Ritorno nella Valle II

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view post Posted on 12/11/2013, 17:12
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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Fulviona, torna e il bel tempo rimena!!!
Sì, Heinz è pericoloso. Lo abbiamo visto a proposito del povero Masumi.
Scusate la latitanza, ma sono più felice di occuparmi dello studio, del figlio, del compagno, della casa. Ciò nonostante, scrivo con costanza e vi penso sempre. Un abbraccio a tutti! :wub:

Capitolo trecentosettantatre

“Dubbi”



Masashi Hayami senior buttò nel cestino della spazzatura indifferenziata la rivista patinata che immortalava in prima pagina il modello Marcus Anderson nelle vesti di rockettaro disperato: purtroppo, ciò che Laura gli aveva preannunziato qualche giorno prima si era rivelata triste le realtà.
Come Laura gli aveva preannunciato, il danese appariva sempre più simile a Masumi Junior, sia nelle pose che nell’atteggiamento: si era persino sottoposto a rinoplastica per ridurre le dimensioni delle fosse nasali.
Ma, più che un Masumi dal volto adulto, sembrava la brutta copia invecchiata e finta di ciò che non sarebbe mai potuto essere.
Il modello, che era spesso a Tokyo soprattutto per seguire le riprese del film, si trovava nel bel mezzo di un servizio fotografico, quando fu raggiunto da Masashi senior.
La figura imponente di Hayami destò in Marcus dei non del tutto distinti sentimenti: ne percepì subito una sorta di autorità, come se colui che lo cercava fosse lì per un motivo preciso.
Forse, per scorgere quei cari e familiari tratti che Laura si ostinava a non voler vedere.
Ma Anderson non aveva idea di quanto l’attendeva, ché il figlio di Maya aveva intenzioni ben diverse da quelle da lui auspicate.
“Verrò subito al dunque.” Disse l’uomo quando il modello, lasciato il set, gli si fece prossimo “Non ti tratterrò: sono qui per un motivo ben preciso. Se tieni davvero alla memoria di mio figlio, smetti di protrarre questa farsa: non ho idea se tu abbia realmente o meno qualcheduno dei ricordi di mio figlio. Se anche fosse, non sei Masumi. Ti prego, pertanto, di non perseguitare né la mia famiglia né chi gli è stato accanto. Non servirebbe a nulla, credimi. In questi mesi, ho cercato di star vicino alla madre dei miei figli, caduta in uno stato depressivo pericoloso dopo quella tragica giornata: che ne sarebbe di Elizabeth e del suo equilibrio, se vedesse questo?”
“Proprio vedermi in questa veste dovrebbe esserle di maggior conforto.” Replicò Anderson compunto.
“Io so che sei un uomo intelligente.” L’interruppe con calma Hayami “Non capisco come ti sia lasciato prendere la mano da questa situazione.”
Marcus si allontanò di poco, nervoso come se fosse stato punto da un insetto.
“Come mi sono lasciato prendere?” ripeté “Immagini per un istante di percepire delle nitide sensazioni!”
“Non parlarmi di questa cosa…” fece Masashi riluttante “Hai confortato la mia compagna e te ne sono grato, ma molto di ciò che dici di provare non può che essere autosuggestione…Cerca di ragionare e…lascia in pace quelli che, loro malgrado, sono sopravvissuti a Masumi…”
Marcus lo prese per un braccio, una stretta forte e fragile insieme:
“Perché mi dice questo? Si percepisce nitidamente che desidera saperne di più. Sta cercando di distogliere la mente da quanto rappresento come se costituisse un affronto alla memoria! E, invece, dovrebbe gioire: non era giunto il momento di Masumi e lo sta dimostrando: urlando, salvando la vita, cercando di riprendersi ciò che è suo!”
Masashi lo guardò dritto negli occhi.
“Ti riferisci a Laura?”
Vide il collo del modello muoversi come chi inghiotte qualcosa di grosso e doloroso e comprese di aver colto nel segno:
“Le ossessioni non ti daranno ciò che vuoi. Anzi, avranno il potere di allontanare colei che pensi di amare in virtù del cuore che hai in petto.”
“Che dice?” fece imbarazzato Anderson “Io amavo Laura Sakurakoji già prima di subire il trapianto. La mia attuale evoluzione dei sentimenti può sembrare imbarazzante e, forse, l’intensità di ciò che provo dà di me l’idea di uno fuori di testa. Ma voglio bene sinceramente a quella ragazza. Desidero solo renderla felice.”
Masashi senior ebbe quasi pena di lui:
“Ma è lei a non volerti. Renditene conto. Mi dispiace davvero, ma è giunto il momento di vivere la tua vita, di ricominciare. Sono…felice che una parte del mio ragazzo sopravviva in te, ma non sei lui…”
Portò una mano agli occhi, commosso e Marcus comprese subito di avere colto nel segno.
“La differenza di età tra me e lei non è che di un decennio circa…ma le confesso che l’istinto, in questo momento, mi detta solo di abbracciarla.”
“Non è il caso.” Fece un po’ più duro Hayami “Abbassare la guardia e assecondarti non ci porterà da nessuna parte. Stai lontano da Laura, Anderson. Se Miro dovesse venirlo a sapere, non sarebbe così tenero, con te.”
“Non ho paura dei violenti.” Replicò l’altro.
“Come fai a dire una cosa come questa? Qualunque padre, davanti ad un pericolo per i propri figli, reagirebbe in modo <forte>.” Disse l’attore alzando lievemente le sopracciglia.
“A me non interessa per nulla il signor Sakurakoji: conta solo Laura e lotterò per averla al mio fianco. Sono certo che lei non mi nuocerà: ha capito che non sono cattivo, che non farei nulla per far del male alla donna che amo.”
“Ok,” mormorò Masashi “forse, non sei un violento neppure tu, ma sii cauto. Ogni parola ti contraddice. Persino mia nipote Chigusa ti detesta.”
Marcus ridacchiò:
“Chizu è una ragazza splendida e ogni uomo perderebbe la testa per lei. Sono convinto che il motivo del suo detestarmi sia riconducibile ad Ian. Inoltre, signore, dai suoi occhi percepisco condivisione e simpatia.”
Il figlio di Maya scosse la testa sconcertato, ma parte di ciò che aveva udito era verità: aveva paura di ferire Anderson.
Somigliava talmente tanto al suo ragazzo che redarguirlo gli costava immensa fatica.
Depose così l’ascia di guerra, non immaginando neppure a cosa sarebbe giunto, forte di quella condiscendenza, il modello danese.

***



Beatriz uscì dalla clinica di Augusta, scortata come di consueto da due guardie reali.
Il volto era segnato e un po’ teso, ma anche granitico e fisso in un punto indefinito di un orizzonte che, ormai, le appariva troppo angusto per recarle un qualche conforto.
“E, così, ho smesso di vedere la luce.” Si disse salendo in limousine.
Tradì un sospiro rassegnato: ciò che non voleva era minare ancora una volta la serenità di suo figlio Filippo. Eppure, data la notizia a tutti, inevitabilmente avrebbe finito per farlo.
Laura Sakurakoji, dopo quanto vissuto, era tutt’altro che portata all’idea di indossare la corona e, con essa, prendere in carico il regno intero di Augusta.
Mentre l’auto proseguiva lungo le strade di campagna, si accorse di una sagoma alta, ferma in mezzo alla strada.
“Veda di evitare quel folle.” Fece blandamente al suo autista “Dèi, per quale motivo hanno chiuso gli istituti di correzione?”
“Ma, Maestà…” balbettò l’uomo “Pare non abbia intenzione di spostarsi e, poi…”
“Poi…che cosa?” si spazientì Beatriz, il cui cuore aveva preso a battere più forte che mai.
Da lontano, non aveva bene messo a fuoco, ma, a pochi metri di distanza, non le fu difficile riconoscere Heinz.
L’autista puntò i freni sulla strada e la regina discese a gran velocità:
“Per l’amor del cielo! Vuoi farti ammazzare?”
“I miei omaggi!...” la sbeffeggiò il ragazzo, facendo un inchino bislacco.
“Non credevo avessi il coraggio di farti vedere qui, ancora una volta!” disse la regina stravolta “Come hai potuto mettere a repentaglio la vita dei figli di tuo fratello! E, addirittura, collaborare attivamente all’uccisione di quel povero ragazzo!”
Heinz le puntò il dito contro:
“Fratello…? Io non ho fratelli. Filippo è un bastardo, così come lo sono i suoi figli. Ci mancavano solo il trovatello e la bambina mezzosangue…Per fortuna, entrambi sono figli d’altri. Altrimenti…”
Evidentemente Heinz nulla sapeva della reale paternità di Hector.
“Che cosa sei venuto a fare?” chiese concitatamente Beatriz “Non sei gradito, qui!”
“Questo è ciò che pensi tu.” Rispose il figlio “Sono gradito a te, per lo meno. Altrimenti, avresti già chiesto alle tue guardie di buttarmi in galera e gettare la chiave.”
E fissò, prima, l’uomo della scorta, poi colui che lo accompagnava, che faceva bella mostra di un revolver all’altezza della cinta.
“Tu mi vuoi ancora bene. Anche se parteggi spudoratamente per il figlio dell’avvocato Schenkenberg…Che siate tutti maledetti!”
“Devi farti curare.” Lo pregò la regina “Non puoi continuare in questo modo! Meriti di vivere una vita degna e non in mezzo a questo fango, nell’anonimato!”
“Non mi serve la ribalta.” Sghignazzò Heinz “Potrei farti fuori in un istante e finire sulle prime pagine dei giornali già adesso. Poi, magari, ci scriverei su un libro e farei i soldi. Ma è troppo divertente farvi stare sulle spine e, visto che, non hai intenzione di farmi arrestare, continuerò il mio giochino, così quel bastardo che hai messo al mondo capirà che non l’ho lasciato solo a godere…Non gli regalo niente, a quello…”
Beatriz si avvicinò a lui:
“Tuo fratello ti vuole bene! Quando eri piccolo, lui si preoccupava sempre per te! Ed io vorrei, ad oggi, sapervi uniti. È ciò che una madre desidera, specie quando vede approssimarsi la fine.”
Heinz parve raggelarsi.
“Che diamine stai dicendo?” fece come se avesse riacquistato lucidità.
La donna sospirò profondamente:
“Torno ora dalla clinica. Sono ammalata. Non mi resta molto, ormai.”
Le braccia del principe ricaddero lungo i fianchi.
“Ne sei certa? O è una balla per mettere il gaglioffo sul trono?”
Beatriz negò col capo:
“Non potrei mai scherzare su questo. Anzi, se avessi due figli sani, non minerei mai la felicità di Hector. So che Laura non desidera affatto un suo ricoinvolgimento nella Corona o nella politica. Farei in modo, piuttosto, che mi succedessi tu.”
“Ero già <il re>.” Disse con amarezza beffarda Heinz “E tu mi hai privato di tutto. Mi hai tolto il <mio> trono. Sei stata imperdonabile, madre. Non…non potrò mai perdonarti!”
“Curati! Te ne prego!” quasi urlò la regina “Se tornassi in te, io non avrei esitazioni. È indubbio che tu e tuo fratello siate egualmente qualificati, ma Hector non vuole il potere…”
Il principe la placcò con prontezza:
“Tu mi offriresti il trono, se non fossi il pazzo che ho dimostrato d’essere? Ma stai scherzando? O la malattia che dici di avere ti ha roso anche l’ultimo neurone? È del tutto ovvio che non sia mai stata interessata alla mia investitura a sovrano di Augusta. Neppure quando sembrava che fossi il principino compito e senza difetti. Perché cazzo dovrei crederti? Tu stai dicendo tutto questo per indurmi a mollare il figliolo prediletto. Sii sincera, prima di crepare.”
“Avevo fiducia in entrambi voi.” Sussurrò Beatriz stremata.
“E allora cosa?” sbuffò Heinz “Ti abbiamo delusa? Ti abbiamo resa infelice? Povera mammina…Ma tutto questo è colpa tua. Se avessi detto la verità su quel tuo bastardo…”
La donna si accasciò sulla nuda terra portando una mano alla testa.
Le guardie del corpo, spaventate, la raggiunsero in un istante.
“Sta…bene?” chiese il principe ad uno dei due.
La regina era chiaramente svenuta.
“Sarà meglio avvertire l’avvocato Schenkenberg.” Fece l’autista brandendo il cellulare.
“Ecco, bravi…” rise Heinz recuperando il consueto sarcasmo “Chiamate il suo amante. Accorrerà sul suo bianco cavallo, così potranno <galoppare> insieme un’ultima volta. Quello se la fotterebbe anche da defunta!”
Diede loro le spalle, ma nel suo cuore nasceva come una sorta di inquietudine al pensiero che, realmente, sua madre stesse male.
Scosse il capo e corse via come se l’avesse morso una tarantola.
La regina, nel mentre, fu caricata in macchina e ricondotta al castello.


CONTINUA!...

 
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view post Posted on 12/11/2013, 17:32
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Stregone/Strega quasi professionista

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Ebbene sì.. dopo quest'ultimo capitolo, forse sono più angosciata da Marcus che da Heinz.... Il pazzo mi è sembrato titubare di fronte alla morte della madre, potrebbe essere il fattore che gli restituirà la lucidità? non lo so, ma lo spero, per Hector e Laura (se Hector dovesse tornare sul trono come reagirebbe lei?)
Marcus invece mi è sembrato determinato a sfruttare qualsiasi tipo di appoggio (vero o immaginario che sia!")... PAURA!
 
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Yayoi
view post Posted on 12/11/2013, 19:41




È che di Heinz sai già cosa aspettarti. Quando c'è in giro lui, basta 'solo' guardarsi alle spalle!
Di Marcus resta sempre il dubbio: e' veramente così fuori di testa o è solo in periodo di transizione (che dura pure da troppo!)?
Stiamo a vedere...

Ciao, Fulvia. È un piacere leggerti, di tanto in tanto :D
 
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fufu1973
view post Posted on 18/11/2013, 16:20




Ciao ragazzuole!
Barbara è un piacere anche per me :wub:
A me fanno paura tutti e due...però è vero, da Heinz non ci aspettavamo nulla di buono mentre per Marcus nutrivamo la speranza che fosse un raptus passeggero.
CITAZIONE
Stiamo a vedere...

Vedrem... :D
 
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view post Posted on 18/11/2013, 17:12
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Finché sono "bambini", i casi clinici fanno tenerezza. Ma, se sono adulti, tutto cambia... :(

Capitolo trecentosettantaquattro

“Crescere”



Tutto avvenne come stabilito da Tomo ed Elizabeth.
Poiché il viaggio a Nara della Himekawa e Alicia si avvicinava, essi avevano deciso di anticipare la festa di Natale al 16 dicembre, così da riunirsi tutti, in qualche modo.
La piccola Stanford non stava più nella pelle al pensiero di trascorrere, secondo le sue fantasie di bambina, tutta la notte <con Sakurakoji>.
La sorpresa più grossa, però, fu quella riservata a Lizzie, allorché alla sua porta suonò una sorta di buffo babbo natale senza rughe e qualche ciuffo biondo che <fuggiva > dal cappello rosso.
Riconobbe subito suo figlio minore.
Gli occhi dell’attrice si riempirono di lacrime.
“Oh-oh…” fece Junior avanzando “Che cosa abbiamo qui? Una lacrimosa signora dai capelli color del grano. Buon Natale…e, se non la smette di piangere, non avrà alcun regalo…”
“Ma scherzi?” si ricompose subito Elizabeth “Non rinuncerò mai ai miei trastulli…”
“I tuoi…che cosa?” fece Alicia accostandola “E questo …idiota chi sarebbe?”
Junior mostrò finto disappunto:
“Se continui a dare dell’idiota a Santa Klaus, ti farò sculacciare <da tuo fratello>…”
La Stanford prese a ridere come una forsennata, incrociando lo sguardo altrettanto divertito di Tomo.
“Ma…” riprese <babbo natale> “questa casa non ha ancora un albero…”
“Aspettavamo <l’uomo alto>…” rispose la bambina riferendosi a Masashi Junior e lanciando indirettamente una frecciata a Tomo.
Era risentita con lui perché non stava considerandola un granché.
“Che significa?” chiese il musicista, che si era avvicinato a lei piegandosi sulle ginocchia.
Si accorse, però, che la fanciullina si era <alzata> di colpo e tornò immantinente nella posizione eretta:
“Che diavolo?...Cosa ti danno da mangiare? Da quanto sei così alta, nanetta?”
“Qui, se c’è un nano, sei tu.” Masticò Alicia arrabbiata “Non puoi non esserti accorto che sono una signorina, ormai.”
“Davvero?” fece il musicista con espressione seria “Allora, la Barbie che ho comprato per te dovrò restituirla al giocattolaio…”
“Avrei preferito un reggiseno, ma pazienza…” mormorò la ragazzina sconcertando Sakurakoji.
“Che …cosa?” si intromise Elizabeth allarmata “Non puoi dire una cosa del genere a un uomo adulto!”
“Mamma,” l’interruppe Masashi “non esagerare: Tomo è tutt’altro che adulto…”
Sgomitò il compagno di band, che, punto sul vivo, non replicò.
“Che diamine….” Fece dopo un poco il figlio minore di Shizuka “sembra che tutti abbiano voglia di crescere. Fino a ieri, Alicia non era che una marmocchia ladra di latte e ora mi chiede…ma…ho sentito bene?!”
“E non infierire!!!” quasi urlò la Himekawa imbarazzatissima “Lascia che si dimentichi ciò che ha detto e dimenticatene anche tu, rubacuori…!”
“Ma che dice? Che significa?” chiese Tomo.
Non era minimamente stato roso dal dubbio, sino a quel momento.
Si fece rosso come un peperone:
“Ovviamente, qui si scherza, vero?”
E si rivolse ad Alicia, che, furibonda, andò subito a chiudersi in camera sua.
“Ma che succede?” rincarò ancora del tutto ignaro il figlio di Miro.
Il <trasporto> della figlia di Mia nei suoi riguardi gli era ovvio: un po’ meno lo era il progetto che ella aveva elaborato nel minimo dettaglio.
Chiese il permesso a Lizzie di raggiungerla e quest’ultima, seppur ancora in allarme, consentì.
Due secondi dopo, il chitarrista era dietro la porta dipinta di rosa confetto: Tomo si trovò davanti il suo poster e rivolse gli occhi al cielo.
“Toc Toc…” fece simpaticamente.
Aveva anche provato a spingere l’uscio, ma questo risultò chiuso a chiave.
“Avanti, Alicia…che diamine! È Natale! Non vorrai mica metter su il muso per niente!”
“E invece sì, testa di rapa!” urlò la ragazzina.
La voce pareva lontanissima.
“Posso sapere che cosa ti ho fatto?” domandò il ragazzo “Da quanto tempo non siamo liberi di scambiarci battute? Io non mi arrabbio certo se mi prendi in giro per la mia altezza…! Siamo sempre stati amici, no?”
Non udì risposta.
Alicia sentì come se qualcosa scivolasse lungo la porta della camera e comprese che egli si era seduto per terra.
Andò a fare altrettanto, come non desiderasse altro. La visione dell’adulto e della bambina separati da una porta poteva apparire piuttosto singolare, ma era lo specchio reale di altrettanti, impenetrabili mondi.
“Ti ho detto l’altra volta” fece Sakurakoji con dolcezza “che mi immalinconisce un poco vederti crescere in fretta. Tu continui a galoppare come il vento e temo che, tra poco, mi mollerai come uno straccio…Sono un po’ nostalgico e non è che non sia fiero dei tuoi cambiamenti: sei una piccola donna, ormai. Una bellissima, piccola donna.”
Alicia Stanford deglutì emozionata.
“Questo non succederà mai.” Masticò pianissimo.
“Che cosa?” domandò Tomo incerto.
“Piuttosto, sarà vero il contrario.” Rispose la ragazzina “Ed io mi sento già in ansia…Se potessi, vorrei avere già sedici anni.”
“Non dirmi che vuoi la macchina…Tutto qui il tuo tormento?” rise il musicista appoggiando la testa all’uscio.
“Ma tu non capisci proprio un tubo, vecchiaccio!” sbottò Alicia “Non voglio la dannata auto né le dannate Barbie…”
“Che cosa vuoi, allora?” chiese Sakurakoji “Dimmelo: se è nelle mie possibilità, vedrò di realizzare il tuo sogno. Non voglio vederti arrabbiata con me: mi fa star male.”
Masashi Junior si avvicinò al compagno in quell’istante. Con un cenno del capo, gli chiese di lasciargli il posto e Tomo, un poco riluttante, accettò.
“Adesso me ne vado.” Disse ad Alicia “C’è qui tuo fratello. Se non vuoi parlare con me, fallo con lui.”
Appena egli fu fuori dalla sua portata, il batterista dei Borderline udì lo scatto della serratura.
“Alla buon’ora…” fece entrando “Ma che hai nella testa?”
Voleva fare il dolce e saggio fratello maggiore, ma una nota preoccupata vibrava nella sua voce.
“Hai undici anni e Tomo parecchi di più.” Riprese quest’ultimo “Che accidenti vuoi dimostrare con le tue battute? Tra voi c’è un abisso temporale che niente e nessuno potrà riempire.”
“Forse adesso.” Disse Alicia “Ma tra poco…”
“Potrebbe essere come dici, ma se parlassi ora delle tue infantili fantasie potresti produrre l’effetto contrario di allontanarlo!”
Stavolta, Masashi aveva quasi urlato:
“Avere le mestruazioni non fa di te una donna. Se io fossi in Tomo, per quanto bene nutrissi nei tuoi riguardi, fuggirei lontano mille miglia. Le fissazioni non fanno mai bene, rammentalo.”
Una lacrima di rabbia scivolò lungo le guance brune di Alicia.
“Non posso credere che alla tua età stia facendoti divorare dall’ansia…è troppo presto.”
“Dimentichi di chi sono figlia.” Masticò la Stanford.
“E questo mi preoccupa in modo esponenziale.” Rincarò Masashi “Vuoi godere o no della stagione più fugace della vita?”
“Non mi interessa giocare con le Barbie.” L’interruppe la ragazzina “Se proprio vuoi saperlo, da qualche giorno ho come paura di…certe eventualità. Se Tomo sapesse che gli voglio bene, forse mi aspetterebbe…”
“Di che eventualità parli?” domandò il musicista scioccato.
Ma la risposta era fin troppo evidente.
“Se anche fosse così,” riprese Hayami “dovrai fartene una ragione. Ci sarà altro ad attenderti. E non posso credere che tu sia una adolescente così egoista da augurargli una esistenza solitaria.”
“Io sarò al suo fianco, non lo lascerò mai solo.” Affermò sicura Alicia “Comunque, è vero. Debbo godere il più possibile della mia infanzia e inizierò da questa festa.”
“Ti persuadi facilmente.” Sorrise il fratello “Ne sono lieto: alla tua età, si passa da un eccesso all’altro. È stato così anche per me.”
“Questo non significa che mi arrendo.” Dichiarò arrabbiata l’altra.
I suoi toni erano già calati di molto.
“Ora, ce ne andiamo in salone e decoriamo l’albero.” La incitò Masashi rassicurante “E tu te ne stai zitta, ok?”
Ella annuì.
Dall’altra parte, Elizabeth sorrideva di fianco all’albero di Natale ancora non addobbato.
“Dov’è Tomo?” chiese allarmata Alicia.
La donna sollevò le spalle:
“Mi spiace, tesoro: credeva ce l’avessi con lui ed è andato via. Ti ha lasciato il suo regalo e anche un biglietto, ma con la precisa istruzione di leggerlo solo il giorno di Natale.”
La piccola scoppiò in lacrime.

CONTINUA!...

 
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Yayoi
view post Posted on 18/11/2013, 20:35




Mi viene in mente che le cose migliori, o peggiori, succedono sempre in pochi secondi!
E la decisione migliore era lasciare la festa!
 
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view post Posted on 19/11/2013, 14:59
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Concordo con te, Barbara. Su tutto!
 
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view post Posted on 28/11/2013, 17:02
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Ed eccovi il seguito, ragazze.

Capitolo trecentosettantacinque

“La prima delusione di Alicia”



“Confesso di essere molto contenta del fatto che Laura continui a farci vedere Beatrice con una certa costanza.” Disse Lizzie a Masashi sedendo sotto il porticato della villa di Nara degli Hayami.
L’attrice ed Alicia erano tornate in Giappone come d’accordo per trascorrervi le feste di natale ed essere vicine a Masashi senior.
“Ci chiama con skype ogni sera: è davvero una brava ragazza.”
“E perché dovrebbe escluderci?” chiese sorpreso l’uomo “Fino a qualche tempo fa, eravamo i suoi nonni veri. Il fatto che la bimba sia figlia di Hector non ha cambiato la dinamica dei nostri rapporti.”
“Mi fa tristezza pensare a Junior e alla sua mancata paternità.” Sospirò Elizabeth.
“Credi?” fece l’uomo, prendendole la mano “Entrambi i bimbi che credeva suoi sono in ottime mani, adesso. Vengono cresciuti con ogni attenzione possibile da due ragazzi che si amano. Laura ed Hector sono una bella coppia: so che la figlia di Miro ha amato Masumi, ma, alla fin fine, credo non abbia mai smesso di pensare all’ex marito. C’era qualcosa di irrisolto, tra loro.”
E la fissò significativamente.
“Che intendi dire?” chiese senza remore l’attrice.
Masashi senior sollevò le sopracciglia come a minimizzare:
“Non saprei. Vedi, essere di nuovo qui, dopo tanto tempo, insieme soprattutto, sta facendomi uno strano effetto. Come se ringiovanissi di vent’anni, in un certo senso.”
“Non ci fa bene ricordare quel tempo.” Disse tristemente Lizzie “Rammentare i momenti felici, quando manca Masumi, mi devasta.”
“A me, invece, procura gioia.” Dissentì Hayami “Fino a qualche giorno fa, mi sentivo come te, ma, ora, è del tutto diverso. Questa è stata la nostra casa da prima che ci sposassimo.”
La figlia di Ayumi si alzò dal divano, dirigendosi al caminetto:
“Come è andato il tuo incontro con Bianca?...”
“L’ho sollevata dal suo incarico…” tergiversò quasi riluttante Masashi “Non ha senso che a curare i miei interessi sia una persona che mi odia…”
“E il teatro?” chiese a bruciapelo Lizzie “Credi che recitare nel capolavoro scomparso insieme a me sia una buona idea? Non metto piede sul palcoscenico da oltre vent’anni. Ho svolto la carriera di modella, in tutto questo tempo e anche ora…”
“Non lo faccio solo per te e credevo fosse chiaro.” Mormorò l’uomo raggiungendola “E sono davvero felice di stare con te anche a teatro. Mi tira su di morale. È come se fossi io, ora, ad avere bisogno di un sostegno. Ho sempre creduto nel tuo talento: ti viene spontaneo, come viene spontaneo a me, calarti nei panni di Akoya. Questo perché tu la rispecchi.”
Ella sospirò, mettendogli una mano sulla spalla:
“Masashi, ciò di cui, ora, non abbiamo bisogno è lasciarci andare a inclinazioni romantiche sol perché sospinti dal dispiacere che viviamo. Non…non sono reali queste emozioni che proviamo. Derivano tutte da quell’immenso dolore che ci porteremo appresso per sempre.”
“Forse.” Disse l’altro scuotendo la testa.
“Io sono vissuta a New York.” Continuò Elizabeth “Non riuscirei più ad abituarmi ai monti, ai boschi…a questa stessa casa. Quando eravamo ragazzi, pensavo di poter fare tutto, pur di starti accanto, ma adesso è diverso. Non che mi piaccia la vita mondana, ma Nara mi procura strane sensazioni…”
“Di che genere?” chiese curioso Masashi.
Ella, però, non gli die’ retta: si sarebbe mozzata la lingua, piuttosto che rivelargli che quelle sensazioni avevano lui per oggetto.
“Tu sei cambiata.” Proseguì Hayami “Profondamente. Quando avevamo quella tresca, ai tempi dell’infausto suicidio di Lily, prendevi tutto ciò che volevi senza curarti di altro. Me ne accorgevo dal modo in cui riuscivi ad attirare la mia attenzione. Ed io mi facevo manipolare perché, a dispetto di tutto, sei rimasta il mio primo amore, l’icona della infanzia bella. Capisco bene perché molte donne ci ritengano dei perfetti idioti.”
“Non sono mai stata alla tua altezza.” Si trincerò Elizabeth “Io l’ho sempre saputo. Per questo, quando eravamo ragazzi, presi la decisione di stare con Miro: lo ritenevo – a torto – più facile da gestire. Pensavo che un ragazzo concreto qual pensavo fosse lui non presupponesse che io faticassi così tanto per essere all’altezza…”
Masashi ridacchiò:
“Non posso crederci…e ti prego di non dire nulla a Sakurakoji. Lo uccideresti nella sua mascolinità.”
“Io lo invidio.” Soggiunse l’attrice “Non ha mai rinnegato ciò che è stato e la sua conoscenza della vita è tale da fare invidia a un vecchio centenario. Però, all’epoca, mi deluse anche lui. Una volta incontrata Shizuka, si è come fermato. Avrebbe potuto fare tante di quelle cose…”
“Penso, invece, che sia arrivato laddove ha voluto.” Disse l’uomo sospirando profondamente “A volte, si pensa che le grandi persone corrispondano alle grandi cose di cui son capaci. Io non lo credo. Una grande persona è quella che sceglie il suo destino indipendentemente dal giudizio altrui.”
“Miro avrebbe potuto farlo in qualsiasi momento…” mormorò Elizabeth “ma avere una famiglia glielo ha impedito…E’ così che dovrebbe essere: la realizzazione di sé non viene a scapito di chi ci ama.”
“Ma ha fatto tante cazzate anche lui.” Fece Masashi sollevando le spalle “Ha tradito Shizuka con quella attricetta dalle forme burrose; si è fatto odiare dai figli che, prima, stravedevano per lui. E lo stesso ho fatto anche io, che passo storicamente per un santo. Gli uomini, anche quelli buoni, non sono esenti da errori.”
“Vent’anni, caro.” Rimarcò la donna “Se Masumi…non fosse stato ucciso, non son certa neppure che sarei tornata sui miei passi.”
“Ma è accaduto.” Masticò l’attore “Purtroppo per noi, il ravvedimento che abbiamo palesato passa per questa tragedia. Dobbiamo prenderne atto e farne comunque tesoro.”
“Smetti di parlare al plurale.” Quasi pianse Lizzie “So che mi hai perdonata, ma sono io a non riuscire a farlo.”
Egli le fece cenno di far silenzio portando il dito indice sulla sua bocca:
“Quando ti senti così giù, pensa all’alto concetto che di te ha Alicia: le principesse restano perfette per tutta la vita e, per quanto, a volte, si desideri odiarle, non si può fare a meno di restare incantati davanti ai loro volti sempre giovani, ai loro occhi color dell’ambra, a quei capelli biondi che risplendono come oro prezioso anche nella notte. Se non credi a me, chiedi alla piccina.”
“Io credo a tutto ciò che dici, Masashi. Sei privo di difetti, ai miei occhi.”
Si scostò un istante da lui:
“So che, quando sono stata con Kaji, ho commesso un errore madornale e ingiustificabile ai tuoi occhi, ma, credi, è stato fatto solo per te.”
Si rese conto di avere affermato una enormità, ma non si fermò neppure davanti all’imbarazzo e agli occhi per nulla persuasi del suo ex marito.
“Ho fatto una cazzata, Masashi, la più grande della mia vita. Mi ricordo – sai? – quanto ero felice, a Nara, con te e Masumi. Lo cullavo, giocavo con lui in riva al fiume sacro, lavavo i panni alla sorgente, studiavo… Non ero…mondana come adesso e non era per nulla una forzatura. Io ti amavo: amavo la nostra intimità. Forse, è stato quando ho visto Miro sul palcoscenico che ho iniziato ad avere paura per …la nostra perfezione. Tu eri un bravissimo attore, ma Sakurakoji possedeva la determinazione che a te mancava. Era convinto di poter reggere una farsa solo col suo talento naturale. Mentre tu ambivi a diventare <davvero> il Buddha. Non dimenticherò mai quei sentimenti: sono stati devastanti e incontrollabili. Lì, credo, è emersa la mia immaturità di fondo, il fatto che, fino a quel momento, avessi un po’ giocato sulla parte della perfezione, piuttosto che sulla verità dell’esistenza che conducevo. Come la più solerte delle ragazzine, mi ero limitata a indossare una maschera da brava bambina. Avevo sempre avuto tutto, Masashi e non potevo tollerare che l’uomo che amavo fosse soppiantato da uno che…aveva anche provato a violentarmi. Che fosse ubriaco o strafatto, non cambiava la cosa: Miro era indegno ai miei occhi e tu, come me, dovevi essere il primo e l’ultimo.”
“Anche Sakurakoji ha fatto come te.” Sorrise Hayami “Però, Lizzie, dopo avere incontrato Shizuka, la sua vita è del tutto cambiata.”
“Ma non la mia. E questo perché anche tu, in un certo senso, avevi avallato ogni mio capriccio.” Mormorò triste la donna “Avresti dovuto scrollarmi per bene, farmi scendere dal piedistallo.”
Egli la fissò con affetto enorme negli occhi:
“Ho fatto tutto con la massima spontaneità. Quello che ho creduto mio padre, per anni, aveva viziato la mamma in ogni modo possibile. Era stato affettuoso, mai <eccessivo> e tu, Elizabeth, eri diventata di anno in anno la <mia> principessa. Mi era stato insegnato ad avallare i capricci della donna che amavo, non a frustrali…”
“E con quali risultati?” fece la Himekawa con amarezza “Non meritavo tanto affetto. Ti ho ripagato nel modo più becero. E, dopo vent’anni, son tornata alla carica provocando la morte di Lily. Che donna può mai essere una come me?”
Portò una mano alla bocca:
“Continuo a pensare, nonostante ciò che è accaduto tra noi, che devi abbandonarmi a me stessa, Masashi. Non posso gravare su di te, te l’ho detto tante volte. Sono io a non volerlo, a sapere di non meritare il tuo affetto. Non posso sperare neppure di avere la tua compassione, dopo quanto ho fatto.”
Egli poggiò il dito indice sulle sue labbra.
“Tu sei la madre dei miei figli. Di entrambi loro.” Disse convinto “Di Junior come di Masumi. Pensi che questo non sia sufficiente a renderti preziosa ai miei occhi? Non capisco perché ti sembri tanto assurdo che ti stia vicino nonostante il passato infelice. Una volta, qualcuno disse che Miro non sarebbe mai potuto essere perdonato: tante e tali erano le sue malefatte. Ma, poi, è diventato l’amico più caro che potessi desiderare. Il più leale e fedele. A volte, la via del bene precede una esistenza fatta di cattiverie e cose per le quali ci vergogneremo in eterno. Ciò che conta, però, è avere la forza di abbracciarlo, quel bene. E di non vergognarci del passato. Facciamone tesoro, Elizabeth, per essere degni di un futuro ancora roseo.”
“Senza…senza il nostro ragazzo?” chiese la donna.
“Per carità…Non chiedermi” fece Masashi “di essere felice per questo. Io ho il cuore spezzato quanto te, ma credo negli dèi e nel ciclo di vite.”
“Già…quell’uomo…” mormorò la Himekawa “Quando è venuto a trovarmi, mi ha davvero confortato: il cuore di Masumi è davvero in lui, per quanto, quando parla, si esprima in termini un po’ troppo concitati. Ma credo ci sia da comprenderlo.”
“Non farti trarre in inganno...” Sussurrò Masashi non del tutto convinto “Se fossi a conoscenza anche solo della metà delle cose che ho saputo di recente, non la penseresti così. Però, non voglio parlarne, ora. Il mio cuore è solo pieno del nostro amore rinnovato, tesoro mio.”

***



Alicia rimase a fissare il biglietto colorato di rosso per svariati minuti, prima di accingersi a leggerlo.
Sì, era ovvio che il suo atteggiamento fosse ancora quello di una bambina che non ha ricevuto alcun regalo per la festa di Natale, ma le parole di suo fratello le avevano come instillato un dubbio atroce.
I suoi sentimenti per Sakurakoji erano quelli di una adolescente a tutti gli effetti: andava per i dodici anni, infatti.
Ma non conosceva l’amore. Ciò che desiderava, nel suo cuore ancora fanciullo, era poter stare vicino a Tomo, ricevere rassicurazioni sul futuro. Egli era ancora il principe azzurro fortemente agognato dalla prima infanzia.
Poteva, però, essere rassicurata nel modo in cui ella voleva?
Poteva un uomo adulto dirle che avrebbe aspettato la sua maggiore età per poi corteggiarla e sposarla?
Lo scritto di Ichiren Oozachi, senza che Alicia lo volesse, era diventato il perno della sua nuova vita. Vedere Elizabeth in abiti di scena o suo padre, pronto a calcare nuovamente il parquet del teatro per vestire i panni dello scultore sacro la eccitava moltissimo. Sentiva che quel copione era una speranza, un sogno d’amore: Chigusa Tsukikage aveva conosciuto il Maestro a sette anni e, da quel momento, non aveva desiderato null’altro che vivergli accanto.
Solo diventando una donna si era accorta di come anche i sentimenti fossero cresciuti, modificandosi radicalmente.
Alicia non provava ancora amore sensuale, ma soffriva già delle incertezze che, numerose, s’affollavano nella sua mente.
Aprì la busta che Tomo le aveva lasciato il 16 dicembre piano piano, in modo da non sgualcirla più di tanto e si accorse subito che il testo scritto da Sakurakoji era tanto più lungo di un semplice biglietto d’auguri.
Non poteva essere stato scritto nel breve lasso di tempo intercorso tra la loro conversazione e l’uscita del ragazzo dall’appartamento di Elizabeth.
“Sapevo sarebbe finita così.” Scriveva Tomo “In un certo senso, i segnali ricevuti in quest’ultimo periodo sono stati evidenti. Quei <segnali> – non volergliene per questo, ok? – mi sono stati confermati da Masashi e, così, eccomi a scriverti: speravo, anzi, no, non credevo proprio possibile una evoluzione simile. All’inizio, ho pensato si trattasse di un attaccamento molto forte: sei in pratica cresciuta con me, seppur per un breve periodo e il legame con Mia, tua madre, è stato forse il più importante della mia vita. Poi, ho come aperto gli occhi e mi son detto che avevo sbagliato molte cose: il primo errore è stato quello di continuare a considerarti la bimbetta che sgambettava nel mio appartamento per chiedere il latte; in secondo luogo, ho ignorato l’evoluzione che ho visto con chiarezza in questi mesi. Il tempo dei dubbi, però, è finito e, per quanto sia affezionato a te e mi procuri dispiacere distaccarmi, penso sia arrivato il momento di compiere un passo necessario. Non è giusto che tu soffra per qualcosa che non posso dirti o darti e non è giusto neppure per me vivere nell’imbarazzo. Sai bene che sono fatto così: tendo a lasciarmi alle spalle ciò che non ha soluzione nel minor tempo possibile. In questo caso, però, non sto fuggendo dal problema. Gli sto dando le giuste…dimensioni. Perché non è giusto diventare adulti di botto e non voglio che a te succeda. L’ho promesso a tua madre e, quando non ho potuto rendere concreta la tua adozione, mi son detto che, comunque, dovevo continuare a rappresentare la figura di un amico, non quella di un futuro fidanzato. Come potrei pensare a te diversamente? Ci separa un abisso temporale e, ai miei occhi, sei sempre una adorabile bambina intenta a pettinare le sue bambole dai capelli stopposi. Non so ancora quando ci rivedremo. Sicuramente, passerà molto tempo, ma voglio tu sappia che continuerò a vegliare su ogni tuo progresso. E, un giorno, quando saremo entrambi sereni, ci ritroveremo: tu, magari, penserai di me che sono diventato un vecchio ed io ne sorriderò. Fino ad allora, le nostre strade dovranno separarsi.”

Alicia scoppiò in pianto, buttando a terra, con un gesto rabbioso, il foglio di colore rosso che aveva tenuto tra le mani fino a quel momento.
“Che succede?” chiese Lizzie entrando in camera sua.
“E’ uno stupido! È un bugiardo!” urlava la ragazzina “Aveva promesso che non mi avrebbe mai lasciato! Si è dimenticato della mamma…!”
La Himekawa raccolse il foglio, di cui lesse la chiosa con rapidità:
“Non mi pare che dica questo…”
Il suo tono era dolce, carezzevole, materno.
“Che cosa avresti voluto ti dicesse, tesoro?” chiese asciugandole il viso con un kleenex “Sai bene che le sfere emotive di un adulto e di un bambino sono separate. È …una legge di natura. E’ ovvio che Tomo non possa vederti ancora come una donna: non lo sei.”
“Questo lo so!” sbottò Alicia “Ma non era questo che volevo! Lui non mi ha detto che mi avrebbe aspettato, capisci? Mi ha detto addio!”
“Non è assolutamente vero.” L’interruppe Lizzie perentoria “Solo una parte di ciò che affermi è vera: come avrebbe potuto <vincolarti>, Alicia? Tomo è adulto! E sarebbe stato folle, da parte sua, anche solo fomentare le tue infantili speranze! I tuoi sentimenti sono così intensi che fanno paura persino a me!”
“Non sono ancora pronta per vivere il primo amore, sta’ tranquilla!” replicò duramente la ragazzina abbracciando un enorme cuscino a forma di cuore.
“Certo!” sottoscrisse Elizabeth “E’ ovvio che non lo sia! Hai undici anni! E tua madre dovrebbe costituire un esempio, per te!”
“Mia madre non si è mai pentita di avermi avuta tanto giovane! E tu e mio padre siete diventati genitori a diciotto anni!”
“Sì, ma a quale prezzo?”
Stavolta, l’attrice era davvero spazientita.
“A quale prezzo?” ripeté “La mia immaturità è costata cara a me e alla mia famiglia! Ho rovinato la mia esistenza compiendo inenarrabili errori di cui sei a conoscenza! Per poi ritrovarmi, a quarantadue anni, a mettere insieme cocci microscopici: renditi conto che non riuscirò mai a riappropriarmi della felicità perduta!”
Sospirò profondamente.
“Tomo Sakurakoji” riprese “è un ragazzo assennato, ma neppure lui ha trovato un suo equilibrio. È probabile che si innamori presto, che si sposi nel momento in cui sarà certo di avere la donna giusta a fianco. Così va la vita. E tu, con tutta probabilità, ti innamorerai di un adolescente come te e inizierai a ricordare questa storia quasi con divertimento. Prima lo farai, meglio sarà: perché, col tuo atteggiamento ossessivo, hai allontanato una persona a cui tenevi tantissimo e che teneva tantissimo a te. La personalità si costruisce piano piano e proprio nei primi anni di vita: cerca di metter su giudizio, Alicia. Se lo farai, supportata dalla tua grande intelligenza, sarai destinata a grandi cose. Sarei destinata all’eccellenza.”
La ragazzina si rifugiò tra le sue braccia singhiozzando piano, il tono più sommesso di chi, finalmente, viene messo di fronte alla realtà:
“Lo so che deve andare così, però fa male…fa tanto male.”
“Lo capisco bene, tesoro.” Sussurrò Lizzie sui suoi capelli “Non sai quanto. Però, stai facendo il tuo primo passo nel mondo degli adulti ed è un mondo in cui il bambino si accorge per la prima volta di non essere più il centro del mondo. Non per questo, però, devi trarne dispiacere. Fa parte della vita.”

CONTINUA!...

 
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view post Posted on 4/12/2013, 17:08
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Capitoli di "solitudine", gli ultimi due postati. Ma la solitudine è sempre l'anticamera di tante cose.

Capitolo trecentosettantasei

“Masashi”



Masashi Hayami senior varcò le soglie del tempio della dèa scarlatta vestito di abiti tradizionali di colore scuro.
I suoi capelli biondi, lasciati crescere un poco dacché s’era riavvicinato ad Elizabeth, si muovevano alla brezza leggera di quella fredda mattina di tardo autunno.
Il suo respiro profondo ruppe il silenzio, riconciliandolo con un universo visivo e spirituale che a lungo gli era mancato: un lieve sorriso gli increspò le labbra, mentre l’eloquente sguardo azzurro si perdeva malinconico nella ricerca di qualcosa o qualcuno.
Qualcuno che non sarebbe più tornato a casa.
“Che stai facendo qui?”
La voce un po’ roca di Miro, l’amico di una vita e il più vicino al suo cuore, lo fece trasalire, ma non lo sorprese del tutto.
Il marito di Shizuka lo fissò dall’alto in basso scuotendo il capo:
“E da quando saresti diventato così devoto? Ti ho visto indossare abiti come questo, ma solo sulla scena.”
“Non saprei.” Rispose vago Masashi “In un certo senso, questo è uno di quei giorni che reputo, per qualche motivo, <importanti>.”
Miro gettò uno sguardo scettico al Porsche azzurro sul quale era arrivato e che aveva parcheggiato di là della radura.
“Ormai,” proseguì Hayami “ho una certa età e credo di iniziare ad apprezzare vestiti tradizionali, fors’anche una certa comodità.”
“Non sei vecchio!” rise Miro, ma con una punta di apprensione.
Si schiarì subito la voce:
“Ti ho…mai detto quanto sia grato agli dèi o a chi per loro per averti messo sulla mia strada? Avrei tanto voluto che i nostri due figli formassero una famiglia.”
Masashi alzò le spalle com’era solito fare sin dalla gioventù.
“Noi <siamo> una famiglia.” Rettificò con prontezza “Ed io posso dire lo stesso di te: siamo più che amici. Siamo fratelli.”
“E, allora, perché ho paura di lasciarti andare?” chiese Sakurakoji a bruciapelo.
Il figlio di Maya Kitajima strinse impercettibilmente gli occhi:
“Ma tu non puoi trattenermi. Non accetto che a pronunciare queste parole sia un fermo sostenitore della libertà individuale.”
Miro si passò una mano tra i capelli ramati.
“Se te ne vai a New York in pianta stabile, io che farò?” gli chiese con l’ovvio intento di sdrammatizzare.
“Quello che hai sempre fatto!” esclamò Masashi “Mi correrai dietro, ma…non avere troppa fretta. Godi della tua sposa e della tua piccola bimba.”
S’accostò alla vetrata.
Tra le lapidi del cimitero shintoista situato dietro al tempio, scorse quella di Masumi Junior ed ebbe male al cuore:
“Mi sembra quasi impossibile: continuo a ripetermi che non è accaduto. E, quando realizzo che la realtà è dolorosa, non mi capacito di essere in qualche modo tornato a sorridere. Nella <foga> di dover pensare ad Elizabeth, non mi sono soffermato neppure un istante a pensare a me.”
“E’ tipico del tuo carattere.” Ridacchiò Miro, il quale, però, tornò subito serio “Mi spiace, non volevo prendermi gioco del tuo dolore.”
“Lo so.” Sussurrò affettuoso l’amico mettendogli una mano sulla spalla. Era calda, confortevole come quella di certe anime buone che spandono gioia e producono felicità compiendo semplicemente dei piccoli gesti.
“Ora che Lizzie sta bene, però, scopro in me sensazioni e pensieri non proprio positivi. Mi manca Masumi: la sua perdita è davvero insopportabile, talvolta: penso alla sua gioventù negata, al suo talento sprecato, al suo amore per Laura, ai figli che…non ha mai avuto.”
Miro annuì:
“E’ del tutto plausibile, però…non capisco a cosa possa servirti andare altrove. Tu appartieni a questi luoghi, come me, del resto. E, poi, stai…portandoti dietro La Dèa Scarlatta!”
“Nella mia bisaccia, quel copione è l’unica cosa che non peserà: io sono un attore e da queste parole ho tratto e traggo bellezza e saggezza. L’uomo non muore. Ogni cosa, a questo mondo, diventa parte di <altro>, nel momento in cui si dissolve. Quell’<altro> è un tassello ancor più grande e…perfetto. Non so se domani sarò ricordato come un grande interprete, ma una cosa è certa: la recitazione è stata parte di me. Mi ha permeato così tanto da rendermi diverso, migliore forse. Ad oggi, posso dire di essere del tutto soddisfatto di me stesso. Ogni parola del manoscritto di Oozachi è impressa nella mia testa. E, così, penso che Masumi vive…vive ancora. Solo in questo modo supero l’insopportabile assenza del mio ragazzo.”
Deglutì, ricacciando indietro le lacrime e Miro fu prossimo ad imitarlo.
“Fottuto bastardo…” masticò “Solo tu riesci a farmi diventare un piagnucoloso ometto…”
“Tu <sei> un piagnucoloso ometto.” Rettificò teneramente Hayami tendendogli la mano.
Si abbracciarono stretti.
“Io e te siamo legati più di chiunque altro.” Sussurrò Masashi al suo orecchio “Non devi dimenticarlo mai.”
Sakurakoji si staccò, quindi annuì.
“Farò benzina al Porsche, ogni tanto.” disse indicando l’auto azzurra.
“Prenditene cura.” L’incitò con voce roca il figlio di Maya “Su quella macchina abbiamo viaggiato insieme tante volte, ma non ne avrò nostalgia se saprò che, ogni tanto, le darai una sgroppata.”
“Vieni a farlo tu, piuttosto.” Replicò fintamente risentito Miro.
“No.” Fece Hayami “Ho altro a cui pensare, adesso.”
“Parli di Elizabeth?”
“Parlo della mia vita.” Rettificò il biondo attore “Dopo la messa in scena de La Dèa Scarlatta, io la mia compagna ritrovata viaggeremo molto. Se possibile, vorremmo non fermarci mai: continuare ad esperire, ad aprire i nostri orizzonti culturali.”
“Solo i fantasmi riescono a percorrere in lungo e in largo il mondo.” Sorrise Miro.
“O i saggi.” Rispose pronto Masashi “E, in ogni caso, lo farò: da saggio o da fantasma.”
Tornò a fissare la lapide di Masumi col nome impresso sopra:
“Che strano… non l’ho mai sentito così vicino come in questo istante. Che cosa starà mai accadendo, fratello? Ho quasi la sensazione di <toccare> mio figlio. Non posso vederlo, ma lo percepisco per il tramite dei ricordi. Sarà che tra qualche giorno è Natale e io e te addobberemo l’albero nella casa grande come ogni anno.”
“E’ diverso.” fece Sakurakoji cupo “Questo Natale sarà l’ultimo, per noi, visto che te ne stai andando via per sempre.”
“No…io sono davvero con lui.” Mormorò commosso Hayami “Ad ogni passo che compio.”

CONTINUA!...



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Immagine tratta dal profilo ufficiale facebook di Paul Walker, il volto di Masashi.

Edited by LauraHeller - 4/12/2013, 22:18
 
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Yayoi
view post Posted on 4/12/2013, 21:15




E' un capitolo bellissimo, Laura.

Più che un dialogo tra due vecchi amici mi è sembrato il sussurro di uno spirito!
 
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fufu1973
view post Posted on 9/12/2013, 12:21




Davvero bellissimo, mi ha emozionato
CITAZIONE
Più che un dialogo tra due vecchi amici mi è sembrato il sussurro di uno spirito!

Barbara, hai espresso bene il sentimento che pervade leggendo questo capitolo, mi associo
 
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view post Posted on 16/12/2013, 16:58
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Mi scuso per la pubblicazione a singhiozzo. Temo - anzi, sono! - di essere oberata di lavoro. Vi dico, intanto, che la fine della Valle si avvicina. Mancano una trentina di capitoli...Appena mi libero un poco, riprendo a postare ogni giorno. Grazie della vostra pazienza.

Capitolo trecentosettantasette

“Padri”



“Posso entrare?”
Masashi senior entrò nello studio del Presidente Hayami, che fu stupito di trovarsi davanti il figlio.
L’anziano si levò con prontezza dalla poltrona in pelle, inquadrando per la prima volta dopo tanto tempo la sagoma alta del figlio maggiore.
“Ma pensa…” motteggiò ridacchiando ironico “Il figliol prodigo…Avresti potuto aspettare il prossimo secolo, prima di farti vivo.”
“E’ natale, papà.” Rispose pronto Masashi “Quando mai l’ho trascorso lontano da casa.”
“Sicché…” proseguì l’altro “trascorrere le feste nella casa dei Kaikei lo chiami <stare a casa>.”
Il volto di Masumi si fece d’improvviso serio:
“Senza contare che…stai portandoti via per sempre la dèa scarlatta, Isshin e metà della mia vita…”
“Credevo fossi d’accordo.” Replicò stupito il figlio “Questa cosa di <sbarcare> altrove l’hai orchestrata anche tu: il lancio di due nuovi teatri negli States, la scrittura di Elizabeth…”
Udì il respiro grave di suo padre.
“Diciamo” fece quest’ultimo “che ho agito più per impulso che per convinzione. Mi stava più a cuore, all’epoca, che pensaste <meno> al dramma che era piombato addosso ad entrambi.”
Masashi alzò le spalle rassegnato: era tipico di suo padre giocare d’anticipo.
Era un abile uomo d’affari, con alle spalle una carriera cinquantennale, ma molte delle sue decisioni d’affari <più difficili> s’erano rivelate, in seguito, foriere di risvolti interiori devastanti.
“Sai che, dopo l’adozione di Eysuke, La Dèa Scarlatta è diventata una mia ossessione.” Spiegò abbassando la voce fino a farla diventare un sussurro “E’ tua madre, per certi versi. Ma, oggi, mi sento inquieto.”
Masashi, che s’era nel frattempo seduto davanti alla scrivania paterna, si mosse nervoso.
“Senti, ma che avete tutti?” chiese “Anche Miro, ultimamente, si è comportato in modo strano. Non è la prima volta che vado all’Estero. Pare mi stiate dicendo addio. Io non sono diventato d’improvviso trasparente né scomparirò dal mondo. Voglio solo andare per altre strade, cimentarmi in esperienze autonome. Quando ho conosciuto Lily – ed è stata una delle cose migliori che mi siano mai accadute in vita, il mio esistere si è come fermato. In un certo senso, sono rimasto umanamente parlando dietro a Miro.”
“Anche Sakurakoji ha rivoluzionato la sua vita, dopo aver scoperto l’amore. Chiedi a tua sorella…” masticò il Presidente per nulla convinto “Se dici a lui una cosa come questa, gli procuri un infarto.”
“E’ diverso.” disse sicuro Masashi “Lui si è fermato perché lo ha deciso. Io perché, in qualche modo, sono stato indotto a farlo. Quando ero sposato con Elizabeth, mi sentivo come uno che aveva in pugno il mondo: sicuro di me stesso, certo di ciò che avrei fatto in futuro. Perdendola in quel modo grottesco, si è aperto un vuoto che ho cercato ad ogni costo di riempire di normalità. Adesso, quella normalità mi nausea.”
“Eppure, hai tutta l’aria di volerti realmente eclissare da questi luoghi.” Masticò il Presidente scrutandolo negli occhi di colore identico al suo “Le altre volte, sei partito senza fare troppi convenevoli. Che cosa è cambiato?”
Il figlio di Maya strinse le labbra:
“Senti, papà, mentirei se ti dicessi che sono sereno. Masumi junior non tornerà più ed il solo pensiero mi piega le ginocchia. Darei…metà della mia esistenza per riaverlo qui. No, darei ogni mio fiato, anche adesso, se potessi incrociare ancora il suo sorriso. Ma, per quanto io faccia, il mio desiderio non si avvererà mai. Non so cosa cerco: intendo solo perseguire nuove mète assieme alla mia compagna e ad Alicia, che sta crescendo in fretta come gli altri suoi fratelli. Il futuro, temo, resterà una incognita ancora per molto, molto tempo.”
“Vedi di non farlo troppo lontano.” Masticò Masumi un po’ commosso “E, se puoi, vedi di passare il Natale con noi realmente e non a casa di Sakurakoji.”

***



Ci sono uomini che, per quanto buoni d’animo, non sono abituati a fare i padri.
O, forse, credono di non aver più nulla da dire ai loro figli, specie davanti al loro categorico rifiuto di frequentarli.
Kuros, distrutto tanto dal tedio derivante dall’inattività politica quanto dalla parziale <esclusione> per la quale la sua famiglia sembrava avere aderito <in massa>, si trovò in modo del tutto casuale nell’infelice condizione di essere definitivamente ostracizzato e, stavolta, con poche possibilità di perdono.
Tutto partì realmente dal <caso>.
Trovandosi a Los Angeles, in una peregrinazione senza scopo – non aveva incontrato David né riteneva di doverlo fare – si ritrovò al Lovely Bistrot.
A quell’epoca, non aveva idea che la chef che lo gestiva fosse la ragazza di suo figlio.
Andò nel locale per mangiare e bere, all’apparenza come un turista qualsiasi, attraversato blandamente dall’idea di poter vedere, magari, Dario.
Così fece la conoscenza di Angie in riferimento alla sua attività di cuoca del ristorante.
La quale gli parve subito una ragazza carina e d’intelligenza viva: l’aveva osservata muoversi, magra e rapida, ora davanti al bancone del bar, ove aveva sostato prima di andare a cena, ora ai fornelli.
Così, senza neppure sapere chi fosse e se sussistesse un qualche legame tra lei e suo figlio, <si era posto> alla prima occasione con la gentilezza e l’educazione tipica di un corteggiatore d’altri tempi.
Il suo sorriso colpì all’istante la figlia di Jen.
Non poteva <legare> quella figura di cinquantenne al padre del suo fidanzato, per quanto vi riscontrasse comunque una certa somiglianza.
Kuros, dal canto suo, non s’era mai posto problemi riguardo al fatto di <civettare> con ragazze di vent’anni: non era uomo con complessi di tal fatta e, per questo, pensando a un gesto di galanteria innocente, aveva finito per chiedere ad Angie di prendere qualcosa insieme dopo il turno di lavoro.
Finito il suo compito in cucina, la Bergson lo aveva raggiunto al bar del Lovely Bistrot.
“Veramente,” disse Kostakis fintamente deluso “pensavo di portarti fuori di qui. Non credi sia <poco professionale> accettare qualcosa da bere sul posto di lavoro?”
“Mi spiace.” Tergiversò la ragazza “Non è mia abitudine accettare inviti da uno sconosciuto.”
“Ma io mi sono regolarmente presentato.” Ammiccò l’uomo con un sorriso da conquistatore.
Angie sollevò le sopracciglia un po’ scettica:
“Veramente, non mi pare di aver udito il suo nome.”
Kuros, allora, la fissò con semplicità.
“Mi chiamo Kostakis.” Dichiarò fermo.
“E…” soggiunse la figlia di Jen “sarebbe il diminutivo di Kostantinos?”
“No. Solo figlio di un Kostantinos. Di nome, faccio Kuros.”
David entrò nel locale in quell’istante: era in ritardo perché era stato trattenuto nel cinema in cui era stato dato in anteprima il suo ultimo film.
Vide suo padre di spalle, che si intratteneva piacevolmente con Angie e rimase letteralmente senza parole.
La sua ragazza gli rispondeva con tranquillità e confidenza e lui aveva una postura tale da suggerire una sorta di spavaldo interessamento nei confronti di lei.
Silvermann cominciò ad arrabbiarsi: si portò dietro al padre, quindi si schiarì la voce.
Kuros, che non si era accorto di chi aveva alle spalle – ed era lì per interromperlo con estrema chiarezza – non si smosse di un pollice, continuando a lanciare battutine puerili e ammiccanti all’indirizzo di Angie, che era arrossita, ma, a causa di quella timidezza che la contraddistingueva, non era riuscita a pronunciare una sola parola.
David, allora, poggiò con decisione la mano sulla spalla dell’uomo, mentre il viso della sua fidanzata passava dal rosso al terreo.
Tale era l’imbarazzo.
Quando Kuros si trovò davanti suo figlio, per poco non ebbe un mancamento.
Gli dèi avevano ascoltato le sue preghiere, per quanto l’espressione del giovane non fosse tra le più concilianti.
“Che succede?” chiese quest’ultimo con tono ironico “Ti metti a importunare le ragazzine, ora?”
“No.” Rispose Kostakis “A meno che non sia un ragazzino anche tu. Che cosa ci fai qui?”
“Potrei chiedere lo stesso a te, se non me ne fregasse un emerito cazzo.” Replicò scortese l’attore “Ma, se ci tieni a saperlo, questa è la <mia> ragazza.”
Suo padre ridacchiò inopportunamente:
“Ne deduco che il motivo della tua irruzione e di questo insperato conversare sia proprio la deliziosa creatura che ha colpito sia te che me. Ma lei non mi ha detto di essere fidanzata con un attore famoso ed io stavo per condurla fuori: a prendere un drink, magari.”
Angie osservava basita ora l’uno ora l’altro: le pareva di vedere nell’immagine del più anziano la prossima <maturità> di David.
Era sconcertante appurare quanto si somigliassero nella realtà.
I colori erano identici, così come i tratti del volto e persino le lentiggini sparse un po’ su tutto il volto.
“Ma che significa?” domandò debolmente la giovane.
David la fissò come se volesse incenerirla:
“Tu hai accettato di andare a bere con quest’uomo?!”
“Certo che no!” si difese con prontezza la Bergson.
Ma Kuros, forse perché un po’ alticcio, ci andò giù ancor più pesante:
“Stai mentendo: non avevi detto di no. Io non insisto con chi non condiscende. Hai civettato in modo palese, rispondendo in pieno alle mie aspettative. Volevi che io insistessi.”
“Lei è del tutto fuori!” arrossì di nuovo Angie “Come può mentire in questo modo?”
“E tu, allora?” fece Kuros a sua volta “Fai la preziosa solo perché il tuo ragazzo ti ha sgamata? È proprio come pensavo: metti in atto tutte le tattiche necessarie per adescare persone d’ogni età…”
Era una situazione ben strana, in cui l’uomo più anziano faceva volutamente la parte dell’idiota della situazione.
E non poteva esserci via d’uscita positiva, ché a David quell’<idiozia da evergreen> era indigesta tanto quanto la fragilità di Angie in quel frangente.
Non poteva credere che Kostakis, pur avendo saputo chi lei fosse, continuasse a sbugiardarla: era come se fosse suo intento metterla in cattiva luce.
Solo, non riusciva a capire quale potesse essere il suo scopo.
Di qualsiasi natura esso fosse, ne era scocciato oltremisura.
“Credo tu abbia frainteso.” Disse David perentorio “Quanto ti ha detto Angie dovrebbe essere perfettamente chiaro, ora: non vuole le tue attenzioni. Quindi, sei pregato di togliere il disturbo.”
“Questo è un posto pubblico.” Fece Kuros perentorio “E non sono venuto qui per importunare te o lei. Ho visto una ragazza che mi dava corda e ho fatto ciò che farebbe qualsiasi uomo. Finito il turno, avrebbe potuto andarsene alla chetichella ignorando il fatto che stessi aspettandola al bar. Invece, la dolce Angie non lo ha fatto. È venuta a cercarmi e con un gran bel sorriso stampato in faccia.”
Silvermann si dominava a stento: lo si capiva dagli occhi, ridotti ormai a fessure:
“E’ una ragazza molto timida. Io la conosco.”
Ma qualcosa aveva come scalfito la sua fiducia in lei.
“Strano modo di reagire alla timidezza.” Replicò suo padre, che fissò la Bergson con sfida:
“Di’ a mio figlio se ti sei sentita davvero importunata. Se lo farai, giuro che toglierò il disturbo, non prima di essermi pubblicamente scusato.”
La giovane arrossì fino alle orecchie: salvarsi dal giudizio di David e mandare l’uomo sulla graticola o ammettere che, in effetti, era stata tanto poco accorta nei confronti di Kostakis?
Optò per la verità perché aveva pena del fatto che i rapporti tra i due fossero già a sufficienza tesi:
“Non mi ha importunato. È vero: avrei potuto andarmene dalla porta sul retro, ma l’ho raggiunto dopo il lavoro.”
“Quindi…” balbettò David sconcertato “avresti accettato di uscire con lui?!”
“Sarei tornata entro mezzanotte.” Minimizzò la giovane “E, in ogni caso, ti avrei avvertito, visto che sapevo saresti venuto a trovarmi…”
“E che cosa mi avresti detto: che te ne andavi fuori con …con…”
Non riusciva neppure a parlare, tanto era incollerito.
“Che cos’è?” proseguì imperterrito Silvermann “Nostalgia per la tua attività hard collaterale?”
Angie si irrigidì a sua volta e Kuros, intelligente com’era, colse quella nota infelice:
“Avevo sentito che questo locale era famoso…ma non ci avevo creduto: del resto, sembri così innocente. Che peccato non vederti all’opera: dicono che gli spettacoli fossero molto belli…”
David fu tentato di saltargli al collo, ma girò i tacchi e fece per andarsene.
“Aspetta!” urlò la Bergson.
“Non finirà mai questa storia!” sbottò allora l’attore “Persino questo vecchio bavoso sa di te e di tua madre! È venuto qui apposta per adescarti e, nonostante ora sappia di noi, continua ad ammiccare.”
Si rivolse di nuovo al padre:
“Che cazzo di uomo sei? Sei venuto per rovinarmi la vita ancora una volta? Non riesci ad accettare che i miei genitori siano persone perbene e che non voglia saperne di te? Sparisci per sempre! Fottiti!”
Kuros si alzò dallo sgabello minaccioso.
“Non sapevo un accidenti di niente della tua morosa.” Scandì “Pregherei te di non rompermi le scatole. È del tutto evidente che sono qui in vacanza e non <per te>. Se nelle guide turistiche sono segnati i locali hard, non devi stupirti se, poi, vengo a farci un salto: sono un uomo libero e indipendente!”
David lo prese per il colletto della camicia, spingendolo verso l’uscita.
Tutt’intorno, gli avventori del Lovely Bistrot presero a mormorare.
Qualcuno riconobbe Silvermann e gli scattò delle foto col cellulare.
“Ringrazia il cielo che non ti gonfio di botte!” urlò il ragazzo “Ho pur sempre rispetto per gli anziani! Il tuo atteggiamento, sappilo, è del tutto incomprensibile. Se potevo giustificare quando ancora non sapevi chi fosse Angie, ora non posso più farlo. E’ del tutto palese che tu stia agendo apposta per provocarmi!”
“Sentimi bene, ragazzo, che cosa c’è tra me e te?” chiese ad un certo punto Kuros.
La domanda – terribile – ebbe il potere di spiazzare del tutto David, che, per la prima volta, si mise nei panni di Kuros e, quindi, del <rifiutato>.
Il suo sguardo scuro si fece interrogativo.
“Hai capito bene.” Rincarò suo padre “Non fai che ripetermi che, per te, sono <nessuno>. Che equivalgo alle merde che voi attori da quindici milioni di dollari a film accuratamente evitate! E, ora, mi rimproveri di essere <pessimo> e irriguardoso nei tuoi confronti! Ma chi è stato tale, fino ad oggi? Fino a questo preciso momento?!”
“Tu devi stare solo zitto e tornartene alle tue rivoluzioni del cazzo! Devi lasciare in pace la brava gente!” urlò David “E neppure puoi farmene una colpa del fatto che guadagno tanti soldi! Io ho sofferto! Gli dèi hanno compensato la mia situazione così compromessa sin dall’inizio! È tutta colpa tua, tra l’altro!”
Kuros, esasperato, lo colpì in pieno viso con un violento schiaffone.
“Pensi di essere stato l’unico a soffrire?” chiese isterico “Non ti permetterò mai più di sputare fango al mio indirizzo! Perché devi sapere che cominci a farmi schifo anche tu! Sei proprio il degno figlio di un cane repubblicano! Di un fottuto capitalista che siede al Congresso, decretando ogni giorno la fine dello Stato sociale e la fame per migliaia di persone.”
David assunse una espressione di palese sdegno: la guancia gli bruciava più per orgoglio che per reale dolore.
Era stato percosso per la prima volta e pubblicamente: nessuno aveva mai osato farlo, dacché era stato adottato.
L’avvocato Silvermann era un uomo rigido e severo, ma non si era mai lasciato andare a gesti di violenza gratuita e suo figlio era cresciuto certo che nessuno si sarebbe più posto in modo violento nei suoi riguardi.
Una lacrima involontaria gli rigò il viso un po’ pallido:
“Tu sei morto, per me.”
La sentenza, emessa in un unico fiato, fu invece una sberla reale per Kuros, che, per quanto alticcio, si mosse verso di lui con una mano alzata in segno di riparazione immediata al gesto compiuto.
Fu del tutto inutile.
Del resto, dopo aver parlato male di colui che l’aveva adottato, non poteva sperare di ricevere perdono anche per l’inumana sberla.
Angie fu per andargli dietro, ma David placcò anche lei:
“Ho bisogno di star solo. E tu, dal canto tuo, necessiti di riflettere su un bel po’ di cose. Il tuo comportamento di stasera è stato del tutto fuori luogo: metterti a…ad accettare la corte di uno che potrebbe essere tuo padre! Io avrò anche sbagliato, dicendoti che c’è una sorta di deformazione professionale, in te! Ma tu non hai fatto nulla per frenare il tuo atteggiamento! Anzi! Sai che ti dico? Non avresti neppure dovuto porti <il problema> di frenarti! Una donna che ama non accetta di flirtare, seppur castamente, con un altro!”
“David…” balbettò Angie tra le lacrime “Aspetta…”
Ma egli non le diede retta e se ne andò sbattendo sonoramente la porta del locale.
La Bergson, a quel punto, puntò due occhi azzurri e fiammeggianti addosso a Kuros:
“Come ha osato comportarsi in questo modo? Chi le ha dato il diritto di gettarmi in cattiva luce davanti al mio ragazzo?!”
“Vedi di non allargarti.” Fece l’uomo senza mezzi termini “Ciò che Dario ha detto corrisponde a pura verità: non ti ho puntato una pistola alla testa. E, se mi avessi trattato come stai facendo adesso, sta’ certa che me ne sarei andato all’istante. Ma non lo hai fatto. Sai bene di avere responsabilità quanto me. Ciò non fa che dimostrarmi quanto inadatta tu sia a mio figlio. Spero ti molli, così si guarderà intorno e sceglierà qualcun’altra più degna.”
Si sentì afferrare il braccio e, suo malgrado, fu costretto a girarsi:
“Chi diavolo è lei? Che cosa vuole da <mia> figlia?”
Jen Sakurakoji aveva quasi ringhiato.
Quei suoi magnifici occhi azzurri lampeggiavano rabbia e sentimenti d’ogni sorta, tutti di matrice negativa.
“E lei chi diavolo è?” rimbeccò esausto Kostakis.
Tuttavia, quegli occhi così intensi erano stati in grado di procurargli un certo disagio.
“Sono la madre di Angie e ho sentito quanto ha detto a mia figlia! Come si permette?” urlò di nuovo la donna “Non ha il diritto di trattare una donna in questo modo!”
“Non ho trattato la sua…bambina in alcun modo.” Minimizzò il greco “Anzi, è stata lei a darmi corda e a sancire la quasi certa fine della sua relazione con Dario.”
“Dario?” ripeté la Sakurakoji “Lei è del tutto fuori: quei due ragazzi si amano! Perché dovrebbero mollarsi a causa sua, sentiamo!”
“Perché sua figlia è leggera e fragile quanto una foglia d’autunno.” Rispose senza mezzi termini Kuros, che si beccò un meritato, sonoro schiaffo dalla sorella di Miro.
Il viso dell’uomo non si mosse neppure di un millimetro.
“Tolgo il disturbo. Ma non ho intenzione di mollare, su questa storia.” Quasi minacciò “Sua figlia non è adatta al mio Dario. Io lo so.”
“Suo figlio non vuole vederla neppure da lontano!” urlò allora la Bergson, avanzando minacciosa verso di lui “Forse, sono stata ingenua, ma non ci pensavo neppure ad andare oltre a un drink, con lei!”
“Ma vallo a raccontare a un idiota ingenuo:” ridacchiò Kostakis “non ti crederà nessuno, a parte, appunto, qualche allocco.”
Se ne andò, finalmente, lasciando Angie e Jen in totale costernazione.

CONTINUA!...

 
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Yayoi
view post Posted on 16/12/2013, 21:40




Le persone intorno a Masashi sono tutte piuttosto inquiete.......l'unico sereno sembra lui.

E il nostro povero David?
Ciclicamente la sua vita viene stravolta da interferenze di altri.
 
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view post Posted on 16/1/2014, 17:02
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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Torna, eh...forse già stasera...Fatemi revisionare due cose e arrivo...
 
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Yayoi
view post Posted on 16/1/2014, 20:50




Bene, bene............mi stavo giusto chiedendo che fine avessero fatto tutti i personaggi della Valle! :D
 
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1840 replies since 27/9/2011, 13:38   33841 views
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