Mi scuso per la pubblicazione a singhiozzo. Temo - anzi, sono! - di essere oberata di lavoro. Vi dico, intanto, che la fine della Valle si avvicina. Mancano una trentina di capitoli...Appena mi libero un poco, riprendo a postare ogni giorno. Grazie della vostra pazienza.
Capitolo trecentosettantasette
“Padri”
“Posso entrare?”
Masashi senior entrò nello studio del Presidente Hayami, che fu stupito di trovarsi davanti il figlio.
L’anziano si levò con prontezza dalla poltrona in pelle, inquadrando per la prima volta dopo tanto tempo la sagoma alta del figlio maggiore.
“Ma pensa…” motteggiò ridacchiando ironico “Il figliol prodigo…Avresti potuto aspettare il prossimo secolo, prima di farti vivo.”
“E’ natale, papà.” Rispose pronto Masashi “Quando mai l’ho trascorso lontano da casa.”
“Sicché…” proseguì l’altro “trascorrere le feste nella casa dei Kaikei lo chiami <stare a casa>.”
Il volto di Masumi si fece d’improvviso serio:
“Senza contare che…stai portandoti via per sempre la dèa scarlatta, Isshin e metà della mia vita…”
“Credevo fossi d’accordo.” Replicò stupito il figlio “Questa cosa di <sbarcare> altrove l’hai orchestrata anche tu: il lancio di due nuovi teatri negli States, la scrittura di Elizabeth…”
Udì il respiro grave di suo padre.
“Diciamo” fece quest’ultimo “che ho agito più per impulso che per convinzione. Mi stava più a cuore, all’epoca, che pensaste <meno> al dramma che era piombato addosso ad entrambi.”
Masashi alzò le spalle rassegnato: era tipico di suo padre giocare d’anticipo.
Era un abile uomo d’affari, con alle spalle una carriera cinquantennale, ma molte delle sue decisioni d’affari <più difficili> s’erano rivelate, in seguito, foriere di risvolti interiori devastanti.
“Sai che, dopo l’adozione di Eysuke, La Dèa Scarlatta è diventata una mia ossessione.” Spiegò abbassando la voce fino a farla diventare un sussurro “E’ tua madre, per certi versi. Ma, oggi, mi sento inquieto.”
Masashi, che s’era nel frattempo seduto davanti alla scrivania paterna, si mosse nervoso.
“Senti, ma che avete tutti?” chiese “Anche Miro, ultimamente, si è comportato in modo strano. Non è la prima volta che vado all’Estero. Pare mi stiate dicendo addio. Io non sono diventato d’improvviso trasparente né scomparirò dal mondo. Voglio solo andare per altre strade, cimentarmi in esperienze autonome. Quando ho conosciuto Lily – ed è stata una delle cose migliori che mi siano mai accadute in vita, il mio esistere si è come fermato. In un certo senso, sono rimasto umanamente parlando dietro a Miro.”
“Anche Sakurakoji ha rivoluzionato la sua vita, dopo aver scoperto l’amore. Chiedi a tua sorella…” masticò il Presidente per nulla convinto “Se dici a lui una cosa come questa, gli procuri un infarto.”
“E’ diverso.” disse sicuro Masashi “Lui si è fermato perché lo ha deciso. Io perché, in qualche modo, sono stato indotto a farlo. Quando ero sposato con Elizabeth, mi sentivo come uno che aveva in pugno il mondo: sicuro di me stesso, certo di ciò che avrei fatto in futuro. Perdendola in quel modo grottesco, si è aperto un vuoto che ho cercato ad ogni costo di riempire di normalità. Adesso, quella normalità mi nausea.”
“Eppure, hai tutta l’aria di volerti realmente eclissare da questi luoghi.” Masticò il Presidente scrutandolo negli occhi di colore identico al suo “Le altre volte, sei partito senza fare troppi convenevoli. Che cosa è cambiato?”
Il figlio di Maya strinse le labbra:
“Senti, papà, mentirei se ti dicessi che sono sereno. Masumi junior non tornerà più ed il solo pensiero mi piega le ginocchia. Darei…metà della mia esistenza per riaverlo qui. No, darei ogni mio fiato, anche adesso, se potessi incrociare ancora il suo sorriso. Ma, per quanto io faccia, il mio desiderio non si avvererà mai. Non so cosa cerco: intendo solo perseguire nuove mète assieme alla mia compagna e ad Alicia, che sta crescendo in fretta come gli altri suoi fratelli. Il futuro, temo, resterà una incognita ancora per molto, molto tempo.”
“Vedi di non farlo troppo lontano.” Masticò Masumi un po’ commosso “E, se puoi, vedi di passare il Natale con noi realmente e non a casa di Sakurakoji.”
***
Ci sono uomini che, per quanto buoni d’animo, non sono abituati a fare i padri.
O, forse, credono di non aver più nulla da dire ai loro figli, specie davanti al loro categorico rifiuto di frequentarli.
Kuros, distrutto tanto dal tedio derivante dall’inattività politica quanto dalla parziale <esclusione> per la quale la sua famiglia sembrava avere aderito <in massa>, si trovò in modo del tutto casuale nell’infelice condizione di essere definitivamente ostracizzato e, stavolta, con poche possibilità di perdono.
Tutto partì realmente dal <caso>.
Trovandosi a Los Angeles, in una peregrinazione senza scopo – non aveva incontrato David né riteneva di doverlo fare – si ritrovò al Lovely Bistrot.
A quell’epoca, non aveva idea che la chef che lo gestiva fosse la ragazza di suo figlio.
Andò nel locale per mangiare e bere, all’apparenza come un turista qualsiasi, attraversato blandamente dall’idea di poter vedere, magari, Dario.
Così fece la conoscenza di Angie in riferimento alla sua attività di cuoca del ristorante.
La quale gli parve subito una ragazza carina e d’intelligenza viva: l’aveva osservata muoversi, magra e rapida, ora davanti al bancone del bar, ove aveva sostato prima di andare a cena, ora ai fornelli.
Così, senza neppure sapere chi fosse e se sussistesse un qualche legame tra lei e suo figlio, <si era posto> alla prima occasione con la gentilezza e l’educazione tipica di un corteggiatore d’altri tempi.
Il suo sorriso colpì all’istante la figlia di Jen.
Non poteva <legare> quella figura di cinquantenne al padre del suo fidanzato, per quanto vi riscontrasse comunque una certa somiglianza.
Kuros, dal canto suo, non s’era mai posto problemi riguardo al fatto di <civettare> con ragazze di vent’anni: non era uomo con complessi di tal fatta e, per questo, pensando a un gesto di galanteria innocente, aveva finito per chiedere ad Angie di prendere qualcosa insieme dopo il turno di lavoro.
Finito il suo compito in cucina, la Bergson lo aveva raggiunto al bar del Lovely Bistrot.
“Veramente,” disse Kostakis fintamente deluso “pensavo di portarti fuori di qui. Non credi sia <poco professionale> accettare qualcosa da bere sul posto di lavoro?”
“Mi spiace.” Tergiversò la ragazza “Non è mia abitudine accettare inviti da uno sconosciuto.”
“Ma io mi sono regolarmente presentato.” Ammiccò l’uomo con un sorriso da conquistatore.
Angie sollevò le sopracciglia un po’ scettica:
“Veramente, non mi pare di aver udito il suo nome.”
Kuros, allora, la fissò con semplicità.
“Mi chiamo Kostakis.” Dichiarò fermo.
“E…” soggiunse la figlia di Jen “sarebbe il diminutivo di Kostantinos?”
“No. Solo figlio di un Kostantinos. Di nome, faccio Kuros.”
David entrò nel locale in quell’istante: era in ritardo perché era stato trattenuto nel cinema in cui era stato dato in anteprima il suo ultimo film.
Vide suo padre di spalle, che si intratteneva piacevolmente con Angie e rimase letteralmente senza parole.
La sua ragazza gli rispondeva con tranquillità e confidenza e lui aveva una postura tale da suggerire una sorta di spavaldo interessamento nei confronti di lei.
Silvermann cominciò ad arrabbiarsi: si portò dietro al padre, quindi si schiarì la voce.
Kuros, che non si era accorto di chi aveva alle spalle – ed era lì per interromperlo con estrema chiarezza – non si smosse di un pollice, continuando a lanciare battutine puerili e ammiccanti all’indirizzo di Angie, che era arrossita, ma, a causa di quella timidezza che la contraddistingueva, non era riuscita a pronunciare una sola parola.
David, allora, poggiò con decisione la mano sulla spalla dell’uomo, mentre il viso della sua fidanzata passava dal rosso al terreo.
Tale era l’imbarazzo.
Quando Kuros si trovò davanti suo figlio, per poco non ebbe un mancamento.
Gli dèi avevano ascoltato le sue preghiere, per quanto l’espressione del giovane non fosse tra le più concilianti.
“Che succede?” chiese quest’ultimo con tono ironico “Ti metti a importunare le ragazzine, ora?”
“No.” Rispose Kostakis “A meno che non sia un ragazzino anche tu. Che cosa ci fai qui?”
“Potrei chiedere lo stesso a te, se non me ne fregasse un emerito cazzo.” Replicò scortese l’attore “Ma, se ci tieni a saperlo, questa è la <mia> ragazza.”
Suo padre ridacchiò inopportunamente:
“Ne deduco che il motivo della tua irruzione e di questo insperato conversare sia proprio la deliziosa creatura che ha colpito sia te che me. Ma lei non mi ha detto di essere fidanzata con un attore famoso ed io stavo per condurla fuori: a prendere un drink, magari.”
Angie osservava basita ora l’uno ora l’altro: le pareva di vedere nell’immagine del più anziano la prossima <maturità> di David.
Era sconcertante appurare quanto si somigliassero nella realtà.
I colori erano identici, così come i tratti del volto e persino le lentiggini sparse un po’ su tutto il volto.
“Ma che significa?” domandò debolmente la giovane.
David la fissò come se volesse incenerirla:
“Tu hai accettato di andare a bere con quest’uomo?!”
“Certo che no!” si difese con prontezza la Bergson.
Ma Kuros, forse perché un po’ alticcio, ci andò giù ancor più pesante:
“Stai mentendo: non avevi detto di no. Io non insisto con chi non condiscende. Hai civettato in modo palese, rispondendo in pieno alle mie aspettative. Volevi che io insistessi.”
“Lei è del tutto fuori!” arrossì di nuovo Angie “Come può mentire in questo modo?”
“E tu, allora?” fece Kuros a sua volta “Fai la preziosa solo perché il tuo ragazzo ti ha sgamata? È proprio come pensavo: metti in atto tutte le tattiche necessarie per adescare persone d’ogni età…”
Era una situazione ben strana, in cui l’uomo più anziano faceva volutamente la parte dell’idiota della situazione.
E non poteva esserci via d’uscita positiva, ché a David quell’<idiozia da evergreen> era indigesta tanto quanto la fragilità di Angie in quel frangente.
Non poteva credere che Kostakis, pur avendo saputo chi lei fosse, continuasse a sbugiardarla: era come se fosse suo intento metterla in cattiva luce.
Solo, non riusciva a capire quale potesse essere il suo scopo.
Di qualsiasi natura esso fosse, ne era scocciato oltremisura.
“Credo tu abbia frainteso.” Disse David perentorio “Quanto ti ha detto Angie dovrebbe essere perfettamente chiaro, ora: non vuole le tue attenzioni. Quindi, sei pregato di togliere il disturbo.”
“Questo è un posto pubblico.” Fece Kuros perentorio “E non sono venuto qui per importunare te o lei. Ho visto una ragazza che mi dava corda e ho fatto ciò che farebbe qualsiasi uomo. Finito il turno, avrebbe potuto andarsene alla chetichella ignorando il fatto che stessi aspettandola al bar. Invece, la dolce Angie non lo ha fatto. È venuta a cercarmi e con un gran bel sorriso stampato in faccia.”
Silvermann si dominava a stento: lo si capiva dagli occhi, ridotti ormai a fessure:
“E’ una ragazza molto timida. Io la conosco.”
Ma qualcosa aveva come scalfito la sua fiducia in lei.
“Strano modo di reagire alla timidezza.” Replicò suo padre, che fissò la Bergson con sfida:
“Di’ a mio figlio se ti sei sentita davvero importunata. Se lo farai, giuro che toglierò il disturbo, non prima di essermi pubblicamente scusato.”
La giovane arrossì fino alle orecchie: salvarsi dal giudizio di David e mandare l’uomo sulla graticola o ammettere che, in effetti, era stata tanto poco accorta nei confronti di Kostakis?
Optò per la verità perché aveva pena del fatto che i rapporti tra i due fossero già a sufficienza tesi:
“Non mi ha importunato. È vero: avrei potuto andarmene dalla porta sul retro, ma l’ho raggiunto dopo il lavoro.”
“Quindi…” balbettò David sconcertato “avresti accettato di uscire con lui?!”
“Sarei tornata entro mezzanotte.” Minimizzò la giovane “E, in ogni caso, ti avrei avvertito, visto che sapevo saresti venuto a trovarmi…”
“E che cosa mi avresti detto: che te ne andavi fuori con …con…”
Non riusciva neppure a parlare, tanto era incollerito.
“Che cos’è?” proseguì imperterrito Silvermann “Nostalgia per la tua attività hard collaterale?”
Angie si irrigidì a sua volta e Kuros, intelligente com’era, colse quella nota infelice:
“Avevo sentito che questo locale era famoso…ma non ci avevo creduto: del resto, sembri così innocente. Che peccato non vederti all’opera: dicono che gli spettacoli fossero molto belli…”
David fu tentato di saltargli al collo, ma girò i tacchi e fece per andarsene.
“Aspetta!” urlò la Bergson.
“Non finirà mai questa storia!” sbottò allora l’attore “Persino questo vecchio bavoso sa di te e di tua madre! È venuto qui apposta per adescarti e, nonostante ora sappia di noi, continua ad ammiccare.”
Si rivolse di nuovo al padre:
“Che cazzo di uomo sei? Sei venuto per rovinarmi la vita ancora una volta? Non riesci ad accettare che i miei genitori siano persone perbene e che non voglia saperne di te? Sparisci per sempre! Fottiti!”
Kuros si alzò dallo sgabello minaccioso.
“Non sapevo un accidenti di niente della tua morosa.” Scandì “Pregherei te di non rompermi le scatole. È del tutto evidente che sono qui in vacanza e non <per te>. Se nelle guide turistiche sono segnati i locali hard, non devi stupirti se, poi, vengo a farci un salto: sono un uomo libero e indipendente!”
David lo prese per il colletto della camicia, spingendolo verso l’uscita.
Tutt’intorno, gli avventori del Lovely Bistrot presero a mormorare.
Qualcuno riconobbe Silvermann e gli scattò delle foto col cellulare.
“Ringrazia il cielo che non ti gonfio di botte!” urlò il ragazzo “Ho pur sempre rispetto per gli anziani! Il tuo atteggiamento, sappilo, è del tutto incomprensibile. Se potevo giustificare quando ancora non sapevi chi fosse Angie, ora non posso più farlo. E’ del tutto palese che tu stia agendo apposta per provocarmi!”
“Sentimi bene, ragazzo, che cosa c’è tra me e te?” chiese ad un certo punto Kuros.
La domanda – terribile – ebbe il potere di spiazzare del tutto David, che, per la prima volta, si mise nei panni di Kuros e, quindi, del <rifiutato>.
Il suo sguardo scuro si fece interrogativo.
“Hai capito bene.” Rincarò suo padre “Non fai che ripetermi che, per te, sono <nessuno>. Che equivalgo alle merde che voi attori da quindici milioni di dollari a film accuratamente evitate! E, ora, mi rimproveri di essere <pessimo> e irriguardoso nei tuoi confronti! Ma chi è stato tale, fino ad oggi? Fino a questo preciso momento?!”
“Tu devi stare solo zitto e tornartene alle tue rivoluzioni del cazzo! Devi lasciare in pace la brava gente!” urlò David “E neppure puoi farmene una colpa del fatto che guadagno tanti soldi! Io ho sofferto! Gli dèi hanno compensato la mia situazione così compromessa sin dall’inizio! È tutta colpa tua, tra l’altro!”
Kuros, esasperato, lo colpì in pieno viso con un violento schiaffone.
“Pensi di essere stato l’unico a soffrire?” chiese isterico “Non ti permetterò mai più di sputare fango al mio indirizzo! Perché devi sapere che cominci a farmi schifo anche tu! Sei proprio il degno figlio di un cane repubblicano! Di un fottuto capitalista che siede al Congresso, decretando ogni giorno la fine dello Stato sociale e la fame per migliaia di persone.”
David assunse una espressione di palese sdegno: la guancia gli bruciava più per orgoglio che per reale dolore.
Era stato percosso per la prima volta e pubblicamente: nessuno aveva mai osato farlo, dacché era stato adottato.
L’avvocato Silvermann era un uomo rigido e severo, ma non si era mai lasciato andare a gesti di violenza gratuita e suo figlio era cresciuto certo che nessuno si sarebbe più posto in modo violento nei suoi riguardi.
Una lacrima involontaria gli rigò il viso un po’ pallido:
“Tu sei morto, per me.”
La sentenza, emessa in un unico fiato, fu invece una sberla reale per Kuros, che, per quanto alticcio, si mosse verso di lui con una mano alzata in segno di riparazione immediata al gesto compiuto.
Fu del tutto inutile.
Del resto, dopo aver parlato male di colui che l’aveva adottato, non poteva sperare di ricevere perdono anche per l’inumana sberla.
Angie fu per andargli dietro, ma David placcò anche lei:
“Ho bisogno di star solo. E tu, dal canto tuo, necessiti di riflettere su un bel po’ di cose. Il tuo comportamento di stasera è stato del tutto fuori luogo: metterti a…ad accettare la corte di uno che potrebbe essere tuo padre! Io avrò anche sbagliato, dicendoti che c’è una sorta di deformazione professionale, in te! Ma tu non hai fatto nulla per frenare il tuo atteggiamento! Anzi! Sai che ti dico? Non avresti neppure dovuto porti <il problema> di frenarti! Una donna che ama non accetta di flirtare, seppur castamente, con un altro!”
“David…” balbettò Angie tra le lacrime “Aspetta…”
Ma egli non le diede retta e se ne andò sbattendo sonoramente la porta del locale.
La Bergson, a quel punto, puntò due occhi azzurri e fiammeggianti addosso a Kuros:
“Come ha osato comportarsi in questo modo? Chi le ha dato il diritto di gettarmi in cattiva luce davanti al mio ragazzo?!”
“Vedi di non allargarti.” Fece l’uomo senza mezzi termini “Ciò che Dario ha detto corrisponde a pura verità: non ti ho puntato una pistola alla testa. E, se mi avessi trattato come stai facendo adesso, sta’ certa che me ne sarei andato all’istante. Ma non lo hai fatto. Sai bene di avere responsabilità quanto me. Ciò non fa che dimostrarmi quanto inadatta tu sia a mio figlio. Spero ti molli, così si guarderà intorno e sceglierà qualcun’altra più degna.”
Si sentì afferrare il braccio e, suo malgrado, fu costretto a girarsi:
“Chi diavolo è lei? Che cosa vuole da <mia> figlia?”
Jen Sakurakoji aveva quasi ringhiato.
Quei suoi magnifici occhi azzurri lampeggiavano rabbia e sentimenti d’ogni sorta, tutti di matrice negativa.
“E lei chi diavolo è?” rimbeccò esausto Kostakis.
Tuttavia, quegli occhi così intensi erano stati in grado di procurargli un certo disagio.
“Sono la madre di Angie e ho sentito quanto ha detto a mia figlia! Come si permette?” urlò di nuovo la donna “Non ha il diritto di trattare una donna in questo modo!”
“Non ho trattato la sua…bambina in alcun modo.” Minimizzò il greco “Anzi, è stata lei a darmi corda e a sancire la quasi certa fine della sua relazione con Dario.”
“Dario?” ripeté la Sakurakoji “Lei è del tutto fuori: quei due ragazzi si amano! Perché dovrebbero mollarsi a causa sua, sentiamo!”
“Perché sua figlia è leggera e fragile quanto una foglia d’autunno.” Rispose senza mezzi termini Kuros, che si beccò un meritato, sonoro schiaffo dalla sorella di Miro.
Il viso dell’uomo non si mosse neppure di un millimetro.
“Tolgo il disturbo. Ma non ho intenzione di mollare, su questa storia.” Quasi minacciò “Sua figlia non è adatta al mio Dario. Io lo so.”
“Suo figlio non vuole vederla neppure da lontano!” urlò allora la Bergson, avanzando minacciosa verso di lui “Forse, sono stata ingenua, ma non ci pensavo neppure ad andare oltre a un drink, con lei!”
“Ma vallo a raccontare a un idiota ingenuo:” ridacchiò Kostakis “non ti crederà nessuno, a parte, appunto, qualche allocco.”
Se ne andò, finalmente, lasciando Angie e Jen in totale costernazione.
CONTINUA!...