Sì, Laura è ben consapevole che qualcosa si è "rotto" anche nel posato Marcus. Vedremo...
Buona lettura!
Capitolo trecentocinquantanove
“Confidenze”
“Posso entrare?” chiese Alicia bussando alla porta della camera da letto di Lizzie.
Le chiese quindi, dopo essersi sdraiata sul letto di fianco a lei, dove fosse suo padre.
“E’ con la sua fidanzata.” Rispose la donna con dolcezza “E’ per questo motivo che siamo tornate a casa da sole.”
La bambina sospirò:
“Bianca è una brava ragazza, ma è sempre molto dura col papà: fai questo, fai quello; mangia questo, lavora su quello…”
“E’ la sua manager, oltre che la sua compagna.” Disse piano Elizabeth “E, poi, quando si è innamorati, è normale che si diano dei consigli.”
“Mamma e Tomo non erano così.” Rispose Alicia “Quando mi sposerò con Sakurakoji, mi comporterò come lei.”
La Himekawa sorrise di cuore:
“Sei proprio convinta!”
“Certo che sì.” Affermò seria la bambina “A me piace tanto. So che anche la mamma ne sarebbe felice. Lui è un ragazzo buono.”
“Credevo lo vedessi più come un padre…” affermò stranita l’attrice.
“E’ troppo giovane.” Fece la creatura accoccolandosi contro il petto della donna.
Ciò provocò in Lizzie enorme tenerezza: la strinse a sua volta a sé:
“E, poi, un padre non mi serve: c’è Masashi, che ha l’età giusta per esserlo.”
Ci pensò su un istante e riprese.
“Non ho idea di cosa significhi stare con qualcuno: sono troppo piccola. Però, so che essere innamorati significa essere molto felici. È così che mi sento quando sto vicino a Tomo. Sono felice. Lui non lo sa, ma ci sposeremo.”
“Sei una strana ragazzina.” Soggiunse Lizzie “E mi fa bene stare con te…Quando parli, mi pare tu sia più adulta di quanto non lo sia io. Se non altro, hai le idee chiare…”
“E tu?” l’incalzò Alicia “Non le hai?”
“Sono molto triste.” Rispose con sincerità l’attrice “Non so ancora se riuscirò a superare questo momento.”
La fanciulla assunse una espressione quasi atterrita.
“Non devi fare come Lily!…Promettimelo!!!” e le si avvinghiò atavicamente al collo.
Elizabeth si sentì invadere dal rimorso più cupo.
“Ho già fatto tante stupidaggini.” Sorrise la Himekawa “E, poi, mi mozzerei una mano piuttosto che creare dispiacere a te. Vogliamo giocare con le Barbie?”
La piccola Stanford acconsentì entusiasta.
“Ma…” titubò dopo qualche istante “il mio papà ti piace, è così? Voi siete anche stati sposati: siete i genitori di Masumi e Masashi.”
L’attrice arrossì fino alla radice dei capelli:
“Che dici? Non riesco neppure a pensarci all’amore, adesso.”
“Mia madre – quella vera – diceva che solo l’amore cura il dolore.” Affermò con saggezza Alicia “Come un chiodo che schiaccia un altro chiodo.”
“E’ vero.” Sorrise Lizzie “Ma esistono tante forme di affetto. E debbo dire che quello che stai comunicandomi tu da qualche tempo è veramente meraviglioso. Mi fa sentire Masumi presente, qui, accanto a me…”
La bambina la guardò negli occhi azzurri:
“Volevo bene a mio fratello maggiore. Quando mi sento sola, ascolto le sue canzoni e mi sembra di averlo qui. Ma io non credo che tra te e mio padre sia tutto finito. Lui ti guarda in modo strano…”
“E come sarebbe?” rise Elizabeth, deponendo la Barbie di colore tra le sue mani.
“Come io guardo Tomo.” Rispose l’altra con semplicità “Come fossi una cosa fragile e preziosa. Ed è così, in un certo senso. Anche per me sei fragile e preziosa. Ma devi farti forza, perché, se tu non ci fossi, sarebbe anche peggio.”
La Himekawa scosse il capo:
“Sei davvero una ragazzina eccezionale, Alicia Stanford. Ma non crescere troppo in fretta. Dispensa solo a me le tue perle di saggezza. Per il resto, goditi l’infanzia. Passa così in fretta…”
La figlia di Mia colse al volo lo sguardo perso nei ricordi dell’attrice.
“Tu hai quasi undici anni.” Riprese quest’ultima “Io, alla tua età, ero assai irrequieta e credo che Masashi mi piacesse già da un pezzo.”
Alicia chiese che ella raccontasse la storia del loro amore e Lizzie acconsentì di buon grado.
“Lui era un ragazzino alto e magro come un’acciuga, coi riccioli biondi che gli lambivano le spalle. Eravamo cresciuti insieme, nel teatro di Oozachi rifondato dalla sensei Kitajima. Quando mi accorsi di essere innamorata di lui, Masashi aveva perso il suo patrigno da poco. Stava attraversando un brutto periodo ed era sempre cupo e scontroso. Eppure, con me, specie quando eravamo soli, mostrava una gentilezza fuori dal comune. Il mio cuore si riempiva d’affetto, giorno per giorno e così anche il suo. Peraltro, da più parti, si vociferava che, quando avessimo raggiunto l’età giusta, avremmo interpretato gli storici amanti del teatro giapponese del secolo scorso.”
“Parli de La Dèa Scarlatta?” chiese Alicia rapita dal romanticismo di cui la voce di Elizabeth era intrisa.
Quest’ultima annuì col capo.
“Ci siamo preparati per anni, per quel ruolo.” Riprese “Il punto è che, diventati adolescenti, il romanticismo tipico dell’infanzia è andato a farsi benedire. E siamo cresciuti di botto. Ci siamo scoperti dipendenti l’uno dall’altra. Ci siamo soffocati fino a lasciarci. Eravamo nella più difficile età, del resto: l’età in cui ci si dichiara eterno amore, ma, nonostante questo, non si è pronti per prendere decisioni definitive. Così, io sono corsa tra le braccia di Miro Sakurakoji. Più per reazione che per effettivo trasporto.”
“Quel figo del padre di Tomo?” fece Alicia perplessa “Credevo fosse innamorato di Shizuka Kaikei da sempre.”
“Proprio così.” Rispose Elizabeth “Il padre di Tomo. Ma Miro ha incontrato Shizuka alcuni anni dopo la nostra…relazione. Solo in quel momento, tutte le altre donne sono sparite dal suo orizzonte. Con lui, comunque, non ho avuto una storia vera e propria…”
“Ti riferisci al sesso? Parla liberamente: io so tutto di esso. Mia madre mi ha avuta che aveva quattordici anni.”
Il sospiro dell’attrice fu profondo:
“Il mio pensiero correva sempre a Masashi, così cupo e solitario, così concentrato a realizzare il suo sogno di interpretare Isshin. Volevo attirare la sua attenzione facendogli credere che ero persa per Sakurakoji. Ma non era così e, infatti, dopo poco tempo sono tornata con tuo padre. Abbiamo concepito il nostro Masumi e ci siamo sposati a tempo di record. Ricordo nitidamente le sensazioni provate nella Valle scarlatta, quando accudivo il bambino e lui, poco distante da noi, cercava di studiare il copione. Eravamo in perfetta sintonia. Ci amavamo. Se è finita come sai, la colpa è solo mia.”
“Non siamo infallibili. Ma ho letto da qualche parte che aspiriamo ad esserlo.” Sorrise la piccola Stanford “Forse, la tua stagione <perfetta> è questa e, a giudicare da come ti guarda mio padre, credo proprio di avere ragione.”
Lizzie picchiettò il dito indice contro la fronte di Alicia:
“Smettila di fomentare illusioni. Non mi fa bene.”
“Vedendoti e vedendo papà, mi pare di rivedervi nel racconto che hai appena fatto. Non avete il coraggio di parlarvi, di aprirvi, ma è perfettamente ovvio, ai miei occhi, che voi due continuiate ad amarvi.”
“Non so cosa frulli nella testa di Masashi, ma averlo accanto mi rende felice.” Confessò Elizabeth “Come mi rendi felice tu, tesoro mio.”
***
Dopo la morte di Masumi, qualcosa si era rotto anche nella relazione tra Tomo e Cheyenne.
Non erano più riusciti a comunicarsi alcunché: non facevano musica, non parlavano e, inoltre, la presenza spesso costante di Alicia, li allontanava per qualche strano motivo.
Era come se il chitarrista preferisse stare con la bambina, piuttosto che con la fidanzata.
Si sentiva triste al pensiero che ella fosse trascurata a causa di un genitore giustamente affranto per una gravissima perdita: lo <zio> Masashi non era ancora pronto a riprendere le redini della propria vita e, inoltre, stava accanto a Lizzie, in condizioni decisamente <critiche> dopo il tentativo di suicidio.
Fortunatamente, Alicia era una panacea per la Himekawa: la bambina prendeva sempre più confidenza con l’ex signora Hayami.
Invero, in quell’ultimo periodo, la <terribile fanciullina> aveva accresciuto la portata delle sue già epocali affermazioni anche per indurre Tomo a darle più attenzioni.
La figlia di Mia aveva ben chiaro il proprio futuro: e rimanere attaccata alle costole di Sakurakoji <per evitare che prendesse decisioni sbagliate> era uno dei suoi imperativi categorici.
Di certo, l’imperativo categorico principale era allontanarlo dalla sua compagna, rea di essere del tutto inadatta ad affrontare situazioni di ogni tipo.
Non ultima, la grave perdita di Masumi.
Il suo problema non era riconducibile al fatto di non essere in grado di parlare, ma proprio all’inadeguatezza di fondo: era una ragazza che, secondo il nasino infantile e sensibile di Alicia, tratteneva i sentimenti in superficie.
Tomo non meritava nulla del genere.
Non una mummia, per lo meno.
Così, la piccola Stanford si preoccupava di tendere tranelli d’ogni sorta alla ragazza.
Le nascondeva le cose, le faceva battute appuntite e questo al fine di farla uscire fuori di testa.
Cosa che, all’inizio, non accadeva, ma che, con l’andar del tempo e conseguentemente al mutismo di Tomo, aveva finito per amplificarsi.
Una mattina, complice un toast cotto non proprio alla perfezione, la bambina andò a lagnarsi dal chitarrista.
Astuta, gli raccontò che Cheyenne le aveva <sbattuto> il piatto con la colazione davanti agli occhi, come chi, implicitamente, chiede di levare le tende.
Il figlio di Miro, punto sul vivo, era andato a pretendere spiegazioni dalla compagna, che, sollevate le spalle, non aveva dato giustificazione alcuna.
Ma la goccia che aveva fatto traboccare il vaso fu riconducibile all’indimenticato principe di Augusta.
Dopo aver letto di nascosto di uno scambio di messaggi tra la bassista ed Hector, Alicia aveva portato in casa una rivista in cui si parlava della sua <nuova vita> .
Messala sotto il naso della ragazza, era poi andata a raccontare a Tomo di aver visto Cheyenne rientrare con la stessa rivista e sospirare all’indirizzo del compagno di Laura.
Non che Sakurakoji prendesse la cosa seriamente, ma era rimasto un poco sconcertato del fatto che, in effetti, ella si fosse tenuto il giornalino da parte come fosse una sorta di icona sacra.
Che senso aveva?
Così, si erano affrontati di petto ed erano venuti fuori elementi non del tutto chiari, primo fra tutti la sostanziale mancanza di comunicazione.
Poi, la scelta che Tomo le aveva comunicato repentinamente, sulla scorta dell’ennesima arrabbiatura, ebbe il potere di gettare benzina sul fuoco.
“Io e Junior abbiamo deciso di metter su un complesso. Cominceremo col jazz.”
L’esordio era stato del tutto inopportuno perché, tra le altre cose, Alicia era presente.
“Tu e Junior?” scrisse Cheyenne sul palmo della sua mano.
Ma il suo viso appariva già incattivito:
“E quando avreste deciso, di grazia?”
Tomo arrossì:
“Senti, so che il contesto non ti piacerà. Ma, dopo la morte di Masumi, abbiamo capito che né io né lui possiamo prendere le redini del complesso…”
“E cercare un altro cantante?!” scrisse con foga la giovane.
“Non è così semplice.” Rispose Sakurakoji “Lo stile dei Borderline era tutto fondato sulla voce del suo artista di punta, su quelle <inflessioni> che solo lui sapeva dare ai versi…Noi vorremmo ricominciare da zero. Dai pub, da quei contesti nei quali non vorrei stessi. Perché, in tutta onestà, non ti ci vedo bene. Tu sei abituata al successo, mentre io e il mio amico abbiamo iniziato da lì, insieme a Masumi.”
“Ma questa è una assurdità!” fece Cheyenne sempre più indignata “Ed è vero, sì, che non ripartirei mai da zero! Siamo i Borderline! Abbiamo fatto l’incasso delle vendite di cd più alto degli ultimi dieci anni! Potremmo vivere di rendita come hanno fatto i Queen molti anni fa dopo la morte di Freddie Mercury!...”
“Non è questo.” Provò a spiegare Tomo “Noi siamo dei musicisti: è ovvio che si è pensato di non dimenticare Masumi e di fare dei concerti in suo onore, magari nel giorno del suo compleanno. Coinvolgendo complessi altrettanto famosi, certo. Ma, non nascondiamoci dietro ad un dito: Masashi ed io abbiamo ancora tutta la voglia di rimetterci in gioco. Non avendo una voce adatta, ci limiteremo a suonare.”
“Io non voglio suonare in un complesso di soli musicisti!” confessò Cheyenne tutto d’un tratto.
Tomo sorrise bonariamente, ma iniziava a innervosirsi:
“Ma io lo so bene. È per questo che non ti ho detto nulla. So che è troppo pesante, per te…”
Ella scoppiò in lacrime.
“Vuoi escludermi dalla tua vita, io lo so…” pianse.
Alicia, nel mentre, aveva arcuato le labbra soddisfatta.
“Non voglio escluderti,” la rassicurò Tomo “e, forse, dovresti provare anche tu a farti una tua, di vita. Sei bravissima, ma non credo abbia <la mano> per il jazz. Forse, dovresti guardarti intorno…”
“Guardarmi intorno!” ripeté la ragazza, che pareva perforare il palmo della mano del musicista “Non ne ho alcuna intenzione! E, per quanto mi riguarda, possiamo anche troncarla qui. Me ne torno ad Augusta! Poi, deciderò sul da farsi.”
Il figlio di Miro la fissò con tristezza.
Non immaginava neppure che una ragazza che tanto assennata gli era parsa agli esordi della loro relazione potesse impuntarsi tanto puerilmente.
Di fatto, stava come cavalcando la tigre per disfarsi, a sua volta, di lui.
Sakurakoji non poté non pensare che una parte della giovane doveva essere rimasta romanticamente legata all’immagine del principe di Augusta.
“Hai…intenzione di rivedere Filippo?” la prevenne “Vorrei ricordarti che è legato a mia sorella.”
Ella non gli diede retta e prese ad armeggiare con le sue cose.
Alicia, allora, rimasta sola in salotto con lui, lo prese per una mano.
“Non era <cosa> per te, Tomo.” Gli disse “Tu sei un ragazzo sensibile, che ha necessità di comunicare il suo bisogno di fare musica. La mamma, questo, lo aveva capito. Ed è per questo che avete vissuto un grande amore.”
“Ma che ne sai, tu, ranocchia?” chiese il ragazzo dandole un buffetto sulla guancia.
“La mamma teneva un diario e, spesso, di notte, ci confidavamo. Lei non mi vedeva come una bambina, ma come una giovane donna e mi spiegava ogni cosa.”
“E che cosa ti avrebbe… spiegato di me?” si informò Tomo, facendola sedere sulle sue ginocchia.
Parlare di Mia lo rinfrancava: ogni volta che lo faceva, si sentiva invaso da tenerezza e rimpianto.
Del resto, la loro relazione era stata interrotta in modo tragico e non per volontà di uno di loro.
“Diceva che sei un ragazzo che ha bisogno di essere capito.” Spiegò Alicia “Che gli artisti sono <una razza> a parte, nel senso che devono seguire il loro istinto. Io ti capisco se credi di dover ricominciare da zero e, soprattutto, da qualcosa che sia solo tuo. Lo farò anche io, crescendo.”
Sakurakoji le passò una mano sulla testa lucida:
“Sei proprio una saggia signorina, ma non crescere troppo in fretta. Potresti pentirtene. L’infanzia è una parentesi troppo transitoria per prescinderne!”
“Pentirmene!” sbottò la ragazzina “Ho perso due madri e un fratello. Renditi conto del fatto che nulla, nella mia vita, è stato mai <scontato>. Piuttosto, voglio crescere, sì e avere una famiglia, magari. Quando avrò sedici anni, poi, potrò portare avanti il mio progetto…”
Tomo sollevò le sopracciglia scure del tutto ignaro.
“Ti riferisci alla patente?” domandò simpaticamente.
“Mi riferisco all’amore!” ribadì Alicia, scendendo dalle sue ginocchia “Ovviamente, alla mia età, non posso neppure immaginare cosa possa essere. So solo che voglio stare insieme a te, quando sarà il momento.”
“Ancora con questa storia!” fece il chitarrista divertito “Facciamo così: non parliamone fino ad allora, vuoi? Cerchiamo di goderci questi anni. Attraverso te, mi sembra di tornare bambino e mi piace un sacco vedermi casa invasa dei tuoi giochi.”
“Ma non è vero!” protestò la bimba “Li ho portati tutti a casa di Elizabeth!”
Tomo la invitò, allora, a guardarsi intorno: il suo appartamento era un disastro, occupato da centinaia di oggetti della fanciullina, che, dopo essere arrossita deliziosamente, prese a ridere insieme al suo amico.
CONTINUA!...