Incontri, FF ispirata a GnK

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tenshina
view post Posted on 8/10/2013, 21:28 by: tenshina
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Stregone/Strega quasi professionista

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Ora iniziano dei capitoli un po' difficoltosi perché rappresentano la fine della storia e spero di riuscire a tenere alta la tensione.
Fatemi sapere cosa ne pensate... se ho sforato troppo nella melodrammaticità, se ho esagerato in qualche senso, le vostre impressioni... per migliorarmi e non deludervi.

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CAPITOLO 41
Il momento era giunto. Di lì a qualche ora sarebbe risultato morto. La vita era veramente beffarda. Aveva disperato fino alla fine di raggiungere la felicità e ora che l’aveva agguantata, suo padre, la persona che avrebbe dovuto proteggerlo, lo voleva morto.
Vide la signorina Mitsuki entrare nella sala delle conferenze che aveva affittato per l’occasione al SunRise Hotel. Si affrettò a raggiungerlo con la cartella dei documenti stretta al seno. Hijiri l’aveva chiamato informandolo di cos’aveva fatto Eisuke. Masumi l’aveva contattata, proponendole di incontrarsi per parlare del suo futuro. Era stato un colloquio stimolante ed erano giunti ad un accordo. Mitsuki sarebbe rimasta al suo fianco come sua assistente nell’attività che si accingeva ad annunciare e, se Maya avesse voluto, sarebbe stata anche la sua agente, con la possibilità per il futuro di scegliere l’una o l’altra carriera.
“Signore, sono quasi tutti arrivati, come da programma.”
“Ottimo. Annunci pure che fra dieci minuti la conferenza stampa avrà inizio.”
La donna passò nell’altra stanza.
Masumi si affacciò un attimo e vide l’origine del vociare che sentiva anche da dove si trovava. Erano tutti volti noti, naturalmente. Si aspettava domande scomode ed era anche per questo che non aveva permesso a Maya di accompagnarlo.
Si accese una sigaretta, l’ennesima di quel giorno, e la fumò nervosamente fino all’ultima tirata. Hijiri gli si affiancò.
“Tutto sistemato, per dopo?”
“Sì. Ho preso i contatti con chi di dovere. La messinscena durerà meno di 24 ore. Koji ha preso appuntamento con tuo padre per il pagamento del lavoro per domani mattina.”
Un leggero cenno di assenso. Uno sguardo gravido di preoccupazione.
“Maya?”
“Dovrò avvisarla appena sarà successo.”
“Vuoi veramente rischiare che lo scopra in altro modo? Le televisioni daranno fin da subito ampio risalto alla notizia, soprattutto dopo la diretta della conferenza stampa. Inoltre, l’incidente è previsto poco distante da qui.”
“Già…” – un sospiro – “Ma non posso permettere che si preoccupi inutilmente. Ce l’avrebbe con me per essermi esposto!”
Hijiri lo guardò rassegnato. Era difficile smuoverlo, quando si convinceva di qualcosa. Definiti gli ultimi dettagli, si avviò verso il parcheggio sotterraneo dell’hotel dove erano posizionate le loro auto, lasciando che il suo capo e Saeko, sopraggiunta nel frattempo, facessero quel che dovevano.
“Signore, io vado.” – gli disse Mitsuki. Avrebbe tacitato i giornalisti prima del suo ingresso.
L’uomo prese in mano i documenti di cui necessitava ed entrò nella sala incedendo sicuro verso il centro del tavolo. Nel silenzio totale, si sedette, posò i documenti di fronte a sé ed alzò lo sguardo sul pubblico.
Quante volte aveva fatto quegli stessi movimenti? Quante volte il suo sguardo glaciale aveva zittito valenti operatori di stampa? Ora si trovava lì, orfano della sua posizione privilegiata a capo della Daito, pronto ad annunciare al Giappone quale sarebbe stato il suo futuro.
“Signori,” – iniziò con voce decisa – “vi ho invitato qui, oggi, perché immagino abbiate molte domande su quanto avvenuto la scorsa settimana e perché è ora che annunci quale sarà il mio futuro come Masumi Fujimura.”
Un brusio interessato si levò dalla piccola platea. Forse qualcuno neanche aveva creduto che lui avesse rinunciato al suo cognome altisonante.
“Dal prossimo lunedì” – continuò indifferente – “aprirà i battenti la Fujimura Production. La casa di produzione sarà di medio-piccole dimensioni ma il personale è già stato selezionato e contiamo di reinvestire i proventi fino a competere con le major del settore. Stiamo trattando l’acquisto di alcuni teatri per la prossima stagione, mentre sono iniziati i contatti con alcune compagnie teatrali di rilievo.”
Questo disse Masumi, sorvolando naturalmente sul fatto che lo Shuttle X sarebbe stato di sua proprietà. Trascurò anche di dire che i contatti con i proprietari dei teatri che aveva nominato erano iniziati parecchio tempo addietro, tramite Hijiri. Nel giro di poche settimane gli atti di trasferimento della proprietà sarebbero stati perfezionati ed avrebbe potuto definire anche gli ultimi particolari per gli spettacoli in programmazione.
“Questo, signori,” – riprese – “è quello che farò. Per quanto concerne invece il mio nuovo stato di coniugato, credo sia stato tutto spiegato nell’articolo pubblicato su Tokyo News lo scorso lunedì.”
L’uomo concluse. Bevendo un sorso d’acqua dal bicchiere che aveva di fronte, scambiò uno sguardo d’intesa con la signorina Mitsuki al suo fianco la quale prese la parola.
“Signori, il signor Fujimura risponderà alle vostre domande. Prenotatevi per alzata di mano. Verrà dato spazio a tutti.”
Mitsuki provvide a cedere la parola ai vari giornalisti, consentendo a colui che era tornato ad essere il suo datore di lavoro di rispondere a chi e come preferiva.
“Signor Ha… Fujimura, nell’articolo che ha citato, quanto c’è di vero e quanto invece è frutto di romantica quanto comoda invenzione?”
Un sorriso sardonico comparve sul volto di Masumi, mentre assaggiava il gusto maligno di quella domanda. Prima che potesse prendere la parola però Mitsuki intervenne.
“Il signor Fujimura ha già detto che…”
Con un gesto della mano la bloccò.
“La ringrazio per l’occasione che mi sta dando. Le parrà strano nel nostro mondo, ma ogni parola che è stata scritta in quell’articolo è vera. Mette forse in dubbio anche la professionalità del suo collega oltre che la mia parola?”
“Beh, riflettevo solo sull’influenza che ha avuto sui suoi ‘sentimenti’ il fatto che la signorina Kitajima si sia rivelata l’aggiudicataria dei diritti della Dea Scarlatta…”
Se l’era immaginato. Il freddo calcolatore non poteva sposarsi perché innamorato. Cosa si aspettava? Lui stesso l’aveva anticipato anni addietro: avrebbe sposato solo una donna utile alla Daito, un computer l’avrebbe scelta per lui.
“Come avrà notato, non ho nominato la Dea Scarlatta nel mio primo intervento. Non l’ho fatto perché Maya sarà l’unica detentrice di quei diritti, così come non subirà le conseguenze negative di un mio eventuale fallimento.” – la voce era ferma e lo sguardo deciso. Non aveva bisogno di camuffare alcunché, non era altro che la verità.
“Allora perché aspettare tanto?” – insistette il giornalista.
“E’ la mia ultima risposta per lei. I rapporti con Maya non sono mai stati facili per il ruolo avverso che ho sempre ricoperto nei confronti della sua compagnia. Ho atteso che le cose cambiassero.”
Prima che l’uomo accennasse un’altra domanda, la signorina Mitsuki diede la parola ad un altro intervistatore.
“Era veramente solo ammirazione quella che provava per la signorina Kitajima quando l’ha conosciuta?”
Una grassa risata sgorgò dalla sua gola.
“Dica un po’… la ricorda, vero, nelle sue prime apparizioni?” – se Maya stava guardando l’intervista, sperò che cogliesse la verità nelle sue parole – “Lei pensa veramente che il mio interesse nei suoi confronti potesse essere più che ammirazione professionale?” – la risata continuò ad aleggiare nella sala.
Il povero giornalista si incassò nelle spalle arrossendo vistosamente anche per aver sprecato la sua occasione.
“Lei, in fondo, prego…” – continuò la donna.
“Ci scusi se insistiamo, ma la signora non è che sia cambiata poi molto, no?”
Uno sbuffo, infastidito stavolta.
“Forse non era presente alla rappresentazione della Dea Scarlatta o non ha partecipato al ricevimento successivo o, ancora, non ha visto le foto del nostro matrimonio?” – e anche questo fece la fine di chi l’aveva preceduto – “Veramente, vogliamo continuare a parlare del mio matrimonio? È una delle poche cose chiare ad oggi.”
La domanda successiva riguardò i teatri con cui aveva contatti.
“Non posso rivelare i nomi dei teatri. Inficerei le trattative in corso. Come non posso accennare nulla in merito alle compagnie coinvolte.” – li anticipò.
Un mormorio di lamentele si levò dalla platea.
“Tutto a tempo debito, signori. Vi posso assicurare che non lesinerò informazioni al momento opportuno.” – già, lui aveva fatto del talento di manipolare i mass-media la sua fonte di ricchezza.
“Signor Fujimura, cosa pensa invece dell’atteggiamento di suo padre?”
“A che proposito?”
“Beh, come ha preso la rinuncia al cognome degli Hayami?”
“Me lo dica lei. Sarà sicuramente più informato di me.”
Masumi notò un sorrisetto sfuggire dalle labbra di Mitsuki.
“Sembra che abbia affidato agli avvocati di famiglia l’incarico di estrometterla dagli affari e che abbia intenzione di trovare un sostituto per la direzione della Daito Art Production.” – sciorinò saccente l’omuncolo.
“Allora sapete tutto. Non ho altro da aggiungere.” – in realtà l’avrebbe avuto, pensò con amarezza, ma un malsano affetto filiale e la mancanza di prove gli impedivano di muovere accuse pesanti.
“Cosa ne pensa, signor Fujimura?”
“Fossi stato in mio padre,” – con il suo carattere e la sua avidità – “avrei fatto lo stesso.”
“Quando potrà rivelare nuovi dettagli circa la nuova casa di produzione?”
“Contiamo di chiudere tutte le trattative nell’arco di un mese, per permettere alle compagnie ingaggiate di provare con dovizia tutti i nuovi spettacoli in attesa della riapertura della stagione del prossimo anno.”
“La signorina Kitajima sarà una delle attrici scritturate?”
Era veramente tanto difficile ritenerla sua moglie?
“La decisione sarà naturalmente solo sua. Sarà impegnata con la messa in scena della Dea Scarlatta. Vedremo come si evolverà la situazione.”
Con un ultimo cenno alla platea, si alzò in piedi e si diresse alla porta da cui era entrato. Sentì la signorina Mitsuki congedare tutti gli addetti stampa. Lui raggiunse Hijiri, allentandosi la cravatta.
“Tutto pronto?”
“Sì, signore. Diamo inizio allo spettacolo!”

Maya aveva seguito tutta la conferenza stampa tramite la televisione via cavo dell’hotel. Le domande dei giornalisti su di lei l’avevano alterata: volevano insudiciare tutto ciò che di puro c’era stato tra loro. Che ne sapevano dei sacrifici di entrambi? Che ne sapevano del dolore patito da Masumi in quegli anni? Lei stessa non ne poteva avere idea visto che era vissuta nell’ignoranza. Poteva solo immaginarlo, ma la fantasia era niente in confronto alla realtà.
Si erano trovati da pochi mesi ed ora arrivavano degli sconosciuti che si permettevano di insinuare un interesse morboso di Masumi nei suoi confronti, un’attenzione malata verso una ragazzina di tredici anni!
Solo la risposta infastidita di Masumi le faceva tornare il sorriso.
“Dica un po’… la ricorda, vero, nelle sue prime apparizioni? Lei pensa veramente che il mio interesse nei suoi confronti potesse essere più che ammirazione professionale?”
Le aveva fatto tornare in mente come si comportava, la fanciullina spavalda che era, le loro prime schermaglie, i loro primi incontri. Quando le aveva indicato il posto durante il primo spettacolo a cui aveva assistito. Lui così elegante e ben educato, lei così ordinaria ed impacciata. L’incontro a casa della signora Tsukikage e la visione del suo lato spietato. Il suo salvataggio dai cani nel cortile della compagnia Ondine. Il primo spettacolo da attrice: le critiche negative assoldate da Masumi Hayami ed il primo mazzo di rose scarlatte donato dal suo ammiratore. Il peccato e l’ammenda. Con una mano toglieva, con l’altra le donava più di quanto avesse tolto.
Quante volte si erano scontrati? Quanti litigi? Quanti alterchi? Si erano trovati su fronti opposti ed avevano agito di conseguenza, apparentemente. E dietro le apparenze, Masumi l’aveva sostenuta. Dall’ombra aveva costituito lo scoglio cui aggrapparsi nei momenti di difficoltà. Alla fine, dopo la morte di sua madre, era stato disposto anche a muoversi in suo favore alla luce del sole, ma tutti erano talmente abituati a vederli in conflitto, lei compresa, da non aver còlto il cambiamento: il sostegno dopo al morte di sua madre, lo stralcio del suo contratto con la Daito, l’aiuto per lo spettacolo al parco, l’indirizzamento alle selezioni delle Due Regine, lo spettacolino alla prima di Isadora…
E quegli idioti volevano rovinare tutto! Non l’avrebbe permesso.
Ripensò all’altra risposta di Masumi, quella per il giornalista che sosteneva che non fosse cambiata.
Incredulità sul suo volto; un bagliore di desiderio nel suo sguardo; calore nel cuore di Maya. Implicitamente aveva fatto capire di trovarla ‘affascinante’. Mai una volta l’aveva chiamata ‘ragazzina’, un nomignolo che ora era solo loro, privato.
Per quanto riguardava invece la casa di produzione, naturalmente, Masumi le aveva anticipato già tutto, mettendola anche a conoscenza del fatto che la sua società era la proprietaria dello Shuttle X. Maya non aveva ancora pensato a cosa fare dei diritti di rappresentazione. Si fidava ciecamente di Masumi ed avrebbe voluto cederglieli, ma l’uomo era stato categorico: i diritti erano suoi e suoi sarebbero rimasti. Avrebbero però potuto ‘lavorare’ insieme per rendere indimenticabile la messa in scena dello spettacolo.
Lavorare insieme a Masumi. Supportarlo. Imparare cose nuove. Recitare per lui senza doversi nascondere. Che bello!
La televisione continuava a trasmettere la sua programmazione mentre Maya girovagava per la suite mettendo in ordine qua e là. Un capo d’abbigliamento nel cesto per la lavanderia; una camicia nell’armadio; i cuscini al loro posto; le stoviglie della colazione fuori dalla porta.
Fu in quel momento che squillò il telefono della reception. Uno sguardo sorpreso si dipinse sul suo volto mentre ascoltava il suo interlocutore e affermava di far salire la sua ospite.
Ayumi! Finalmente l’avrebbe rivista! Non era venuta al suo matrimonio, le aveva scritto che non poteva presenziare alla cerimonia perché era fuori dal paese. Era tornata! Chissà come aveva preso la notizia che Masumi era diventato suo marito.

Aveva lasciato da pochi minuti il parcheggio sotterraneo dell’hotel. Percorreva a velocità moderata le strade della capitale che l’avrebbero condotto da Maya.
Stava rischiando la sua vita e lo sapeva, ma avrebbe fatto di tutto per quella persona: l’aveva salvato.
Sapeva che entro qualche chilometro sarebbe andato in blocco il volante, mentre i freni già adesso non funzionavano più. Rallentava solo aiutandosi con il freno-motore. Aveva parlato con lo yakuza che aveva manomesso l’auto. Avrebbe avuto pochi secondi per lasciare il mezzo e mettersi in salvo dallo schianto, ma… un attimo di ritardo nel lanciarsi nel vuoto, una caduta scomposta, un’altra autovettura che sopraggiungeva all’improvviso avrebbero potuto fargli rischiare quanto il rimanere seduto al posto di guida.
Il piede, abituato dagli anni alla guida, premette inutilmente il pedale del freno. Scalò la marcia e sentì il motore urlare.
Si stava avvicinando inesorabilmente al luogo previsto per l’impatto: una curva con una lunga via di fuga ed un palo dell’illuminazione pubblica nel mezzo. Un leggero prato costeggiava la strada. Avrebbe dovuto indirizzare l’auto verso il palo ed accelerare. Pochi secondi prima dell’impatto avrebbe dovuto saltare fuori dalla vettura atterrando sul prato e rifugiandosi tra i cespugli. Un fantoccio avrebbe fatto le sue veci quando l’ambulanza (fasulla) sarebbe giunta provvidenzialmente entro pochi secondi perché lo stava seguendo a poche decine di metri di distanza. I paramedici (fasulli) avrebbero constatato la morte di Masumi Fujimura ed i media avrebbero urlato la notizia.
Eisuke Hayami l’avrebbe saputo e avrebbe chiamato Koji per complimentarsi e confermare l’appuntamento del giorno successivo per il pagamento del compenso.
Sentì il volante farsi rigido sotto le sue dita. Inquadrò il palo su cui avrebbe dovuto schiantarsi alla fine del rettilineo. Indirizzò l’auto verso di esso e accelerò.
Controllò dallo specchietto retrovisore che non vi fossero ospiti inattesi. Vide i lampeggianti spenti dell’ambulanza poco dietro.
Piegò le labbra in un sorriso mentre iniziò a forzare la portiera dell’auto in corsa per aprirla e gettarsi nel prato. Sentì l’impatto con il guard-rail nel momento stesso in cui la spalancò. Rumore assordante di lamiere accartocciate; il motore che urlava a pieni giri mentre fiondava il veicolo verso il suo obiettivo ultimo.
Saltò, sperando di non aver tardato troppo, di non cadere su un sasso nascosto nell’erba, di non rompersi qualche osso.
Lo schianto dietro di lui: lamiere distrutte, vetri in frantumi ancora al loro posto ripiegati su se stessi, il motore fumante.

Maya accolse Ayumi anche se non sapeva cosa aspettarsi. Il sorriso radioso della rivale, però, la rassicurò. Si abbracciarono strette, come le due amiche che erano diventate, uniche a poter dire di comprendersi veramente l’una con l’altra. Ayumi per prima aveva capito il suo genio ed aveva faticato nel misurarsi con lei. Maya aveva compreso da subito la grandezza della rivale e più volte, durante la sua carriera, questo l’aveva spronata a migliorarsi, ad andare avanti.
“Maya…” – esordì Ayumi – “mi ha proprio sorpreso quell’articolo.” – si accomodò, mentre l’amica l’invitava – “Come sai ero fuori e non ho potuto partecipare… mi sarebbe piaciuto.”
Maya le si sedette di fronte, sorridente.
“E’ spiaciuto anche a me, Ayumi, non vederti. Non ho potuto dirti nulla prima perché era tutto segreto a causa dell’annullamento del matrimonio di Masumi con Shiori e la successiva reazione di suo padre.”
“Lo immagino.” – Ayumi osservò il portamento fiero della sua rivale. Il matrimonio le aveva giovato – “Non deve essere stato un bello spettacolo.”
“No… ma non te ne curare.” – Maya sospirò – “Dimmi di te, piuttosto! Come è andato il viaggio all’estero? Dove sei stata?”
“Oh… niente di speciale.” – tergiversò la ragazza. I morbidi capelli, ora più corti, erano sciolti sulle spalle, mentre un piccolo berretto nascondeva la piccola zona della testa che aveva dovuto rasare per l’operazione e su cui i crini stavano ricrescendo – “Sono stata a fare un giro in Cina con Hamill. Nessuno lo sa. Sono andata in incognito.”
Maya la lasciò un attimo, andando ad accogliere il servizio in camera che aveva allertato mentre Ayumi stava salendo. Le servì del tè e, mentre sorseggiava dalla sua tazza, le chiese se non avesse anche lei delle novità da raccontarle.
Ayumi le rivolse uno sguardo felice ed accennò uno dei suoi garbati sorrisi.
“Sì, Maya. Anch’io.”
“Ne sono felice.”
Continuarono in quel modo per parecchi minuti, raccontandosi gli avvenimenti delle ultime settimane.
Ayumi era anche curiosa di scoprire come avesse capito che Masumi Hayami fosse il suo donatore e come l’avesse presa.
Per la prima volta, Maya confidò i propri pensieri ed i propri sentimenti ad una persona che non era Masumi. Le raccontò alcuni degli aneddoti principali, tenendo per sé quelli che lei considerava ricordi preziosi come gemme. Le raccontò di sua madre e di come l’avesse accusato, nascondendo a se stessa le proprie colpe. Le raccontò della prima di Lande Dimenticate. La gioia di quando lo vedeva. La tristezza di saperlo di un’altra. Il dolore di non essere abbastanza. A mano a mano che il racconto procedeva, Ayumi comprese! Comprese una volta di più la grandezza di Maya Kitajima, comprese che tutti i sentimenti devastanti che aveva provato li aveva riversati nei suoi personaggi, in Akoya e nella Dea Scarlatta. Maya aveva tanto sofferto. Ayumi, al confronto, si sentiva veramente una principessa. Alla fine aveva affrontato la mancanza dei propri genitori (ma li aveva ancora entrambi!); aveva patito per il senso di inferiorità che Maya le ispirava (ma era servito a migliorarsi); aveva sopportato la cecità (che era stata temporanea).
Maya meritava quello che aveva ottenuto sul palcoscenico e nella vita, perché aveva talento, perché aveva lottato, perché mai si era arresa nonostante le avversità.
Ayumi era felice di essere passata a trovarla. Era dall’epoca delle Due Regine che non parlavano più come vecchie amiche. Ne aveva bisogno.
Dal canto suo, Maya era contenta di ritrovare in Ayumi l’amica di un tempo dopo i tanti mesi di rivalità che le avevano separate.
Erano nel mezzo del discorso, quando Maya colse metà frase di un cronista alla televisione che la fece raggelare.
“…mura è morto nell’incidente.” – doveva aver capito male!
Quanti uomini con un “-mura” nel cognome dovevano esserci in Giappone? Si voltò, pronta a smentire le sue paure, ma il cronista, impietoso, ribadì quella cruda verità.
“Ripeto, Masumi Fujimura è morto in un incidente automobilistico mentre tornava al suo albergo!”
Dov’era il pavimento? Perché non lo sentiva più sotto i piedi? E perché non si sentiva più il cuore in petto?
Masumi. Morto.
No! Non poteva essere vero. Non era possibile. L’aveva visto fino ad una manciata di minuti prima condurre la conferenza stampa.
Non vedeva più la televisione; non vedeva lo schermo rimandare le immagini della sua auto distrutta e fumante, non vedeva i paramedici caricare sull’ambulanza una barella con un cadavere infilato in un sacco nero. No! Non vedeva nulla.
Quanto tempo era passato? Cosa sapeva Maya?
Sapeva di essere morta, solo questo. Un’anima divisa a metà non è più viva.
Masumi le aveva detto di non preoccuparsi, che sarebbe andato tutto bene. Ma ora? Ora, cosa sarebbe andato tutto bene? L’aveva lasciata sola! Si sentì scuotere… chiamare…
Chi c’era con lei? Masumi? No… non era lui, lui era morto.
Ayumi? Sì, Ayumi era con lei fino a poco prima.
Alzò gli occhi asciutti dal pavimento. Era caduta in ginocchio e non se ne era accorta. Non riusciva a tirarsi in piedi. Dov’era finita la sua forza?
Ayumi la guardava terrorizzata. Chissà che aspetto atroce doveva avere. Cercò ancora di tirarsi su, ma non un muscolo rispondeva ai suoi ordini. Voltò il viso sullo schermo. La foto di Masumi campeggiava su metà del monitor, mentre nell’altra scorrevano le immagini dei Vigili del Fuoco che rimuovevano le lamiere fumanti in cui era ridotta la sua auto. Tutto il Giappone stava assistendo in diretta alla fine della loro vita.

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Abbiate fiducia e lasciatemi tempo... non uccidetemi subito.
 
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91 replies since 25/11/2011, 14:29   4659 views
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