Masquerade

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tenshina
view post Posted on 26/10/2011, 08:53 by: tenshina
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Stregone/Strega quasi professionista

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CAPITOLO 17

“Le ho portato la cena, signorina. Spero di non averla disturbata. So che sarebbe stato meglio che gliel’avessi fatta portare dalla sua cameriera, ma ero preoccupato…” – si trattenne un attimo e poi aggiunse – “Mi scusi.”
Shiori sorrise del suo imbarazzo. Sapeva di essere affascinante. Evidentemente aveva fatto colpo su di lui. Questo le fece migliorare leggermente l’umore.
“Non preoccuparti. Prego, entra. Non ho mai seguito molto le convenzioni sociali.”
Hijiri pensò a quanto ipocrita fosse quell’affermazione. Non aveva forse incontrato a scopo matrimoniale il signor Masumi proprio in funzione della sua appartenenza ad una famiglia di spicco dell’alta società giapponese?
Tuttavia non lo diede a vedere: non era andato in camera sua per mostrare sentimenti negativi.
“Si, signorina. Grazie.”
Entrò con il carrello delle vivande ed apparecchiò velocemente in modo impeccabile il piccolo tavolo al centro della camera. Sentiva gli occhi della donna scorrergli addosso, lungo la schiena.
Stava per congedarsi quando la calma voce della donna lo fermò – “Ti andrebbe di farmi compagnia?”
“Ma… signorina… non è decoroso che un domestico segga allo stesso tavolo della sua padrona!” – di proposito aveva usato un tono esageratamente deferente.
“Takeshi… posso chiamarti così, vero? Ti ho già detto che non mi formalizzo. Ti prego accomodati. Fammi compagnia durante la cena e anche dopo. Mi sento così sola questa sera…” – i suoi occhi spaziarono da destra a sinistra, abbracciando tutto lo spazio vuoto dell’elegante camera. Alla fine si fermarono su di lui: sembrava volessero implorarlo.
“Si… signorina.”
Mentre Shiori si alzava con studiata lentezza dal suo letto, Hijiri si avvicinò per sorreggerla. Tuttavia non sembrava che ne avesse bisogno. La fece accomodare al tavolo e, mentre lei iniziava a piluccare le prelibatezze che la cuoca le aveva preparato, lui studiava il suo volto. Cosa che non sfuggì alla donna.
A ben vedere poteva dar ragione ai rotocalchi che la giudicavano bella quanto una dea: l’incarnato diafano come alabastro, i profondi occhi neri, i lineamenti delicati, i lunghi capelli neri come il carbone. Quello che però gli altri non vedevano e lei non lasciava trasparire era uno spirito cinico che annullava l’aspetto angelico. Lui aveva colto alcuni sguardi che Shiori aveva lanciato al suo principale e nulla avevano degli occhi innamorati che invece vedeva sul volto di Maya.
Ora voleva capire se aveva colto effettivamente la sua essenza o si era trattato di un banale errore di valutazione.

CAPITOLO 18

Maya rientrò a casa a metà mattina.
Preparò alcune pietanze per il pranzo attendendo il ritorno di Rei. Si erano messe d’accordo che l’amica l’avrebbe aiutata ad abbigliarsi per il ballo in maschera prendendo un pomeriggio libero dal lavoro.
Dal canto suo, Rei non voleva perdere l’opportunità di ammirare la piccola Maya nelle vesti della solare Ardis fuori dal palcoscenico!
Fecero pranzo silenziosamente perse ognuna nei propri pensieri: Maya ancora indecisa sull’atteggiamento da tenere, Rei curiosa della piega che stavano prendendo gli eventi. Nel frattempo il piccolo televisore trasmetteva le notizie di cronaca e attualità del giorno.
Verso le quattro del pomeriggio iniziarono a stendere sul letto il contenuto delle varie scatole.
Maya si rilassò nella vasca da bagno colma di calda acqua profumata, mentre Rei pensava all’acconciatura da fare.
Sarebbe stato bello intrecciare i sottili fili di perle e ametiste ai suoi setosi capelli, raccogliendoglieli alla nuca e lasciando sfuggire qualche ciocca.
In un festoso clima iniziarono la “vestizione”: di fronte alla modesta toeletta Maya vide trasformarsi.
Dapprima il lungo e pesante abito, poi l’elaborata acconciatura, infine il leggero trucco. La “ragazzina” era scomparsa per lasciare spazio ad una gran dama del Rinascimento. La maschera donava una nota misteriosa all’insieme. Nessuno avrebbe potuto riconoscerla e lei si sentiva meno inadeguata ed imbarazzata del solito rimirandosi nello specchio. Forse era l’effetto della maschera, pensò.
Quando puntualmente alle venti l’autista bussò alla sua porta, quello che si presentò davanti agli occhi dell’uomo era una piccola creatura che si muoveva con leggiadria ed eleganza, creando tenui fruscii con il velluto. Il pesante e lungo mantello la copriva interamente ed il grande cappuccio era calato sugli occhi.
Velocemente si diressero verso il centro e l’hotel che era stato allestito per l’evento. Maya approfittò dei brevi attimi di calma per cercare di chetare il proprio cuore. Quella sera avrebbe cambiato il suo futuro: nel bene o nel male la sua vita non sarebbe più stata la stessa. Respirò profondamente più volte: l’avrebbe visto subito? sarebbe stato presente? avrebbe dovuto cercarlo? come si sarebbe presentato? Queste erano solo alcune delle domande che le affollavano la mente mentre scendeva dalla vettura e si avvicinava all’ingresso camminando con passo leggero e a testa alta sul tappeto scarlatto della scalinata.
I flash dei fotografi giunti per l’occasione la abbagliavano ma non vi prestò attenzione. Si stava dirigendo verso il futuro.

Masumi Hayami era arrivato ormai da una decina di minuti. Era entrato in incognito, mascherato come si conveniva. Certo, la sua statura non lasciava molti dubbi sulla sua identità, ma non era l’unico giapponese alto un metro e ottanta che si occupava di spettacolo: c’erano anche parecchi attori.
Una volta lasciato il mantello di velluto al guardaroba si era diretto nel grande salone, appoggiandosi con le spalle alla parete di fondo da cui dominava tutto l’ingresso e a cui gli altri invitati non davano importanza.
Fu con un bicchiere di champagne in mano che notò l’ingresso di Maya. Se non avesse conosciuto nei minimi dettagli il suo costume non l’avrebbe mai riconosciuta.
Ne rimase abbagliato: emanava eleganza e grazia. Era di una bellezza sfolgorante.
Non credeva possibile una tale mutazione: dove era finita la sua ragazzina impacciata? dove si era nascosta? Non riusciva a rispondersi, perché davanti a lui vi era una favolosa giovane donna dal corpo minuto ma proporzionato che si muoveva con calma e sicurezza apparenti, piccole mani candide dalle lunghe dita affusolate ornate da un piccolo anello d’ametista. La scollatura quadrata dell’abito metteva modestamente in evidenza dei piccoli seni che si abbassavano e si alzavano al ritmo del suo respiro: l’elegante ciondolo che aveva al collo vi attirava l’attenzione. L’alta acconciatura esaltava la curva delicata del collo e della nuca. Le poche ciocche che sfuggivano sembravano chiedere alle sue mani di rimetterle al proprio posto. Le piccole labbra che si scorgevano appena sotto il pizzo della maschera erano leggermente socchiuse e velate di rosso. Si stava lentamente voltando da destra a sinistra cercando, pensava lui, di individuare colui che l’aveva invitata.
Guardandola, doveva ammettere con se stesso che i sarti della Daito avevano fatto un ottimo lavoro.
Con eleganza si staccò dalla parete prendendo un’altra coppa di champagne da un cameriere di passaggio. I suoi occhi non l’abbandonavano un istante. Muovendosi con lenti passi pregustava ogni momento del suo incedere.
Stava andando incontro al suo destino, lo sapeva: ora che l’aveva vista, non avrebbe resistito e non si sarebbe tirato indietro. Avrebbe lasciato decidere a lei della sua vita e anche della morte della sua anima.
 
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