoffa della gonna, accarezzandole la delicata e candida pelle.
La sentiva rispondere al suo tocco come se fosse stata uno strumento musicale che solo lui era in grado di suonare.
“Ma… sumi!”- un dolce gemito sfuggì dalle sue labbra quando le dita raggiunsero il fulcro del suo essere.
L’uomo corse alla sua bocca e tra un bacio e l’altro le chiese:
“Ti fidi di me?” – la mano sempre ferma.
“Sì…” – gli occhi languidi e lucidi. Non le aveva mai visto quell’espressione e ne fu orgoglioso.
“Allora lasciami fare.” – lo guardò negli occhi e le sue dita gli accarezzarono la bocca. Mentre lui apriva le labbra e lasciava che la sua lingua giocherellasse con esse, la usa mano si aprì la strada nel suo calore.
La sentì trattenere il fiato e poi cercare la sua bocca con frenesia. Lo baciò con ardore mentre potenti brividi la scuotevano fin nelle ossa. Il respiro si fece affannoso e qualche gemito sfuggì dalle sue labbra, subito imprigionato dalla bocca dell’uomo.
Era bellissima e non lo sapeva. Quando raggiunse il culmine del piacere la vide completamente persa tra le sue braccia, del tutto indifesa. Era incantato dalla sua passione. Si era innamorato vedendola sul palcoscenico, solo immaginando tutto il fuoco che quel piccolo corpo poteva sprigionare. Ora l’aveva indissolubilmente legato a sé con il dono di quei momenti: la sua Maya. Sì, era sua. Ora lo sapeva e non l’avrebbe mai lasciata andare. Le sarebbe stato vicino per il resto dei suoi giorni.
Lentamente la prese in braccio, si sedette sul divano e se la sistemò in grembo, in attesa che si riprendesse.
Sapeva di averla sconvolta, ma era stato troppo bello portarla fino a quel punto. La cullò in silenzio, mentre ascoltava il suo respiro calmarsi insieme al proprio corpo.
Sentì le braccia della giovane circondargli la schiena.
“Non è giusto…” – la sua voce era talmente lieve che stentò a sentirla.
“Cosa?” – le chiese, mentre le scostava i capelli dalla fronte e vi deponeva un casto bacio.
“Io… tu…” – era imbarazzata, ma Masumi capì ugualmente dove voleva andare a parare.
Le stampò un bacio sulla bocca.
“Shhh… prendilo come… un anticipo? Ti ho promesso Izu, ricordi?”
“Hmm.” – assentì – “Tu mantieni sempre le promesse, vero?”
“Te l’ho dimostrato mi pare.” – la malizia era tornata a manifestarsi sul suo volto.
“Sì, signor presidente, me l’ha proprio dimostrato!” – e tornò ad abbandonarsi contro il suo petto.
Stettero in quella posizione per qualche altro minuto. Masumi stava ripensando a quello che gli aveva detto quando era entrata nel suo ufficio: ‘Voglio che con me tu non debba indossare nessuna maschera.’
Sembrava quasi chiedergli di rivelarle chi fosse stato in quegli anni.
Quando la sentì rabbrividire si rese conto che era passato del tempo e che doveva sentir freddo. Guardò fuori dalla finestra: il sole era ormai sparito dall’orizzonte. Certamente il loro ‘appuntamento’ era durato più di quello con Ayumi Himekawa.
“Maya?”
“Hmm?”
“Credo… che dovresti andare…” – gli creava dolore dirlo.
“Lo so!” – ma non accennava a lasciarlo. Sorrise e la fece alzare: i suoi occhi ancora erano liquidi per la passione che avevano vissuto. Era seducente come non lo era mai stata. L’aiutò suo malgrado a rivestirsi, dandole di tanto in tanto dei baci fugaci. Lui aveva ancora la camicia slacciata e notava le occhiate che la giovane gli lanciava.
“Ora capisco perché le mie colleghe si dichiaravano tanto invidiose del mio appuntamento con te!”
Sentirla sbottare in quel modo non fece altro che stimolare la sua risata.
La prese dietro il collo e l’attirò a sé sussurrandole a fior di labbra:
“Tesoro mio, amo solo te. Non pensare che io riservi questo trattamento a chiunque varchi quella porta.”
“Stai cercando di chetarmi?”
“No… mi piace il tuo caratterino!” – scherzò.
“Allora dimmelo di nuovo.”
“Amo solo te.”
In quel momento il telefono squillò. Alzando gli occhi al cielo Masumi andò a rispondere. Ascoltò con attenzione e poi rispose:
“Gli dica che… l’appuntamento si è protratto a lungo perché la signorina Kitajima è caparbia come al solito, ma che stavolta è andata meglio del previsto.”
Riagganciò l’apparecchio e la riabbracciò.
“Chi era?”
“Mitsuki, per conto di mio padre.” – la voce era tornata fredda come il gelo.
“Così mi avresti domata, non è vero?” – gli domandò sperando di farlo sorridere.
“Non ancora… ma ci sto provando!” – era riuscita nell’intento – “Ora va, ti farò chiamare un’auto da Mitsuki… Guardati. Sei magnifica!”
“Anche tu…” – ed uscì dal suo ufficio lasciandolo nella posizione in cui l’aveva trovato, ma con i capelli in disordine e la camicia slacciata fuori dai pantaloni.
Sedotto ed abbandonato.

Mitsuki sentì un’allegra risata provenire dall’ufficio del suo capo. Aveva visto Maya uscire poco prima. Non doveva chiedere nulla: l’espressione beata sul suo volto era chiara come il sole. Decise che l’avrebbe accompagnata lei stessa a casa: sarebbe stato più prudente.
 
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view post Posted on 13/6/2012, 16:14
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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Tenshina, ho letto questo capitolo ieri sera, poco prima di andare a letto! è veramente fulminante. Sai quanto è difficile, per noi scrittori, comporre scene di sesso che non risultino semplicemente "volgari" o "esplicite".
C'è chi ci riesce e chi no.
Tu ci riesci e spero anche io, per quanto l'arrivo di Miro abbia cambiato un po' i miei schemi abituali.
Mi ricollego a ciò che hai scritto oggi in tag.
Miro rappresenta il punto di arrivo di Bad! è un po' il prolongement di quel Masumi, che, come sai, è solo mio e non ha nulla di miuchiano. Quando postai questa fiction, all'epoca, fui anche contestata, ma, alla fine chi se ne importa? Ciò che esce dalla nostra penna deve essere solo nostro e, soprattutto, non dobbiamo vergognarcene.
L'eros, poi, fa parte della vita dell'uomo quanto l'acqua, quanto le cellule, quanto l'amore filiale. Sono tutte dimensioni diverse, che completano il nostro quadro: ben venga il tentativo di mettere su carta questo universo inconfessabile a molti.
Lo scrittore non deve mai autocensurarsi: è suo diritto esprimersi come più gli aggrada. Quindi,se credi, persevera per la tua nuova strada o dai vita ad un tuo Masumi,che spiazzi quanto ha fatto il mio o anche di più. Soprattutto che spiazzi e renda felice del risultato te.
E' sempre un piacere leggerti! Ora vado a postare la Valle!
 
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view post Posted on 13/6/2012, 16:29
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Grazie Laura! Speravo proprio in un tuo commento positivo! Non ne ero tanto sicura perché so che apprezzi la mia scrittura non tanto esplicita ma comunque "sensuale" e temevo di avere trasformato troppo lo stile. Il fatto che invece il capitolo non ti risulti troppo "esplicito" mi rende felice... spero di riuscire a mantenere questo standard.
Per quanto riguarda Bad! ti do ragione: ho dimenticato di metterlo in tag (me sbadata) che ritrovavo Miro in quel Masumi.
Grazie ancora!

PS: corro a leggerti!
 
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Yayoi
view post Posted on 13/6/2012, 22:00




Ho finito ora il secondo capitolo, ma purtroppo il mio tempo è scaduto!!!

La tua storia mi ha catturato perchè mi piace moltissimo il modo in cui descrivi le loro sensazioni!!!
Devo recuperare un pò di tempo per leggere gli altri capitoli. Sono molto curiosa di vedere come svilupperai tutta la storia!

P.S.: Posta pure con calma. Ho pazienza da vendere! :D




 
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view post Posted on 13/6/2012, 22:47
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Grazie di avermi raggiunta! Spero che la storia continui a piacerti!!!
 
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91 replies since 25/11/2011, 14:29   4659 views
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